sabato 6 settembre 2003

dopo, l'Unità... e il Riformista

L'Unità 6.09.2003
Il Leone al russo «Il ritorno». Polemiche anche sul palco per il «no» a Bellocchio
di Gabriella Gallozzi


Applausi commossi per il Leone d'oro al russo Il ritorno di Andrei Zvyagintsev e applausi più «tirati» per l'ex premio della sceneggiatura a Buongiorno, notte di Marco Bellocchio. L'edizione numero sessanta della Mostra di Venezia si è chiusa con un palmarès che si porterà dietro numerose polemiche, cominciate già in modo soft nel corso dell'interminabile cerimonia di premiazione capeggiata dalla strana coppia: Chiambretti-de Hadeln. A tirare in ballo il pericolo-querelle è stato Tullio Kezich chiamato sul palco per consegnare la targa alla pellicola sul caso Moro che, dopo l'accoglienza entusiasta del festival, era data quasi da tutti come il Leone italiano 2003. Invece, la giuria capitanata da Mario Monicelli ha assegnato al film il «Premio per un contributo individuale di particolare rilievo». «Un riconoscimento - dice Tullio Kezich - che vuol dire tutto e niente. Come giornalista mi permetto di immaginare che questo premio farà discutere i giornali». E così è stato. Già da ieri.

A ritirare il riconoscimento, infatti, non è salito sul palco il regista, ma il suo interprete Luigi Lo Cascio, che diplomaticamente ha portato alla cerimonia di premiazione i «ringraziamenti alla giuria» di Bellocchio, che nel frattempo era ritornato a Roma insieme a tutto il cast per presenziare alla proiezione del film al cinema Eden. Applausi sentiti e commossi, invece, sono andati alla libanese Randa Chahal Sabbag, regista di L'aquilone, vincitrice del Gran premio della giuria per un film che ha portato al festival il tema della guerra. In particolare l'invasione del Libano da parte di Israele nel '67. Una di quelle pellicole che il tam-tam del Lido aveva messo nel palmarès già dai primi giorni. «Credete che io faccia parte dell'asse del male e Bush di quello della pace?», dice la regista salendo sul palco. La sala applaude ancora. Così come applaude con entusiasmo all'annuncio del premio San Marco per il miglior regista a Vodka Lemon di Hiner Saleem, in gara nel secondo concorso, Controcorrente. Chiambretti, sorridente e adrenalico come sempre, accompagna il regista sul palco definendo il suo film «iracheno». «No, non sono iracheno - ribatte deciso Hiner Saleem - il film è curdo e io sono curdo. E voglio ricordare che proprio mentre stavo girando è arrivata la buona notizia della caduta di Saddam. Da questo momento spero che si apra la strada verso la democrazia e la pace».

La storia di ieri, quella dolorosa dell'Olocausto, rientra poi nel palmarès con la coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile alla bionda Katjia Riemann, protagonista di Rosenstrasse di Margarethe von Trotta. L'attrice sul palco ringrazia la regista tedesca e dedica il riconoscimento a tutte quelle donne berlinesi che, nel '43, riuscirono a mettere in scacco il regime nazista con la loro protesta, portando alla liberazione di centinaia di ebrei. Applauditissimo, soprattutto dai cinefili in sala, è il premio per la regia a Zatoichi di Takeshi Kitano, giudicato all'unanimità come il vero capolavoro di questa Mostra. L'ultimo applauso tocca al tenebroso Sean Penn, incoronato con la coppa Volpi per la sua interpretazione di 21 grams del messicano Alejandro Gonzales Inarritu.
La cerimonia di premiazione è finita. Ma il malumore per il Leone mancato al film di Bellocchio è palpabile. Venezia, si sa, non è come Cannes, dove fino all'ultimo si mantiene il segreto sul palmarès. Per cui la notizia del premio minore a Buongiorno, notte era già circolata nel primo pomeriggio. Dopo la proiezione ufficiale del film, la più applaudita della Mostra, si era già diffusa la «voce» che Mario Monicelli, presidente della giuria, non avesse amato molto la pellicola sul caso Moro. Mentre Il ritorno, opera prima del russo Zvyagintsev, continuava ad infiammare gli animi degli accreditati, rimontando nella classifica del toto-leoni. A metà mattinata, dunque si è cominciato a parlare per Bellocchio di un secondo premio, comunque prestigioso come quello della giuria. Un riconoscimento che avrebbe reso merito ad un film importante, come in molti hanno giudicato Buongiorno, notte.

Indiscrezioni, voci, chiacchiere da «corridoio» si sono avvicendate febbrili per tutta la mattinata di ieri. Ed anche l'arrivo di Lucia Annunziata al Lido ha fatto mantenere vive le speranze. Poi, nel primo pomeriggio, l'indiscrezione è diventata una notizia: Buongiorno, notte non ha conquistato né il Leone, né il premio della giuria. A questo punto il malessere e l'insoddisfazione, non solo in casa Rai che produce il film, è diventato palese. Bellocchio è tornato a Roma insieme a tutto il cast dove ieri sera ha partecipato alla proiezione del suo film al cinema Eden, accompagnato da un pubblico acclamante. Quasi una contro-cerimonia di premiazione fatta spontaneamente dai suoi fan. Intanto, uscito in sala l'altro giorno, Buongiorno, notte è già al terzo posto degli incassi. E questo sicuramente, al di là delle polemiche da festival, è già una vittoria.

Il Leone e la Memoria
di Bruno Ugolini


Marco Bellocchio bocciato. O quasi. È la notizia impetuosa uscita, qualche ora prima della premiazione ufficiale, dalle sale ormai poco affollate della Mostra del cinema. Il Leone d’oro al russo Il Ritorno, bello e rassicurante. Non inquietante come quello di Bellocchio, dedicato alla vicenda Moro e che ha travagliato gli animi. Basta leggere uno strano pezzo su Il riformista scritto dallo svelto Luca Telese. Il titolo è «Un festival revisionista contro la storia del Pci». Il riferimento è ai due film politici, quello di Bertolucci, apparentemente sul ’68, e quello di Bellocchio. Telese scrive che sarebbero entrambi contro la memoria del Pci e della sua storia. Quel che è grave è che una tale interpretazione sarebbe stata suggerita da ambienti cineasti dell’ultrasinistra. Non hanno digerito, tra le altre cose, l’accostamento (presente in Buon giorno notte) tra le lettere ai condannati a morte della Resistenza e quelle scritte da Aldo Moro. Hanno considerata “reazionaria” la oggettiva esaltazione dello statista Dc, sacrificato dai terroristi. Avrebbero preferito, evidentemente, vedere, tra i protagonisti del film, una brigatista più dura, meno sentimentale, meno romantica, meno disposta ad aprire le porte della prigione. Nessuno osi, però, in questo caso, presentarsi come il rappresentante della storia e della memoria del Pci. Il partito di Berlinguer spese contro le Br anche la vita dei suoi militanti, a cominciare dall’operaio Guido Rossa. I veri partigiani stavano con Aldo Moro, non con Moretti e Gallinari.

prima, Le Monde...

UNE DÉMARCHE CATHARTIQUE


Avec Buongiorno, notte , Marco Bellocchio se situe sur un autre terrain. Il montre la détention de l'homme politique à travers les yeux de la seule femme du commando chargé de garder le prisonnier.

Lors de sa projection de presse, le 3 septembre, le film a été accueilli avec un respect inhabituel à Venise (on n'a pas entendu un telefonino sonner) et salué par de longs applaudissements. C'est qu'il y a quelque chose de cathartique dans la démarche de Bellocchio.

Giancarlo Leone, administrateur de RAI Cinema, la branche de production de l'audiovisuel public italien, explique : "Nous voulions d'abord faire, avec Marco, un film sur la façon dont les Italiens ont vécu l'affaire Moro, puis le scénario a évolué pour montrer la détention." Le sujet est risqué, à la fois un peu oublié parce que "refoulé" selon Giancarlo Leone, mais encore douloureux "comme le 11 septembre aux Etats-Unis" ,ajoute-t-il.

Plutôt que de se jeter dans la mêlée, Bellocchio tourne le dos à la polémique. Lors de la conférence de presse organisée à Venise il a expliqué : "CIA ou KGB, ça ne m'intéresse pas, je voulais faire un film sur Aldo Moro. Et ce film m'a ramené à mon père" (à qui Buongiorno, notte est dédié). Cette imbrication de l'intime et du collectif, qui anime tant de films présentés à Venise, est poussée à un point d'intelligence, de lucidité et de sensibilité qui s'impose avec une grâce irréfutable.

Ainsi de l'utilisation de matériaux extérieurs, images d'actualité de 1978, musique (Pink Floyd, Schubert, Chœurs de l'armée rouge) et surtout films soviétiques, qui apparaissent en rêve à la jeune terroriste (irréprochable Maya Sansa, déjà vue en bibliothécaire radieuse dans Nos meilleures années , de Marco Tullio Giordana), comme des manifestations d'une impossible utopie. Sans accabler les brigadistes, Bellocchio montre leur dévoiement, fait de Moro (joué par Roberto Herlitzka) une figure simplement pathétique et réussit à rassembler comme pour une veillée funèbre longtemps différée, les survivants et les héritiers des années de plomb.

Si le succès festivalier du film ne fait aucun doute, sa réussite publique reste une inconnue. Le distributeur italien 01 y croit assez pour que le film sorte le 5 septembre sur 170 copies, "la plus grosse sortie jamais vue pour un film italien présenté à Venise" .

prima, Libertà...
Dalla stampa un coro di elogi: impeccabile
“Severa capacità evocativa”, “commovente”. Le Monde: grazia incontestabile
di Alfredo Tenni

Venezia - L'interminabile applauso del pubblico del Lido; la sorpresa per un film che si misura col caso Moro senza tirare in ballo P2, Cia e Kgb ma dipingendo una storia - fitta di simbolismi, eppure fedelissima nel restituire il linguaggio e le atmosfere di 25 anni fa - di Figli che uccidono Padri; il catartico senso di liberazione indotto nello spettatore dalla visione di una pellicola programmaticamente “claustrofobica”.
Sono questi i motivi conduttori dei commenti che la stampa ha dedicato a Buongiorno, notte, il film di Bellocchio indicato da più parti come grande favorito per il Loene d'Oro alla Mostra di Venezia. Sul Corriere della Sera di ieri, Tullio Kezich si è soffermato a lungo sul linguaggio onirico e visionario di questo «film dalla fattura impeccabile, assimilabile a uno di quei “Grandi sogni” di cui parlava Jung».
Su La Repubblica Natalia Aspesi ha commentato: «Con la sua grande, severa capacità evocativa, Bellocchio ci riporta nelle tenebre amare di quei drammatici 55 giorni del '78. Ma ce li racconta nel chiuso claustrofobico del sentimento di potenza e smarrimento dei sequestratori».
Il francese Le Monde, che non è stato tenero con gli altri film italiani di argomento “politico” visti quest'anno a Venezia (ha stroncato The Dreamers di Bertolucci e ha accolto con freddezza Segreti di Stato di Benvenuti), elogia Buongiorno, notte senza riserve: «Il fitto intreccio dell'intimo e del collettivo è spinto a un punto di intelligenza, di lucidità e di sensibilità che si impone con grazia incontestabile».
Per Fabio Ferzetti (Il Messaggero), il film riesce «nel miracolo di tradurre un dramma epocale nella dimensione del singolo, in cui ognuno può ritrovarsi». Per Alberto Crespi (L'Unità) Buongiorno, notte è una riflessione alta su valori che vanno al di là della politica.
E' un'opera labirintica, spesso di difficile decifrazione, che lascia la voglia di rivederla più volte». «Forse proprio perché non è un film completamente riuscito, Buongiorno, notte è interessante e, per molti versi, commovente» scrive sul Giornale Stenio Solinas che, profetizzando un Leone d'Oro per il film, attribuisce a quest'ultimo un'importanza storica: «Non sarà premiato solo per le sue qualità cinematografiche, quanto perché segna il passaggio dalla rimozione alla comprensione troppo a lungo negata» della «vertigine del vuoto» che affascinò l'Italia di 25 anni fa. Un concetto analogo è espresso da Curzio Maltese, commentatore politico di La Repubblica, in un editoriale di prima pagina intitolato “Se il cinema riscopre la memoria”: per Maltese, il «bellissimo film di Bellocchio» è «un fenomeno politico importante» perché «qui il cinema riesce dove da sempre falliscono la società e la politica italiane: nella capacità di elaborare il lutto per una storia di odio e di follia ideologica per poter ricominciare da un'altra parte».
Alfredo Tenni