martedì 21 marzo 2006

nel pomeriggio è stato trasmesso
su MAWIVIDEO

in diretta dal Residence Ripetta di Roma l'incontro:

"La cultura cuore della trasformazione"

_________
Tonino Scrimenti comunica:

questo pomeriggio
Massimo Fagioli
sarà presente a questa iniziativa:


http://www.rifondazioneroma.it/
http://www.rifondazioneroma.it/appuntamenti/2006/060321cultura.htm


Tutti sono invitati a partecipare

Partito della Rifondazione Comunista
Roma, 21 marzo, 2006
Residence Ripetta

Roma, Via Di Ripetta, 231 ore 15.30


La cultura cuore della trasformazione
Intellettuali, artisti, scienziati, operatori dello spettacolo interrogano la politica

Partecipano Fausto Bertinotti, Pietro Ingrao, Rina Gagliardi

La cultura è da sempre il luogo privilegiato del pensiero critico, libero, creativo: dove si producono le condizioni del cambiamento, del dialogo tra le diversità, della pace. Un Paese povero di cultura è un paese tout court povero e destinato al declino. Per questo oggi appare molto preoccupante la crisi in cui versa la cultura italiana. I cinque anni di governo del centrodestra le hanno sottratto risorse economiche, spazi, controllo democratico, la possibilità stessa di esprimersi. La situazione è diventata a tal punto drammatica che per la prima volta nella storia repubblicana il mondo dello spettacolo, lo scorso 14 ottobre, ha scioperato dicendo basta, in maniera unanime, alle politiche che hanno determinato questo disastro.
Ora si deve voltare pagina. Ma per farlo non basta ritornare al passato. Si deve mettere radicalmente in discussione la logica della privatizzazione nella cui trappola era caduto anche il governo di centrosinistra. La rinascita della cultura può avvenire solamente rilanciando l’idea che essa è un Bene Comune, e come tale va sostenuto dallo Stato sulla base di criteri che devono essere ridiscussi e condivisi da chi opera nel settore. La cultura non è un optional, non è un bene di pochi per pochi: dev’essere una possibilità per molti, per tutti. Solo così si potrà innescare un nuovo circolo virtuoso fra soggetti sociali e istituzioni, tra i produttori di arte, cultura, sapere e società. La sfida che dovrà affrontare il prossimo governo non riguarda solo coloro che in questi anni, con ostinazione e passione, hanno continuato a svolgere il loro lavoro. E’ la condizione necessaria perché l’Italia, questa volta, cambi davvero

___________________
una segnalazione di Carmine Russo:

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/200603articoli/3359girata.asp#
La Stampa web 21.3.2006
POLITICA
DOPO L’ANNUNCIO DI BERTINOTTI ANCHE SE RIFONDAZIONE NON SPARIRÀ, C’È CHI TEME UNA FUGA IN AVANTI NON ABBASTANZA MEDITATA
La svolta di Fausto inquieta la sinistra
Consensi ma anche perplessità su «socialismo della persona» e Partito della sinistra europea
Antonella Rampino

ROMA. Ultima svolta di Bertinotti, primi segnali: Fabio Mussi legge in Transatlantico con meticolosa attenzione; Gloria Buffo, chiuso il giornale, si sintonizza su «Radio Città Futura» per saperne di più; Valentino Parlato, voltata pagina, inoltra richiesta d’intervista per porre quesiti dottrinari non di secondo piano; Vittorio Foa ricorda che «con la parola individuo si chiude anche il mio ultimo libro»; Sandro Curzi sgombera l’agenda di consigliere Rai per essere, oggi, al Residence Ripetta di Roma. Dove, presente Pietro Ingrao, si parlerà dell’ultima svolta di Bertinotti, atto secondo.

Piccolo trambusto nella sinistra italiana, all’annuncio del segretario di Rifondazione: dopo le prossime politiche, si avvierà fattivamente il processo di trasformazione nel «Partito della sinistra europea», anche se, precisa il segretario a tre settimane dalle elezioni, al momento non c’è il disegno di cambiare «né il simbolo, né il nome del partito». Percorso obbligato? E basta con il Marx della lotta di classe: per la sinistra del XXI secolo «ci vuole il socialismo della persona», dato che sin qui s’è dato troppo peso al valore dell’uguaglianza, e troppo poco a quello della libertà.

L’elaborazione, maturata domenica all’ultimo incontro della Sinistra Europea (formazione esistente a Strasburgo, e lanciata proprio da Bertinotti alla vigilia delle ultime elezioni europee) è stata poi approfondita proprio sulla Stampa. Contiene un elemento che investe direttamente l’insieme della politica italiana: Bertinotti dice che, se davvero nascerà il Partito Democratico, operazione dalla quale si dice «affascinato», sarà inevitabile un nuovo soggetto politico anche a sinistra. «Un soggetto meticcio, inizio di un progetto politico ambizioso, lungo il percorso di revisione della cultura politica di Rifondazione, già iniziato da tempo», scrive Pietro Folena sulla velina rossissima, «Rosso di Sera».

E’ un percorso obbligato, «cui costringe il riposizionamento al centro di ampi settori del riformismo», spiega Folena. Il quale è un diessino che da tempo ha trasmigrato, come indipendente, nella factory di Bertinotti. «Certo, il tentativo di ridefinire i confini politici è, di tutti i forti cambiamenti già impressi da Bertinotti a Rifondazione, il più significativo» dice Gloria Buffo, della sinistra interna alla Quercia, ovverossia dell’area considerata «a rischio smottamento» in caso di nascita del Partito democratico.

Adesso però, avverte Buffo che consiglierebbe a Bertinotti di non condizionare la sua nuova geopolitica alla nascita del raggruppamento Quercia-Margherita («Giro l’Italia, e tutti mi chiedono “ma è una finta, vero, quella del Partito democratico?”, il punto è che non ci crede nessuno»), «su questa ultima svolta che Bertinotti opera alla viglia del voto peseranno anche i risultati elettorali». Cesare Salvi di «Sinistra diesse per il socialismo» (altra opposizione interna eventualmente a rischio smottamento) mette le mani avanti: «Non condivido tutta questa suggestione per il Partito democratico».

Emanuele Macaluso invece, ormai coscienza critica dell’ex Pci, sbuffa («Ancora una svolta politica, che non abbiamo ancora metabolizzato l’ultima?») e insinua il dubbio: «L’etichettatura di Rifondazione come Sinistra europea è un’operazione arbitraria. Le elaborazioni politiche devono essere sofferte, e molto, molto pensate». Nella fattispecie, «questo mettere assieme trozkisti, ex stalinisti, maoisti, no-global, Ong e movimentismi vari, in Italia come in Europa, è un pasticcio, un’operazione da laboratorio». E’ vera innovazione? Come sempre infatti le cose si complicano se le si guarda con gli occhi del politologo.

E poiché Bertinotti poneva questioni teoriche, nella sua elaborazione allo stadio nascente, le cose si complicano ancora di più. «Certo, nel marxismo ci sono state mistificazioni», nota ancora Macaluso, «ma non era proprio Bertinotti ad incarnare la visione libertaria del marxismo?». Come dire: che bisogno c’è di dichiarare superata la lotta di classe («archiviata da anni») e di ri-centrare la politica sulla persona, sull’individuo? «Che questa poi sia la svolta delle svolte, mi pare francamente eccessivo» dice Valentino Parlato, «non vorrei fosse come per l’abiura dello stalinismo, che Bertinotti compie nel 2001 e noi del Manifesto nel 1969, ed era tardi già allora.

O come quella sulla non-violenza, che non mi convince: se Bertinotti parlava dei casseur, non c’era neanche bisogno di prendere le distanze. Ma se intendeva la violenza che c’è nella Storia, beh quella la riconosceva anche Gandhi con la sua azione non-violenta». A sorpresa, ma non troppo, è proprio il padre nobile di via Tomacelli il più critico, specie sulle bertinottiane eccezioni a Karl Marx. Che approdano a un punto: «Rifondazione non può essere il Partito Democratico della Sinistra. Perché? Perché a furia di cucinare la politica tutt’al più può venir fuori il Partito del Lesso Comunista». Ma naturalmente «il rovello di Bertinotti è apprezzabile». Verrà approfondito, come detto, in apposita intervista. Oltre che già stamattina, in un editoriale su Liberazione.

l'articolo al quale fa riferimento qui sopra La Stampa è il seguente:

Liberazione 21.3.2006
La novità della Sinistra Europea
La sinistra fa una svolta a sinistra
di Rina Gagliardi

Da quando, tanti anni fa, il gruppo dirigente del Pci varò la svolta della Bolognina, sulla nozione di svolta è scesa un’aura sinistra. Anzi, di destra. Come se ogni svolta degna di questo nome non potesse che favorire la liquidazione di un patrimonio, o i peggiori “pentitismi” politici e ideali. Ma, se invece che sui simboli o sul “suono” delle parole, provassimo a concentrarci sulla sostanza? Scopriremmo che nella realtà politica - come nella vita - ci sono le svolte cattive e quelle buone, le svolte moderate e quelle radicali: in breve, che ci sono le svolte di destra e le svolte di sinistra. Le prime sono per lo più deprecabili, le seconde, all’opposto, sono spesso necessarie - se si hanno davvero come stella polare la trasformazione sociale, il mutamento effettivo dei rapporti di forza, la crescita della partecipazione di massa alla politica.
Stiamo parlando di noi, naturalmente, e della decisione di dar vita, subito dopo le elezioni, ad un nuovo soggetto politico: la Sinistra Europea, Sezione Italiana. Una bella e folta assemblea, che si è tenuta a Roma lo scorso weekend, ha assunto questo impegno, a conclusione di un confronto molto ricco. Ecco, finalmente, un fatto nuovo a sinistra. Ecco una svolta possibile per la sinistra radicale, e per la sinistra tout court. Nei prossimi mesi, non ci sarà, sulla scena della politica italiana, soltanto il progetto del Partito Democratico, sbocco “obbligato” del cammino cominciato nell’89, incarnazione logica di una soggettività e di una collocazione neocentriste. Ci sarà una nuova forza della sinistra, che assume nella sua nascita - nel suo pur articolato Dna - l’orizzonte dell’alternativa di sistema. L’opzione di una società socialista per il ventunesimo secolo.
***
Significa, questa nascita, che qualcuno e qualcosa muore, come spesso succede nell’atto del nascere? Significa, come hanno scritto autorevoli giornali, che Rifondazione comunista è destinata a “sciogliersi” o ad “esser sciolta” quasi d’autorità? O che, al contrario, una miriade di intellettuali, di sindacalisti, di operatori della cultura, di pacifisti, di esponenti dei movimenti è pronto a sua volta a sciogliersi nelle fila del Prc? No, nient’affatto. Questo tipo di letture, per altro simmetriche l’una all’altra, sono mosse, più che da cattiva fede, dalla persistenza (quella sì, durissima a morire) degli schemi tradizionali del far politica - e forse anche dal bisogno di semplificare un processo complesso, nutrito di nuove coerenze, vecchie certezze, paradigmi. La vera scommessa è in fondo questa: esporsi all’innovazione, quasi senza rete, forse perfino “rivedere e revisonare”, per restituire all’opposizione anticapitalistica attualità piena, respiro strategico, linfa vitale.
Certo, la tradizione recita che, in politica, ci si può unire soltanto attraverso la “fusione” organica delle identità - a vantaggio, in genere, del più forte e del più organizzato. Certo, l’esperienza del passato ci ha trasmesso pratiche di mediazioni estenuanti e, soprattutto, di mutazioni quasi soltanto nominalistiche, tra battaglie altrettanto estenuanti sulla “sovranità”.
Questa volta, però, ci sia concesso di tentare un’altra strada, un’altra metodologia, un’altra modalità, che abbiamo sussunte, in gran parte, dalla lezione dei movimenti di questi anni. In che cosa consistono? Nella pari dignità “assoluta” delle diverse soggettività che partecipano a questa impresa. Nella pratica della contaminazione reciproca, dell’incontro e del confronto permanente con l’altro. Nella costruzione di un’unità politica e ideale che rispetta la ricchezza del molteplice e rompe (per usare le parole di Lidia Menapace) con il dominio monocratico dell’Uno, simbolo, a sua volta, di una politica in fondo patriarcale, un po’ guerresca e “militarizzata”. In questo processo, che non per caso fa sua una scelta radicale nonviolenta, nessuno si scioglie e nessuno rinuncia ad essere se stesso. E si può pensare che un partito come il Prc, con la sua storia e i suoi vissuti così intensi, possa diventare come un cono di gelato, scioglibile a seconda della temperatura? O che la categoria fondativa di classe possa esser archiviata, in una fase storica come questa, che ci parla quasi quotidianamente di un durissimo scontro di classe in corso nel mondo? Invece, si può e si deve pensare che tutti - tutti insieme - cominciano un’altra storia della sinistra. Provano e riprovano. A farne, da capo, una cosa grande, in sintonia con l’Europa e con le speranze dei movimenti.

Alcuni altri articoli - di ieri e di oggi - su quanto Fausto Bertinotti, come è scritto in uno di essi, ha definito «la svolta delle svolte», sono disponibili integralmente su "spogli" per leggerli cicca sul titolo: