domenica 1 giugno 2003

Franco Volpi a proposito di Paul Ricoeur

La Repubblica 1.6.03
Paul Ricoeur
I problemi non si risolvono ma si vivono
di Franco Volpi

Quella di Ricoeur è sicuramente una filosofia ben fatta: profonda senza essere oscura, forte di alte ambizioni eppure mai pretenziosa, impegnata ma sempre attenta a evitare radicalismi e squilibri. Non c´è però nulla di sensazionale in essa. Forse per questo non ci si rende abbastanza conto che Paul Ricoeur - novantenne dallo scorso 27 febbraio - è tra i pochi grandi maestri rimasti della filosofia del Novecento.
Amico di Emmanuel Mounier, agli inizi si era interessato del pensiero esistenzialista, di Marcel e Jaspers. Conobbe anche Heidegger. L´ammirazione per la sua genialità non è bastata a smorzare il «cattivo ricordo» che ne serba: «Si comportava come un maestro di scuola».
Dopo la seconda guerra mondiale cominciò a insegnare a Strasburgo, città che avrebbe potuto essere un ponte e fu invece un fossato. Lì fu concepita la trilogia Filosofia della volontà, rimasta incompiuta (Il volontario e l´involontario, 1950; Finitudine e colpa, 1960). Passato a Parigi - alla Sorbona, dal 1956 al 1966, e nel periodo caldo della contestazione a Nanterre, dove per un anno fu rettore - Ricoeur intervenne nel dibattito sulle scienze umane, e in testi come Dell´interpretazione (1965) e Il conflitto delle interpretazioni (1969) elaborò in chiave filosofica i portati della psicoanalisi e dello strutturalismo.
Successivamente si è impegnato in un´analisi della dimensione simbolica del linguaggio. Lo interessano in particolare la metafora, di cui sostiene la funzione veritativa (La metafora viva, 1975), e il fenomeno del tempo, di cui esamina la funzione e la semantica nella storiografia, in letteratura e in filosofia (Tempo e racconto, Jaca Book, 3 voll., 1983-85). Con Se stesso come un altro (1990) - forse la sua opera filosofica più incisiva - traccia un´ermeneutica del soggetto. Definendo i modi del costituirsi della sua identità, egli prende criticamente le distanze sia dai tentativi di autofondazione trascendentale della soggettività, sia dal «pensiero antropofugale» che frettolosamente ne decreta la morte.
È di questi giorni la traduzione italiana della sua ultima opera (La memoria, la storia, l´oblio, a cura di Daniella Iannotta, Cortina, pagg. XXIV-741, euro 39,50), un vasto e ammirabile affresco teorico dell´inaggirabile «situatività» temporale dell´esistenza umana. Un problema che Ricoeur ha sempre sentito in modo particolare, essendo tra quegli autentici problemi filosofici che assillano l´uomo non per essere risolti ma per essere vissuti. Per questo una volta, sollecitato a esprimere quali fossero i suoi sentimenti di fronte al pensiero della morte, ha risposto: «Sono due: gratitudine verso Chi mi ha concesso un´esistenza privilegiata, e desiderio di essere conservato nella memoria degli uomini».

Rapporto EURISPES sui delitti in famiglia

La Repubblica 1.6.03
LE CIFRE
Bilancio Eurispes: le vittime, spesso donne in condizioni economiche precarie. Il killer: maschio fra i 30 e i 50 anni
L´assassino è dentro casa
Tre omicidi a settimana, aumentano i delitti di coppia
Gli esperti: "Dall´esame dei numeri il matrimonio sembra il tipo di relazione più esposta al delitto"
Maria Stella Conte

ROMA - Tre omicidi a settimana. Come dire che un giorno sì e uno no, c´è un padre o una madre, un figlio, un amante, un marito o una moglie, o un parente qualsiasi, che tira fuori la pistola e spara. Muore la persona amata. O che si pensava di poter, di dover amare. Delitti di coppia, delitti in famiglia. Sono stati 49 nei primi quattro mesi di quest´anno, 54 se si includono cinque tentativi falliti; 62 le vittime perché in alcuni casi il bersaglio è doppio, o triplo, 70 se si contano i sopravvissuti. Il bilancio porta la firma dell´Osservatorio Eurispes-Associazione Ex che si è dato come obiettivo quello di creare una banca dati per studiare il fenomeno.
Dall´indagine emerge che a finire nel sangue, sono principalmente i legami tra uomo e donna: 34 infatti, su 54, sono gli omicidi che riguardano le coppie; 16, invece, quelli compiuti nella più ampia sfera familiare; 4 gli infanticidi. In generale, l´assassino è uomo, età tra i 31 e i 51 anni. In generale, le vittime sono donne. Tutti accomunati da basso livello di istruzione e situazioni economiche disagiate. Condizioni psichiche in certi casi instabili, catalogabili più che in una vera «malattia mentale, in una sofferenza mentale negata: quella che poteva diventare reversibile se fosse stata riconosciuta e curata».
La coppia - Diciotto delitti, su 34, riguardano coppie sposate; 4 coppie separate; 1 divorziati; 6 conviventi; 1 ex conviventi; 2 amanti e fidanzati e 2 ex amanti e ex fidanzati. Trenta, in questi casi, gli assassini; 4 le assassine. Dai numeri - dicono i ricercatori - appare come «il matrimonio sia il tipo di relazione più esposta al delitto».
Genitori e figli - Venti gli omicidi che riguardano la sfera familiare. Tra questi, nessun parricidio, mentre quattro risultano essere all´Osservatorio i matricidi; 4 anche gli infanticidi (commessi tutti da donne); 5 i casi di omicidio dei genitori, tutti per mano di figli maschi.
Le vittime - Delle 70 vittime considerate dall´Eurispes (inclusi 8 sopravvissuti), 49 sono di sesso femminile, 21 di sesso maschile. Sono i pensionati (i ricercatori fanno notare che in questa categoria sono compresi uomini tra i 45 e i 55 anni) e le casalinghe le vittime principali dei delitti familiari.
I colpevoli - Negli assassini tra coniugi, 3 sono i figli che muoiono per mano dello stesso uxoricida; uomini sono gli autori sia dei 5 delitti genitoriali, sia dei matricidi (salvo un caso). In totale (in due casi il delitto aveva 2 colpevoli), su 56 colpevoli, 43 erano uomini, 13 donne. Il che, suggeriscono gli autori, non deve indurre «a criminalizzare tout court una metà dell´umanità».

delitti in famiglia: "la malattia mentale negata"

Il Nuovo.it 1.6.03
"Nei litigi in famiglia i moventi degli omicidi"
Secondo l'Eurispes i fatti di sangue sono legati a rapporti di coppia logori. L'assassino tipo: maschio e con un'età compresa tra i 31 e i 51 anni. "Attenzione alla sofferenza mentale negata".

ROMA - "Tra moglie e marito non mettere il dito". E' sempre più confermato il detto popolare, almeno leggendo gli ultimi fatti di cronaca, dove la famiglia diventa sempre più la causa che scatena la follia. I rapporti tesi, strappati, delle relazioni parentali conducono a una sindrome di "conflitto-delitto" che quando esplode e finisce nel sangue (soprattutto laddove a fare da fertile terreno è la coppia). I l bilancio dell'osservatorio Eurispes-Associazione Ex è terribile: 49 omicidi per 62 vittime. Inoltre sempre stando alrapporto, riferito ai primi 4 mesi del 2003, è il matrimonio il tipo di relazione più esposta al delitto: 18 omicidi e tentativi di omicidi su 34 si verificano appunto tra le coppie sposate. L'omicidio legato al rapporto di coppia è ad elevatissima matrice maschile (30 contro 4), con una età spesso compresa tra i 31 e i 41 anni e tra i 41 e i 51 anni. Le donne omicide, invece, sono "concentrate" soprattutto nella fascia tra i 31 e i 41 anni, definita "l'età tipica delle madri infanticide". Di contro la descrizione delle vittime ribalta questa angolazione: su 70 vittime (di omicidi o tentativi di omicidi), 49 sono di sesso femminile. Ma perché si uccide? Al primo posto tra le motivazioni c'é, secondo Eurispes, la "sofferenza mentale" (11 casi) e, a seguire, la "alta conflittualità nella coppia" (8), e quindi (7) la "non accettazione della separazione, complicata dalla presenza dei figli".
Le rilevazioni sui "numeri" del fenomeno dei delitti, che nascono in un ambiente affettivo-parentale, indicano la prevalenza dell'uomo quale soggetto attivo dell'evento e, di contro, anche la prevalenza della donna come oggetto dell'atto di violenza. Un dato scontato, ma che Eurispes approfondisce chiedendosi come mai "la separazione della coppia, spesso voluta da lei, getta lui in un panico spesso sconosciuto, di cui il delitto è l'epigono, raro, per fortuna, ma non più tanto raro da passare inosservato". L'analisi che ne fa Eurispes parte da una considerazione che poggia sull'autostima che l'uomo nutre. Perché, sottolinea il rapporto, "per gli uomini l'abbandono come insanabile ferita narcisistica è un'esperienza nuova". Quindi l'uomo, ritenendosi l'anello forte della coppia, l'elemento cui spettano tutte le decisioni importanti, avverte come un'offesa insanabile il fatto d'essere lasciato e non invece di lasciare.Tra le variabili che possono essere importanti nel determinarsi delle condizioni che portano all'esecuzione di un delitto c'è anche la presenza dei figli che "acuisce ancora di più l'alta conflittualità della coppia o nella ex coppia". Ma dal rapporto emerge, invece, un dato di per sé gravissimo, l'alto coinvolgimento dei figli (da matrimoni o convivenze) nei delitti. Tanto che, da gennaio ad aprile del 2003, i figli uccisi sono stati quattro.
Secondo le rilevazioni poi compendiate nel rapporto Eurispes nel periodo preso in esame, in undici casi le motivazioni del delitto "affondano le radici, più che nella malattia mentale a tutto tondo, nella sofferenza mentale negata". Cioé "quella che poteva diventare reversibile se fosse stata riconosciuta e curata". I soggetti più esposti alla sofferenza mentale, "ben prima del compimento del delitto", sono le infanticide, i matricidi, chi uccide un fratello o una sorella. O come la donna che si è uccisa con la nipotina di appena tre anni. Talvolta però, sottolinea Eurispes, "la sofferenza mentale non nasce solo nei meandri della propria mente, ma ha come concausa il degrado ambientale, la povertà, l'abbandono sociale". Insomma: "la condizioni mentali alterate producono sintomi. Il vero rammarico che si prova osservando le tragedie che ne scaturiscono è che nessuno li abbia saputi cogliere in tempo".
Anche da qui deriva il cosiddetto "omicidio per amore", cioé "un amore molesto che spinge più gli uomini che le donne ad uccidere, ma che pur sempre è la spia delle difficoltà di capirsi tra gli uomini e le donne nell' arco della vita giovane e adulta". E, dice Eurispes, oggi nel rapporto tra uomo e donna si rischia di passare da un eccesso all' altro: "o si presenta fin troppo facile, stile mordi e fuggi, all'insegna del do ut des tra partner, improntato alla vacua parità trasgressiva, oppure è fin troppo difficile, aggravato come è da continui ed estenuanti negoziati in cui il conflitto tra parità e differenza tra ruoli e compiti non arriva mai a risolversi in maniera equilibrata. Le donne e gli uomini di oggi hanno perduto i vecchi modelli identitari e non ne hanno di nuovi da abbracciare per vivere con maggiore serenità il riconoscimento dell'interdipendenza, sia pure su basi nuove rispetto al passato".

ancora sui delitti in famiglia

Il Messaggero 1.6.03
Rapporto Eurispes/
Una strage "a sesso unico": 30 assassini maschi contro 4 donne. Il degrado e il disagio mentale tra le cause principali
L’inferno domestico: un omicidio ogni due giorni
I primi drammatici dati del 2003: otto delitti su dieci maturano all’interno della coppia
di Anna Maria Sersale

ROMA - «Ti amo, ti ammazzo». E’ la sintesi estrema di molte tragedie familiari, che sfociano nella morte del partner, quasi sempre lei, colpita dalla mano di lui che l’aveva amata. Nella coppia e in famiglia si verifica «un omicidio ogni due giorni». In dieci anni, dal gennaio del ’94 all’aprile del 2003, si contano oltre 850 decessi. Lo rivela un’indagine dell’Osservatorio Eurispes, fatta in collaborazione con “Ex", un’associazione nata nel ’98 per iniziativa di un gruppo di separati. Nei primi 4 mesi di quest’anno sono stati classificati 49 omicidi che hanno causato 62 vittime tra sposati, conviventi, fidanzati, amanti, nonché tra parenti di vario genere. Di questi ben 34 sono avvenuti nella coppia. «Il matrimonio - sostengono i ricercatori - è il tipo di relazione più esposta al delitto: 18 omicidi sono tra sposati e 6 tra conviventi». Delitti «a sesso unico», poichè degli autori 30 sono maschi e 4 femmine.
La cronaca ci sta abituando agli “sterminatori" delle parentele, un fenomeno che lascia annichiliti. Morire in famiglia è più inquietante, eppure accade sempre più frequentemente, mentre gli esperti della psiche si affannano a decifrare le patologie che generano violenza dentro le mura domestiche.
Colpa anzitutto della «sofferenza mentale», che è al primo posto tra le cause che spingono ad uccidere il partner o il familiare. Sofferenza mentale che ha radici non solo fisiologiche. «Talvolta - sottolinea l’Eurispes, la sofferenza mentale non nasce solo nei meandri della mente, ma ha come concausa il degrado ambientale, la povertà, l'abbandono sociale. Su 54 delitti ben 15 sono causati da condizioni border-line, tra malattia mentale vera, che se individuata agli esordi non sarebbe esplosa, e malessere di chi percepisce la vita “indegna" di essere vissuta». Nella scala delle motivazioni segue «l’alta conflittualità della coppia», con otto episodi delittuosi.
Se i due “scoppiati" diventano nemici che si fronteggiano, gli odi, i rancori, le vendette trasversali come saette impazzite cadono sui due contendenti e, quel che è peggio, sui figli, vittime degli scontri e dei ricatti. Una guerra assurda, che non si ferma finché non c’è un “vincitore" e un "perdente". «La preponderanza dei delitti maturati nell’ambito delle relazioni di coppia - scrive l’Eurispes nell’indagine presentata ieri - conferma il profondo disagio socio-culturale tra uomo e donna, conseguenza dello stravolgimento di gran parte dei ruoli».
Il disagio socio-culturale, dunque, è l’altro grande imputato. Lui e lei ancora non sono riusciti a metabolizzare i cambiamenti di cui sono protagonisti. Tutto ciò «diventa patologia, in parte sociale, in parte individuale», «Il fatto è che - osservano i ricercatori - il rapporto tra i sessi oggi spazia da un eccesso all’altro. O si presenta fin troppo facile, stile “mordi e fuggi", oppure è troppo difficile, aggravato com’è da continui ed estenuanti negoziati».
Gli schemi familiari sono saltati, la divisione dei compiti è da inventare giorno per giorno, la complessità della sfera affettivo-sessuale, nell’era della trasgressione, è un altro terreno su cui si consumano i conflitti più aspri. Se il taglio è netto, se lei dice basta e sbatte la porta (nel 90% dei casi sono le donne a troncare quando il rapporto non funziona più), i conflitti possono anche non debordare. Soffermandosi sulle cause e le motivazioni dei delitti maturati nel rapporto di coppia o in ambito familiare, Eurispes sottolinea che esse rientrano, praticamente, in due categorie, quella del delitto per raptus o per gelosia. Da qui deriva il cosiddetto «omicidio per amore», cioè «un amore molesto che spinge più gli uomini che le donne ad uccidere, ma che pur sempre è la spia delle difficoltà di capirsi».
L’equilibrio è difficile. Le donne e gli uomini hanno perduto i vecchi modelli. E ancora non poggiano stabilmente sui nuovi. All’origine di tanti disagi, per l’associazione “Ex", c’è anche una gestione fallimentare delle separazioni. Padri e madri rivendicano i figli per sè dopo dolorose divisioni, e anche questo arroventa il clima. Secondo l’Istat nel 2000 sono state oltre 72 mila le separazioni e 37 mila i divorzi, con un aumento rispetto al ’95 del 37,5 e del 39%. In pratica si registra una separazione ogni quattro matrimoni e un divorzio ogni 9.

i numeri dei delitti in famiglia

Libertà 1.6.03
EURISPES
Nei primi 4 mesi dell'anno un terzo dei fatti di sangue compiuto fra le pareti domestiche: 49 casi, con 62 vittime
Violenza in casa: un delitto ogni due giorni
In aumento gli omicidi familiari: l'assassino è quasi sempre uomo

ROMA Infanticidi consumati nell'ombra, omicidi parentali, uccisioni di mogli, amanti, ex fidanzate. Efferati e sconvolgenti, i delitti domestici sono in aumento. Se ne consuma uno ogni due giorni e l'assassino è quasi sempre un uomo, dice la prima indagine presentata ieri dall'Osservatorio Eurispes sui delitti di coppia e familiari. Solo nei primi quattro mesi di quest'anno la polizia della penisola ha registrato 211 omicidi di vario genere: di questi ben 49, vale a dire un terzo, sono avvenuti fra le pareti domestiche con un record negativo (8 casi) per ora assegnato al Piemonte. Hanno fatto 62 vittime trattandosi, in molti casi, di omicidi plurimi seguiti dal suicidio dell'autore. E se nel corso di tutto il 2001 gli episodi delittuosi «in famiglia» - quasi sempre dall'esito letale - si erano fermati a 168, nel 2002 il totale è salito a 188. Nell'analizzare i dati raccolti, la ricerca ha tenuto conto di 54 episodi di omicidio, tentato o consumato, avvenuti nel primo quadrimestre 2003. E dalla ripartizione si scopre che ben 34 sono maturati nell'ambito di coppia, 16 attengono alla sfera familiare e parentale mentre 4 sono infanticidi (tutti tipicamente commessi dalla madre). E che su 70 vittime, 49 erano donne. «La preponderanza dei delitti di coppia è evidente - scrive pertanto l'Eurispes - e conferma che la sindrome conflitto-delitto si scatena soprattutto laddove albergano legami affettivi fra uomo e donna e cioè nella coppia sia essa di coniugi, conviventi, amanti o fidanzati». Il matrimonio è la relazione più esposta: 18 omicidi su 34 hanno riguardato coppie coniugate, 8 i separati o divorziati, 6 i conviventi, 2 fra amanti e fidanzati, 3 fra gli ex. L'assassino, poi, è a «sesso unico». Per raptus o per gelosia, è quasi sempre un uomo a impugnare l'arma nel delitto di coppia e talvolta (4 i casi) per uccidere con la moglie anche i figli: 4 sono le autrici e 30 sono gli autori che, in questo caso, tendono poi a concludere l'azione col suicidio. L'impronta maschile (13 assassini uomini e 7 donne) si conferma anche nell'analisi dei 20 delitti familiari se da questi vengono esclusi i 4 infanticidi. Delitti spesso determinati da «sofferenza mentale» unita a condizioni di vita disagiate o disperate; stragi compiute in prevalenza con pistola, fucile o armi da taglio, dicono le statistiche, ma anche con corpi contundenti o per soffocamento. In 5 casi su 20 il figlio maschio ha ucciso entrambi i genitori. Su 4 matricidi uno è stato commesso da una figlia mentre 3 figlicidi sono avvenuti per mano paterna. Tra questi anche il caso del padre che uccise il figlio psicolabile gravemente malato. n.a.
(c) 1998-2002 - LIBERTA'