La Stampa 21.6.03
Psicoteatro
Seminario il 6 luglio
ASTI. Quest’anno Asti Teatro ospita anche un laboratorio di Psicoteatro organizzato dall’Associazione culturale Agar, che sarà condotto da Pellegrino Delfino, psicoterapeuta, drammaturgo e regista, ideatore di un metodo originale. Inizialmente programmato per domani, il seminario è stato spostato per motivi organizzativi a domenica 6 luglio. Si terrà in sala Pastrone dalle 10 fino a sera, con il coordinamento didattico della psicologa Silvana Nosenzo. Il laboratorio, a numero chiuso, prevede un massimo di 20 partecipanti. È necessario prenotare allo 0141/399.040 (orario 15-17); la partecipazione è gratuita. È riconosciuto dall'Università di Torino (Cirda) come aggiornamento per insegnanti.
Il laboratorio si colloca tra psicologia e teatro, dove diventa importante la scoperta dei propri strumenti affettivi, cognitivi e sociali, per stare nel mondo con la consapevolezza di avere finalità, ruoli ed efficacia. Lo Psicoteatro non è, e non vuole essere, un corso di «specializzazione in finzione», semmai un laboratorio che consente, attraverso tecniche teatrali e psicologiche, il ripristino di una maggiore autenticità
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»
L'ASSOCIAZIONE CULTURALE
sabato 21 giugno 2003
ancora sull'elettroshock a Napoli (3)
La Repubblica 21.6.03
Il ritorno dopo 27 anni dell´arcaico elettroshock
di Sergio Piro
Negli Anni Cinquanta le terapie di shock dominavano il campo della psichiatria: lo shock cardiazolico, lo shock acelticolinico, lo shock febbrile (inoculazione di malaria o vaccino endovena), linsulino-terapia e l´elettroshock di Cerletti e Bini, e altri. Queste cure erano caratterizzate dall´insorgere di convulsioni violentissime (cardiazol, elettroshock), coma con risveglio all´ultimo momento (insulina), febbri spaventosamente alte (vaccino endovena). Erano dunque di una violenza estrema. Si diceva che esse fossero come una forte botta a una radio che non funzionava. Il ricorso a metodi così violenti di cura era in parte una necessità legata alla mancanza di terapie importanti delle psicosi e, in parte, un mezzo sbrigativo e redditizio per affrontare ogni tipo di sofferenza, anche quelli (la maggior parte) che avrebbero avuto bisogno di interventi di tipo psicologico, esistentivo, familiare, comunitario, sociale. Non fu solo l´arrivo degli psicofarmaci a spazzare via queste pratiche violente, ma anche il primo diffondersi di una coscienza antropo-psicologica e sociale della sofferenza umana.
Poco dopo la contestazione della psichiatria manicomiale e della violenza di certi metodi terapeutici spazzò via definitivamente i reliquati medievali delle terapie di shock e pose sotto critica pesante le mutilazioni cerebrali della cosiddetta psicochirurgia (ricordate Qualcuno volò dal nido del cuculo?).
La terapia è ammessa in casi particolari ma docenti e studenti del "Federico II" si sono ribellati
Napoli, elettroshock a un malato trent´anni dopo torna la polemica
Il medico: "Era l´unica chance disponibile"
di Giuseppe Di Bello
NAPOLI - Dopo quasi trent´anni a Napoli ricompare l´elettroshok e per curare un giovane di 36 anni affetto da forte depressione. Il protocollo "terapeutico", che sembrava cancellato del tutto ma che è ancora prassi soltanto all´ospedale San Raffaele di Milano e alle università di Pisa e di Roma (La Sapienza), è stato reintrodotto nella clinica psichiatrica dell´università Federico II di Napoli diretta dal professor Giovanni Muscettola. Ma il caso del giovane, ricoverato (e seguito da anni) nella struttura del Nuovo Policlinico, ha scatenato violente polemiche nonostante il docente abbia rassicurato studenti e colleghi: «C´era un´indicazione primaria non sulla diagnosi, ma sulla gravità del quadro clinico. Non si tratta di un ritorno al passato. L´elettroshock era l´unica chance disponibile. A lui e ai familiari abbiamo spiegato i motivi della proposta: hanno capito e, insieme, hanno aderito al protocollo. D´altronde avevamo tentato, a vuoto, tutte le terapie farmacologiche».
Tecnicamente si chiama Tec (Trattamento elettroconvulsivo) ed è una scossa elettrica di circa 100 volts somministrata (in genere in anestesia generale) attraverso uno o due elettrodi applicati ai lati della testa. Un sussulto che dura frazioni di secondo provoca una vera e propria crisi epilettica che dovrebbe risultare benefica per il paziente. A nulla sono servite le proteste degli studenti, del Forum per il diritto alla salute e di alcuni specialisti. Il professore è andato avanti, rifiutando categoricamente di rivedere il caso e, soprattutto, di interrompere il trattamento.
Il primo a essere investito della vicenda è stato il preside della facoltà, Armido Rubino, a cui era stata inviata la richiesta di un dibattito pubblico. Incontro prima concesso e poi disertato. Dice Raffaele Aspide, medico e rappresentante del Forum: «Per rispettare il paziente e la famiglia avremmo preferito non sollevare un polverone ma, visto che hanno risposto picche alle nostre richieste, abbiamo deciso di intervenire pubblicamente. La terapia è iniziata senza alcuna delle quattro indicazioni ammesse dal decreto del '99 (depressione maggiore, sindrome catatonica, sindrome maligna da neurolettici e mania). E ci ha fatto rabbrividire quanto ci ha confessato un docente: l´elettroshock viene praticato da decenni in moltissime strutture private e nessuno denuncia». Da parte sua il preside preferisce allentare la tensione: «Non posso esprimermi perché non sono psichiatra e non ho responsabilità gestionali o organizzative o anche di solo controllo e vigilanza sulle attività dell´azienda policlinico. Ho comunque chiesto al professor Muscettola di promuovere un dibattito pubblico».
Enrico de Notaris è specialista e lavora nella stessa struttura. Non condivide la scelta del suo direttore e osserva: «Il trattamento elettroconvulsivo ingenera una sospensione della coscienza, uno stato di leggero coma e questo vuol dire simbolicamente interruzione del rapporto col mondo e quindi anche col terapeuta. Insomma viene meno uno dei principi fondamentali della terapia integrata, cioè tra psicoterapia e trattamento farmacologico». Severo anche il giudizio di Sergio Piro, direttore della scuola "Sperimentale antropologico-trasformazionale": «Il fatto è preoccupante perché si allinea con altri elementi di regressione nella riforma psichiatrica. Qui si rischia di nuovo la legatura nei servizi psichiatrici, la trasformazione delle Case famiglia in reparti chiusi e la riapertura di manicomi come il Frullone di Napoli».
Il ritorno dopo 27 anni dell´arcaico elettroshock
di Sergio Piro
Negli Anni Cinquanta le terapie di shock dominavano il campo della psichiatria: lo shock cardiazolico, lo shock acelticolinico, lo shock febbrile (inoculazione di malaria o vaccino endovena), linsulino-terapia e l´elettroshock di Cerletti e Bini, e altri. Queste cure erano caratterizzate dall´insorgere di convulsioni violentissime (cardiazol, elettroshock), coma con risveglio all´ultimo momento (insulina), febbri spaventosamente alte (vaccino endovena). Erano dunque di una violenza estrema. Si diceva che esse fossero come una forte botta a una radio che non funzionava. Il ricorso a metodi così violenti di cura era in parte una necessità legata alla mancanza di terapie importanti delle psicosi e, in parte, un mezzo sbrigativo e redditizio per affrontare ogni tipo di sofferenza, anche quelli (la maggior parte) che avrebbero avuto bisogno di interventi di tipo psicologico, esistentivo, familiare, comunitario, sociale. Non fu solo l´arrivo degli psicofarmaci a spazzare via queste pratiche violente, ma anche il primo diffondersi di una coscienza antropo-psicologica e sociale della sofferenza umana.
Poco dopo la contestazione della psichiatria manicomiale e della violenza di certi metodi terapeutici spazzò via definitivamente i reliquati medievali delle terapie di shock e pose sotto critica pesante le mutilazioni cerebrali della cosiddetta psicochirurgia (ricordate Qualcuno volò dal nido del cuculo?).
La terapia è ammessa in casi particolari ma docenti e studenti del "Federico II" si sono ribellati
Napoli, elettroshock a un malato trent´anni dopo torna la polemica
Il medico: "Era l´unica chance disponibile"
di Giuseppe Di Bello
NAPOLI - Dopo quasi trent´anni a Napoli ricompare l´elettroshok e per curare un giovane di 36 anni affetto da forte depressione. Il protocollo "terapeutico", che sembrava cancellato del tutto ma che è ancora prassi soltanto all´ospedale San Raffaele di Milano e alle università di Pisa e di Roma (La Sapienza), è stato reintrodotto nella clinica psichiatrica dell´università Federico II di Napoli diretta dal professor Giovanni Muscettola. Ma il caso del giovane, ricoverato (e seguito da anni) nella struttura del Nuovo Policlinico, ha scatenato violente polemiche nonostante il docente abbia rassicurato studenti e colleghi: «C´era un´indicazione primaria non sulla diagnosi, ma sulla gravità del quadro clinico. Non si tratta di un ritorno al passato. L´elettroshock era l´unica chance disponibile. A lui e ai familiari abbiamo spiegato i motivi della proposta: hanno capito e, insieme, hanno aderito al protocollo. D´altronde avevamo tentato, a vuoto, tutte le terapie farmacologiche».
Tecnicamente si chiama Tec (Trattamento elettroconvulsivo) ed è una scossa elettrica di circa 100 volts somministrata (in genere in anestesia generale) attraverso uno o due elettrodi applicati ai lati della testa. Un sussulto che dura frazioni di secondo provoca una vera e propria crisi epilettica che dovrebbe risultare benefica per il paziente. A nulla sono servite le proteste degli studenti, del Forum per il diritto alla salute e di alcuni specialisti. Il professore è andato avanti, rifiutando categoricamente di rivedere il caso e, soprattutto, di interrompere il trattamento.
Il primo a essere investito della vicenda è stato il preside della facoltà, Armido Rubino, a cui era stata inviata la richiesta di un dibattito pubblico. Incontro prima concesso e poi disertato. Dice Raffaele Aspide, medico e rappresentante del Forum: «Per rispettare il paziente e la famiglia avremmo preferito non sollevare un polverone ma, visto che hanno risposto picche alle nostre richieste, abbiamo deciso di intervenire pubblicamente. La terapia è iniziata senza alcuna delle quattro indicazioni ammesse dal decreto del '99 (depressione maggiore, sindrome catatonica, sindrome maligna da neurolettici e mania). E ci ha fatto rabbrividire quanto ci ha confessato un docente: l´elettroshock viene praticato da decenni in moltissime strutture private e nessuno denuncia». Da parte sua il preside preferisce allentare la tensione: «Non posso esprimermi perché non sono psichiatra e non ho responsabilità gestionali o organizzative o anche di solo controllo e vigilanza sulle attività dell´azienda policlinico. Ho comunque chiesto al professor Muscettola di promuovere un dibattito pubblico».
Enrico de Notaris è specialista e lavora nella stessa struttura. Non condivide la scelta del suo direttore e osserva: «Il trattamento elettroconvulsivo ingenera una sospensione della coscienza, uno stato di leggero coma e questo vuol dire simbolicamente interruzione del rapporto col mondo e quindi anche col terapeuta. Insomma viene meno uno dei principi fondamentali della terapia integrata, cioè tra psicoterapia e trattamento farmacologico». Severo anche il giudizio di Sergio Piro, direttore della scuola "Sperimentale antropologico-trasformazionale": «Il fatto è preoccupante perché si allinea con altri elementi di regressione nella riforma psichiatrica. Qui si rischia di nuovo la legatura nei servizi psichiatrici, la trasformazione delle Case famiglia in reparti chiusi e la riapertura di manicomi come il Frullone di Napoli».
il Consiglio dell'Unione Europea: lo stato dell'arte sulla psichiatria
(ricevuto da Michael L. Stiefel)
CONCLUSIONI DEL CONSIGLIO del 2 giugno 2003
sulla lotta alla stigmatizzazione e alla discriminazione in relazione alle malattie mentali
(2003/C 141/01)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA
1. RAMMENTANDO la risoluzione del Consiglio, del 18 novembre 1999, sulla promozione della salute mentale (1) in cui, tra l'altro, invitava la Commissione a esaminare la possibilità di inserire nei futuri programmi d'azione per la sanità pubblica attività relative alla salute mentale, la risoluzione del Consiglio, del 29 giugno 2000, sull'azione relativa ai fattori determinanti per la salute (2), le conclusioni del Consiglio del 5 giugno 2001 relative ad una strategia comunitaria intesa a ridurre i pericoli connessi con l'alcol (3) che, tra l'altro, sottolinea lo stretto legame tra abuso di alcol, emarginazione sociale e malattie mentali e le conclusioni del Consiglio del 15 novembre 2001 «combattere i problemi legati allo stress e alla depressione» (4) in cui, tra l'altro, invitava gli Stati membri ad agire perché nei servizi sanitari di base, come pure in altri servizi sanitari e nei servizi sociali, per migliorare la conoscenza della promozione della salute mentale;
2. RAMMENTANDO che il programma d'azione comunitario per combattere le discriminazioni (2001-2006) (5) sottolinea, tra l'altro, le particolari necessità dei disabili e la necessità di una combinazione di misure, e in particolare di strumenti legislativi e azioni concrete destinati a rafforzarsi reciprocamente;
3. RAMMENTANDO che il programma d'azione comunitario inteso ad incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri al fine di combattere l'emarginazione sociale (6) sottolinea che le misure di lotta contro l'emarginazione sociale dovrebbero essere volte a rendere ogni individuo in grado di sovvenire alle proprie necessità (mediante un'occupazione retribuita o in altro modo) e di integrarsi nella società;
4. RAMMENTANDO che il programma d'azione comunitario nel campo della sanità pubblica (2003-2008) (7) è inteso a contribuire, tra l'altro, a garantire un alto livello di protezione della salute umana nella definizione e attuazione di tutte le politiche e attività comunitarie, promuovendo una strategia sanitaria integrata e intersettoriale e a lottare contro la disparità nel settore della salute;
5. PLAUDE alla Conferenza europea «Mental illness and Stigma in Europe: facing up to the challenges of Social Inclusion and Equity» (Malattie mentali e stigmatizzazione in Europa: affrontare le sfide dell'inserimento sociale e della parità), tenutasi ad Atene dal 27 al 29 marzo 2003, in cui si è sottolineata l'importanza di lottare contro la stigmatizzazione per migliorare la salute mentale;
6. SI COMPIACE per la risoluzione della cinquantacinquesima Assemblea mondiale della sanità WHA55.10 approvata da tutti gli Stati membri, in cui si riconosce che i problemi della salute mentale rappresentano un onere molto gravoso che aumenta in tutto il mondo, che tali problemi costituiscono causa di grave disabilità, aumentano il rischio di emarginazione sociale e aumentano la mortalità, che la stigmatizzazione e la discriminazione sono gravi problemi che ostacolano l'accesso alle cure e che i costi umani ed economici sono impressionanti;
7. RICONOSCE che la stigmatizzazione delle malattie contribuisce negativamente alla parità e all'inclusione sociale e ha pertanto ripercussioni sulla protezione della salute;
8. SOTTOLINEA l'esistenza di prove dell'effetto deleterio che la stigmatizzazione e la discriminazione esercitano sull'evoluzione e sulle conseguenze della malattia mentale, nonché sulla qualità della vita delle persone affette da tale malattia e delle loro famiglie;
9. RICONOSCE l'importanza di promuovere azioni efficaci nel quadro di tutte le politiche in materia per aumentare l'inserimento sociale e la parità e per lottare contro la discriminazione e la stigmatizzazione;
10. RITIENE che sia necessario aumentare la visibilità dell'importanza della salute mentale per tutti nonché dei problemi connessi alla stigmatizzazione e alla discriminazione in relazione alle malattie mentali e la sensibilizzazione del pubblico al riguardo;
11. RICONOSCE l'importanza dell'accesso a cure adeguate ed efficaci, dell'accesso al mercato del lavoro, all'istruzione e agli altri servizi pubblici per agevolare l'inserimento e il reinserimento nella società delle persone affette da malattie mentali;
12. INVITA gli Stati membri a:
— prestare particolare attenzione all'impatto dei problemi legati alla stigmatizzazione e alla discriminazione causati dalle malattie mentali in tutte le fasce di età e assicurarsi che tali problemi siano riconosciuti; in tale contesto, a prestare particolare attenzione alla riduzione del rischio di emarginazione sociale,
— rilevare dati qualitativamente validi sulle conseguenze sociali, economiche e sanitarie della stigmatizzazione causata dalle malattie mentali,
— intraprendere azioni intese a combattere la stigmatizzazione e a promuovere l'inserimento sociale nel quadro di un partenariato e di un dialogo attivi con tutti i partecipanti al fine di incoraggiare un approccio integrato e coordinato;
13. INVITA la Commissione a:
— prestare particolare attenzione ad una collaborazione attiva nel quadro di tutte le pertinenti politiche e azioni comunitarie, in particolare azioni relative all'occupazione, alla non discriminazione, alla protezione sociale, all'istruzione e alla sanità, per ridurre la stigmatizzazione e la discriminazione in relazione alle malattie mentali,
— ad intraprendere attività volte a facilitare lo scambio di informazioni e di conoscenze nel contesto di politiche nazionali per assicurare la tutela della salute delle persone che soffrono di problemi di salute mentale, prestando particolare attenzione alla lotta contro la stigmatizzazione e la discriminazione e alla promozione dell'inserimento sociale delle persone che soffrono di malattie mentali.
(T 17.6.2003 Gazzetta ufficiale dell’Unione europea C 141/1)
(1) GU C 86 del 24.3.2000, pag. 1.
(2) GU C 218 del 31.7.2000, pag. 8.
(3) GU C 175 del 20.6.2001, pag. 1.
(4) GU C 6 del 9.1.2002, pag. 1.
(5) GU L 303 del 2.12.2000, pag. 23.
(6) GU L 10 del 12.1.2002, pag. 1. (7) GU L 271 del 9.10.2002, pag. 1.
CONCLUSIONI DEL CONSIGLIO del 2 giugno 2003
sulla lotta alla stigmatizzazione e alla discriminazione in relazione alle malattie mentali
(2003/C 141/01)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA
1. RAMMENTANDO la risoluzione del Consiglio, del 18 novembre 1999, sulla promozione della salute mentale (1) in cui, tra l'altro, invitava la Commissione a esaminare la possibilità di inserire nei futuri programmi d'azione per la sanità pubblica attività relative alla salute mentale, la risoluzione del Consiglio, del 29 giugno 2000, sull'azione relativa ai fattori determinanti per la salute (2), le conclusioni del Consiglio del 5 giugno 2001 relative ad una strategia comunitaria intesa a ridurre i pericoli connessi con l'alcol (3) che, tra l'altro, sottolinea lo stretto legame tra abuso di alcol, emarginazione sociale e malattie mentali e le conclusioni del Consiglio del 15 novembre 2001 «combattere i problemi legati allo stress e alla depressione» (4) in cui, tra l'altro, invitava gli Stati membri ad agire perché nei servizi sanitari di base, come pure in altri servizi sanitari e nei servizi sociali, per migliorare la conoscenza della promozione della salute mentale;
2. RAMMENTANDO che il programma d'azione comunitario per combattere le discriminazioni (2001-2006) (5) sottolinea, tra l'altro, le particolari necessità dei disabili e la necessità di una combinazione di misure, e in particolare di strumenti legislativi e azioni concrete destinati a rafforzarsi reciprocamente;
3. RAMMENTANDO che il programma d'azione comunitario inteso ad incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri al fine di combattere l'emarginazione sociale (6) sottolinea che le misure di lotta contro l'emarginazione sociale dovrebbero essere volte a rendere ogni individuo in grado di sovvenire alle proprie necessità (mediante un'occupazione retribuita o in altro modo) e di integrarsi nella società;
4. RAMMENTANDO che il programma d'azione comunitario nel campo della sanità pubblica (2003-2008) (7) è inteso a contribuire, tra l'altro, a garantire un alto livello di protezione della salute umana nella definizione e attuazione di tutte le politiche e attività comunitarie, promuovendo una strategia sanitaria integrata e intersettoriale e a lottare contro la disparità nel settore della salute;
5. PLAUDE alla Conferenza europea «Mental illness and Stigma in Europe: facing up to the challenges of Social Inclusion and Equity» (Malattie mentali e stigmatizzazione in Europa: affrontare le sfide dell'inserimento sociale e della parità), tenutasi ad Atene dal 27 al 29 marzo 2003, in cui si è sottolineata l'importanza di lottare contro la stigmatizzazione per migliorare la salute mentale;
6. SI COMPIACE per la risoluzione della cinquantacinquesima Assemblea mondiale della sanità WHA55.10 approvata da tutti gli Stati membri, in cui si riconosce che i problemi della salute mentale rappresentano un onere molto gravoso che aumenta in tutto il mondo, che tali problemi costituiscono causa di grave disabilità, aumentano il rischio di emarginazione sociale e aumentano la mortalità, che la stigmatizzazione e la discriminazione sono gravi problemi che ostacolano l'accesso alle cure e che i costi umani ed economici sono impressionanti;
7. RICONOSCE che la stigmatizzazione delle malattie contribuisce negativamente alla parità e all'inclusione sociale e ha pertanto ripercussioni sulla protezione della salute;
8. SOTTOLINEA l'esistenza di prove dell'effetto deleterio che la stigmatizzazione e la discriminazione esercitano sull'evoluzione e sulle conseguenze della malattia mentale, nonché sulla qualità della vita delle persone affette da tale malattia e delle loro famiglie;
9. RICONOSCE l'importanza di promuovere azioni efficaci nel quadro di tutte le politiche in materia per aumentare l'inserimento sociale e la parità e per lottare contro la discriminazione e la stigmatizzazione;
10. RITIENE che sia necessario aumentare la visibilità dell'importanza della salute mentale per tutti nonché dei problemi connessi alla stigmatizzazione e alla discriminazione in relazione alle malattie mentali e la sensibilizzazione del pubblico al riguardo;
11. RICONOSCE l'importanza dell'accesso a cure adeguate ed efficaci, dell'accesso al mercato del lavoro, all'istruzione e agli altri servizi pubblici per agevolare l'inserimento e il reinserimento nella società delle persone affette da malattie mentali;
12. INVITA gli Stati membri a:
— prestare particolare attenzione all'impatto dei problemi legati alla stigmatizzazione e alla discriminazione causati dalle malattie mentali in tutte le fasce di età e assicurarsi che tali problemi siano riconosciuti; in tale contesto, a prestare particolare attenzione alla riduzione del rischio di emarginazione sociale,
— rilevare dati qualitativamente validi sulle conseguenze sociali, economiche e sanitarie della stigmatizzazione causata dalle malattie mentali,
— intraprendere azioni intese a combattere la stigmatizzazione e a promuovere l'inserimento sociale nel quadro di un partenariato e di un dialogo attivi con tutti i partecipanti al fine di incoraggiare un approccio integrato e coordinato;
13. INVITA la Commissione a:
— prestare particolare attenzione ad una collaborazione attiva nel quadro di tutte le pertinenti politiche e azioni comunitarie, in particolare azioni relative all'occupazione, alla non discriminazione, alla protezione sociale, all'istruzione e alla sanità, per ridurre la stigmatizzazione e la discriminazione in relazione alle malattie mentali,
— ad intraprendere attività volte a facilitare lo scambio di informazioni e di conoscenze nel contesto di politiche nazionali per assicurare la tutela della salute delle persone che soffrono di problemi di salute mentale, prestando particolare attenzione alla lotta contro la stigmatizzazione e la discriminazione e alla promozione dell'inserimento sociale delle persone che soffrono di malattie mentali.
(T 17.6.2003 Gazzetta ufficiale dell’Unione europea C 141/1)
(1) GU C 86 del 24.3.2000, pag. 1.
(2) GU C 218 del 31.7.2000, pag. 8.
(3) GU C 175 del 20.6.2001, pag. 1.
(4) GU C 6 del 9.1.2002, pag. 1.
(5) GU L 303 del 2.12.2000, pag. 23.
(6) GU L 10 del 12.1.2002, pag. 1. (7) GU L 271 del 9.10.2002, pag. 1.
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