domenica 4 gennaio 2009

Repubblica 4.1.09
Lo psichiatra Fagioli e il caso Liberazione: "Sansonetti fa un giornale fumettistico"
"Non sono il gemello di Fausto e curare Vendola è un dovere"
"Guardo con simpatia al lavoro di Bonaccorsi, può essere utile alla sinistra"
di Umberto Rosso


ROMA - Aria di divorzio con Bertinotti, professor Massimo Fagioli?
«Fausto? Un rapporto che resta splendido. Dissensi su alcuni punti? Ma certo. Mica siamo gemelli. Viva il dissenso. Sui temi veri però, non sulle bugie messe in giro».
Tipo?
«Mai sostenuto che Vendola, in quanto omosessuale, vada curato».
E che cosa ha detto allora?
«Si cura chi sta male non chi è omosessuale. Se Vendola vuol fare sesso sul lampadario di casa, con il termosifone, come gli pare, ed è felice, liberissimo. Magari stia attento a non scottarsi troppo e a restare al chiuso, se no diventano atti osceni in luogo pubblico. Ma se uno ha problemi con la propria sessualità, io devo intervenire. Faccio lo psichiatra. E´ un dovere d´ufficio».
Mai detto nemmeno che Vendola non può essere allo stesso tempo cattolico, comunista e omosessuale?
«Qui confermo in pieno, e ribadisco. Il cattolicesimo è il contrario del comunismo. Se sei di sinistra non puoi dichiararti cattolico. E il cattolicesimo poi è nemico della sessualità in generale, più che dell´omosessualità: contro i preservativi, l´aborto, l´atto di amore solo finalizzato alla procreazione. Perciò quelle tre categorie non si tengono insieme. Vendola per fortuna non è diventato segretario del partito».
Che vuol dire?
«Che se porti dentro una simile contraddizione irrisolta, una vera scissione, non puoi fare bene il tuo lavoro politico».
Ci sono tanti cattolici a sinistra, a favore della pillola o l´aborto.
«Allora non sono più cattolici. Paolo Ferrero per esempio è valdese. Lui non ha di quei problemi».
Perché ce l´ha tanto con Sansonetti?
«Gli ho solo consigliato di crescere un po´, eterno bambino del ?68, ma non gli ho mai dato del matto. Quaranta anni dopo forse è tempo di darsi una mossa. Certo, non mi piace come fa Liberazione: una cosa fumettistica».
Che significa?
«A me interessa l´identità non la ricerca del piacere. Se faccio mangiare e bere bene uno schizofrenico, alla fine del pasto sempre un ammalato quello resta. Insomma, L´Isola dei Famosi, Luxuria, ma chissenefrega. Ha ragione Ferrero. Ma parlami della scuola, degli incidenti sul lavoro. Ah, a Sansonetti non ho mai chiesto di cacciare nessuna giornalista che aveva scritto su Freud. Con il direttore credo di non aver mai parlato nemmeno al telefono».
Eppure sarebbe proprio lei l´eminenza grigia dietro le manovre per cacciare Sansonetti e mettere le mani sul giornale.
«Macché. E´ l´editore Luca Bonaccorsi che fa tutto. Ma poi lo ha anche detto Ferrero: Fagioli non ha niente a che fare con la vendita del giornale».
Bonaccorsi è un suo seguace.
«E io guardo con grande simpatia alla sua iniziativa, che può essere utile alla sinistra».
Liberazione diventerà il giornale dei fagiolini?
«Per quel che mi riguarda ne resterei completamente fuori. Le lezioni a Chieti, la libreria, le sedute di analisi collettiva - che da sempre svolgo in maniera del tutto gratuita, non chiedo neanche un euro - i saggi, la rubrica su Left. E dove lo trovo il tempo per occuparmi pure di Liberazione?».
Professore, ma perché i gay l´accusano tanto di omofobia? Ancor due giorni fa Grillini su Liberazione.
«Lasciamo perdere Grillini, che altera e stravolge il mio pensiero. Dopo quaranta anni di studi, io non so ancora cosa sia la sessualità. Così anche l´omosessualità richiede ricerca. Secondo me, la pulsione omosessuale non esiste, è pulsione di annullamento. Per me il desiderio è solo nel rapporto uomo-donna, ossia tra diversi e uguali: uguali perché tutti gli esseri umani lo sono per la nascita, diversi perché ognuno ha la sua identità».
E quindi?
«Hanno paura delle mie teorie, mi attaccano perché hanno il terrore di guardarsi dentro. Ma io sono uno psichiatra, devo farlo per mestiere».

l'Unità 4.1.09
Gennaro Migliore: Il Prc è «una pena». Ma tra i vendoliani c'è chi vorrebbe attendere il voto
La decisione sarà presa insieme a «Per la sinistra»: presentarsi con Sd, Verdi e parte del Pdci
Rifondazione, scissione a febbraio
Verso una lista per le europee
Fausto Bertinotti: Realtà insostenibile dopo le scelte di Ferrero su Liberazione
di Simone Collini

Nella minoranza del Prc si fa strada l'ipotesi di rompere a febbraio, per poi presentare alle europee la lista "Per la sinistra". Bertinotti aveva frenato, ma ora: «Situazione insostenibile». È ancora scontro su Liberazione.

Il punto non è se uscire da quello che Nichi Vendola non definisce neanche più un partito ma «una casa piena di spettri». Il punto è come e quando farlo. E non è che si stia parlando di chissà quali divergenze: una parte degli aderenti all'area "Rifondazione per la sinistra" vuole rompere a febbraio, quando sarà convocata la seconda assemblea dell'associazione "Per la Sinistra" (di cui fanno parte anche Sd, parte dei Verdi e minoranza Pdci); un'altra parte vuole attendere l'esito delle europee, perché il voto di giugno può provocare una ridefinizione dell'intero assetto del fu centrosinistra.
Ma al di là della differente opinione su quale sia la tempistica più efficace per andarsene perdendo meno pezzi possibile e per costruire un nuovo soggetto di sinistra, ormai Rifondazione comunista viene giudicata da quel quasi 50% che ha perso il congresso di Chianciano «una pena» (Gennaro Migliore dixit) che da sei mesi non ha saputo proporre altra linea politica che quella legata alla «patetica iniziativa di Paolo Ferrero del pane ad un euro» (Maurizio Zipponi dixit). E allora, tra i vendoliani nessuno si assume la responsabilità di annunciare formalmente la scissione, ma a metà del mese prossimo ci saranno un bel po' di addii. «Bisogna decidere collettivamente cosa fare», dice Migliore insistendo sulla necessità di convocare un congresso straordinario del Prc. Ma il coordinatore dell'area vendoliana "Rifondazione per la sinistra" sa che si tratta di un appello destinato a cadere nel vuoto e insieme a Patrizia Sentinelli è tra quelli che più scalpitano. E a questo punto non ci sono più molte redini che tengano.
Se Fausto Bertinotti ancora qualche settimana fa aveva invitato i suoi a non rompere prima delle europee e a insistere con la segreteria per andare al voto con un «cartello elettorale», le novità degli ultimi giorni lo hanno convinto che la situazione si è fatta «insostenibile». L'ex presidente della Camera resta convinto che la strada verso un nuovo soggetto della sinistra sia «lunga e articolata» e che vada dunque tenuta separata «dal conflitto elettorale». Però sa anche alla luce del deludente risultato in Abruzzo nonostante l'assenza della spina del fianco del voto utile - che le europee possono trasformarsi in un certificato di morte non piÙ solo apparente, sia con la ricetta del pane proletario cara a Ferrero che con quella del tandem Pdci-Prc caldeggiata da Claudio Grassi.
Per questo l'ipotesi di un'uscita a febbraio comincia a farsi strada senza che Bertinotti lanci più appelli alla cautela. Perché a febbraio? Perché le liste vanno presentate 39 giorni prima del voto (7 e 8 giugno) e però ci vuole ben più tempo per lanciare e costruire consenso attorno al simbolo "Per la sinistra" e anche per raccogliere le firme necessarie (30mila per circoscrizione) a presentare insieme a Sd, Verdi e minoranza Pdci una lista nuova che non ha attualmente rappresentanti né in Parlamento né a Strasburgo.
Senza contare il fatto che la vicenda di Liberazione viene giudicata un punto di non ritorno: Bertinotti aveva voluto alla direzione Piero Sansonetti, un non iscritto al Prc, anche per dare un segnale di apertura e rinnovamento del partito. Commissariarlo con un direttore politico che firmi gli editoriali e supervisioni gli articoli sul partito - com'è l'ipotesi dopo che si è fatto avanti l'editore Luca Bonaccorsi, vicino allo psichiatra Massimo Fagioli - sarebbe per l'ex presidente della Camera un passo indietro di non poco conto. Intanto Sansonetti dice che darà battaglia «fino in fondo» e Ferrero che «non è in ballo l'autonomia di Sansonetti ma il progetto politico che persegue, sconfitto al congresso». Quanto a Giovanni Russo Spena, indicato da più parti come il futuro direttore politico, smentisce di ambire a quel ruolo. Però, visto che Fagioli ha già fatto sapere più volte di non apprezzare le pagine di cultura di Liberazione e visto che c'è anche l'ipotesi di nominare un nuovo responsabile di questo settore, una cosa l'ha detta a Ferrero: «Affidare queste pagine a un uomo di Fagioli sarebbe un grave errore».


l'Unità 4.1.09
La crisi della sinistra
Se Rifondazione finisce sul lettino a due piazze
di Pietro Spataro

Se non fosse una questione maledettamente seria quasi quasi verrebbe da ridere. Il metodo scelto da Rifondazione comunista per suicidarsi è quanto di più stravagante si potesse immaginare per un partito che ha fatto della sua identità di classe e della sua alterità i tratti che hanno favorito per anni il suo appeal politico. Oggi tutto si consuma nella guerretta a un giornale scomodo e al suo direttore e ci si accapiglia sul ruolo di uno psichiatra, diventato famoso per il suo antifreudismo, che tiene filosoficamente in cura di volta in volta l'uno o l'altro dei contendenti. Fausto Bertinotti, che si è lasciato molto influenzare da Massimo Fagioli, ora lo "ripudia" dopo il duro attacco al direttore del quotidiano di partito Piero Sansonetti, definito "un matto". Sì, proprio così: è questo ormai il livello del "dibattito comunista".
Però attenzione a non restare prigionieri delle curiosità. Questa "guerra di Liberazione" infatti sta diventando, in qualche modo, il simbolo di una guerra più grande che molto presto porterà a una scissione (forse già a febbraio, come raccontiamo a pagina 18). Lo scontro è attorno a una serie di domande che sono pressapoco queste. È possibile in Italia un partito della sinistra radicale che non sia un partito di reduci e di nostalgici? È possibile uno spazio politico che sia in grado di intercettare pezzi importanti di società che si sentono politicamente orfani? Le elezioni di aprile 2008, con quella pesante sconfitta che ha escluso tutta la sinistra dal Parlamento, sono un dato irreversibile? Insomma: chi avrà il compito della rappresentanza politica a sinistra del Pd e con quale progetto? E infine: il Pd può fare a meno di un'area radicale alla propria sinistra che sappia attirare quei voti che altrimenti andrebbero dispersi?
Come si vede sono temi complicati. In questa storia, per ora, abbiamo capito che chi incarna l'aspirazione a una nuova sinistra sembra aver perso e chi si è arroccato a difesa dell'accampamento sembra aver vinto. Per ora, appunto. Ma quell'ora non sarà troppo lunga e probabilmente non consentirà repliche. Se persino una fedelissima comunista come Ritanna Armeni è arrivata a sostenere che "Rifondazione comunista è morta" perché è fallito il tentativo di guardare avanti c'è da preoccuparsi. Perchè una situazione in cui il Pd non sta tanto bene e la sinistra radicale è mezza morta non è una bella situazione. Non per i partiti che, la storia insegna, nascono e muoiono (e nascono e muoiono in relazione alla consistenza della loro missione). Ma perché un paese senza una parte della sinistra o con una sinistra ridimensionata e ferita non è un paese sano. Se poi questo paese è governato da un signore che ha enormi poteri, vuole stravolgere la Costituzione e sostenere la parte più ricca non c'è proprio da stare tranquilli.
C'è qualcuno che vuole mettersi seriamente al lavoro senza pensare solo al proprio posticino?


il Riformista 4.1.9
«Con Fagioli abbiamo sbagliato, da lui indecenza e oscurantismo»
Intervista. Rina Gagliardi e lo psichiatra-guru: «L'ho frequentato per curiosità. Ma con le svolte di Fausto non c'entra». Il Prc? «Finito». Liberazione? «Chiuderà»
di Alessandro De Angelis

«Il sodalizio con Fagioli non c'è stato»: Rina Gagliardi, firma di Liberazione ed ex senatrice vicinissima a Fausto Bertinotti accusa il guru anti-freudiano: «Dice cose indecenti».
Caso Liberazione: è l'ultimo atto di Rifondazione?
Quello che sta accadendo è gravissimo. Di fronte a seri problemi politici ed economici la risposta di Ferrero è stata repressiva nel senso classico di un partito del secolo scorso, ovvero l'epurazione di Sansonetti, sapendo che questo esaspera i conflitti interni.
Quindi ve ne andrete?
Come area "Rifondazione per la sinistra" valuteremo il da farsi in un seminario a Chianciano il prossimo 24 gennaio. C'è la necessità, innanzi tutto, di una analisi condivisa.
Vendola, Giordano, Ritanna Armeni condividono che Rifondazione è morta.
Pur vedendo gli elementi di verità nei loro giudizi sono incerta. La crisi è tale che prospetta un cammino di lungo periodo. Il problema dei problemi è ricostruire la sinistra e dubito che si possa fare in tempi brevi.
Una lista con Sd e con "chi ci sta" non la convince?
Di fronte alla domanda che abbiamo di fronte, quella di ricostruire la sinistra, è una prospettiva misera. Più che di singoli frammenti c'è bisogno di un processo di massa. Io aborro le operazioni identitarie.
Sembrano parole di Bertinotti.
Sono molto in sintonia con il mio leader. So che questa è una posizione difficile e di lungo periodo. E che, come diceva Pintor, manca la leva, lo sbocco immediato. Per questo dobbiamo discutere. Anche se l'idea di Rifondazione per come è stata dalla sua nascita si è interrotta. Una maggioranza del partito che rimpiange il muro di Berlino è buona per le pagine di folklore dei giornali.
Con Fagioli un po' di folklore lo avete portato anche voi.
Partiamo dal fatto che io non mi baso su pregiudizi e se l'ho frequentato è per curiosità intellettuale nei confronti di chi è diverso da me. Ora scopro che forse è stata una illusione, o anche un errore. Ma, come Don Giovanni, non mi pento. Ciò detto, su tutta questa storia ho letto una serie di panzane.
Le elenchi.
La più grossa è che Fagioli avrebbe insegnato a Bertinotti la non violenza. Fausto ha iniziato a riflettere sulla non violenza dopo Genova, già in un libro del 2001. Poi ha esplicitato la riflessione in forma organica in un altro libro del 2002 dal titolo "Per una pace infinita", dove partiva da Kant. E l'anno successivo pronunciò una denuncia dello stalinismo in cui approfondiva il tema della non violenza. Solo nel 2004 ha incontrato Fagioli.
Seconda panzana.
Ho letto di un "sodalizio intimo" tra loro. Che c'entra l'intimo? Erano incontri, rapporti politici. Il collettivo di Fagioli adorava Bertinotti.
Avanti con la prossima.
Ho pure letto che io ho scritto poesie e invece non le scrivo da quando ho sedici anni. Ma ciò che vorrei sottolineare è che su omosessualità, culture critiche, movimenti Fausto è stato un precursore, a differenza di Fagioli. Si ricorda quando con fatica impose nel partito la parola d'ordine «siamo tutti omosessuali» e poi partecipammo al gay pride?
Come giudica le ultime uscite di Fagioli?
Siamo all'indecenza e all'oscurantismo puro. E non ci trovo la conferma di qualcosa che era già così. Ma oggi è successa un'altra cosa: l'amore per gli affari ha superato il resto.
Si riferisce a Bonaccorsi, l'aspirante editore di Liberazione?
Esatto. È un caso di capitalismo senza capitali. Il giornale godrà di un finanziamento pubblico rilevante per tutto il 2009 e lui pensa di essere un Ricucci che usa Liberazione per i suoi affari, visto che non mi risulta che abbia liquidità e nemmeno che sia un benefattore.
Si spieghi.
Per incassare il finanziamento il giornale starà aperto per qualche mese. Poi può succedere di tutto. Ferrero vuole mandare via Sansonetti. La mia previsione è che chiuderà il giornale.



Liberazione 4.1.09
A Bertinotti non piacciono le dichiarazioni di Fagioli
Liberazione, due direttori e le fantasie di sparizione
di Antonella Marrone

Dire che Freud è un imbecille è stato un piccolo passo per l'umanità, ma un grande passo per Massimo Fagioli. Per la sua solidità mentale, probabilmente, per la sua fama certamente. È un fatto che lo psichiatra venga continuamente citato per l'attributo poco gentile affibbiato al padre della psicoanalisi, e mai per le sue scoperte "mediche", come - ad esempio - l'Incoscio mare calmo, solo per citare il concetto più famoso e primigenio. È la dimensione che appartiene al bambino appena nato, "sanità" mentale imperturbata e imperturbabile, è quel meraviglioso momento in cui un "nghè" e un "nghù" vogliono dire tutto e il contrario di tutto, esprimendo un tripudio di ineffabili e narcisistiche certezze. Fagioli, in questo, è riuscito perfettamente, e ancora oggi i suoi articoli, le sue dichiarazioni e - per chi abbia avuto la costanza di leggerli - i suoi libri, esprimono in maniera compiuta questo tripudio. Lo psichiatra marchigiano sa di che cosa si parla quando si parla di comunicazione e di afasia, di creatività e di rabbia: antitesi storiche per certo comunismo. E non si è lasciato sfuggire l'occasione per un suo "ripescaggio" in quella sinistra che lo ha sempre un po' maltrattato. Fedele al motto di Oscar Wilde, "Bene o male purché se ne parli", il guru di San Cosimato, venti anni dopo la stagione cinematografica che gli portò una qualche notorietà al di fuori delle Mura Aureliane, rispunta al fianco di Fausto Bertinotti. Ed eccoci al punto. Il rapporto tra i due è stato oggetto - da sempre per la verità - ma assai più in questi ultimi giorni, di frecciate lanciate da amici e nemici, come si suol dire. E Liberazione in mezzo, in attesa di quel prosaico evento chiamato ristrutturazione del giornale: roba molto conscia e tutt'altro che calma. Prima dell'interesse di Bonaccorsi per la testata del Prc, questa redazione si è sempre tenuta alla larga dal fagiolinismo (oggi lo possiamo dire: nonostante gli inviti ad occuparsene), quindi non può essere accusata (come invece fanno ingiustamente alcuni lettori che ci scrivono) di essere stata "connivente" quando piaceva a Bertinotti. Ora, dopo gli attacchi di Fagioli a Vendola e a Sansonetti (che ieri lo psichiatra ha cercato di smussare), attacchi di una aggressività gratuita, anche il "caso Bertinotti" sembra risolto. L'ex presidente della Camera ha fatto trapelare, tramite un articolo su Repubblica, che il guru sta esagerando. Il motivo del disappunto bertinottiano sta in parte negli attacchi al presidente della Puglia e al direttore del giornale e, in parte, nelle conseguenze per la anacronistica proposta dei due direttori fatta da Bonaccorsi. Infatti, tolto uno dei due - il commissario politico del partito - l'altro si occuperebbe della parte culturale ed informativa e graviterebbe nell'orbita intellettuale dello psichiatra-architetto-sceneggiatore-regista-scenografo-bozzettista-ecc.ecc. E questo sarebbe troppo per quello che era iniziato come un sodalizio intellettuale alla parie tale doveva rimanare.
Resta il caso Liberazione , un giornale che non ha nessuna fantasia di sparizione, tanto per tranquillizzare tutti sullo stato di salute mentale della redazione. È un giornale che non vuole negare il suo desiderio: uscire tutti i giorni in edicola, vedere soddisfatti e stipendiati ogni mese i lavoratori che ci lavorano; che non vuole un editore "annullante" . Tutto questo parlar di Fagioli porterà qualche buon vantaggio alla trattativa sindacale mai iniziata e che però, dicono, già finita, visto che in questo mese verrà tutto risolto? I sospetti nei confronti dell'editore Bonaccorsi sono giustificati da un'operazione che - chiunque abbia un minimo di dimestichezza con questioni del lavoro e sindacali - definirebbe, a dir poco inattendibile. L'impianto culturale dell'editore/padrone di Left , graniticamente fagiolino, unito all'inaffidabilità finanziaria, unito alle vertenze accumulate dal settimanale nel campo dei diritti del lavoro, non lasciano tranquilli i lavoratori del giornale, come si sa, antichi materialisti. Fagioli smussa, dicevamo, e come al solito si lamenta che su di lui scrivono falsità e menzogne. Atteggiamento tipico di certe ortodossie, politiche e religiose. Chissà se sentirsi sempre incompresi è una delle realtà nemiche dell'inconscio sano. Chissà.


Liberazione 4.1.09 Prima pagina
Liberazione come una rovesciata di Riva... ma ora che succede?
Caro Sansonetti, scrivo a te... ma mi rivolgo al segretario del Prc: questa «Liberazione» va salvata
di Darwin Pastorin

Caro Piero, ti scrivo da «eterno ragazzo del '68» e, di conseguenza, da «malato di mente». Proprio come te. Devo preoccuparmi? Almeno sono juventino, e tu milanista. Almeno questo. Forse, riesco a salvarmi! Ti scrivo, soprattutto, da collaboratore, da anni, di Liberazione . Da Sandro Curzi a te: libero di esprimere le mie idee, i miei sogni, le mie utopie. Libero di raccontare le mie storie di calcio, che poi sono storie di vita, di letteratura, di memorie. Storie, come la mia, di migranti, storie di ribelli, di sognatori e di fuggitivi, storie di campioni e di invisibili, di gol e autogol. Non ho tessere di partito, sono di sinistra, ho votato Rifondazione comunista, ho presentato la candidatura alle primarie del 2004 di Fausto Bertinotti (apertura e chiusura), scrivere per Liberazione rappresenta (rappresentava?) un po' di aria pura. Ma, oggi, cosa sta succedendo? Cos'è questa lotta fratricida all'interno di un partito non rappresentato in Parlamento (ah, quelle alleanze per il governo Prodi!), ma che continua ad avere una sua anima, una sua dignità, i suoi fedeli generosi coraggiosi militanti?
Cos'è questo balletto osceno e grottesco intorno a Liberazione , per la soddisfazione di tanti, di troppi: destra sinistra centro, opinionisti della prima o della penultima ora? Cos'è questa commedia tragica, ridicola? Bene, compagni, continuiamo a farci del male, eredi di Tafazzi più che di Gramsci!
Liberazione rappresenta (rappresentava?) il giornale non solo di un partito, ma di molta gente, quella gente che non riusciva a riconoscersi, ritrovarsi in altre pagine. Un quotidiano forte, mai banale, anche esagerato: ma così diverso, così non omologato, così sfacciato, così sorprendente, proprio come una finta di Garrincha, un tunnel di Sivori o una rovesciata di Gigi Riva! E che belle persone intorno a te, Piero! Simonetta, Paola, tutti gli altri colleghi. Gente sensibile, ironica, intelligente. Quante lezioni ho appreso da loro! Lezioni di solidarietà, di bellezza, di sensibilità! Un bel biglietto da visita per Rifondazione comunista, segretario Ferrero! Ma quali altre scelte, quali altri personaggi, quali altri maestrini, suvvia!
Piero, dove sta andando la sinistra? La nostra sinistra: quella della pace e della tolleranza, della difesa dei deboli, degli ultimi, degli emarginati? In questi giorni siamo diventati falce e zimbello. Bella roba, bella fine. Da applausi. Rifondazione divisa e Liberazione trattata come merce scaduta, un vuoto a rendere, un peso insostenibile. Liberazione! Con le sue inchieste, le sue provocazioni, le sue scelte. Davvero non capisco, sono confuso e anche un po' incazzato. Ci può stare, credo.
Questo giornale non può morire. Non deve morire. Perché questo giornale, caro Ferrero, è un'espressione pura, che voi per primi, segretario e dirigenti di Rifondazione, dovreste difendere, tutelare, proteggere. Anche quando vi critica. Perché questo giornale conosce l'autocritica! Questo giornale è una voce che raccoglie tante voci, che è il cuore non solo di un partito, ma delle persone che in quel partito, con idee umori atteggiamenti scelte programmi diversi, si riconoscono. Scrivo a te, Piero, ma mi accorgo, in realtà, di parlare con Ferrero, con chi ha in mano il futuro di Liberazione , con chi, d'un colpo, può cancellare una storia, una vicenda politica culturale umana professionale, con chi potrebbe fare di questo quotidiano uno strumento di chissà quale propaganda filosofica... Ho letto della presa di posizione di Fausto Bertinotti. Ci speravo, è arrivata.
Liberazione è questa: questa che, amici lettori, vi ritrovate tra le mani. Questo quotidiano che vi macchia le dita, ma che vi invita alla riflessione, alla condivisione o alla polemica. Perché Sansonetti ha mille difetti (preferisce, ad esempio, Pierino Prati a Pietro Anastasi: inconcepibile!), ma non ha mai messo il bavaglio a nessuno, non ha mai soffocato nessuna polemica, non ha mai venduto la sua anima, e quella altrui. E scusate se è poco. Liberazione è uno scrigno di meraviglie e anche di contrasti; soprattutto è un patrimonio di persone. Persone che ancora credono in un mondo diverso e migliore. Che sanno di avere, in questo quotidiano, un amico, un fratello, un compagno di viaggio e di speranza.


Liberazione 4.1.09
Radio radicale 28/12/08
Pannella: restituitemi la testata

(...) «Noi vogliamo essere alternativa di governo! Lo dico ai democratici, lo dico a Claudio Fava che si sta occupando di altro, lo dico a Liberazione che si occupa di altro, lo dico alle componenti laiche e liberali che vi sono nel mondo italiano, anche forse tra gli imprenditori: non c'è tempo, si sta distruggendo ulteriormente la realtà sociale ed istituzionale del Paese. L'esperimento "senza precedenti", secondo Veltroni, di questo Partito Democratico. Ora si dice "basta ai democraticismi e si annunciano commissariamenti. Allora hanno fatto bene e si meritano la nuova Unità". L'esempio del conflitto di interessi: "Il conflitto di interessi di Berlusconi esiste perché la sinistra ha voluto che continuasse ad esistere. Adesso il conflitto di interessi è quello di Renato Soru". Poi l'altro conflitto su Liberazione. Devo dire che mi dispiace un po'. Liberazione, come è noto, era Liberation di Jean-Paul Sartre. E così come Mitterand si mosse perché noi avessimo, in Italia, il simbolo della Rosa nel Pugno, Sarte e Simon de Beauvoir, quando sentirono che c'era questa possibilità di fare Liberazione in Italia, dissero che non avevano obiezioni, pur non essendo loro proprietari. Ora stanno a litigare, con i miliardi e le cose…che tristezza! Per fortuna Bertinotti ha altro da fare con la sua fondazione della Camera dei deputati. Se me la vogliono restituire, visto che io gliel'ho regalata. Io la regalai a Cossutta ed altri due. Adesso mi dispiace un po'». (...)

Liberazione 4.1.09
Per questo spero che il vostro giornale non diventi un bollettino
Io, ex direttore di Grand Hotel molto letto proprio dagli operai
di Alberto Tagliati

Leggo sul Corriere: " Liberazione elogia Grand Hotel ". Nella mia qualità di ex-direttore del settimanale concordo con le considerazioni di Saverio Aversa, sebbene la sua analisi indugi più sulle possibilità di «evasione e sano svago» che Grand Hotel avrebbe fornito, «alle classi meno abbienti» mentre credo che se ne possa dire qualcosa di più.
Del fenomeno Grand Hotel oggi si tratta nei seminari di semiologia e vi si applicano tesi di laurea in scienza della comunicazione ma quando nacque l'andazzo fu tutt'altro ed evidentemente ne abbiamo ancora oggi qualche strascico. Mai un periodico popolare fu più strapazzato dal giudizio dei moralisti in età democristiana e, insieme, dalla concitazione golosa delle mani che a milioni se lo passavano l'una con l'altra. La pratica della lettura, infatti, che in Italia era ed è più o meno diffusamente inesplorata, nell'arretratezza macilenta del secondo dopoguerra rappresentava il segno di una buona condizione culturale e persino sociale. «Si danno delle arie perchè leggono Grand Hotel » deplora Nesto, giovanotto friulano riferendosi alle ragazze che rivendicano il diritto di dire la loro ne Il sogno di una cosa , il romanzo giovanile di Pier Paolo Pasolini. In realtà, più che leggerlo Grand Hotel lo si visualizzava. Il giornale realizzava in qualche modo un ritorno alle origini della scrittura, la comunicazione per ideogrammi. Un pubblico prossimo alla condizione del bambino che non sa ancora decifrare le parole ma scruta avidamente le figure, divorava con insaziabilità le storie d'amore ed avventura cucinate dagli chef di quella testata d'ispirazione alberghiera. Le portate di pronto consumo venivano servite in tavola ogni settimana con l'invogliante evidenza delle immagini e senza, o quasi, il contorno indigesto della scrittura. Donne e uomini che la corta scolarità predestinava alla ricaduta nell'analfabetismo caddero invece nel vizio compulsivo della lettura, ma in dosi omeopatiche. Era impossibile infatti sottrarsi alla decifrazione delle quattro parole chiuse nel laccio del fumetto o nelle sintetiche epigrafi che cucivano insieme le sequenze dei riquadri disegnati e, più tardi, dei fotogrammi: lo sforzo mentale, però, non doveva andare oltre.
L'esecrazione di don Camillo in chiesa (ma anche quella di Peppone in cellula) si risolse in un boomerang per entrambi i pulpiti: il formidabile successo di Grand Hotel , infatti, fu stimolato persino da quelle diffide. La prevenzione della parrocchia che paventava l'abbandono della "buona stampa" in vendita all'uscita da messa e degli agit-prop che deploravano quella sottocultura voyeuristica sfuggente al realismo socialista prescritto dal compagno Zdanov, l'ideologo di Mosca, aveva, in fondo, la medesima violenza invasiva e lo stesso proposito normalizzante ma fallirono tutt'e due nell'intento.
Le donne (e moltissimi uomini) s'impadronirono di quello che Beniamino Placido, su Repubblica , definì anni dopo "il diritto di sognare" non meno essenziale di pane e companatico. Non di rado lo fecero proprio sottraendo il costo della rivista, all'origine 12 lire, alla floscia borsa della spesa. Nei paesi, la corriera postale con le copie fresche di Grand Hotel veniva spesso attesa da un capannello di donne che slegavano sul posto i pacchi e pagavano allo stesso autista il fascicolo di cui si erano febbrilmente impossessate.
Trascorseo trent'anni e Il Metallurgico , plumbeo periodico sindacale ben poco letto ma acquistato per solidarietà di categoria condusse un'inchiesta sulle letture della classe operaia. I demoscopi mandati intorno dalla Fiom scoprirono con raccapriccio che, insieme con le prime telenovelas, Grand Hotel ed altri "giornaletti diseducativi" ad esso uniformati od omologhi stavano ancora in testa.
Riferendosi ai suoi esordi come sceneggiatore dei romanzi per immagini pubblicati da Bolero Film , settimanale concettualmente parallelo a Grand Hotel , Damiano Damiani, il regista de L'Isola di Arturo e Il giorno della civetta (film derivati dall'alta qualità letteraria di Elsa Morante e Leonardo Sciascia), ha ricordato che «la cosa più importante era fornire alle masse sempre più vasti strumenti di lettura per contribuire così alla loro emancipazione».
Personalmente, mi auguro dunque che Liberazione non infili le impraticabili scarpe di piombo de Il Metallurgico o assuma la pachidermica levità di quei bollettini del Cominform su cui per tanti anni il povero e onesto Cipputi si sganasciò negli sbadigli. E mi auguro altresì che finisca la sassaiola di snobismo intellettualistico contro Grand Hotel che la sua parte, tutt'altro che ignobile, ormai l'ha già fatta. Grazie per l'ospitalità.


Il Giornale 4.1.09
Rifondazione annega nella pentola di Fagioli
di Federico Novella

Compagni di tutto il mondo, psicanalizzatevi. Il fagiolo bollente sta incendiando il partito. Più di Marx, di Togliatti e Berlinguer messi insieme ha saputo fare lui, lo psichiatra che ha dato del cretino a Sigmund Freud. Che è un po’ come se un buddista chiamasse «idiota» il Dalai Lama. Lui che ha pure ribadito che Freud è «criminale» nonché «vecchio sadico imbecille», con l’aggravante che il suddetto criminale e imbecille non poteva neanche replicare in quanto morto nel 1939. Dicono di costui: «Finge di ispirarsi alla nonviolenza, e poi fa a fette tutti».
Sì, Fagioli è un medico della mente che cento ne pensa e mille ne fa: è quello dell’«analisi collettiva», quello che ha litigato con gli psicoterapeuti di tutta Italia, il guru di certo fighettame non-violento, il demiurgo dello stalinismo fricchettone, insomma quello che sul suo personaggio tagliato con l’accetta, sul suo look alla Enzo Jannacci con gli occhiali da sole ha costruito la carriera. Fino a ricicciare fuori qualche anno fa, nella nuova veste di consigliere spirituale di Fausto Bertinotti: dove lui faceva la parte del visir, e Fausto quella del califfo. Ma oggi l’incantesimo si è rotto: Bertinotti e il suo Rasputin s’erano tanto amati, e oggi non s’amano più. Anzi, oltre alla loro relazione, rischia di andare in cocci tutto il partito.
Dunque. Premettiamo che oggi il giornale rifondarolo Liberazione naviga in cattive acque: adesso s’è fatto avanti un editore che si chiama Bonaccorsi, grande estimatore del pensiero fagioliano, il quale pare voglia intervenire direttamente nella gestione culturale del giornale, dando libero sfogo al suo maestro, che condanna il ’68, che inveisce contro l’omosessualità. Capirai: terremoto. «Non andremo mai con un discepolo di Fagioli», berciano a Liberazione. E qui, per andare avanti, dobbiamo porci la seguente domanda: sì vabbè, ma questo Fagioli, chi è?
È uno che il suo gesticolare alla Mughini ha cominciato ad esibirlo negli ambienti capitolini nel ’76, quando si fece cacciare dalla Società psicanalitica italiana che lo bollò come «cialtrone» per via della sua rivoluzionaria invenzione. Siccome Freud è un «fascista sostenuto dai fascisti», lui ha partorito l’«analisi collettiva», altrimenti detta «psicologia della folla». In pratica, ci si riunisce in battaglioni di pazienti, ci si chiude in aula e si ascolta estasiati le parole del profeta Max. La confraternita è fatta di gente della buona borghesia, le signore dei salotti chic lo guardano come le adolescenti guardano Brad Pitt, 150 psichiatri si mettono al suo servizio. Il fagiolismo diventa una religione. Le cerimonie oggi si tengono quattro volte alla settimana in piazza San Cosimato, a Trastevere: ingresso con offerta, 10 euro, che moltiplicati per diverse migliaia fa un bel gruzzolo. Rinunciare è impossibile: per seguire i suoi corsi universitari a Chieti, la sua claque organizza i torpedoni da Roma. Ma lui non s’accontenta: si reinventa sceneggiatore in un paio di film con Marco Bellocchio, che disse: «Fagioli cambia le persone». S’improvvisa regista, nella sua opera prima (e unica) «Il cielo della luna», dalla trama fortemente enigmatica. Un po’ come le sue dispense universitarie, nelle quali elargisce perle di saggezza: «Bisogna distinguere la buccia dal fico, non come gli antichi che mangiavano la buccia e buttavano il fico». Sull’omosessualità, però, ha sempre parlato chiaro: «Non fa stare bene, perché non è un’identità, è legata alla pulsione di morte». Concetto ribadito nella sua rubrica sulla rivista Left, edita dal succitato Bonaccorsi: «C’è il cromosoma X e il cromosoma Y, poi basta». Quando Bonaccorsi gli ha affidato lo spazio, se ne andò il direttore Giulietto Chiesa, e con lui Vauro, Nando Dalla Chiesa, Travaglio. Loro i Fagioli non li digeriscono.
Il colpo di fulmine con i compagni in una mattina del 2004: Bertinotti, durante un dibattito, resta folgorato sulla via di Fagioli, tanto che scelse la sua libreria «Amore e Psiche» per annunciare la sua corsa alle primarie del centrosinistra. «È un grande evento di spessore culturale e politico», gorgheggia il leader Fausto in estasi. E i fagiolini ricambiano: «Mai prima d’ora qualcuno aveva, fra comunismo e libertà, considerato la realtà umana». Da lì, la svolta non-violenta di Bertinotti che per la prima volta prende le distanze dal movimentismo più cattivo. Da lì il sodalizio con un pezzo di dirigenza del partito, i cui iscritti si lasciano volentieri psicanalizzare dal grande santone.
Ma da oggi a Bertinotti il guru non piace più. Troppo alti i toni sulla querelle intorno a Liberazione. Basti pensare che il Fagiolone l’altro giorno ha definito il direttore Sansonetti «un eterno ragazzino del ’68, praticamente un malato di mente». E come se non bastasse, ha scoperchiato la pentola di Fagioli contro Nichi Vendola: «Per me può anche andare a letto con un termosifone, ma non si può essere allo stesso tempo gay, cattolico e comunista». Risultato? Bertinotti abbandona il gran maestro, Luxuria raglia contro l’omofobo e il segretario Paolo Ferrero lo difende: «Quanto è figo il guru se Bertinotti va nella sua libreria, ma quanto è stronzo se incoraggia il compratore di Liberazione?». E il partito affonda in una minestra di Fagioli. Dopo decenni di dibattiti sul comunismo, il socialismo dal volto umano, la terza via, la questione morale, dopo decenni di analisi sul partito, mai avremmo pensato che il partito sarebbe finito... in analisi.


il manifesto 4.1.09
«Psicodramma Liberazione»
L'Arcigay: «Fagioli come Mengele»
di (m. ba.)

La polemica sul caso «Liberazione» ormai valica i confini del Prc. Anche l'Arcigay prende posizione contro la vendita del quotidiano del partito all'editore Luca Bonaccorsi, imprenditore vicino allo «psicanalista» romano Massimo Fagioli. «Siamo indignati e stupefatti - scrive il presidente nazionale Aurelio Mancuso - che continui una polemica sulla pelle degli omosessuali, di cui lo psichiatra Massimo Fagioli si sta rendendo protagonista, diffondendo da alcuni giomi teorie allucinanti che subito portano alla mente quelle del famigerato dottor Mengele. Fagioli si vergogni di ritenere il rapporto tra uguali in odore di nazismo! Speriamo che 'Liberazione' non cada nelle grinfie di teorie pericolose e non sostenute da alcuna determinazione scientifica. Ma davvero Ferrero - si chiede Mancuso - intende affidare a questi personaggi il giornale del suo partito?».
La decisione è attesa entro il 15 gennaio. «L'assetto del giornale sarà definito alla luce del sole e in maniera trasparente», assicura a distanza il segretario. Nel frattempo però nel mirino c'è soprattutto l'antico simpatia tra Fagioli e Fausto Bertinotti. L'ex presidente della camera negli ultimi giomi non ha nascosto ai suoi l'assoluta contrarietà alla vendita di «Liberazione» a Bonaccorsi, tanto che ora è pronto a rompere ogni rapporto col giovane editore anche per la sua rivista di cultura politica «Alternative per il socialismo». Ma da qui a ripudiare la stima verso lo psichiatra dell'analisi collettiva ce ne corre. Secondo l'agenzia «Agi», che raccoglie dichiarazioni «nell'entourage dell'ex presidente della camera», tra Fagioli e Bertinotti ci sono «significative divergenze su giudizi attribuiti a Fagioli», ma rispetto ai seguaci dell'analisi collettiva «se e quando ci sarà un'occasione di confrontarsi come a Villa Piccolomini nel 2004 o all'Auditorium di Roma nel 2007, Bertinotti ci sarà». (m. ba.)


queerblog.it 4.1.09
Il quotidiano Liberazione rischia una svolta omofoba

Minaccia omofobica per Liberazione. Negli ultimi anni il quotidiano di Rifondazione comunista, diretto da Piero Sansonetti, è stato una delle poche voci apertamente schierate a sostegno dei diritti delle persone lgbt, sia quando ha cominciato a far scrivere Vladimir Luxuria - prima ancora che diventasse deputata - sia con Rina Gagliardi e altri editorialisti. Sempre più giornale autonomo, sempre meno voce del partito.
Adesso la nuova linea di Rifondazione - con le minoranze che si sono riunite per bocciare Nichi Vendola e promuovere segretario Ferrero - prevede anche un cambio alla guida del quotidiano, per cui il partito deve ripianare un forte debito. In cambio si prevede l’arrivo dell’editore Luca Bonaccorsi, già proprietario di Left, il vecchio settimanale Avvenimenti.


Iniziativa.info 3.1.09
Rifondazione ormai è affondata
di Valerio Pieroni

Da diversi giorni (o da diversi mesi?) è in atto uno scontro ferocissimo fra Vendoliani e la segreteria di Rifondazione riguardo la vendita del quotidiano Liberazione, reo di non essersi assoggettato alla nuova linea politica emersa dal congresso di Chianciano e che ha visto vincitore il neo segretario Ferrero. E durissimo è stato il commento di Vendola, che ha definito Rifondazione "una casa di spettri".
Ormai tutto fa pensare che la resa dei conti finale è vicina e che la scissione è sempre più inevitabile, anche se mi domando cosa si aspettava il caro compagno Vendola dal comunismo. Forse la libertà di stampa? Non ha mai sentito parlare del Nord Corea, della Cambogia o di Cuba?
Infatti, udite udite: a quanto pare già da qualche tempo dentro Rifondazione, quel che una volta era un insulto o un’accusa infamante, insomma un disvalore, ora risuona quasi come qualità da difendere, un valore indiscusso: il liberalismo. Infatti proprio un comunista duro e puro come Sansonetti è giunto ad accusare Ferrero per “la sua indole illiberale nei confronti dell’informazione”.
Accipicchia. Dove sono finiti i comunisti di una volta se pretendono dal proprio capo partito di essere più “liberale”.
Però in questa faccenda mi trovo costretto, una volta tanto, a dare ragione a Ferrero. Da che mondo è mondo, in un quotidiano, il direttore resta in carica finché ha la fiducia dell’editore. Quindi, se questa fiducia la perde, non deve rimanervi un minuto di più e deve liberare subito la sua scrivaniaper farci sedere un altro.
E poi, scusate, ma il finanziamento pubblico Liberazione non lo ottiene dal partito? E il giornale non è l’organo di questo partito? E la linea del partito e del giornale non la decide democraticamente il congresso che ha eletto segretario Ferrero, rimandando così a loro posto Giordano, Nichi Vendola e lo stesso Sansonetti?
D’altronde capisco pure che tutti i principi, democratici liberali e comunisti, vanno sempre a farsi benedire quando c’è di fronte il controllo di una grossa fetta di potere. Anche se parliamo di un piccolo partito cancellato nelle ultime elezioni. Il potere, infatti, è sempre potere e “logora solo chi non ce l’ha”, come ci ha insegnato il nostro Divo Giulio.
Insomma, nulla di nuovo sotto il sole: le belve rosse e messe ai margini del parlamento continuano a sbranarsi fra loro. Quindi, buon appetito Kompagni!


ieri ci era sfuggito:
Repubblica 3.1.08

L’Amaca
di Michele Serra

Liberazione tesse le lodi di Grand Hotel, «svago per le classi meno abbienti» (un titolo di copertina: "Piangono le figliolette di Al Bano"). E l´altro giorno, sulla Stampa, Walter Siti spara a zero sul «mito della televisione colta», buono per le «mezze calzette». Leggo, capisco o provo a capire le intenzioni, valuto i danni inferti soprattutto a se stessa dalla "sinistra snob", che un poco di puzza sotto il naso effettivamente ce l´ha. Ma se il rimedio è diventare così cinici da festeggiare il basso profilo, celebrando quei poveri surrogati di cultura che toccano in sorte al "popolo" (e dunque celebrando implicitamente la divisione in classi, la cultura per pochi, la bellezza per pochissimi) preferisco fare un passo indietro e tenermi stretto quel tanto di "snobismo" che mi basta a preferire Filumena Marturano a Mara Venier.
Mi domando, in aggiunta, se sia più snob coltivare il mito di una migliore qualità per tutti, oppure gongolare felici di fronte alla mediocrità (altrui), magari spacciando per raffinata operazione critica la rivalutazione di qualunque sbobba che si possa speziare con due paroline furbe. Più che snob, credo infine che sia soprattutto ingenua la sinistra che ha il mito dei libri e della cultura. E tra ingenuità e cinismo non ho dubbi: meglio la prima.

segnalazione di Clara Pistolesi















Segnalazioni di articoli di oggi sugli altri temi
:

A Gaza è battaglia campale. Dopo una settimana di bombardamenti e centinaia di morti, i carri armati israeliani hanno invaso la «Striscia»
dal manifesto

Repubblica 4.1.09
La guerra e l’etica della morte e della vita
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il Riformista 4.1.09
Hanan Ashrawi. Per Israele l'incursione si rivelerà un disastro
di Alessandra Cardinale
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Repubblica 4.1.09
Denuncia sull'Osservatore Romano. Gli esperti: pura fantascienza
"La pillola è aborto rilascia ormoni inquina e devasta l'ambiente"
di Paola Coppola
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Repubblica 4.1.09
"Ora il Papa alla Sapienza" il rettore sfida i laici
di Carlo Picozza
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Repubblica 4.1.09
Luca Cavalli Sforza replica all'editoriale del quotidiano della Cei
"Ognuno ha diritto alle sue idee"

"Il caso Englaro è intollarebile È ora che decidano i cittadini"
di Mario Reggio
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Repubblica 4.1.09
La seconda vita dell'Anarchia
di Guido Rampoldi
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Repubblica 4.1.09
Vecchi compagni e No control
di Jenner Meletti
su spogli
Corriere della Sera 4.1.09
Paolo Rossi. L’apocalisse può attendere.1
L'utopia La polemica con gli intellettuali «nuovi sciamani»
Contro il neo-catastrofismo di Asor Rosa, Ceronetti, Bodei
di Alberto Melloni
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Corriere della Sera 4.1.09
Paolo Rossi. L’apocalisse può attendere.2
La scienza Le sfide della modernità oltre tutte le certezze
Ottimisti e pessimisti assoluti così uguali sotto la maschera
di Giulio Giorello
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il Riformista 4.1.09
Testamento biologico. «Il mio partito deve dire se sta con me o con la Binetti e la Roccella»
Fine-vita, Marino sfida il Pd
di Alessandro Calvi
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