lunedì 18 luglio 2005

è stato ospite della Libreria AMORE E PSICHE
Gianrico Carofiglio ha vinto il Premio Bancarella

Corriere della Sera 18.7.05
Premio Bancarella
Vince il giallo del pm Carofiglio

Il magistrato antimafia è al suo terzo romanzo: «Il mio nome dopo Hemingway, sono felicissimo»
Marco Gasperetti

PONTREMOLI (Massa Carrara) - Ha vinto la storia di un’amicizia borghese, struggente e oscura, ambientata in una Bari inquietante e di confine, in bilico tra modernità e tradizione. Il passato è una terra straniera di Gianrico Carofiglio (Rizzoli) si è aggiudicato ieri sera la 53° edizione del Premio Bancarella.
(...) Carofiglio, magistrato antimafia di Bari al terzo romanzo, pluripremiato e tradotto in tutto il mondo, (a ottobre su Canale 5 uscirà anche un serial tv dedicato all’avvocato Guido Guerrieri, protagonista dei due precedenti romanzi), non nasconde l’emozione. «Il primo Bancarella è stato assegnato a Ernest Hemingway, lo scrittore che più amo - dice -, per me è uno dei premi più prestigiosi al mondo. Sono felicissimo che sia stato questo mio ultimo romanzo a vincere. E’ un’opera di rottura, diversa da tutte le altre». Il passato è una terra straniera è l’opera più introspettiva di Carofiglio. Non è un giallo manicheo: i tre protagonisti, lo studente Giorgio, il prestigiatore baro Francesco e il tenente dei carabinieri Giorgio Chiti, vivono in mondi all’antitesi eppure trovano una solidarietà nei contraddittori sentimenti, di luce o di tenebra, che li attraggono nel dipanarsi dei fatti.
(...)

«la libertà sessuale delle donne è la cosa più importante»

Corriere della Sera 18.7.05
Ricerca della London School of Economics realizzato dall’italiana Pezzini
«La libertà della donna conquistata con la pillola»
Studio inglese: è stato il principale fattore di emancipazione
Alessandra Mangiarotti

Macché diritti di maternità e legge sul divorzio. E’ stata la pillola a rendere la donna davvero libera. Libera di scegliere se e quando avere un bambino. E quindi libera di studiare, lavorare, fare carriera, fare soldi ed essere felice. Insomma, è il controllo delle nascite il principale fattore di emancipazione dalla Seconda Guerra mondiale ad oggi. Lo dice uno studio inglese. Con tanto di numeri (e non slogan) alla mano.

LO STUDIO - I ricercatori della London School of Economics (Lse), coordinati dall’italiana Silvia Pezzini, hanno preso in considerazione i dati di 450mila donne inglesi e di 11 Paesi europei dal 1975. Quindi hanno incrociato il livello di soddisfazione delle ladies con le principali vittorie delle battaglie al femminile: leggi sull’aborto, contraccettivi, diritti di maternità e legge sul divorzio. Risultato: «Quello che ha reso davvero libere le donne è stato il controllo delle nascite. Mentre diritti di maternità e divorzio hanno avuto effetti trascurabili sul Welfare al femminile». Anzi: in alcuni casi «effetti negativi». Per intenderci: «Quello che le donne guadagnano grazie ai congedi maternità lo perdono sul piano dell’idoneità professionale», mette in guardia la Pezzini. Che va oltre: «L’obiettivo del governo Blair di portare il congedo pagato a 12 mesi difficilmente aiuterà la causa delle donne».

LIBERTÀ RAGGIUNTA - La pillola è stata introdotta in Inghilterra per le donne sposate nel 1961. E la responsabile dello studio libertà-uguale-pillola evidenzia: «Le ladies che all’epoca erano in età fertile hanno registrato un aumento del livello di benessere». Vale a dire: più donne laureate, più donne al lavoro e al lavoro con mansioni di responsabilità. E in Italia? La pillola è arrivata a fine Anni Sessanta. La legge sul divorzio nel ’70. Quella che tutela le madri sul luogo di lavoro nel ’71 e quella sull’aborto sette anni dopo. Tutti d’accordo sul fatto che lo studio inglese sancisca una sacrosanta verità. Ma guai ad incoronare la pillola regina di tutte le vittorie rosa.

IN ITALIA - E’ innegabile: «Riuscire a controllare la nascita di un bambino è fondamentale per pianificare la carriera, oggi uno dei principali metri di libertà», commenta «da economista e non da donna» Cristina Bombelli, coordinatrice del laboratorio «Armonia» alla Bocconi di Milano. «Sicuramente il divorzio ha un’incidenza minore sulla gestione della propria vita. E se in Inghilterra gli effetti del congedo maternità sono penalizzanti, nella permissiva Italia sono addirittura deleteri». Parola di imprenditore: «Soprattutto di piccolo e medio imprenditore (il 90%) che ammette senza veli di preferire assumere un uomo proprio per colpa di quei permessi rosa».

IL DIBATTITO - L’avvocato Mariagrazia Campari mette però le mani avanti: «Non facciamo sponsorizzazioni farmaceutiche: le conclusioni dello studio inglese sono sacrosante (non illuminanti). Ma tutte le battaglie hanno pari dignità». La psicoterapeuta Anna Salvo aggiunge: «E’ impossibile dire se è stata più la pillola del divorzio a dare libertà. Di sicuro il confetto rosa ha permesso alle donne di riappropriarsi del proprio corpo e del proprio tempo». E la sociologa Chiara Saraceno: «Da sola però non basta a dare libertà. Prima dei comportamenti sessuali le donne hanno cambiato la testa». Quanto ai diritti per le mamme lavoratrici: «Se i congedi maternità li possono prendere solo le donne, beh, questo le penalizza. Ma come dice un’indagine dell’Ocse proprio l’alta occupazione femminile, insieme a politiche flessibili, aiuta la fecondità». Perché va detto: «La pillola è importante così come lo sono l’accesso al lavoro (qualificato) e il riuscire a conciliare lavoro e famiglia, a essere mamma lavorando». Del resto gli effetti collaterali sono in agguato. Come quelli di cui l’attrice Jennifer Aniston è diventata l’emblema: ha rotto con il suo Brad Pitt e le malelingue giurano che la causa sia stata proprio la sua riluttanza a interrompere la carriera per diventare mamma.

Corriere della Sera 18.7.05
«No, la svolta iniziò con la lotta contro la famiglia tradizionale»
Mariolina Iossa

Scrive il Times: «Dimenticate le leggi sul divorzio e sull’aborto, è stata la pillola a rendere le donne libere». Davvero è così, davvero le battaglie delle donne, il movimento femminista, hanno contato assai meno, quasi nulla, lungo il cammino della emancipazione femminile? Davvero basta solo la contraccezione per far sentire una donna veramente libera? «Per carità - replica la storica Anna Bravo -. La pillola è stata, ed è importantissima. La pillola previene le gravidanze indesiderate e impedisce di dover ricorrere all’aborto. Ma io credo che sia solo una concausa. Forse le donne più giovani, quelle che hanno ereditato i risultati delle battaglie femministe, hanno risposto in questo modo al questionario perché guardano alla pratica. Ma chi riceve l’eredità deve comunque agire, deve mettersi in gioco, non può fermarsi lì». E allora guardiamo indietro, raccontiamo com’è andata. «Ci sono state le lotte, le battaglie di tante donne che rifiutavano un modello rigido imposto dalle famiglie. La pillola è del ’60 ma in Italia, fra l’altro, c’era una legge che vietava di propagandare i sistemi di controllo delle nascite e l’Aied, sorto già dal ’53, subì numerose denunce».
Dunque, il fermento, la voglia di riscatto parte ben prima della pillola. «Sì, certo, possiamo dire che la pillola si inserisce dentro una tendenza. Già le ragazze degli anni Cinquanta, e cito il saggio di Simonetta Piccone Stella, avevano voglia di cose nuove, lo dicevano in modo pasticciato, confuso, ma cercavano una propria strada, respingevano il modello di moglie, madre, lavoratrice perfetta. Un modello che richiedeva uno sforzo immenso». Ma che cosa volevano? «Cose diverse, viaggiare, ascoltare la musica, andare al cinema. Ma non volevano risolvere tutta la loro vita dentro la famiglia».
E dopo c’è stata la presa di coscienza, la lotta per una maggiore libertà, una lotta anche politica. «Una giovane donna non vuole crescere ossequiosa, rispettosa delle regole degli adulti. Così all’inizio litiga dentro la famiglia, nello sforzo di rompere i modelli chiusi. La pillola arriva dentro questa tendenza, e certamente contribuisce a dare maggiore sicurezza. Ma le leggi sul divorzio e sull’aborto, leggi sacrosante, sono quelle che hanno dato alle donne la possibilità di scelta. Io non penso che il divorzio e l’aborto siano qualcosa di rivoluzionario. Nell’esperienza personale significano anche lutto, dolore. Ma non si possono cancellare. Sono strumenti per creare le condizioni di libertà. Poi, nella pratica, ognuno si libera da solo. La libertà non è una cosa che si ottiene, che viene regalato, concesso o consegnato».

Spoletoscienza 2005

l'Unità 18 Luglio 2005
Spoletoscienza 2005
di Cristiana Pulcinelli

Tra soli trent'anni la vita di noi esseri umani potrebbe non essere più la stessa. Potremmo, ad esempio, aver spostato il momento della morte molto più avanti nel tempo: a cento anni e oltre. I nostri organi malati potrebbero venire sostituiti. Potremmo aver sconfitto malattie come il cancro e potremmo curarci inserendo nel nostro organismo geni e cellule. Potremmo anche progettare figli in modo che siano sicuramente sani, ma anche che abbiano qualche chance in più per cavarsela grazie alla manipolazione genetica dell'embrione.
Tutte queste cose, se si realizzassero, cambierebbero radicalmente non solo la nostra vita individuale, ma la società nel suo complesso. A tal punto che suscitano timore e, in qualcuno, anche voglia di fermare la ricerca, come si è visto in occasione del referendum sulla fecondazione assistita. Cosicché immaginare il futuro non è più solo un esercizio letterario, ma un obbligo morale.
A Spoletoscienza, l'incontro annuale organizzato dalla Fondazione Sigma Tau, sabato e domenica scorsi si è discusso proprio di come i progressi della genetica e della biologia potranno alterare il destino dell'umanità. C'è chi vede la situazione più rosea e chi invece avverte che i tempi saranno lunghi, la fatica immensa e le implicazioni non prive di rischi. Ma tutti sono d'accordo sul fatto che il futuro è già cominciato.
Tra i più ottimisti si annovera Aubrey De Grey, ingegnere elettronico e biologo inglese. De Grey è convinto che l'invecchiamento non sia inevitabile e che quindi vada evitato. Già conosciamo tutti i fattori che portano all'invecchiamento e presto scopriremo tecnologie per intervenire su questi fattori. Ma la cosa interessante, dice l'inglese, è il concetto di velocità di fuga: se tra trent'anni un uomo allungherà la vita di trent'anni, nei trent'anni successivi le terapie saranno ancora più avanzate e, quindi, l'uomo potrebbe avere altri trent'anni di vita da aggiungere ai primi trenta. Di trent'anni in trent'anni, si potrebbe giungere a vivere mille anni. Obiezioni? Pensiamo che queste ricerche non vadano portate avanti perché non vogliamo una società senza bambini o perché non vogliamo che i dittatori vivano in eterno, o perché pensiamo sia più giusto spendere soldi per salvare gli africani? Chi siamo noi - ribatte De Grey - per imporre i nostri valori sul futuro? Le decisioni spetteranno a chi avrà le terapie antiinvecchiamento.
Più problematico l'intervento di Gregory Stock, dell'Università della California. Stock è convinto che nei prossimi anni dovremo affrontare molte sfide: la possibilità di modificare la nostra biologia, di affidarci alla farmacologia per gestire le emozioni e, soprattutto, i progressi della biologia riproduttiva che cambieranno il modo di fare i figli. Tutte queste strade verranno percorse, dice Stock, perché abbiamo sempre usato la tecnologia per migliorare la nostra vita. Temiamo di abusare di queste tecnologie? Ebbene, sicuramente ne abuseremo. Abbiamo paura che modificheranno il significato di ciò che siamo? Sicuramente lo faranno. Ma proibirle non ha senso, perché qualcuno in qualche parte del mondo le farà lo stesso, in modo forse meno democratico.
Gli italiani sono rimasti più con i piedi per terra. Claudio Franceschi, immunologo esperto di invecchiamento, ha raccontato i risultati della sua ricerca sui centenari che sono sempre di più. Perché alcuni individui vivono molto più della media? Sembra che la risposta stia nella capacità di adattarsi agli stress e ai danni cui sono esposti, sia dal punto di vista biologico che mentale.
Giuseppe Macino, biologo cellulare, ha aperto una finestra sulle possibili applicazioni terapeutiche di una scoperta recentissima: i piccoli Rna. Sono molecole che hanno compiti importantissimi come controllare la proliferazione e la morte delle cellule. Studiarli ci potrebbe permettere in un futuro di curare malattie come il cancro.
E infine Giulio Cossu, direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali del San Raffaele di Milano, ha spiegato quali sono progressi e difficoltà nella ricostruzione e nella riparazione degli organi e dei tessuti. Oggi siamo in grado di ricostruire epidermide, cornea, sangue, ossa. Per gli altri il lavoro sarà ancora lungo. Tuttavia, i problemi etici ed economici che queste ricerche comportano vanno affrontati ora. Perché una volta scoperte queste cure, sarebbe inammissibile che una società che si definisce civile non le fornisca.

Michele Serra sui sogni per come li dipingono Newsweek e Repubblica

una segnalazione di Sergio Grom

Repubblica 18.7.05
L'INATTESO HAPPY END CHE CI REGALA L'INCONSCIO
Quell'ultimo sogno che dà un senso alla vita
Aspetto che la mia psiche venga a rivelarmi dove avevo dimenticato il mio motorino
MICHELE SERRA

L'idea che la morte abbia una specie di anticamera psichica è perfino un luogo comune popolare, il famoso «ho rivisto tutta la mia vita come in un film» riferito da alcuni redivivi e scampati. (Anche se circola, in proposito, una vecchia e cinica battuta: «ho rivisto la mia vita come in un film, e devo dire che la regia era pessima e i dialoghi scadenti»). Ora uno studio su Newsweek rende noto che la morte sarebbe spesso preceduta da un sogno rivelatore, una specie di quadratura dei conti in extremis che l´inconscio regala agli agonizzanti, rasserenandoli.
Che un "Ultimo Sogno" benefico possa alleviare la partenza sarebbe, a ben vedere, il più sorprendente dei doni, posto che l'inconscio, per rimanere in metafora cinematografica, in genere non è molto propenso agli happy end. L'universo onirico è fonte inesauribile di inquietudini e di spiazzamento, e la sua specialità sembra scompaginare la faticosa certezza degli affetti, dei comportamenti e perfino dei luoghi fisici. Le case e le città dei sogni non sono quasi mai quelle che conosciamo, lo spaesamento è regola, nei sogni non siamo mai padroni di noi stessi, quasi che le zone profonde dell'io, compresse e negate nella vita cosciente, vogliano ribaltare la situazione in loro favore. Lo studio di Newsweek, letto in questa chiave, contiene una vera e propria rivalutazione dell'inconscio, attribuendogli (e dunque attribuendo a noi stessi, individuo per individuo) la potestà dell'ultimo viatico, di un auto-saluto riconciliante.
La notizia - se possiamo definirla tale - ci è istintivamente simpatica. Perché l'inconscio e la psicanalisi sono, culturalmente parlando, quasi in disgrazia, l'uno perché sospettato di essere un surrogato "scientista" e dunque immiserito dell'anima, l'altra in quanto disciplina delle pulsioni e non dei Valori, e insomma figlia di un secolo razionalista e misconoscente le categorie spirituali e le verità rivelate. Di conseguenza i sogni, che nella seconda metà dello scorso secolo parevano finalmente diventati, e non solo per le classi colte, il ricettacolo di preziose rivelazioni sul funzionamento della psiche, essi sono da tempo retrocessi, a furor di popolo e di televisione, al rango precedente di apparizione magica, buona per i numeri al Lotto, per la superstizione, per il penoso traffico di maledizioni e benedizioni da consegnare alle cartomanti. I sogni come l'oroscopo, i tarocchi e la sfera di cristallo. Troppo complicato interpretare i sogni come segni del linguaggio, pur sempre reale, della psiche profonda, meglio fantasticare su presagi e apparizioni di defunti. Meglio la superstizione della scienza, e non è che uno dei tanti corollari della nuova diffidenza di massa (e di molte "avanguardie" culturali) contro la razionalità.
Ora, a sorpresa, ci vengono a dire che l'inconscio, questo maledetto complicatore degli stati d'animo, perturbatore notturno del comune senso della vita, ingarbugliatore indefesso dell'idea che ci siamo fatti di noi stessi, all'ultimo istante viene finalmente a "spiegarci" qualcosa, ad addolcire anziché amareggiare, a semplificare invece che intrigare, regalandoci finalmente un sogno perfetto, risolutore. Una voce fuori campo che accompagna alla fine con amicizia, e quella voce è la nostra, la stessa voce che in vita ci ha così spesso sviato o accusato, ci ha fatti sentire deboli o insinceri.
Il sogno è una voce di dentro, la più autarchica delle immagini, la più intima e inviolabile delle storie. Non delega ad altri nemmeno il più trascurabile dei dettagli, né il volo (quando si sogna di volare) né la caduta, né la luce né il buio, non la cattiva figura e non la buona. Se Newsweek ha ragione, ritroveremo nell'ultimo sogno le scarpe o le chiavi o l'automobile che dormendo abbiamo sempre sognato di avere smarrito.
Io sogno da una vita di avere dimenticato in una strada di Milano il mio primo motorino Guzzi, che in realtà mi venne rubato. E mi scervello per ricordare a quale palo lo avevo incatenato, più di trenta anni fa, facendomi una gran colpa di tanta distrazione. Nell'ultimo sogno, quello pacificatore, spero dunque che la mia vecchia psiche riottosa si decida infine a rivelarmi dove diavolo lo avevo dimenticato, il mio motorino, e dove i miei quindici anni.

Michele Serra scrive quanto precede a commento di un articolo che il giornale pubblica a pag.14 nell'edizione di oggi, riprendenolo da Newsweek, dal seguente titolo:

«Così l'ultima visione svela il senso della nostra esistenza

Su Newsweek uno studio svela cosa immaginiamo nel sonno prima di morire
Esperienze premonitrici sono comuni a molte culture: dall'antica Grecia alla Cina
ANNE UNDERWOOD»

a sinistra:

Corriere della Sera 18.7.05
Su Liberazione
GIORGIO AMENDOLA IL RIFORMISTA-STALINISTA


Il riformismo di oggi? «Figlio dello stalinismo di ieri». Rina Gagliardi, in un’editoriale su Liberazione , ragiona sull’eredità politica lasciata da Giorgio Amendola: «Riformismo e autoritarismo di matrice staliniana possono convivere? Certo che sì... In Amendola convissero conservatorismo e realpolitik... Lui propose con largo anticipo il "partito unico" della sinistra, ma restò sempre filosovietico».


aprileonline.info 18.7.05
Prodi presenta un documento sull'Iraq, ma poi fa marcia indietro

Giallo in tarda serata su un documento, scritto in forma di mozione parlamentare, inviato da Romano Prodi ai segretari dell'Unione e riguardante la posizione della coalizione sull'Iraq. Il documento, che non parla di ritiro immediato delle truppe italiane, ha ricevuto subito l'apprezzamento di Ds, Margherita e Sdi, mentre la sinistra radicale lo ha sonoramente bocciato. Fausto Bertinotti, il più duro, ha dichiarato: "Non se ne parla nemmeno". Nella segreteria del Prc, addirittura, si è ipotizzato che l'autore del documento non fosse davvero Prodi che, l'11 luglio scorso, aveva usato ben altre parole nel vertice dell'Unione.
Dopo poco più di un'ora lo staff di Prodi si è affrettato a spiegare che si trattava solo di una bozza e che il testo finale probabilmente non sarà neppure un atto parlamentare. Del resto se ci fosse e fosse simile al documento diffuso ieri spaccherebbe verticalmente l'Unione.

Apcom 18.7.05
IRAQ/ BERTINOTTI: RITIRO ORA, O NOSTRO DOCUMENTO
"D'Alema, critiche volgari. Seconda bozza l'ha scritta Prodi?"

Roma, 18 lug. (Apcom) - "Troverei autolesionistico provocare una divisione in Parlamento essendo tutti noi d'accordo sull'essenziale, cioè il ritiro" del contingente italiano dall'Iraq. Fausto Bertinotti non cede, alla vigilia del voto sul rifinanziamento della missione: occorre "presentare una mozione che stabilisca il ritiro immediato delle truppe". E se l'area-Fed presentasse un documento per il ritiro 'graduale'? "In questo caso - assicura il segretario del Prc a Repubblica - assieme ad altre forze presenteremmo un altro documento". Perché "per noi la pace viene prima di tutto il resto".
Bertinotti commenta duramente l'invito al 'senso di responsabilità' e l'accusa di 'fanciullaggine' giunti da D'Alema: "A un terreno così volgare io non accedo". Con un dubbio sulla seconda bozza-Prodi, dopo un primo documento che era stato considerato una "buona base di partenza": poi ne è arrivato "un altro, e questo punto mi chiedo se sia stato davvero Prodi a scriverlo". Il segretario di Rifondazione parla di una "rincorsa moderata" al centrodestra in atto: "E' emersa una competizione tra Margherita e Ds, una competizione che assume la capacità di fare proposte moderate per guadagnare consensi, nella fattispecie in politica estera. E' una strada sbagliata, lontana dalle aspettative della nostra gente".
copyright @ 2005 APCOM

Corriere della Sera 18.7.05
Il dibattito dopo la denuncia di Fassino e Salvi sulle Regioni
Caso governatori, Bertinotti «Abbassiamo gli stipendi»
«I politici guadagnino quanto i dipendenti pubblici»

Monica Guerzoni

ROMA - (...)
Accuse, ripicche e una proposta «choc» di Fausto Bertinotti: «Per riconsegnare la politica all’etica aumentiamo l’aspetto volontario di chi ricopre cariche politiche, fissando un tetto alle retribuzioni». Parametro di riferimento, «lo stipendio di un dipendente pubblico».

Corriere della Sera 18.7.05
L’ECONOMISTA
Sylos Labini: per la sinistra ci vuole un codice etico alla Zapatero
«Chi divide la morale dalla politica dice sciocchezze e porta il Paese al disastro»


ROMA - Professor Paolo Sylos Labini, oltre a essere un economista, lei è uno dei più agguerriti alfieri della questione morale. E l’altro giorno Piero Fassino ha proprio invocato per gli enti locali - anche quelli guidati dal centrosinistra - «sobrietà di comportamenti, rigore nella gestione e nell’utilizzo di strutture pubbliche».
«Già... Ma quando si parla di questione morale, bisogna partire da lontano. È una questione culturale, perché in Italia parlar male di Machiavelli è più difficile che parlar male di Garibaldi: sia in ambiente laico che cattolico, tanto a destra quanto a sinistra».
Si riferisce al noto «fine che giustifica i mezzi» e lo considera dannoso?
«Sì, la banalizzazione di una battuta che Niccolò Machiavelli non ha mai detto in quei termini ma che viene sempre utilizzata per dimostrare che politica e morale sono cose distinte. Invece non è così: se i mezzi usati sono barbari, lo diventano anche i fini. Chi divide la morale dalla politica, o dall’economia, dice sciocchezze e contribuisce a portare il paese al disastro. Fra le cause della crisi argentina ci sono anche evasione fiscale e corruzione elevate a regola. Quando la corruzione diventa sistema, fracassa l’economia e travolge gli stessi corruttori».
Dunque per aiutare il Paese va recisa la radice machiavellica?
«I neomachiavellici culturalmente fanno pena: sono antiquati e fanno finta di essere moderni. Dimenticano anche che cinque secoli fa non c’era il capitalismo industriale, che la democrazia era lontana, che la morale di allora era qualcosa di molto discutibile, c’erano prìncipi civili e prìncipi assassini di professione; dimenticano anche che da quella tradizione e dai Borgia non è arrivato nessun contributo all'unificazione d'Italia. La gente troppo spesso parla ma non sa».
Torniamo all’inizio: l’appello lanciato da Fassino alle amministrazioni locali, Regioni in primis, le piace?
«Speriamo, ha parlato bene... Il fatto è che certe volte in Italia si predica bene ma non si razzola in modo conseguente. Per razzolare bene chiedo, insieme con Occhetto ed altri, che il centrosinistra introduca nel proprio programma di governo un preambolo simile al codice di comportamento varato da Zapatero in Spagna. Non è un fatto morale, ma una cosa vitale per la politica».
Alle Regioni - comprese quelle governate dal centrosinistra, come Campania, Calabria e Lazio - i Ds imputano di aver moltiplicato inutilmente commissioni e incarichi, con danno per il denaro pubblico.
«Appunto servono regole uguali per tutti, con meccanismi automatici. Ma finché i partiti pensano che la politica è costosa e che questi costi vanno accettati anche se sono lontani dalla morale - e qui torniamo a Machiavelli -, la regola è quella del raddoppiare gli incarichi per averne vantaggi politici. Un codice di comportamento, purché non suscettibile di aggiramenti all’italiana, deve coprire tutti questi aspetti. A partire dal controllo della fedina penale "vera" di chi vuol essere eletto».
«Vera»?
«Sì, non quella a fini amministrativi, addomesticata dal beneficio della non menzione di qualche reato. Fino a venti anni fa in Italia i ministri indagati si dimettevano; oggi in Parlamento la percentuale di indagati, rinviati a giudizio e condannati sfiora il 40».
La presa di posizione dei Ds, sancita in Consiglio nazionale da un ordine del giorno presentato da Salvi e Mussi, ha scatenato un putiferio: presidenti di Regione come Bassolino, Loiero e Marrazzo non hanno gradito.
«Non conosco le cose in dettaglio. Ma il discorso base resta lo stesso: serve un codice alla Zapatero che escluda ed eviti le cose attribuite a Bassolino e agli altri. Ma temo che non lo avremo, perché destra e sinistra rischierebbero di perdere troppi seguaci. Basta vedere come Fini ha dimenticato Borsellino...».
Loiero e Marrazzo dicono che l’uscita diessina è autolesionista per la coalizione, perché fornisce materiale alle campagne della destra.
«Che da quelle parti ci sia una buona dose di autolesionismo, è innegabile. Ma allora, perché quelli che ne sono convinti non appoggiano l’introduzione del codice di comportamento? Sarebbe molto meglio dei litigi. Speriamo davvero che d'ora in poi la linea cambi».

Cina

punto-informatico.it 18.7.05
Il ritorno dei taikonauti
La navetta cinese Shenzhou tornerà in orbita: la capsula verrà lanciata nel prossimo ottobre e trasporterà due uomini per una missione di cinque o sei giorni
Tommaso Lombardi

Pechino - La NASA si dispera per il fallimento dell'ultima missione dello Shuttle Discovery e la Cina coglie subito l'occasione per rilanciare il proprio programma d'esplorazione spaziale: il vascello Shenzhou partirà per lo spazio entro la fine del prossimo ottobre. Secondo quanto riportato dall'agenzia di stato Xinhua, il razzo vettore "Lunga Marcia" trasporterà la capsula oltre l'atmosfera - i due taikonauti, così si chiamano gli astronauti cinesi, a bordo di Shenzhou rimarranno in orbita per cinque o sei giorni.

Si tratta della sesta missione per il giovane progetto Shenzhou, nato nel 1999 su ispirazione della Soyuz russa. Per la seconda volta nella storia, astronauti cinesi si addentreranno nelle buie profondità dello spazio. L'obiettivo di Shenzhou VI, stando alle pochissime informazioni rilasciate dall'Accademia Cinese delle Scienze, è un esperimento di bioingegneria da condurre in assenza di gravità: il materiale genetico di una prelibata varietà suina, il "maiale di Rongchang", verrà esposto alle radiazioni spaziali e riportato sulla Terra.

Il quotidiano nazionale China Daily non esita ad affermare che questa ricerca permetterà di capire gli effetti dello spazio sugli organismi viventi. Infatti il programma spaziale cinese, scrupolosamente pianificato, prevede che i taikonauti inizino a camminare nello spazio già dalla prossima missione.

Le ambizioni extraterrestri della Cina sono sempre più grandi e sulle pagine di Spaceflight, rivista ufficiale della gloriosa Società Interplanetaria Britannica, si parla addirittura di progetti per la costruzione di uno "Shuttle" made in China in grado di viaggiare ad altitudini suborbitali. L'impennata spaziale di Pechino raggiungerà il culmine nel 2008, quando verranno lanciati numerosi satelliti meteorologici in occasione dei giochi olimpici.

Altri osservatori temono un ritorno al passato: il crescente interesse della RPC nei confronti di tutte le tecnologie aerospaziali -inclusa la produzione di vettori balistici intercontinentali-, a qualcuno ricorda i terribili anni della guerra fredda.

storia
117.000 nomi di nazi-fascisti finora sconosciuti: che ruolo hanno avuto?

Corriere della Sera 18.7.05
MISSIONE NEGLI USA
Trovati nuovi nomi di criminali nazisti

ROMA - Un elenco di 117.000 nomi di criminali nazi-fascisti schedati dagli alleati e custoditi da Onu ed Fbi. Tra cui molti italiani. Con questa documentazione inedita (mai richiesta finora) è tornata in Italia dagli Usa la commissione parlamentare d’inchiesta sui crimini compiuti e occultati dopo l’8 settembre 1943. I nomi verranno incrociati con quelli dei fascicoli scoperti nel 1994 nell’«armadio della vergogna» a Palazzo Cesi. Per verificare anche se davvero molti di loro furono arruolati nei servizi segreti stranieri.