sabato 28 febbraio 2004

La cultura dell'Asia non è affatto quella che l'Occidente ha voluto descrivere

La Repubblica 28.2.04
L'OCCIDENTE CHE NON PENSA
Il Nobel indiano contesta che i valori liberali siano solo di una parte del mondo
Anticipiamo parte di un saggio dell'economista contenuto ne "Il sonno della ragione"
"La possibilità di ragionare è una forte risorsa di speranza anche per il ruolo che ha nello sviluppo dell´immaginazione"
di AMARTYA SEN


Yeats scrisse ai margini de La genealogia delle morali: «Ma perché Nietzsche pensa che la notte non ha stelle, nient´altro che pipistrelli e gufi e la luna insana?». Nietzsche espresse il suo scetticismo sull´umanità e presentò la sua visione inquietante del futuro appena prima dell´inizio del secolo scorso: morì infatti nel 1900. Gli eventi che seguirono, inclusi le guerre mondiali, l´olocausto, i genocidi e tutte le altre atrocità che accaddero con sistematica brutalità, ci portano a credere che forse la visione scettica di Nietzsche sia stata quella giusta.
La possibilità di ragionare è una forte risorsa di speranza e affidabilità in un mondo sempre più oscurato da accadimenti orribili. La questione centrale qui non è tanto capire quanto distinte società possano essere dissimili, ma che abilità e opportunità i membri di una società hanno - o possono sviluppare - per apprezzare e comprendere il modo in cui altre culture funzionano. Tale meccanismo può ovviamente non essere un modo immediato per risolvere i conflitti. Ciononostante, la speranza è che dedicarsi razionalmente alla comprensione e alla conoscenza possa probabilmente aiutare a superare il conflitto.
Il problema che va affrontato qui è se questi esercizi di ragionamento possano richiedere dei valori che non sono rintracciabili in certe culture. Questo è il passaggio in cui diviene centrale il problema del "limite culturale". Recenti posizioni, ad esempio, supportano l´idea che alle civiltà non-occidentali manchi tipicamente una tradizione di pensiero analitica e scettica e che per questo motivo esse sono distanti da ciò che viene qualche volta chiamata la "razionalità occidentale". Commenti simili sono stati fatti sul "liberalismo occidentale", "l´idea occidentale di diritto e giustizia", e generalmente riguardo ai valori occidentali. In effetti, vi sono molti sostenitori della tesi (argomentata da Gertrude Himmelfarb con chiarezza ammirevole) che «l´idea di giustizia, diritto, ragione e amore per l´umanità siano rintracciabili prevalentemente se non unicamente nei valori occidentali» .
Queste e altre credenze simili traspaiono implicitamente in diverse discussioni, anche quando gli interlocutori rifuggono dal prendere una posizione chiara in materia. Se il ragionamento e i valori che possono aiutarci a coltivare l´immaginazione, il rispetto e la compassione necessari per comprendere meglio e apprezzare chi è diverso da noi fossero davvero fondamentalmente retaggio dell´Occidente, ci sarebbe di che essere pessimisti. Ma siamo sicuri che sia così?
In effetti, è molto difficile investigare tali questioni senza accorgersi del dominio della cultura occidentale contemporanea nelle nostre percezioni e nelle letture sull´argomento. La forza di tale dominio è ben esemplificata dalla recente celebrazione del nuovo millennio. L´intero pianeta è stato stravolto dalla fine del millennio gregoriano come se questo fosse l´unico autentico calendario del mondo, a dispetto del fatto che ne esistono molti altri nel mondo non-occidentale (Cina, India, Iran, Egitto e altrove) che oltre ad essere felicemente utilizzati sono anche di gran lunga più antichi di quello gregoriano. E´ però certamente molto utile che per gli scambi culturali, tecnici e commerciali nel mondo si possa utilizzare un calendario comune. Ma se questo utilizzo diventa una tacita assunzione del fatto che il Gregoriano sia l´unico calendario utilizzabile, ecco che si può dare adito a un malinteso pericoloso.
Si pensi, ad esempio, all´idea di "libertà individuale", che è spesso attribuita integralmente al "liberalismo occidentale". L´Europa moderna e l´America, incluso l´Illuminismo europeo, hanno avuto certamente una parte decisiva nell´evoluzione del concetto di libertà e delle diverse altre forme che essa ha assunto nel tempo. Tuttavia, queste idee si sono diffuse da un paese all´altro, sia in Occidente che in altri paesi, in maniera per certi versi simile alla diffusione dell´organizzazione industriale e delle tecnologie moderne.
Concepire le idee liberali come "occidentali" in questo senso limitativo e approssimativo non facilita certo la possibilità che esse vengano adottate in altre regioni: abbracciare l´idea che vi sia qualcosa di "quintessenzialmente" occidentale in questi valori può avere degli effetti negativi nel loro uso in regioni che occidentali non sono. E´ giusta dunque la tesi secondo la quale la libertà individuale è tipicamente occidentale? L´evidenza per tale tesi, sintetizzata dalle parole di Samuel Huntington «l´Occidente è stato Occidente molto prima che diventasse moderno», è lungi dall´essere chiara. E´ senza dubbio facile rintracciare esempi a difesa della libertà individuale nella letteratura classica occidentale. Per esempio, libertà e tolleranza ricevono entrambe sostegno da Aristotele (anche se solo per uomini liberi, non per le donne, né per gli schiavi). Ciò nondimeno però, possiamo trovare parimenti esempi di tolleranza e di libertà in autori non-occidentali. Un buon esempio è l´imperatore Ashoka in India, che nel III a.C. tappezzò il paese di iscrizioni su tavolette di pietra sulla buona condotta e sulla saggezza di governo, incluso un richiamo alla libertà basilare per tutti i sudditi (comprese donne e schiavi); egli insistette persino che tali principi dovessero essere goduti anche dagli "uomini delle foreste", ovvero coloro che vivevano nelle comunità pre-agricole distanti dalle città indiane.
Esistono, sicuramente, altri autori classici indiani che enfatizzano la disciplina e altri concetti piuttosto che la tolleranza e la libertà, per esempio Kautilya nel IV d.C. (nel suo libro Arthashastra ? traducibile come Sulle scienze economiche). Ma gli scrittori classici occidentali, come Platone e Sant´Agostino, diedero anche priorità alle discipline sociali. Può essere rischioso, quando entrano in gioco libertà e tolleranza, associare Aristotele e Ashoka da una parte e Platone, Agostino e Kautilya dall´altra. Tali classificazioni, operate in base al significato delle idee, sono radicalmente differenti da quelle basate sulla cultura o sulla religione.
Una delle conseguenze del dominio della cultura occidentale nel mondo è che spesso altre culture e tradizioni vengono identificate e definite per contrasto con la cultura occidentale contemporanea. Diverse culture vengono così interpretate in una maniera che sembra rinforzare la convinzione politica che la civiltà occidentale sia in qualche maniera la principale, forse l´unica, risorsa di idee razionalistiche e liberali (tra queste, lo scrutinio analitico, il dibattito aperto, la tolleranza politica e l´accettazione di opinioni diverse). L´Occidente, in effetti, è visto come l´area che ha esclusivo accesso ai valori che stanno alla base della razionalità e del pensiero, della scienza e della verificabilità, della libertà e della tolleranza, e certamente del diritto e della giustizia. Una volta radicata, questa visione dell´Occidente - confrontata con le altre - tende a giustificare se stessa. Dal momento che ogni civiltà contiene diversi elementi, una cultura non-occidentale può allora essere caratterizzata in base a quelle tendenze ritenute più distanti dai valori e le tradizioni occidentali. Questi elementi selezionati tendono così a essere considerati più "autentici" o più "genuinamente endogeni" rispetto ad altri relativamente simili a quelli che si possono rintracciare in occidente.
Per esempio, la letteratura religiosa indiana come i testi BhagavadGita o il Tantra, che sono visti come diversi rispetto ai testi tradizionali occidentali, suscitano molto più interesse in Occidente che altri testi indiani, come la lunga storia dell´eterodossia indiana. Il Sanscrito e il Pali hanno una letteratura agnostica e ateistica più vasta di qualunque altra tradizione classica. C´è però in Occidente un disinteresse per la letteratura indiana non religiosa: dalla matematica, l´epistemologia, le scienze naturali all´economia e la linguistica (l´eccezione, io penso, è il Kamasutra, per il quale gli occidentali sono riusciti a coltivare un interesse). Attraverso questa enfasi selettiva che mette in luce le differenze con l´occidente, le altre civiltà possono in questo modo essere definite in termini alieni, siano essi esotici e affascinanti, o anche bizzarri e terrificanti, o semplicemente strani e stimolanti. Quando comunque l´identità viene definita "per contrasto", la divergenza dall´Occidente diventa più forte.
Si prenda, ad esempio, il caso dei "valori asiatici", spesso messi in contrapposizione con quelli occidentali. Dal momento che diversi sistemi valoriali e diversi stili di pensiero sono fioriti in Asia, è possibile caratterizzare i valori indiani in maniere molto diverse, ciascuno con una vasta letteratura alle spalle.
La ragione ha un suo potere che non viene compromesso né dall´importanza delle psicologia istintiva né dalla presenza di una diversità culturale nel mondo. Essa ha un ruolo particolarmente importante nello sviluppo dell´immaginazione morale. E abbiamo proprio bisogno di questa immaginazione per combattere i pipistrelli e i gufi della luna insana.

la Sopsi ha detto...

La Repubblica 28.4.04
Attenti al disagio dei bimbi cambiare il futuro si può
Gli psicopatologi a convegno sui disturbi che oggi affliggono anche i più piccoli "Bisogna imparare ad osservare i comportamenti rigidi"
di ELENA DUSI


ROMA - «Da trent´anni lavoro come neuropsichiatra infantile. Ma da quattro-cinque anni ho cominciato a vedere cose che mi inquietano. Depressioni fonde che prima si manifestavano solo negli adulti, ora me le trovo di fronte in bambini di dieci anni. Psicosi, costruzioni deliranti così nette e strutturate, ad appena otto anni di età. Ragazzi che vogliono morire, eppure si stanno appena affacciando alla pubertà. La depressione sta invadendo l´adolescenza, sia come numero di casi che in termini di gravità». Le affermazioni dure di Francesco Montecchi contrastano con la sua voce calma, lo studio pieno di sole e giocattoli e un allegro papillon. Il primario di neuropsichiatria infantile è intervenuto ieri al Congresso della Società italiana di psicopatologia in corso a Roma. La colpa del male di vivere nei più giovani? Difficile dirlo. «Forse sono i grandi centri urbani» suggerisce.
Osservare i comportamenti dei più piccoli può essere utile per cogliere in tempo i segnali del loro disagio e schiacciare sul nascere gli embrioni di eventuali, future patologie. «La salute dei bambini è la chiave di quella degli adulti» sostiene Mauro Mauri dell´università di Pisa. «Alcuni comportamenti - conferma Montecchi - mettono in evidenza una situazione di rischio. Questo non vuol dire che necessariamente i bambini si ammaleranno, ma solo che stanno covando un disagio. Se riusciranno a superarlo o no dipende sia dal contesto esterno che dalle risorse individuali». Ma quali sono i segnali cui prestare attenzione? «Nei primi anni di vita - sostiene Massimo Ammaniti, professore di psicopatologia dello sviluppo alla Sapienza di Roma - sono i disturbi del sonno e dell´alimentazione. Lo svezzamento è un momento difficile per tutti i bambini, ma se il rifiuto del cibo perdura nel tempo, occorre stare attenti. Il disturbo alimentare potrebbe ripresentarsi con l´adolescenza». Il sonno, sottolinea anche Montecchi, «è un indicatore per misurare la tranquillità di un bambino. E´ un momento di separazione, non sappiamo chi troveremo accanto a noi al risveglio». Difficoltà ad addormentarsi, risvegli ripetuti accompagnati da pianto inconsolabile, tendenza a dormire di giorno e non di notte possono essere indici di ansia. Quando preoccuparsi? «Quando in ansia entrano anche i genitori» suggerisce spiazzante Montecchi. Un´attenzione particolare per i bambini molto irrequieti, ma anche per quelli troppo calmi, «che tendono a farsi dimenticare, e poi magari esplodono all´improvviso». I ragazzi troppo bravi a scuola o quelli eccessivamente precisi potrebbero finire nella trappola dei disturbi alimentari (più spesso le ragazze) o di quelli ossessivo-compulsivi (i maschi). Ma il compito più difficile per un genitore è distinguere le situazioni preoccupanti da quelle destinate a risolversi da sole. Montecchi suggerisce una regola: «Quando un comportamento è rigido, ripetitivo e slegato da una situazione contingente, non è decifrabile da parte dell´adulto e disturba la vita del bambino, allora è il caso di preoccuparsi. Quando invece i sintomi accompagnano un momento di crescita e si possono spiegare con una situazione di sofferenza allora probabilmente il disagio passerà».


Spariscono i desideri domina la sofferenza

Molto più di un cattivo umore: la depressione è la perdita del piacere di vivere. I suoi sintomi sono persistenti e invalidanti. La malattia spazza via ogni desiderio e forma di piacere, incluso quello sessuale. Provoca spesso insonnia, irritabilità e disturbi dell´appetito. A volte il dolore psichico si maschera dietro a un dolore fisico. Spiegazione plausibile: nei depressi i neurotrasmettitori noradrenalina e serotonina sono ridotti. Questo provoca un abbassamento della soglia del dolore. Gli esperti riuniti a Roma stimano che fra i primi sintomi e la diagnosi intercorrano in media otto anni.

Prigionieri dei luoghi senza chances di fuga

Il panico (disturbi da attacchi di panico: Dap) è una malattia in aumento, soprattutto tra i giovani. Interessa il 4% degli italiani (3 donne per ogni uomo) e, spiega Roberto Brugnoli della Sapienza di Roma, «colpisce all´improvviso, mentre si è al cinema, nel traffico o al supermercato». Un attacco di panico dura pochissimi minuti, ma è accompagnato da sensazioni terribili, come quella di soffocare o di impazzire. «Le crisi - prosegue Brugnoli - possono essere scatenate da ambienti dove mancano vie di fuga immediate, tanto che negli Usa il Dap è definito sindrome da supermarket».

Anche la dolce morte deve essere regolata

«L´eutanasia è un problema collettivo e il legislatore deve prenderne atto» affermano gli psichiatri riuniti a Roma. Paolo Pancheri, presidente del congresso Sopsi, sostiene che l´eutanasia «va depenalizzata e, naturalmente, regolamentata». Anche perché, sottolinea Roberto Brugnoli della Sapienza, «il sommerso sta assumendo dimensioni preoccupanti». Secondo una ricerca presentata al congresso di Roma il 78,6 per cento degli italiani vorrebbe avere la possibilità di scegliere l´eutanasia in caso di malattia allo stato terminale.

Tante idee ricorrenti scacciano la ragione

Idee ricorrenti, impossibili da cacciare via, che si traducono in comportamenti irrazionali e reiterati. Il disturbo ossessivo-compulsivo può consistere nel controllare decine di volte che il gas sia chiuso o la porta di casa non sia stata forzata. L´individuo che ne soffre sa bene che le sue preoccupazioni sono superflue. Tuttavia non può fare a meno di verificare una volta di più, perché il dubbio ha la meglio su ogni ragionevolezza. «Questo disturbo - spiega Massimo Biondi, docente di psichiatria alla Sapienza di Roma - è legato a un´insufficienza del neurotrasmettitore serotonina».

1 ora al giorno
GELOSIA
La gelosia è patologica se si pensa al tradimento con molta sofferenza per più di 1 ora al giorno

1/3 degli adolescenti
SINDROME DI LINUS
Un terzo dei ragazzi soffrono della timidezza patologica che porta a rinchiudersi in casa

10% degi Italiani
LA BIPOLARITA'
È la sindrome che colpisce il 10% degli italiani: va dall'euforia alla malinconia...

10% degli italiani
DISTURBI SESSUALI
Tra i disturbi in aumento per il 10% degli italiani: impotenza e eiaculazione precoce, anorgasmia

10% delle donne in gravidanza
DEPRESSIONE
Una donna su dieci in gravidanza è depressa e la metà dei figli può soffrirne da subito

30% dei bambini
NO ALLA PAPPA
Il rifiuto della pappa è una sindrome che può colpire il 30% dei figli di madri troppo ansiose

IL 17% DEGLI ITALIANI soffrono di depressione

IL 50% DEI DEPRESSI non riceve cure adeguate

IL 5% DEGLI ITALIANI soffrono di depressione grave

IL 4% DEGLI ITALIANI soffrono di attacchi di panico

IL 70% DEI PAZIENTI soffrono di dolore al torace durante l'attacco

IL 4% di chi soffre di attacchi di panico arriva dallo specialista

IL 78,6 è d'accordo con la possibilità di eutanasia in caso di malattie terminali

IL 37% ritiene necessaria una legge sull'eutanasia

IL 56% delle donne è favorevole all'eutanasia

IL 5% delle ragazze tra i 13 e i 18 anni soffrono di "sindrome da abbuffata"

15% l'incidenza complessiva dei disturbi ossessivo-compusivi. I disturbi ossessivo-compusivi colpiscono a tutte le età