martedì 2 marzo 2004

la sceneggiatura di "Buongiorno, notte" nelle librerie

da Informazioni Editoriali s.p.a.

È uscito, nella collana "Nuovo cinema Italia" di Marsilio

"Buongiono notte" di Marco Bellocchio


la scheda:
Bellocchio Marco
«Buongiorno, notte»


Marsilio Editori
pp. 160 con 32 ill. a col.
Euro 10,00
isbn: 8427-7

il libro può essere acquistato anche in rete, da IBS


a FIRENZE

il volumetto degli ATTI
del primo degli INCONTRI DI RICERCA PSICHIATRICA 2003-2004
del 20 dicembre 2003

con la Prefazione di MASSIMO FAGIOLI

è adesso disponibile anche a Firenze


come sempre da STRATAGEMMA


Il libro di Ludovica Costantino

La  ricerca di un'immagine

si può trovare:

oltre che presso la libreria Amore e Psiche e le  Nuove Edizioni Romane
anche alla libreria  Centro studi e ricerche
che si trova alla Galleria Esedra, angolo via Torino
presso Carlo Laganà, tel 064881473

accade in Svizzera

ricevuto da Peppe Cancellieri

Giornale del Popolo, Quotidiano della Svizzera italiana Martedì 2 marzo 2004
SETTIMANA DEL CERVELLO
Primo piano sulle malattie della psiche
Una scelta determinata dalla loro impressionante diffusione


Giunta alla sesta edizione, la Settimana internazionale del cervello (8-14 marzo) stavolta darà ampio spazio alla psichiatria, considerato che le malattie psichiche saranno tra le sei più importanti dei prossimi trent'anni secondo l'Organizzazione mondiale della sanità. I contenuti specifici della Settimana sono stati illustrati ieri a Lugano dai medici Carlo Tosi, Michele Tomamichel e dal biologo Giovanni Pellegri, collaboratore scientifico del GdP. Il tema del malessere psichico con il conseguente dilemma sul come farvi fronte (farmaci o psicoterapia) sarà affrontato giovedì 11 alle 20.30 nell'aula magna dell?USI a Lugano, durante uno dei due forum, a ingresso libero, per il pubblico. Un altro tema di tutta attualità, quello relativo al consumo di canapa e alle conseguenze sul cervello, sarà al centro invece dell'altro forum, sempre per il pubblico, martedì 9 alle 20.30 a Spazio aperto di Bellinzona. La serata d'apertura di lunedì 8 marzo (20,30 Centro San Carlo di Lugano- Besso) sarà invece caratterizzata da un taglio più filosofico, con una conferenza del prof. Arnaldo Benini sul cervello e la libertà della mente. Il motivo conduttore di questa edizione sarà pure al centro del simposio scientifico per medici, mercoledì 10 alle 14 nella Sala Aragonite di Manno. Specialisti di alto livello riferiranno sui molti aspetti che ruotano intorno al tema cervello e psichiatria. Il simposio si rivolge a tutti i medici affinché si possano aggiornare, applicando le conoscenze acquisite a favore dei pazienti. La Settimana prevede inoltre che sei relatori intervengano in varie scuole superiori (licei e istituti di formazione sanitaria in particolare) tenendo complessivamente 22 conferenze su temi particolarmente sentiti dai giovani. Pure in calendario un incontro con i bambini delle elementari di Cureglia. Con tutte queste iniziative la Settimana del cervello si propone di intensificare il dialogo fra società e scienza affinché quest'ultima diventi patrimonio culturale di tutti, soprattutto perché «il sapere ha conseguenze sulle scelte politiche», come sottolineato da Pellegri. Intanto per maggio 2005 si profila all?orizzonte un "Festival sulla coscienza" che toccherà una decina di città svizzere, Ticino compreso.

depressi in coda:
la Fondazione Idea del prof. Cassano sa come fare

Corriere della Sera 2.3.04
Successo a Bergamo del centro aperto dagli Ospedali Riuniti: 25 pazienti in un giorno
Debutta l’ambulatorio per curare la depressione: pazienti in coda
di Cesare Zapperi


BERGAMO - Ancor prima di aprire c'erano già due pazienti in attesa. Otto quelli prenotati al telefono. A fine giornata poi sono stati 25 i bergamaschi che si sono rivolti al nuovo ambulatorio per la cura della depressione e dell'ansia aperto ieri nel Dipartimento di Salute mentale degli Ospedali Riuniti di Bergamo. Un'affluenza che ha destato sorpresa. «Sapevamo che c'era una certa attesa, ma non in questa misura» spiega il dottor Massimo Biza, direttore del Dipartimento. Anche se forse una spiegazione c'è. L'ambulatorio, gestito in collaborazione con la Fondazione Idea, si presenta come un punto di riferimento slegato (anche se formalmente ne fa parte) dal reparto di psichiatria. Consente un approccio morbido a chi, per paura o vergogna, non se la sente di affidarsi alle mani di uno specialista (il numero di telefono è 035.269677). E' solo una questione di forma. Ma a quanto pare funziona. Depressione e ansia sono patologie diffuse nella Bergamasca. Si calcola che siano almeno 40 mila le persone affette da disturbi di diversa gravità. Solo un quarto si cura. Tutte le altre, per ragioni svariate, rifiutano l'aiuto della medicina o non hanno la consapevolezza di poter essere assistite. L'ambulatorio coordinato dal dottor Massimo Rabboni e curato dal dottor Luigi Rubino ha lo scopo di «intercettare» questi potenziali pazienti.
Senza trascurare che i soggetti a rischio sono in costante crescita, soprattutto in periodi delicati come quello attuale. «La crisi economica, la paura di perdere il lavoro, perfino il timore di essere colpiti dalla Sars - chiarisce il dottor Biza - sono tutti fattori che contribuiscono a creare una situazione di insicurezza sociale che nei soggetti più deboli porta a forme di ansia e depressione. E' importante poter contare su una struttura come l'ambulatorio perché può aiutare a intervenire riducendo i possibili danni».

lo scontro culturale in Francia

il manifesto 2.3.04
La rivolta della materia grigia
L'appello lanciato da alcuni intellettuali francesi contro l'«antintellettualismo di stato» ha raccolto oltre 40mila adesioni. A firmarlo non ci sono solo i nomi celebri dell'industria culturale, ma sopratutto ricercatori, psicoanalisti, architetti, avvocati, lavoratori dello spettacolo. Tutti concordi nel denunciare la riduzione della spesa pubblica e nel ritenenere che la produzione culturale non si misura secondo le regole dell'economia
di ANNA MARIA MERLO


PARIGI. Gli intellettuali, nel senso più ampio del termine - professionisti della cultura, del sapere e del legame sociale - si stanno risvegliando in Francia. Dopo mesi di proteste «settoriali», dai precari dello spettacolo agli avvocati passando per medici, insegnanti, psicoanalisti e ricercatori, più di 40mila persone hanno firmato l'«Appello contro la guerra all'intelligenza» scatenata dal governo di Jean-Pierre Raffarin, lanciato dal magazine Les Inrockuptibles, che intende denunciare «il nuovo anti-intellettualismo di stato» e federare con un denominatore comune i vari movimenti che attraversano le «professioni» intellettuali. Ieri sera, allo Zenith di Parigi, dopo una manifestazione nella stessa capitale francese, si è svolta una serata organizzata dal gruppo musicale Têtes Raides, per lanciare un «Avviso di KO sociale» (in francese KO suona anche «caos»), e denunciare l'attacco che i settori «improduttivi» subiscono da parte della politica della destra al potere. Sul palco sono intervenuti anche i ricercatori, firmatari di una petizione «Salviamo la ricerca» che ha già raccolto l'adesione di 54mila scienziati, cioè la metà dei ricercatori scientifici francesi. Alla base di questo movimento d'opinione c'è una domanda rivolta al mondo politico, di destra come di sinistra: «quale spazio una società è pronta a dare alla produzione e alla circolazione del sapere». L'«Appello contro la guerra all'intelligenza» porta firme note (Jacques Derrida, Etienne Balibar, Alain Touraine, François Ozon, Claude Lanzmann, Bernard Tavernier, Patrice Chéreau o Michel Rocard e Daniel Cohn-Bendit), ma la sua forza deriva prima di tutto dalla diffusione che ha avuto nel mondo più allargato degli «intello».
Universitari, ricercatori, lavoratori dello spettacolo, medici ospedalieri, psicoanalisti, archeologi, architetti, avvocati, insegnanti vedono negli interventi governativi di riduzione della spesa pubblica «un nuovo anti-intellettualismo di stato», come si può leggere nell'appello (su Internet è consultabile al sito: www.lesinrock.com). «Assistiamo alla realizzazione di una politica estremamente coerente - spiega la petizione - una politica di semplificazione dei dibattiti pubblici», con l'obiettivo di distruggere il «legame sociale». La petizione «Salviamo la ricerca» e la minaccia dei direttori dei laboratori scientifici di dare in massa le dimissioni alla fine di questa settimana se il governo non interverrà a favore del rilancio della ricerca pubblica (a cominciare dall'assunzione non precaria di 550 giovani ricercatori, oggi a contratti a tempo determinato) sta imbarazzando seriamente il governo.
Jean-Pierre Raffarin, che si vuole il paladino della «Francia dal basso», ha messo al lavoro il suo club politico «Dialogo e iniziativa» per rispondere all'«Appello contro l'intelligenza». Per il momento, la destra al potere risponde dichiarando «guerra all'immobilismo» e riversando disprezzo su tutti gli «intello», dai «ricercatori che non trovano niente» fino ai precari dello spettacolo che vivono di sovvenzioni. Per l'editorialista degli Inrockuptibles, la controffensiva governativa «è stata soprattutto l'occasione per il primo ministro di rivelare di nuovo la chiave di due anni di politica governativa: invocando 'buon senso economico', tenta di alleare il 'buon senso vicino a voi' della Francia dal basso con il dogma dell'economia di mercato. Cosi' facendo, rivela fino a che punto stiamo assistendo oggi a un trasferimento di competenze. Ormai è la logica economica che fa le veci della politica. Ed è precisamente contro questo trasferimento di competenze a solo profitto della logica economica, contro questa squalifica del lavoro invisibile dell'intelligenza, giudicato improduttivo e non redditizio, che si erge questa protesta». Gli Inrockuptibles, che ormai dopo le prime 17 pagine di firme pubblicano ogni settimana degli interventi sull'«Appello», spiegano che la protesta non è solo contro il governo in carica. Piuttosto, ci troviamo di fronte a «un'interrogazione più generale, più profonda, del mondo politico, dei rappresentanti di destra come di sinistra. Non è neppure un attacco contro il sistema dei partiti», quanto una richiesta di chiarimento: dove vogliamo andare se viene disprezzato il lavoro non immediatamente produttivo a favore di un populismo dalla vista corta? Il ricercatore in fisica Georges Debrégeas rileva il fondo della questione: «è l'impossibile adattamento del nostro mestiere ai nuovi dogmi dell'economia di mercato che ci condanna». Secondo Philippe Mangeot, ex presidente di Act up!, l'»Appello» è una «convocazione» che si rivolge soprattutto alla sinistra: si è realizzata una «rottura tra lo spazio politico istituzionale e il lavoro intellettuale, inteso nel senso più ampio del termine. E' questa rottura, tuttavia, che condanna la sinistra ad incarnare solo un'opposizione debole, sovente incapace di contestare i termini dei dibattiti formulati dalla maggioranza, mentre ci si aspetterebbe da essa che li prenda contropelo ed imponga altre problematiche». Per Mangeot, biognerebbe reinventare oggi un nuovo «intellettuale collettivo» (senza per questo tornare all'intellettuale «organico» di Gramsci o a quello «specifico» di Foucault).
Il filosofo Ruwen Ogien, sul'ultimo numero degli Inrockuptibles denuncia «l'insulto all'intelligenza di ogni democratico e progressista» rappresentato dalla slogan governativo sulla «necessità di tornare ai valori dell'autorità, del lavoro e della famiglia».
Negli interventi pubblicati sul sito Internet del club di Raffarin «Dialogo e iniziativa», viene fuori una Francia populista che cova rancore verso il mondo intellettuale. Ecco alcuni esempi: «Non ne possiamo più di farci insultare in permanenza da benpensanti che vivono di sovvenzioni, protetti dai loro statuti. Questi intoccabili non hanno neppure la decenza di approfittare nel loro buco dei vantaggi di cui godono, non riescono ad evitare di irridere chi lavora e anche chi cerca lavoro. E' tempo di rompere il silenzio su questa ingiustizia». Per un altro, «bisognerebbe una volta per tutta spazzare via tutti questi vantaggi acquisiti e ridare al merito, all'iniziativa e al coraggio tutti i mezzi che oggi sono sprecati da profittatori pieni di certezze». Molti puntano il dito contro gli intellettuali che «non dovrebbero dimenticare troppo in fretta che le sovvenzioni di cui godono derivano dal bilancio della nazione, dalle tasse pagate dai loro compatrioti», che «molto sovente hanno solo l'intelligenza di sapere come ricevere le sovvenzioni da parte dei meno `intelligenti' che lavorano. Che abbiamo l'intelligenza di cercare un vero lavoro invece di vivere da parassiti, disprezzando per di più coloro che li mantengono».
Il 21 e 28 marzo, in Francia si vota per le regionali e le cantonali. L'«Appello» si incrocia così con il dibattito politico e l'establishment ha paura. Si tratta infatti delle prime elezioni dopo il terremoto del 2002 (Le Pen al secondo turno delle presidenziali, poi vittoria della destra alle legislative) e lo spettro di una crescita dell'esterma destra incombe, mentre una parte del mondo politico sembra cedere alla deriva populista e un'altra parte non riesce a proporre una risposta efficace a tale deriva.

i bambini timidi

Virgilio News (Apcom) 02/03/2004 - 12:05
MEDICINA/ BIMBI TIMIDI NON SI ACCORGONO DEI SEGNALI DI OSTILITA'
Ricerca San Raffaele di Milano su predisposizione a ansia sociale


Milano, 2 mar. (Apcom) - I bambini timidi hanno più difficoltà ad interpretare correttamente e a comperndere le espressioni di rabbia o di ostilità dei loro coetanei: è questa la scoperta realizzata da un gruppo di ricercatori dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e pubblicata sul numero di marzo della rivista Journal of American Academy of Child & Adolescent Psychiatry.
Per chiarire le cause dell'ansia sociale, un disturbo che colpisce il 7-8% della popolazione e a cui sono più predisposti i bambini timidi, gli studiosi hanno cercato di capire se esiste una relazione tra la timidezza e la capacità di decifrare l'espressione del volto dei coetanei.
I risultati hanno mostrato che quanto era maggiore la timidezza, tanto più alto era il numero di errori commessi dai bambini coinvolti nel test nell'interpretare l'espressione dei coetanei, soprattutto se di ostilità (rabbia e disgusto). "Immaginiamo cosa potrebbe causare nella vita di tutti i giorni - ha osservato Marco Battaglia, professore associato di psicologia clinica al San Raffaele - una nostra incapacità di comprendere da una semplice occhiata se chi abbiamo di fronte sia annoiato o sia in totale disaccordo con quanto stiamo dicendo"
Lo studio - si legge in una nota - si è sviluppato su tre livelli e ha coinvolto 150 scolari dai 7 ai 9 anni: inizialmente gli insegnanti hanno valutato la tendenza all'apprensione di fronte a cose nuove e il grado di ansia sociale dei piccoli. Poi un'equipe di psicologi, ignari delle valutazioni date dagli insegnanti, ha quantificato il grado di inibizione dei bambini, ad esempio attraverso il numero di commenti spontanei in presenza di un estraneo. Infine a tutti gli scolari è stato chiesto di identificare le espressioni dei loro coetanei, rappresentate in una serie di foto standardizzate.
I risultati di questa ricerca potranno migliorare le attività psicoterapeutiche per i bambini più ansiosi.

copyright @ 2004 APCOM

 

Repubblica 3.3.04
LO STUDIO
Milano, ricerca del San Raffaele su un campione di 150 ragazzini. I risultati dopo un lavoro di 3 anni
Da bimbi timidi a adulti ansiosi tutta colpa di un malinteso
Scoperto il loro segreto: "leggono" male le facce degli altri
I piccoli confondono la rabbia con il disgusto e incontrano difficoltà nel decifrare l´ostilità
di CARLO BRAMBILLA


MILANO - Per i bambini più timidi, candidati a essere adulti ansiosi, c´è una strana espressione negli occhi di chi li guarda. Qualcosa di indecifrabile nel volto. Che fa loro sbagliare giudizio sulle reali intenzioni degli altri. Scambiare uno stato d´animo per un altro. E rendere difficili, qualche volta impossibili, le normali relazioni umane, fatte anche di linguaggi non verbali. E´ lì che si nasconde il segreto della timidezza: in un malinteso. Una difficoltà psicologica che ha una parziale base genetica e neurofunzionale. Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori dell´Università Vita-Salute San Raffaele, coordinato dallo psicologo clinico Marco Battaglia, dopo un lavoro durato tre anni, su un campione di 150 scolari italiani, tra i 7 e i 9 anni. La ricerca è pubblicata nel numero di marzo del prestigioso Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry.
Inizialmente i bambini sono stati valutati dai loro insegnanti, attraverso test psicologici che misurano quanto il temperamento tenda all´apprensione di fronte a cose nuove ed il grado di ansia sociale. Successivamente un´equipe di psicologi ha quantificato il grado di inibizione dei bambini attraverso una serie di parametri. Per esempio la difficoltà a prendere la parola davanti a un estraneo, o la capacità a partecipare a un gioco collettivo con un nuovo gruppo di coetanei. Infine tutti i bambini sono stati messi davanti a un computer ed è stato loro chiesto di riconoscere le espressioni dei coetanei in una serie di sei foto standardizzate. Con sei fondamentali espressioni del volto: la rabbia, la gioia, la paura, la tristezza, il disgusto e la sorpresa.
Inaspettato il risultato: tanto maggiore è il livello di timidezza registrato dagli insegnanti e dagli psicologi, tanti più sono gli errori di interpretazione delle immagini. «Ma i bambini timidi non sbagliano a caso - spiega Marco Battaglia. - Abbiamo rilevato che più sono timidi più hanno difficoltà a interpretare in particolare l´ostilità interpersonale. Confondendo la rabbia col disgusto. Nella continuazione dello studio, attualmente in corso, abbiamo misurato, con piccoli elettroencefalogrammi, un´attività cerebrale diversa davanti a immagini che rappresentano differenti stimoli affettivi. Un risultato che suggerisce come alla timidezza corrisponda una modalità neurofunzionale diversa. E caratteristiche parzialmente spiegabili in chiave genetica. Per molto tempo gli psicologi clinici hanno ipotizzato che il mondo interiore delle persone afflitte da ansia sociale dipendesse da aspettative negate rispetto al giudizio degli altri. Il risultato di questo studio suggerisce invece che vi possa essere una difficoltà nell´elaborazione della comunicazione interpersonale».
La ricerca apre la strada a nuovi test diagnostici dell´ansia sociale, un disturbo che colpisce fino all´8% della popolazione. E a psicoterapie mirate che aiutino i bambini più timidi a interpretare correttamente le espressioni del volto di chi li circonda. Ridiscutere i significati dei linguaggi non verbali. Rielaborare le istanze affettive. E farsi più coraggio.

«se non si curano sono matti»

La Stampa 02 Marzo 2004
IL CASO DELLA DONNA CHE RIFIUTA DI FARSI OPERARE
Se non si curano sono matti
Marco Cappato, deputato europeo radicale ed Emanuele Calò, giurista


NELLE scorse settimane è morta una signora, colpita da una grave forma di diabete, la quale aveva rifiutato l'amputazione di un arto, indicatole come estremo tentativo di salvarle la vita. Erano state avanzate diverse proposte di trattamento sanitario obbligatorio, poi lasciate cadere. Ora, si ripresenta a Sanremo un caso pressoché identico, per il quale invece si tenterebbe la via dell'interdizione della paziente, al fine di sopperire al suo rifiuto. Il Presidente del Tribunale di Sanremo, Gianfranco Boccalatte, ha già depositato la sentenza di interdizione a carico della donna, nominando un tutore dal quale si attende la sottoscrizione del consenso informato all'intervento chirurgico.
La necessità del consenso individuale al trattamento medico è un principio universale, sul quale il nostro legislatore non ha ritenuto di esprimersi, ma che la Cassazione considera abbia la sua base normativa soprattutto nell'art. 32 della Costituzione. Nel frattempo, è entrata in vigore la Convenzione di Oviedo del 1997, che afferma il medesimo principio, da considerarsi dunque discendente anche dal diritto internazionale convenzionale.
Il principio del consenso al trattamento medico (così come la stessa origine della bioetica) si fa risalire ai processi di Norimberga, nei quali furono puniti coloro i quali avevano effettuato trattamenti sanitari prescindendo dalla volontà del paziente. Si tratta, in ogni caso, di un principio accolto da tutte le nazioni civili, sul quale nessuno avanza alcun rilievo.
Nemmeno da noi si osa mettere in forse questo principio, ma si è forse trovato un modo per vanificarlo. Basta infatti sostenere che il paziente che rifiuti un trattamento di potenziale giovamento sia necessariamente un po' «matto». La dura lettera della legge, invero, chiederebbe ben altri requisiti: l'articolo 414 c.c. richiede per l'interdizione che si sia «in condizioni di abituale infermità di mente che rende incapaci di provvedere ai propri interessi», mentre la disciplina d'urgenza in materia di trattamenti obbligatori fa riferimento a gravi alterazioni psichiche.
E invece no: le notizie giornalistiche sul caso in questione riferiscono di «problemi psicologici» del soggetto, non di «totale incapacità d'intendere e di volere». Tutto ciò accade mentre è già legge dello Stato (anche se deve ancora entrare in vigore) la 6/2004, che ha istituito la cosiddetta «amministrazione di sostegno», rendendo obiettivamente marginale l'interdizione. Con l'amministrazione di sostegno, che si avvicina alla Betreuung tedesca e alla Sachwalterschaft austriaca, la nuova legge si propone proprio di coinvolgere il soggetto disabile nelle decisioni che lo riguardano, non di sostituirsi alla sua volontà. E questo anche nei casi più gravi di disabilità, non soltanto quando si abbiano «problemi psicologici».
Nel caso di Sanremo - a meno che la realtà non sia sostanzialmente diversa da come è stata riportata, e in casi come questi la prudenza è d'obbligo - sembrerebbe sia stato trovato il modo di aggirare il principio della necessità del consenso al trattamento medico: chi non acconsente al trattamento medico sarebbe sostanzialmente matto, e quindi la sua volontà non dovrebbe valere. Quale spazio rimane all'autodeterminazione del paziente, consacrata anche dal Codice di Deontologia medica?
Di fronte a questo tipo di protagonismo giudiziario, l'autodeterminazione non si affermerebbe nemmeno nel caso in cui fosse in vigore una norma sul testamento biologico (col quale si potrebbe scrivere, per esempio: rifiuto ogni amputazione, per il caso in cui io divenissi incapace di autodeterminarmi) che fosse fatta sul modello del recentissimo documento del Comitato Nazionale di Bioetica, in base al quale le volontà del paziente non sarebbero vincolanti per il medico.
Così stando le cose, bisognerebbe dire: Signor Giudice, se basta rifiutare il trattamento medico per essere interdetti o comunque sottoposti a trattamento obbligatorio, vuol dire che il principio del consenso non vale più nulla.
L'interdizione e il trattamento sanitario obbligatori debbono essere posti in essere solo quando ne ricorrano i presupposti, mai se fossero una inammissibile scorciatoia per eludere l'autodeterminazione del paziente. Naturalmente anche noi ci auguriamo una soluzione positiva della vicenda, ma non considereremmo tale una soluzione che passasse per quella scorciatoia.