domenica 21 novembre 2004

ancora sul congresso dell'UAAR a Firenze
impennata degli iscritti

Repubblica, edizione di Firenze 21.11.04
IL CASO
Al Palacongressi il sesto convegno nazionale
Impennata di iscritti all'Unione degli atei
"Merito della nuova temperie integralista alimentata anche dal dibattito da crociata sulle radici cristiane dell'Europa"
di MARIA CRISTINA CARRATÙ

SONO ATEI, agnostici, razionalisti, cioè convinti che Dio non esista, o che sia del tutto inutile porsene il problema, e che nella ragione l'uomo disponga di un mezzo (e di un fine) più che sufficiente per vivere. Opinioni largamente condivise, ma per affermare le quali in una «repubblica cattolica» come l'Italia, «soffocata dall'influenza religiosa», ovvero «per interloquire con lo Stato come cittadini, e non come credenti, come nelle repubbliche islamiche», bisogna «alzare la voce», sostiene l'Uaar, l'Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, da ieri a Palazzo dei congressi per il suo 6° convegno nazionale - con tanto di gadget (la vistosa maglietta gialla già esibita ai gay pride) e stand di libri (da Darwin, a Shopenhauer, al Processo alla sindone, alle Pagine anticlericali di Ernesto Rossi, al Gesù lava più bianco sul marketing della Chiesa). E che, come informa il segretario nazionale Giorgio Villella, «festeggia una vera impennata di iscrizioni», dai poco più di duecento di due o tre anni fa, al migliaio raggiunto negli ultimi mesi. Merito (o colpa) della «nuova temperie integralista» , alimentata, sostiene Villella, dal «dibattito da crociata» sulle radici cristiane dell'Europa, come dalla «vittoria "etica" di Bush», ma, già dal 2000, «dalla grancassa del Giubileo» - e da cui, secondo l'Uaar, «la stragrande maggioranza dei cittadini, convinti che i diritti umani vadano patteggiati con loro, e non con la Chiesa, si sente esasperata».
Oltre alla «promozione della conoscenze delle teorie atee e della laicità dello Stato», come da Statuto, il fronte più visibile di impegno del «sindacato dell'orgoglio ateo» sono le battaglie civili: da quella per il riconoscimento delle coppie di fatto e dei diritti dei gay (ovviamente, matrimonio compreso), a quella per l'eutanasia, a quelle contro la legge sulla fecondazione, contro i soldi alle scuole private, «cioè dei preti», contro l'immissione a ruolo degli insegnanti di religione. Fatte anche a colpi di carte bollate, per esempio contro il crocifisso in aula, di cui per la prima volta discuterà la Corte Costituzionale proprio per merito di un socio Uaar di Abano. Mentre la campagna per «sbattezzare l'Italia» (il cui manifesto è un'Italia sanguinante inchiodata a una croce) ha già ottenuto dal garante per la privacy che i parroci siano obbligati a depennare dai loro archivi chi non vuole essere identificato come battezzato.
«La verità» sostiene Villella, «è che in questo paese tutti i governi sono ricattati dalla Chiesa, capace di spostare appena un 2% di consensi, ma quanto basta, visto l'equilibrio fra centro destra e centro sinistra, a renderlo indispensabile». Col risultato, deludente per chi, in fondo, si sente attratto dall'area politico-culturale tradizionalmente più comprensiva con atei e razionalisti, «che nemmeno la sinistra potrà mai schierarsi contro la Chiesa». L'opzione politica autenticamente laica, insomma, al di là delle parole d'ordine, «non è più rappresentata da nessun partito», mentre, fa notare Villella, si cercano consensi su veri e propri «equivoci» come il «dialogo interreligioso» («in realtà, chi crede a una verità rivelata, vorrà sempre imporre la sua») e l'idea di Stato «multireligioso» (che «tratta con gli imam, invece di offrire agli islamici istituzioni davvero laiche in cui inserirsi»). Fra i soci dell'Uaar spiccano personaggi del calibro di Piergiorgio Odifreddi, Margherita Hack, Valerio Pocar, raffinati pensatori della «irrepresentabilità dei problemi ultimi» come Luigi Lombardi Vallauri, nonché Sergio Staino, eletto a vignettista ufficiale. E che ha subito disegnato il suo Bobo intento a spazzar via anche il crocifisso insieme a tutta la «spazzatura» di simboli religiosi (e ideologici: dal candelabro ebraico, al pugno chiuso, alla cazzuola massonica). Osservato dalla figlia soddisfatta che, con in mano un cuore, dichiara: «Ci basta questo».

sinistra
Bertinotti verso il congresso
...e altro

APCOM.it 20.11.04
PRC/ BERTINOTTI: VERSO IL CONGRESSO CON UNA MAGGIORANZA AUTOSUFFICIENTE
Probabilmente saranno 6 i documenti alternativi al segretario

Roma, 20 nov. (Apcom) - "Come sempre fin qui anche in questa occasione c'è una maggioranza autosufficiente". Con questa convinzione, calcoli alla mano, il segretario del Prc Fausto Bertinotti si appresta ad affrontare il congresso del partito fissato per marzo 2005. Bertinotti parla con i giornalisti in un pausa del Comitato Politico Nazionale che tra oggi e domani voterà i documenti congressuali presentati. Al momento, sembrerebbe che siano 6 i documenti alternativi a quello del segretario che verranno presentati al congresso.
"Questa maggioranza autosufficiente - ha detto Bertinotti - riferendosi al suo documento congressuale delle '15 tesi' - ha privilegiato una chiarezza di confronto sulla linea politica. È importante perché l'accumulazione di energia per un progetto politico e di partito dipende da un consenso interno, ma soprattutto dall'idea sulla società che ci circonda. Ho aperto il dibattito sulla non violenza e oggi una parte importante dei movimenti è coinvolta nella discussione politica attraverso questa discussione".
Bertinotti vede come "consuetudine" il fatto che vengano presentate mozioni alternative alla sua. "I partiti - dice - sono divisi in maggioranza e opposizione. È fisiologico. Il giorno in cui non lo saranno, non saranno più dei partiti. Se è per questo - ha continuato - lo scorso congresso è stato ancora più acrobatico, con la presentazione di diverse mozioni che avevano al loro interno degli emendamenti". Del resto, ha concluso, "chi dice adesso che esce dalla maggioranza del partito, in realtà ha sempre votato contro".

L'Unità 21.11.04
Così andrà a Congresso il segretario di Rifondazione comunista. Che mantiene però ben salda la maggioranza del partito. Ed è fiducioso sulla Gad
Cinque mozioni per contrastare il Bertinotti «di governo»
di wa.ma

Repubblica edizione di Firenze 21.11.04
L'INCONTRO
Da Asor Rosa alla Rossanda: lista di sinistra accanto alla Fed

FIRENZE - Un'aggregazione della sinistra a fianco della federazione tra Ds, Margherita e Sdi. Un patto tra Rifondazione, Comunisti italiani e movimenti. L'idea lanciata un mese fa da Alberto Asor Rosa trova la prima sponda a Firenze dove, davanti a cinquecento persone, la sinistra Cgil ha anche proposto una lista unitaria della sinistra accanto a Uniti per l'Ulivo. «Adesso ne parleremo ai tavoli nazionali», ha detto lo stesso Asor Rosa, invitato ad un dibattito assieme a Rossana Rossanda dallo storico Paul Ginsborg, promotore del "Laboratorio per la democrazia".

stesso luogo:
Convegno promosso da Ginsborg con Rifondazione, Comunisti e movimenti
La sinistra critica cerca unità
"Presentarsi alle regionali con una sola lista"
Proposto un tavolo nazionale con tutti i soggetti
Presenti Asor Rosa e Rossana Rossanda Lo storico inglese: "Una strada in salita ma ne sento la necessità storica"
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Corre avanti Giampaolo Patta, leader nazionale della sinistra Cgil: «Non capisco perché qui in Toscana la sinistra unita non si presenta alle prossime regionali», sostiene. Ma alle cinquecento persone riunite ieri pomeriggio al Convitto della Calza per riflettere sulla «possibile nuova sinistra», non appare come una provocazione: è il punto d'approdo che tutti hanno in testa.
Una lista della sinistra, che metta insieme Rifondazione, Comunisti italiani e movimenti, a fianco della lista unitaria targata Ds, Margherita e Sdi. Il riformismo radicale alla pari col riformismo moderato, secondo il linguaggio dello storico Paul Ginsborg che si è personalmente adoperato per questo dibattito. Il primo dopo la proposta di mettere insieme i vari pezzi della sinistra lanciata un mese fa da Alberto Asor Rosa sulle pagine del «Manifesto», al quale partecipano, oltre allo stesso Asor Rosa, un'autorità della sinistra critica italiana come Rossana Rossanda, accolta con un grande applauso, e un prete scomodo come don Alessandro Santoro delle Piagge.
«La strada è tutta in salita ma vedo anche la necessità storica», parte Ginsborg. In pratica, la necessità, chiarisce la consigliere comunale d´opposizione Ornella De Zordo, «di stare insieme per far sì che il programma della Grande alleanza democratica non lo scriva Rutelli». Un Asor Rosa entusiasta della sala affollata propone di dar vita ad una «Camera di consultazione»: ad un tavolo nazionale cioè con tutti i soggetti interessati al progetto di una formazione di sinistra che raggiunga il 12-13 per cento. Dentro la Grande alleanza, Asor Rosa vede la sinistra e la lista Uniti per l'Ulivo come due «sfere che si toccano, e più si toccano meglio è». Don Santoro cita Pasolini, avverte che di fronte a tutto quello che sta accadendo nel mondo «non è più possibile parlare di riformismo», che si deve «abbassare lo sguardo» per rivolgersi agli ultimi. Ma per questo, insiste don Santoro, «occorre una nuova cultura politica».
Giuseppe Chiarante, presidente dell'associazione «Rinnovamento della sinistra» è scettico: «Unire i vari pezzi? Quello che manca è il fondamento culturale e politico, per questo che c'è ancora divisione». Anche il biologo Marcello Buiatti sorvola sul progetto unitario. Ma Rossana Rossanda, rivendicando con orgoglio la sua appartenenza comunista e marxista a fianco di un Ginsborg che parla del comunismo come un «fenomeno del '900 che non può essere punto di partenza per una sinistra nuova in un secolo nuovo», sposa l'idea del progetto unitario della sinistra: «Spero vada avanti», dice.
Ginsborg se la prende con il direttore di Rai 3, «che non ha inviato neppure una telecamera». Ma poco importa ad Asor Rosa: «Il progetto va avanti, verrà riproposto al tavolo nazionale ma non chiamatelo col mio nome, chiamatelo progetto della Calza». In sala i potenziali diretti interessati della rivoluzione che si annuncia: il segretario dei Comunisti italiani Lorenzo Marzullo, dei Verdi Mauro Romanelli e di Rifondazione Niccolò Pecorini, che subito esulta: «Mi piace». Uno ad uno si alternano al microfono per un saluto. Non si sbilanciano, anche se si sa che a fronte della contrarietà dei Verdi, Rifondazione e Comunisti stanno già discutendo a livello regionale della possibile prospettiva unitaria.
Si apre il dibattito. E, nonostante la tessera Ds, interviene il presidente del Consiglio comunale Eros Cruccolini: «Le assemblee sono aperte e tutti possono essere invitati, senza veti di nessun genere», dice riportando alla mente di tutti l'invito di Ginsborg all'assemblea del presidente regionale Claudio Martini e il non-gradimento del sindaco Leonardo Domenici. Cruccolini non si ferma: «Il centrosinistra e i Ds, oggi alla prova di un congresso che non entusiasma, dovrebbero riflettere sul ballottaggio ma anche i movimenti dovrebbero accettare l'invito del sindaco per le assemblee previste dal percorso di partecipazione».
Dopo quattro ore, alle 19.30 Asor Rosa chiede al pubblico se il progetto unitario deve andare avanti o no. La platea risponde con un applauso, compreso quello di Pecorini e di Marzullo. E le ultime parola di Asor Rosa sono per un «progetto plurimo e bifronte». Plurimo come le tante anime della sinistra. Bifronte perché se da una parte deve guardare alle istituzioni dall'altra deve saper rapportarsi all'esperienza dei movimenti.
(m.v.)

...intanto i "disobbedienti" vanno per la loro strada:
La Nuova Venezia 21.11.04
Più di mille per ascoltare Toni Negri e Naomi Klein

Liberazione 21.11.04
La grande occasione per la Gad
di Piero Sansonetti

La sinistra non può buttare al vento la grande occasione che ha davanti a sè. La crisi del centro-destra non è "propaganda": è il fatto del giorno. Crisi vera. Non è da escludere l'ipotesi che si vada davvero ad elezioni anticipate, e l'alternativa alle elezioni è un biennio di logoramento mortale per il centrodestra. Questa crisi nasce da due fattori. Il primo è il disfacimento del sistema di alleanze politiche creato da Berlusconi, che era stato la chiave della vittoria elettorale del 2001. Il secondo fattore è lo sgretolarsi del progetto economico. Il cuore del progetto economico di Berlusconi era il taglio delle tasse, quindi l'aumento della ricchezza dei ceti alti e medio-alti, quindi l'incremento robusto dei consumi e soprattutto dei consumi di lusso, quindi la ripresa della produzione e in parte dell'occupazione. Questo meccanismo avrebbe portato in alto l'economcia, rafforzato il blocco sociale del berlusconismo, creato nuove alleanze tra ceto medio e grande borghesia, dato una sostanza e un riferimento sociale alla coalizione, cioè alle alleanze politiche. Però si è inceppato. Le risorse per tagliare le tasse non si sono trovate e quello che Berlusconi immaginava come un circolo virtuoso è diventato circolo vizioso. I due fattori della crisi del governo - vedete - si tengono insieme: le alleanze politiche sono saltate perché la politica economcia ha fallito: il venir meno del blocco sociale ha messo in moto una contrapposizione di interessi che dissolve le alleanze politiche. Berlusconi ora vorrebbe in extremis salvare il suo disegno di tagli fiscali, e di smantellamento del principio della progressività del sistema delle tasse (paga di più chi ha di più, paga di meno chi ha di meno), cercando i soldi nelle tasche di ceti e gruppi sociali che sono quelli di riferimento anche di partiti suoi alleati, come il partito di Fini o i cattolici moderati. Non funziona, non può funzionare.
L'occasione che si presenta adesso davanti alla sinistra è molto grande. Non è semplicemente la possibilità di vincere le elezioni, è molto di più: è l'opportunità di rovesciare il berlusconismo. Se la sinistra perde questa opportunità difficilmente potrà giocare nei prossimi anni il ruolo che le compete, e cioè quello di dirigere una profonda trasformazione dell'Italia, del suo modello sociale, delle relazioni economiche e industriali, dell'equilibrio tra i ceti e le classi, degli assetti che determinano la distribuzione delle risorse.
Cos'era il berlusconismo? Un'idea secondo la quale al centro di tutto è il profitto, le possibilità di aumentarlo, di reinvestirlo, di proteggerlo da meccanismi legislativi troppo pesanti e dalle mire redistributive dei sindacati e dei partiti di sinistra. Quindi il mercato come regolatore principale della Storia, e una concezione dello Stato non come moderatore ma come esaltatore del mercato. E l'impresa al posto d'onore nell'organizzazione della società, l'impresa vista non come una "parte" della società ma come rappresentante dell'interesse generale.
Di fronte alla crisi del berlusconismo - e dunque di questa concezione della comunità e dello Stato - la sinistra ha due scelte. La prima è una scelta conservatrice, la seconda è una scelta di rottura e di progetto. La prima scelta è quella di restare in attesa, in posizione subalterna. Facendo questo calcolo: comunque, la disfatta del centrodestra porta vantaggio e consensi a noi, non bisogna fare niente per impedire questo spostamento automatico dell'opinione pubblica. Stare fermi e raccogliere i frutti. Con quale programma? Quello di gestire la crisi del berlusconismo da una posizione di forza. Cioè offrendosi ai poteri forti come unica alternativa al disfacimento della destra. Una ciambella di salvataggio per la borghesia italiana, che si accorge di avere perso Berlusconi ma non intende perdere il proprio potere e la società dei profitti. Tommasi di Lampedusa diceva: i gatttopardi.
La seconda soluzione è quella di rottura. Candidarsi non al governo e basta, ma al governo di un processo di cambiamento profondo dell'Italia e di creazione di un modello nuovo. Un sistema fiscale più progressivo e più solidarista di prima, un sistema di leggi che sia a favore dei diritti e non dell'impresa, un sistema sociale aperto, che dia spazio e risorse ai migranti, che punti sulla sicurezza sociale e non sull'ordine pubblico, che sviluppi l'istruzione e il welfare. Per fare questo bisogna cambiare tutta la scala dei valori: il valore non è più lo sviluppo della ricchezza ma lo sviluppo della comunità. Badate che è una rivoluzione: l'obiettivo non è "avere di più", ma stare di più "insieme", in modo più egualitario, solidale, pacifico.
E' questa l'opportunità che abbiamo. Se facciamo la scelta dei Gattopardi la gettiamo via. Allora Berlusconi può anche perdere le elezioni ma resterà in sella. E' un banco di prova formidabile per quella nuova coalizione politica che è stata battezzata Gad. E' in queste settimane che la Gad può dimostrare di essere all'altezza dei suoi compiti o di non esserlo. Per essere all'altezza non deve pensare in nodo ossessionante solo a come vincere le elezioni, ma anche a come governare l'Italia, che è il problema vero.
Piero Sansonetti