martedì 25 maggio 2004

quattro brevi dal web

ricevute da P. Cancellieri

asca.it 24.5.04 - 17:10
SALUTE MENTALE: CARITAS MILANO PRESENTA PRIMO RAPPORTO SU CURA PSICHICA


(ASCA) - Roma, 24 mag - Il disagio mentale e’ un problema '‘diffuso e nascosto che investe migliaia di cittadini e i loro familiari’’, soprattutto in una grande metropoli come Milano. Una citta’ nella quale i Centri psicosociali curano circa 20mila persone dei quali un terzo sono pazienti molto gravi. Alla cura del disagio psichico e’ dedicato il Primo Rapporto sulla salute mentale a Milano, frutto di una collaborazione tra la Fondazione Ambrosianeum e la Caritas Ambrosiana. Il rapporto, composto da nove capitoli suddivisi in due parti, e’ stato curato da Clemente Lanzetti, docente presso l‘Universita’ Cattolica di Milano. La finalita’ principale di questo studio e’ stata quella di conoscere da vicino gli sforzi e le difficolta’ che gli operatori del settore incontrano, i metodi di lavoro praticati, le aspettative nei confronti degli Enti che hanno responsabilita’ nel promuovere e garantire la salute mentale dei cittadini milanesi (Regione, Comune, ASL, Aziende Ospedaliere) e il coinvolgimento della societa’ civile. Una ricerca, sottolineano gli estensori, che ha un valore che va al di la’ del caso specifico perche’ avviene dopo che a livello nazionale e regionale sono stati introdotti nella sanita’ alcuni cambiamenti normativi, che toccano da vicino la psichiatria in generale. Ci si riferisce soprattutto a quattro provvedimenti che hanno interessato il sistema di cure rivolto al disagio psichico e alla malattia mentale: il processo di aziendalizzazione della sanita’, l‘entrata della psichiatria nell‘Azienda Ospedaliera, la chiusura dei manicomi e il coinvolgimento del settore privato in una logica di concorrenza e di mercato piu’ o meno regolato. Il primo di questi cambiamenti, il processo di aziendalizzazione, e’ quello che e’ risultato piu’ pesantemente avvertito e piu’ denunciato dalle persone che sono state intervistate, perche’ costringe a incrementare le prestazioni che vengono maggiormente valorizzate sul piano economico a scapito di quelle che meglio rispondono al mandato istituzionale della psichiatria.

Corriere della Sera 24 maggio 2004
«Malati psichici, due su tre restano senza cure»
I medici e gli operatori: tra Comune, Regione e Asl c’è un fortissimo scollamento.
Don Colmegna: la salute mentale è questione decisiva
di Paolo Foschini


MILANO - A Milano ci sono, secondo una stima considerata verosimile, almeno 30 mila persone affette da disturbi psichici. Non tutti «pazzi» nel senso banale del termine, evidentemente. Certo, ci sono anche gli schizofrenici o gli squilibrati gravi, come ovunque: quelli di cui si parla una volta l’anno, quando uno di loro finisce sul giornale per il famoso «raptus di follia». Il fatto è che ai cosiddetti «casi-limite» bisogna aggiungere tutta una folla silenziosa di individui in lotta quotidiana contro fobie, nevrosi, depressioni: i quali, messi insieme, fanno una piccola città nella città. Dove sta il problema? Soprattutto in un duplice dato che la dice abbastanza lunga: Milano è la città che detiene il record dei trattamenti sanitari obbligatori (Tso) ma anche il tasso più basso di visite domiciliari. Come dire: le istituzioni sanitarie preposte si preoccupano sì d’intervenire sui casi più gravi, e lì vanno addirittura per le spicce. Ma gli interventi per chi, pur senza mettersi a sparare per strada, avrebbe comunque bisogno di cure e d’aiuto sono scarsi. Insomma, la conclusione è che «questa città sta affrontando il problema del disagio mentale con modalità molto discutibili».
È questo infatti il giudizio contenuto nel primo «Rapporto sulla salute mentale a Milano», pubblicato da Franco Angeli, realizzato dalla Fondazione Ambrosianeum in collaborazione con la Caritas Ambrosiana, e compilato da psichiatri, psicologi ed esperti coordinati da Clemente Lanzetti, docente dell’Università Cattolica.
La ricerca, effettuata attraverso la testimonianza di 52 fra primari, responsabili di strutture, educatori, evidenzia da un lato il problema sociale: vale a dire il rapporto direttamente proporzionale fra la quantità di solitudine ed emarginazione tipiche della metropoli e la diffusione di disagi mentali di varia forma e gravità. Dall’altro lato l’insufficienza della risposta al problema: su circa 20 mila persone prese in carico lo scorso anno dai Centri psicosociali milanesi almeno un terzo era afflitto da patologie «molto gravi», ma il punto è che di due persone depresse o malate su tre si ignora spesso anche la sola esistenza.
In cinque ospedali milanesi esistono progetti di assistenza specifica, il Comune ha destinato al Fondo sociale per i servizi psichiatrici 2,5 milioni di euro, il Piano per la salute mentale che la Regione ha allo studio prevede uno stanziamento triennale di 15 milioni di euro. «Ma tra Comune, Asl e Regione c’è un fortissimo scollamento», afferma Lanzetti. «Il futuro è poco rassicurante», dice la maggior parte degli intervistati. «Il piano triennale della Lombardia - replica Lorenzo Petrovich, della Direzione generale sanità della Regione - è migliorabile, ma tiene già conto di molte di queste richieste».
«Resta il fatto che la salute mentale - è il monito finale del direttore della Caritas Ambrosiana, don Virginio Colmegna - è la questione decisiva del benessere e della convivenza pacifica: e Milano deve considerare anche i cittadini affetti da queste patologie come risorsa. Non come la sua più grande fatica».

news2000.libero.it 24/05/2004 - 15:46
Medicina: nella pancia un secondo cervello chiave delle emozioni
La nuova teoria dimostra l'esistenza di un asse pancia-testa


MILANO, 24 mag - «L'intestino è la sede di un secondo cervello». L'esternazione non è il frutto di una boutade da buontempone ma proviene da Michael D. Gershon, esperto di anatomia e biologia cellulare della Columbia University, che ha presentato oggi a Milano la "teoria dei due Cervelli". Secondo la teoria dell'eminente uomo di scienza la chiave di stress, ansia e tensione si troverebbe nella pancia.
Per quanto stravagante la teoria poggia su solide basi scientifiche. "Basti pensare - ha spiegato l'esperto americano - che l'intestino, pur avendo solo un decimo dei neuroni del cervello, lavora in modo autonomo, aiuta a fissare i ricordi legati alle emozioni e ha un ruolo fondamentale nel segnalare gioia e dolore". Studi su cavie geneticamente modificate, ma anche in vitro "hanno dimostrato l'esistenza di un asse pancia-testa". Per Umberto Silomene dell'Università di Milano nella pancia c'è un cervello che "assimila e digerisce non solo il cibo, ma anche informazione ed emozioni che arrivano dall'esterno".
In seguito a stimoli esterni o interni l'intestino rilascia serotonina e per Gershon «questo neurotrasmettitore è come un direttore d'orchestra che manovra le leve del movimento intestinale» e «la quantità di messaggi che il cervello addominale invia a quello centrale è pari al 90% dello scambio totale». Non è difficile capire come stress e ansia possano pesare sull'intestino e alterarne il funzionamento. Per trattare i disturbi del tratto gastroenterico «varie tecniche di meditazione
si sono dimostrate utili. Anche perché - dice Gianpaolo Buzzi, psichiatra dell'Università di Pavia - chi medita con regolarità tende anche a seguire una dieta sana ed equilibrata, ricca di fibre e liquidi».


La Gazzetta del Mezzogiorno 23 maggio 2004
salute
La malattia interessa il 27,5% dei 15-17enni
Depressione, adolescenti in Italia colpiti il doppio rispetto al resto del mondo


ROMA  È di 15 miliardi di euro annui il costo sociale della depressione in Italia e gli adolescenti del nostro paese ne sono colpiti in misura doppia (27,5%) rispetto ai loro coetanei nel mondo (13%).
Lo rivela un articolo contenuto nel primo numero della nuova Selezione del Reader's Digest in edicola dal prossimo 25 maggio, basato su studi del Dipartimento Salute Mentale dell'Oms, ricerche dell'Ospedale San Camillo di Roma e su altri dati raccolti presso il Centro Ricerche della Glaxo-SmithKline di Verona. «La depressione è una delle sfide più grandi, dal punto di vista della salute pubblica - afferma Jorge Alberto Costa, Direttore del Dipartimento Salute Mentale dell'Oms - ma fortunatamente nell'80-90% dei casi si può guarire: cosa che ancora molti non sanno».
Per dimensioni del fenomeno, costi e accelerazione del dilagare, la depressione viene ormai considerata dall'Oms «il raffreddore della psichiatria». Si parla infatti di 121 milioni di persone colpite nel mondo - 5 milioni solo in Italia - e di un costo sociale di questa malattia nel nostro paese pari a circa 15 miliardi di euro (11 spesi in diagnostica e cura e 4 per compensare la mancata produttività della persona depressa).
A colpire è in particolare un dato: l'esposizione degli adolescenti italiani a questa sindrome (27,5% dei giovani tra i 15 e i 17 anni) risulta essere più del doppio rispetto a quella dei coetanei nel mondo (13%). Anche se, secondo una delle ricerche riportate nell'articolo, il ritratto del «depresso ideale» è quello di una donna di 35 anni, impiegata, reddito medio basso, separata o divorziata: matrimonio, o comunque una relazione stabile, sembrano infatti rappresentare fattori di protezione contro l'insorgenza della patologia depressiva.
La differenza di vulnerabilità fra i due sessi (solo l'8% degli uomini contro il 15% delle donne sembra esserne colpito) potrebbe essere spiegabile sulla base di una maggiore riluttanza, da parte del sesso maschile, ad ammettere eventuali sofferenze psichiche.

autismo e differenza sessuale

Yahoo Salute martedì 25 maggio 2004
Il Pensiero Scientifico Editore
Psichiatria, Psicologia e Neurologia
L'autismo è maschile?


Le nuove scoperte di sull’autismo di Simon Baron-Cohen, di cui si è gia occupato questo notiziario, esposte dall’autore a una conferenza presso il Bancroft Neuroscience Institute, hanno suscitato un dibattito vivace. La tesi del ricercatore è che l’autismo potrebbe essere un’alterazione, in senso estremo, delle caratteristiche della mente “maschile”.
L’autismo è un disturbo mentale che consiste in una grave difficoltà a comprendere gli stati d’animo delle altre persone e del contesto delle situazioni sociali. Tale incapacità porta di conseguenza a gravi inibizioni nelle relazioni umane, nella comunicazione e socializzazione, e in ultima analisi a una mancanza di empatia. Mentre in passato si pensava che i soggetti autistici rifuggissero le relazioni affettive e desiderassero l’isolamento, attualmente si è accertato come questi aspetti non siano che una conseguenza della loro difficoltà a comprendere gli altri. Attualmente al quadro clinico dell’autismo classico, descritto da Kanner, si sono affiancati altre descrizioni, come quella della sindrome di Asperger (di grado più lieve) e si tende a considerare i sintomi autistici come presenti lungo una gamma che, dall’estremo di maggiore gravità, va fino a un altro estremo che si esprime in atteggiamenti che sconfinano nella normalità.
Nel dibattito in corso, è stata espressa preoccupazione rispetto alla possibilità che la scoperta di Baron-Cohen conduca in futuro a uno screening prenatale sistematico, che potrebbe portare la donna o l’operatore sanitario di fronte a decisione etiche di difficile soluzione. Infatti l’autore dello studio, seguendo la sua idea di una “tendenza autistica” legata al genere, basata anche sul fatto che il disturbo autistico è presente nei maschi in una proporzione quattro volte superiore che nelle femmine, ha rilevato i livelli di testosterone fetale, riscontrando un’associazione con certe caratteristiche comportamentali tipiche della “gamma autistica”, come scarso contatto oculare e difficoltà sociali. Le sue osservazioni sul fatto che la mente maschile tende ad essere meno empatica e più sistematica suscitano anche resistenza in coloro che rifiutano ogni accenno a differenze sessuali biologiche, e il timore che certe affermazioni possano essere “politicamente scorrette”. È questa la posizione di Martha Herbert, della Harvard Medical School, che osserva come i risultati dello studio distolgano dal problema principale, cioè non portino ancora a individuare la causa originaria, probabilmente genetica, dell’autismo e i processi biologici attraverso i quali si verifica. Baron-Cohen comunque precisa di riferirsi a tendenze legate al genere, ma non di assoluti, dato che esiste un’ampia variabilità di queste tendenze nei due sessi. “Sarebbe grave che la gente portasse a casa l’idea che tutti i maschi pensano in un modo e le femmine in un altro”, osserva lo studioso; “in ciascuno dei due sessi si troveranno individui che non hanno le caratteristiche tipiche”.

Bibliografia. J Child Psychol Psich, in via di pubblicazione