lunedì 3 gennaio 2005

nuovi antidepressivi

Yahoo Salute Lunedì 3 Gennaio 2005, 9:38
Potenziali reazioni avverse sui neonati dei più nuovi farmaci antidepressivi
Di GravidanzaOnline.net


(Xagena - Ginecologia) - Health Canada ha emesso un “Advisory”, sottolineando i potenziali effetti indesiderati degli SSRI e di altri nuovi farmaci antidepressivi sui neonati durante il terzo trimestre di gravidanza.
L’Advisory riguarda i farmaci antidepressivi i cui principi attivi sono: Bupropione, Citalopram, Fluoxetina, Fluvoxamina, Mirtazapina, Paroxetina, Sertralina e Venlafaxina.
Esistono segnalazioni che neonati, le cui madri hanno assunto questi farmaci durante la gravidanza, hanno sviluppato complicanze alla nascita e necessità di prolungata ospedalizzazione, supporto respiratorio e nutrizione artificiale.
I sintomi riportati sono: difficoltà di nutrizione e/o di respirazione, convulsioni, rigidità muscolare, itterizia, pianto persistente.
Nella maggior parte dei casi, i più nuovi antidepressivi sono assunti durante il terzo mese di gravidanza.
Ad oggi esistono scarse evidenze su quale sia il miglior trattamento della depressione durante la gravidanza. ( Xagena )

Fonte: Health Canada

ortografia
come si scrive "dio"?

Corriere della Sera 3.1.05
La teologa Adriana Zarri: «Civetterie». Valentino Parlato: «Ha ragione». Barenghi: «Dipende dal contesto»
Dio con la minuscola? E «il manifesto» si divide
Gabriele Polo, uno dei direttori: «Eccezioni solo per Resistenza o Risorgimento»
di Livia Michilli


ROMA - Come si scrive la parola Dio? Con la lettera minuscola compare spesso sulle colonne de il manifesto, un «orrore ortografico e ideologico» secondo la teologa Adriana Zarri che ieri, su quelle pagine, criticava i giornalisti che per «civetteria» esprimono così il loro ateismo o la fede in un Dio diverso: «È come se io scrivessi Allah con la minuscola per prendere le distanze dall’Islam». Certo, Allah è un nome proprio e Dio no, spiega Zarri, e per questo motivo anche alcuni teologi lo scrivono con la minuscola. Ma dubitando che simili «sottigliezze» siano bagaglio dei suddetti giornalisti, ribadisce le critiche a quanti affidano all’ortografia la loro «professione di non credenza». Critiche condivise, almeno in teoria, da Valentino Parlato, uno dei fondatori del quotidiano comunista: «Zarri ha ragione e mi sembra un dibattito da sviluppare. Effettivamente se a Dio viene data la qualifica di creatore del cielo e della terra, è giusto usare la maiuscola». Cosa che lui, però, non fa: «E’ un modo per affermare la mia non credenza e il segno di una polemica politica: voglio rendere pubblica la mia laicità. Uso la maiuscola solo per Cristo e Gesù, in quanto nomi propri. Comunque la cosa migliore sarebbe non nominarlo affatto, come dice il secondo comandamento».
Non ha una regola precisa Riccardo Barenghi, ex direttore del giornale e autore dei corsivi graffianti della Jena: «Dipende anche dal contesto. Ad esempio, se dovessi scrivere della tragedia che ha colpito il Sud-Est asiatico, dio sarebbe minuscolo». I suoi successori alla guida del manifesto la pensano in modo diverso: Mariuccia Ciotta, che dirige il quotidiano in tandem con Gabriele Polo, usa la maiuscola persino per la parola presepe («inteso come luogo della pace aperto ad altri significati») e spiega che comunque in redazione, «soprattutto su temi così delicati, viene lasciata la massima libertà». Secondo l’altro direttore, Gabriele Polo, la regola invece c’è o almeno dovrebbe esserci, ed è quella di adoperare sempre la minuscola: «Ovviamente faccio eccezione per i nomi propri e anche per termini come Resistenza, Rinascimento o Risorgimento, che indicano fatti storici. Scrivere dio in minuscolo è una professione di pluralismo, perché esistono tanti "dio"».
Come che sia, Ciotta pensa che le scelte ortografiche di molti suoi colleghi siano «un’inconscia autodifesa, un modo per marcare le distanze da chi usa certe parole per contrapporre mondi e culture. Certo non lo fanno con atteggiamento sprezzante». Tant’è che, sottolinea, in alcuni titoli del manifesto campeggia la parola Dio con la maiuscola. Titoli evidentemente sfuggiti alla penna rossa di Polo: «Sono la prova che ogni tanto facciamo degli strafalcioni!».

Fausto Bertinotti sull'aggressione a Berlusconi

Agi.it 2.1.05
BERLUSCONI AGGREDITO: BERTINOTTI, CONDANNA INEQUIVOCABILE

(AGI) - Roma, 1 gen. - Una "condanna inequivocabile" di fronte all'aggressione subita a Roma dal presidente del Consiglio, viene dal segretario di Rifondazione comunista, Fausto Bertinotti, che rileva: "Anche da chi come noi avversa nel modo più radicale la politica del governo e del suo premier è netta e inequivocabile la condanna di ogni atto di aggressione e di offesa alla persona".

inoltre:
da Megachip.info
A proposito di un cavalletto scagliato contro Silvio Berlusconi dall'ultimo banco di scuola media


Noi siamo per la non violenza e non avremmo mai scagliato niente, meno che mai un cavalletto fotografico, contro chiunque. Tuttavia interpretiamo l'episodio come la risposta, evidentemente esasperata, di un cittadino che si è sentito equiparato a "uno studente che non ha terminato la scuola dell'obbligo e che, nel caso l'avesse terminata, non stava nei primi banchi". Parola di Silvio Berlusconi. Dunque l'episodio va rubricato così: capo di governo colpito da un cavalletto per fotografia scagliato dall'ultimo banco di una scuola media. In secondo luogo: poichè depenalizzare il falso in bilancio, fare leggi che violano la Costituzione, monopolizzare il sistema dell'informazione, e molte altre malefatte analoghe sono atti di violenza compiuti contro la maggioranza dei cittadini, anche se non provocano ecchimosi, chiediamo al capo del governo e alla sua maggioranza di applicare a Roberto Dal Bosco i criteri che hanno fino ad ora applicato a se stessi: una bella legge ad personam che lo sottragga al processo. In fondo, come ha detto il signor Berlusconi nella conferenza stampa di fine d'anno (in cui ha scippato a tutti gli italiani quasi due ore televisive) una legge ad personam non si nega a nessuno.

i cattolici ladri di bambini:
continua la polemica sulle pagine del Corsera

Corriere della Sera 3.1.05
Chiesa e Shoah: ecco perché la verità arrivò tardi
di Antonio Carioti


Anche se precisa che «i contorni della vicenda restano tutti da chiarire», lo storico Renato Moro, autore del saggio La Chiesa e lo sterminio degli ebrei (Il Mulino), non ha dubbi sul significato da attribuire al documento del 1946, pubblicato giorni fa dal Corriere della Sera, in cui la Santa Sede raccomandava di non riconsegnare i bambini ebrei ospitati nei conventi cattolici francesi durante la guerra. «È la conferma - osserva - che nell’immediato dopoguerra la percezione del problema ebraico da parte della Chiesa, nelle sue grandi linee teologiche e culturali, non risulta modificata dall’esperienza della Shoah. Questo vale per il Sant’Uffizio, per Pio XII e in una certa misura anche per monsignor Roncalli». Pensa che dietro le attuali polemiche possano esserci manovre volte a ostacolare la canonizzazione di Pacelli, come ha sostenuto padre Pierre Blet in un’intervista uscita ieri sul quotidiano Avvenire ?
«Assolutamente no, non vedo come. Stiamo parlando di un documento d’archivio, che verrà presto pubblicato in una raccolta. E Melloni è uno studioso serio, al di sopra di ogni sospetto. Né credo siano ragioni di ostilità verso Pio XII a motivare il grande rilievo che questi temi ottengono sulla stampa. I mass media non fanno che amplificare la particolare sensibilità che oggi si registra nell’opinione pubblica in materia di diritti umani, specie quando si parla della Shoah. Non sono solo i comportamenti della Chiesa ad essere discussi, ma anche lo scarso impegno delle potenze alleate per salvare le vittime del genocidio. Oggi abbiamo capito quale tragedia fu lo sterminio degli ebrei e guardiamo in maniera critica a coloro che allora non ebbero una percezione piena di quanto era avvenuto».
Non le pare che il comportamento del futuro Giovanni XXIII sia contrassegnato da un maggiore spirito di apertura rispetto a Pio XII?
«Prima in Turchia e poi in Francia Roncalli, nei suoi incarichi diplomatici, mostra una particolare sensibilità verso le sofferenze subite dagli ebrei. E presta loro aiuto con generosità. Ma a volte affiora in lui l’impostazione tradizionale del problema. Per esempio nel 1943, con la Shoah in atto e ormai nota, esprime disagio per la prospettiva che l’emigrazione ebraica in Palestina porti a compimento il sogno messianico della rinascita d’Israele. D’altronde diversità di vedute sul problema ebraico erano emerse qualche anno prima all’interno stesso del Vaticano».
Di che si tratta?
«Mi riferisco alla vicenda degli Amici d’Israele, una società cattolica nata per favorire la conversione degli ebrei, ma che poi s’impegnò soprattutto per migliorare i rapporti tra le due religioni e combattere l’antisemitismo. Essa propose di modificare alcune parti della liturgia tradizionale che apparivano poco rispettose verso il mondo ebraico, suscitando a Roma, nel biennio 1927-28, un forte dissidio. La Congregazione dei riti si disse favorevole a quei cambiamenti, mentre il Sant’Uffizio si oppose. Infine il papa Pio XI condannò gli Amici d’Israele, ma anche ogni forma di antisemitismo».
Insomma, le istanze poi prevalse nel Concilio venivano da lontano, ma faticavano a imporsi.
«È una ricerca da approfondire per comprendere meglio l’evoluzione della Chiesa. Solo così, dinanzi a documenti come quello uscito sul Corriere, si potrà evitare la sterile dialettica tra una reazione scandalizzata e una difesa apologetica. Per questo è auspicabile che si estenda l’apertura degli archivi vaticani realizzata di recente, in modo da consentire agli storici di ricostruire il processo decisionale che portò la Santa Sede a compiere le sue scelte di fronte alla sfida epocale della Shoah, che sottopose a una prova senza precedenti la coscienza religiosa cristiana».
Comunque lei sostiene che in un primo momento il genocidio non bastò a modificare l’approccio della Chiesa.
«Basta pensare che gli stessi conventi in cui si erano rifugiati gli ebrei accolsero poi molti fascisti e nazisti in fuga, compresi alcuni criminali di guerra: il diritto di asilo veniva riconosciuto anche a loro».
Le sembra dunque giustificata la polemica sulla possibile beatificazione di Pio XII?
«È una domanda cui non posso rispondere, perché in fatto di canonizzazioni la Chiesa applica criteri propri, ben distinti da quelli del giudizio storico».
Non crede che Papa Pacelli si sia dimostrato inadeguato di fronte alla tragedia di Auschwitz?
«Certamente a Pio XII sfuggì la specificità dello sterminio razziale, che considerò in modo riduttivo come uno dei tanti orrori perpetrati in guerra. Lo stesso vale tuttavia anche per i governi e le opinioni pubbliche della coalizione alleata. La consapevolezza di ciò che rappresentava la Shoah si fece strada per tutti in modo graduale».
Però forse il Vaticano, in base al messaggio evangelico, avrebbe dovuto mostrarsi più sensibile di quanto risulti dal documento del Sant’Uffizio.
«Il fatto è che la Chiesa dell’epoca non vede la libertà di coscienza e il dialogo interreligioso come dei valori, perché ritiene prevalente la verità oggettiva e assoluta di cui è portatrice. Non possiamo guardare alla Chiesa del 1946 come a quella di oggi, perché nel frattempo c’è stato il salto storico del Concilio Vaticano II».
Il pontificato di Roncalli fu decisivo per avviare il cambiamento?
«Sicuramente sì».

Emanuele Severino - a modo suo -
contro il papa, ma non troppo...

Corriere della Sera 3.1.05
LE PAROLE DEL PAPA
LA CATASTROFE E IL DESTINO
di EMANUELE SEVERINO


All’Angelus di domenica, a proposito della tragedia del Sudest asiatico, il Papa ha detto che Dio non abbandona i suoi figli nemmeno quando essi sono raggiunti dal dolore e dalla morte più atroce. Egli ha riproposto l’insegnamento tradizionale della Chiesa - che affonda peraltro le sue radici nella sapienza filosofica e in altro ancora. La filosofia stoica si era già espressa negli stessi termini che la Chiesa sin dal principio ha continuato a tener fermi. Il cristianesimo respinge la coincidenza tra dolore umano e punizione divina, tra colpa umana e dolore. I conti non si regolano in questa vita, ma nell’altra. (E i potenti e felici hanno trovato in questa dottrina cristiana molti motivi per rallegrarsi del loro stato).
Nel Vangelo di Luca (13), a chi gli riferisce del molto sangue dei Galilei che Pilato aveva versato, mescolandolo con quello dei loro sacrifici, Gesù risponde: «Pensate voi che quei Galilei fossero peccatori più di tutti gli altri Galilei, perché hanno sofferto a quel modo? No, vi dico; ma se non farete penitenza, perirete tutti allo stesso modo. Oppure credete voi che quei diciotto sui quali cadde la torre di Siloe e li uccise, fossero più colpevoli di tutti gli altri abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non farete penitenza, perirete tutti allo stesso modo».
Come Dio non abbandona i suoi figli nemmeno quando dolore e morte perseguitano nel modo più duro, così dolore e morte non sono il segno della colpevolezza di chi li subisce. Possiamo azzardarci a dire che il calvinismo, che vede nel successo mondano l’approvazione e la protezione di Dio, si è dimenticato di questo passo evangelico.
Che però lascia dubbiosi, perché se «chi non farà penitenza» - come dice Gesù - perirà «allo stesso modo» in cui son morti coloro che non erano più peccatori e più colpevoli degli altri, allora i non penitenti sono colpiti dalla morte proprio perché sono colpevoli e peccatori, appunto in quanto non hanno fatto penitenza. Sì che la morte colpisce sia coloro che non sono più colpevoli degli altri, sia coloro che invece si sono resi colpevoli non facendo penitenza. Questa contraddizione (o ingiustizia?) si complica, poi, perché se si può sospettare una qualche colpevolezza nei ricchi che fanno le loro vacanze nei Paesi dei poveri, i poveri - è ancora Gesù a dirlo - difficilmente li si può considerare come portatori di grandi colpe. «Beati coloro che piangono». Beati - dunque non colpevoli -. Resta poi il fatto che le parole della Chiesa e del cristianesimo sono parole della fede; e la fede ha il dubbio nel proprio cuore, e il dubbio si fa strada, lasciando delusi.
Per il cristianesimo, qualsiasi cosa accada, la Provvidenza non vien mai meno. Per la cultura del nostro tempo il mondo non ha invece alcun senso e quel poco che riusciamo a scorgervi siamo noi stessi a conferirglielo. Ora, se mi si chiedesse per quale di queste due convinzioni propendo, a bruciapelo risponderei: per nessuna delle due. Perché entrambe, da ultimo, hanno la stessa anima. Ritengono entrambe, infatti, che l’uomo e le cose siano presa del nulla. E questo è l’impensabile. Ma qui lasciamo da parte questo ordine di considerazioni, che ci porterebbe troppo lontano. Se allora quella richiesta circa le mie propensioni mi fosse riproposta, risponderei, sia pure con le innumerevoli riserve del caso, in due tempi.
Direi innanzitutto che la prospettiva per la quale il mondo non ha senso ed è caso è il risultato inevitabile del pensiero filosofico del nostro tempo. E aggiungerei che tuttavia ben pochi sono in grado di scorgere questa inevitabilità. Per cui, sì, è giusto affermare, come ha scritto Ernesto Galli della Loggia su queste colonne (31 dicembre), che nella tragedia del Sudest asiatico la «morte di massa» si è presentata «all’insegna di una assoluta casualità»; ma si deve anche aggiungere che il problema incomincia proprio a questo punto, e cioè si tratta di vedere su quale fondamento si afferma l’assoluta casualità degli eventi e, in sostanza, del mondo. Si tratta cioè di sapersi avvicinare all’essenza della filosofia contemporanea, il cui peso decisivo nella storia della nostra civiltà, consiste appunto nell’aver portato alla luce (e spesso inconsapevolmente) quel fondamento.
Ma dopo aver detto questo, affermerei anche che il cristianesimo, sia pure attraverso le immagini e le metafore del linguaggio religioso, percepisce in qualche modo che il Destino domina il mondo, che dunque non è nelle mani del caso. Benedetto Croce diceva che la fede cristiana nella Provvidenza non differisce sostanzialmente dal fatalismo degli stoici. E per questo, nonostante il suo non potersi non dire cristiano, prendeva le distanze dal provvidenzialismo cristiano. Da parte mia penso che quella vicinanza del cristianesimo al Destino - ossia a ciò che sta al di sopra degli dei e degli uomini - è un segno della nobiltà filosofica del cristianesimo. Fermo restando che il grande compito di tutto il nostro sapere è appunto la decifrazione del senso autentico del Destino.

"BUONGIORNO, NOTTE"
DI MARCO BELLOCCHIO
sul Chicago Tribune e su Scotland On Sunday

Chicago Tribune 31.12.04
movies
TOP 10 SMALL VENUE FILMS
Looking back at films that made buffs' hearts race
Michael Wilmington, Tribune movie critic


l'articolo originale - e integrale - può essere letto QUI

Since 1993, in every year but one, I've published two "10 Best Movies" lists. The first--which this year had "The Aviator," "Sideways," "House of Flying Daggers" and several others--ran in the Arts & Entertainment section Dec. 19.

The second, perhaps more precious, is my "Small Venue Top 10". This list covers movies that premiered either at one of Chicago's numerous film festivals or at the smaller, more independent venues such as Facets Cinematheque, the Gene Sis-kel Film Center, Chicago Filmmakers and others that are in many ways the lifeblood for some of the city's truest movie buffs.

These are more unusual and lesser-known films. Most are only briefly on view, before perhaps being rescued on DVD. Sometimes--be-cause they win a regular theatrical run after their festival appearances--they manage to appear in the following year on the "regular" list. But they're often just as important, always just as artistically valuable and definitely well worth the extra effort it takes to seek them out.

Here are the 10 best 2004 small-venue films and where they premiered.

1. "Trilogy: The Weeping Meadow" (Greece; director Theo Angelopoulos) Chicago International Film Festival. [...]

2. "The Tulse Luper Suitcases: Pts. 2-3": "Vaux to the Sea," "From Sark to Finish (a.k.a. Antwerp)" (Britain; Peter Greenaway) Facets Cinematheque. [...]

3. "Notre Musique" (France; Jean-Luc Godard) CIFF. [...]

4. "Springtime in a Small Town" (China; Tian Zhuangzhuang) Gene Siskel Film Center. [...]

5. "Good Morning, Night" (Italy; Marco Bellocchio)
European Union Film Festival, Siskel Film Center.


From one of the notable radical Italian cineastes of the '60s, Bellocchio ("China is Near," "Fists in the Pocket"), comes an anguished look at the fruits of political radicalism in the '70s: the chilling reality and consequences of a Red Brigade faction's kidnapping of Italian prime minister Aldo Moro. Done with somber clarity and humanism, "Night" becomes a tragedy of warped ideals and brutal misunderstandings.

6. "A Talking Picture" (Portugal; Manoel de Oliveira) Facets. [...]

7. "Henri Langlois: the Phantom of the Cinematheque" (France; Jacques Richard) CIFF. [...]

8. "Haute Tension" (France; Alexandre Aja) EUFF, Siskel Film Center. [...]

9. "Macbeth" (Hungary; Bela Tarr, 1982) Facets. [...]

10. (Tie) "Alila" (Israel; Amos Gitai) Facets. [...]

"Gozu" (Japan; Takashi Miike) Facets. [...]

anche Scotland On Sunday di ieri ha incluso nella sua graduatoria di Top Tens del 2004:

http://scotlandonsunday.scotsman.com/thereview.cfm?id=842005

Top ten films

1 THE AVIATOR (PG) Martin Scorsese’s swashbuckling biography of eccentric millionaire Howard Hughes, starring Leonardo DiCaprio and Cate Blanchett.

2 HOUSE OF FLYING DAGGERS (15) Romance and betrayal in a 9th-century Chinese Robin Hood-style organisation from Hero director Zhang Yimou.

3 NATIONAL TREASURE (PG) Popcorn cinema at its finest with Nicolas Cage (above) in an Indiana Jones-style caper.

4 LEMONY SNICKET (PG) Jim Carrey heads an all-star cast as the evil Count Olaf trying to deprive three orphans of their inheritance.

5 ELLA ENCHANTED (PG) Americans don’t do pantomime - but that didn’t stop Hollywood turning Cinderella into a California teen movie, Prince Charmont and all.

6 WHEN THE LAST SWORD IS DRAWN (15) Samurai tale of honour in 19th-century Japan, starring Kiichi Nakai.

7 GOOD MORNING, NIGHT (15) Veteran director Marco Bellocchio revisits Italy during the 1970s, when the activities of the Red Brigades - culminating in the kidnap and murder of politician Aldo Moro - created a climate of fear and loathing.

8 THE PHANTOM OF THE OPERA (PG) Lloyd Webber musical hits the big screen with Gerard Butler in the title role.

9 GARDEN STATE (15) Zach Braff writes, directs and stars in this tale of a deadbeat actor whose world is turned upside down by the free-spirited Sam (Natalie Portman).

10 MONDOVINO (PG) Worthy documentary as Jonathan Nossiter assesses the impact of globalisation on the world’s wine regions.