domenica 12 marzo 2006

una segnalazione di Roberto Martina:

Corriere della Sera 12.3.05

A FIL DI RETE di Aldo Grasso
Com’è Elegante la Barbarie di Daria

Questo barbarico lusso di non essere barbari! È partita la terza serie delle «Invasioni barbariche» (La 7, venerdì, ore 21.37), il talk condotto da Daria Bignardi. In lei, l'aggettivo barbarico è pura civetteria, il ricordo di un bel film, lo zelo dell'indiscrezione. Di barbarico c'è solo la lunghezza del programma, che ha raggiunto le tre ore (una era di troppo). Davanti a lei Diego Della Valle, che amiamo per aver intrapreso una dura lotta contro la Triplice (Juve, Inter e Milan) e i furbetti dei molti quartierini. Della Valle sta sulle sue, non lo smuove nemmeno la cartolina di Vittorio Zincone: azzarda parole pericolose come «percorso», «sistema» «paese», «artigianato». Confessa di aver amato (e finanziato) Berlusconi e ora di non amarlo più. Fa capire, molto elegantemente, che il problema della affermazione dell'indipendenza dei media è un problema che riguarda soprattutto i dipendenti. Davanti a lei Lucrezia Pasolini (che prima si chiamava Ivan ed era un bel maschietto) e lo psichiatra Massimo Fagioli. È la prima volta che lo vediamo in tv e la sua presenza è più che sufficiente a rammentare i brutti film di Marco Bellocchio, quando era suo seguace. Povero Bellocchio, e povero cinema italiano! Davanti a lei Elena Santarelli, in sostituzione di Patty Pravo (mai fidarsi delle supplenti). Davanti a lei la famiglia di Raul Casadei e Michele Serra, a discutere delle crociere in nave (il problema non è che Serra parli male delle crociere ma capire perché Serra sia andato in crociera). Davanti a lei Fabio Volo: simpatico, sveglio, intelligente. E tuttavia incapace di resistere alla tentazione di accennare, per la centesima volta, al suo passato di panettiere. Di Daria Bignardi e delle sue interviste non si può parlare che bene e ci dispiace un poco, ma solo un poco, che a parlar bene di lei sia lei medesima, nella rubrica che tiene su un settimanale. Via, una signora coltivata, ben frequentante, inserita, lasci a noi incolti il ridicolo di certe frivolezze. Ce l'immaginiamo, con suo marito, sorridere di Costanzo che scrive bene della moglie.
www.corriere.it/grasso

una segnalazione di Andrea Ventura:
Corriere della Sera 12.3.05
«I registi protestano? Non cambio idea»
Dell’Olio contestata per il giudizio su Monicelli: non deve avere aiuti statali
di Giuseppina Manin

La giornalista
«Decida il ministero se devo essere cacciata dalla commissione che decide i fondi»
Gli autori
Gregoretti, presidente degli autori: discutibili i suoi criteri di valutazione


«L’ho detto e lo ribadisco, io a Monicelli i soldi per girare un film non li darei mai. Un maestro come lui non ha bisogno dell’appoggio dello Stato, ha certo abbastanza carisma per trovare da sé produttori e finanziamenti». Selma Dell’Olio, opinionista di «Cinematografo» di Marzullo e membro della commissione ministeriale che elargisce fondi pubblici al cinema italiano, non fa retromarcia. E nemmeno pare preoccuparsi della lettera che l’Anac, l’Associazione nazionale autori cinematografici, ha mandato al ministro Buttiglione per biasimare alcune sue dichiarazioni su «Panorama», dove esternava la sua indignazione per il fatto che il regista de La grande guerra, I soliti ignoti, L’armata Brancaleone, Amici miei, avesse ricevuto precedenti contributi statali e poi non avesse difeso, come presidente della giuria alla Mostra di Venezia di due anni fa, il film di Marco Bellocchio, Buongiorno, notte. Da qui la richiesta dell’Anac di sollevare Dell’Olio dall’incarico, vista la sua «esplicita inadeguatezza culturale e l’evidente incompatibilità con la funzione».
«A questo punto decida Blandini (il direttore generale della sezione Cinema del ministero) - risponde Selma, che è moglie di Giuliano Ferrara -. Se mi vuol estromettere dalla commissione mi fa una grande cortesia. Quando ho accettato non immaginavo la mole di lavoro, oltre 120 copioni da valutare in poche settimane. Se resterò, farò il mio meglio per portare avanti un lavoro serio. In ogni caso escludo un bis: per un impegno così gravoso bisogna aver tempo. Va bene per chi è già in pensione».
Ma allora, chi glielo ha fatto fare? «Ho accettato per rompere la regola che vuole in quei posti sempre e solo gente di sinistra». Come Monicelli, ma anche come Bellocchio... «Già, ma in quel caso Bellocchio di sinistra non era stato abbastanza. Il suo film su Moro non era così politicamente schierato per piacere a Monicelli. Per questo l’ha bocciato». E lei boccia lui sui finanziamenti. «Boccio quelli che non ne hanno bisogno o non li meritano. Anche se intoccabili. Fosse per me non avrei dato un euro a La vita è bella di Benigni, La bestia nel cuore della Comencini, Cuore sacro di Ozpetek, e neanche al Moretti di oggi».
«La signora Dell’Olio è libera di esprimere le sue opinioni, per quanto singolari, ma non di entrare nel merito dei comportamenti professionali di un autore come Monicelli, patriarca e icona del nostro cinema. Se questi sono i suoi criteri di valutazione...», interviene Ugo Gregoretti, regista e presidente dell’Anac. E aggiunge sospirando: «A questo punto, mi vien da dire sola una cosa: Dio ci conservi Rondi».