lunedì 5 gennaio 2009

IERI SU REPUBBLICA UNA INTERVISTA A MASSIMO FAGIOLI: disponibile qui di seguito


NEW SABATO MATTINA MARCO PANNELLA A RADIO RADICALE
HA CITATO MASSIMO FAGIOLI
l'audio (40") è disponibile qui

segnalazione di Elena Canali

Il Corriere della Sera 5.1.08 Prima pagina
La stampa di sinistra
Cinque o sei giornali e le nicchie
di Paolo Franchi

Un po' tutti i giornali vivono una stagione di difficoltà e di incertezza. Ma nella stampa di sinistra italiana sta capitando qualcosa di molto particolare. Qualcosa che non si lascia facilmente catalogare solo alla voce: problemi dell'editoria.
Intanto. I quotidiani storicamente o per lo meno programmaticamente di sinistra, o di centrosinistra, sono ben cinque: l'Unità, il manifesto, Liberazione, il Riformista, Europa. E indiscrezioni accreditate segnalano che da una costola dell'Unità potrebbe tra poco, su iniziativa dell'ex direttore Antonio Padellaro, nascerne un sesto, intenzionato a rivolgersi all'area politica e di opinione che si colloca grosso modo a mezza via tra il Partito democratico e l'Italia dei Valori di Tonino Di Pietro. Auguri.
Le vicende dei cinque quotidiani già su piazza sono ovviamente molto diverse e, in certi casi, nemmeno paragonabili tra loro. Diverse sono le collocazioni politiche, la diffusione, le scelte editoriali. Alcuni, come l'Unità, che per Togliatti doveva ambire ad essere «il Corriere della Sera del proletariato», ma anche il manifesto, fanno parte a pieno titolo non solo della storia del giornalismo italiano, ma della storia d'Italia. Altri hanno pochi anni di vita. Ma nessuno può cullarsi nei ricordi, o fare troppo affidamento sul futuro. Tutti e cinque hanno attraversato crisi lunghe (è il caso dell'Unità, ma anche del Manifesto, i cui appelli ai lettori perché ne consentano la sopravvivenza si ripetono a scadenza annuale da tempo immemorabile), dalle quali non è chiarissimo se e quanto si sono ripresi; o le stanno vivendo, come Liberazione; o comunque vivono una vita alquanto stentata. I soldi mancano o sono insufficienti per definizione, nonostante il finanziamento pubblico, anche nel caso fortunato in cui qualche editore abbia rilevato o si accinga a rilevare la testata, debiti pregressi, ovviamente, inclusi. La pubblicità va male, peggio ancora, si capisce, che nei grandi giornali. E i lettori, che già non erano un esercito, di sicuro non aumentano. Anzi.
Tutti possono ambire, e giustamente ambiscono, a campare, facendo altrettanto giustamente appello ai valori del pluralismo, tutti avrebbero qualche difficoltà a spiegare, con un po' di precisione, in cosa sarebbe politicamente e culturalmente più povera l'Italia se la loro voce si spegnesse. Ciascuno sta lì a testimoniare di qualcosa, nessuno sembra avere un progetto di qualche ambizione. Molti di noi, se dovesse chiudere anche uno solo di questi giornali, si sentirebbero un po' orfani.
Ma, se le cose stanno così, una logica di pura sopravvivenza difficilmente può aiutare a venirne fuori. Servirebbero un fatto nuovo, un colpo d'ala, una piccola rivoluzione politico-editoriale. O, più semplicemente, un'idea. Qualche tempo fa il direttore di Liberazione, Piero Sansonetti, lo stesso che oggi deve difendersi dall'attacco congiunto della maggioranza di Rifondazione e di Massimo Fagioli mobilitando Luxuria, un'idea l'aveva avuta. Una specie di uovo di Colombo: là dove ci sono cinque e domani forse sei giornali medi, piccoli e piccolissimi che non diventeranno mai grandi, facciamone uno solo che possa aspirare rapidamente a diventarlo. Un giornale che non risponda a questa o quella fazione o sottofazione della sinistra, ma cerchi di parlare e di dar voce alle diverse anime della sinistra medesima piuttosto che ai loro (presunti) stati maggiori. Un giornale nello stesso tempo popolare, critico e autorevole, che viva per unire rinnovando linguaggi e culture piuttosto che sopravvivere grazie alle divisioni.
Non so se Sansonetti la coltivi ancora. A me, che all'epoca dirigevo il Riformista, e cercavo di fare un giornale di tendenza, sì, ma tutt'altro che settario, la sua idea parve già allora tanto sensata quanto irrealizzabile: una provocazione, intelligente, sì, ma comunque una provocazione. Temo che le cose stiano ancora così, se non peggio. E non solo per via degli editori, dei direttori, delle redazioni, dei soldi pubblici (per chi vi attinge) e di quei tanti o pochi lettori che si sentirebbero traditi se un bel mattino non trovassero più in edicola il «loro» quotidiano. Per mettere in piedi un giornale che, nel tentativo di diventare rispettabilmente grande, provi a rivolgersi a tutta la sinistra, servirebbe per cominciare che nella sinistra, per quanto sconfitta, per quanto divisa, per quanto peggio che incerta sulle sue prospettive, per quanto minata nella sua identità, ci fosse ancora qualcosa di simile a un sentire comune; e, se non ci fosse, che questa assenza fosse avvertita come un problema drammatico, e si dedicassero alla sua ricostruzione tutte le energie migliori.
Non ci vuole molto a capire, basta guardarsi intorno, che le cose stanno esattamente all'opposto. Un riferimento comune non c'è, e nessuno sembra avere un particolare interesse a ricostruirlo. Non perché sia in corso, come pure in passato è in varie circostanze accaduto, uno scontro politico e culturale così aspro da non lasciar campo a mediazioni, tanto meno in quella carta stampata per la quale da sempre la sinistra nutre una passione tutta particolare, ma più semplicemente perché ci si è così abituati a vivere nella sconfitta e nella frammentazione da considerarle, da qui all'eternità, l'unico habitat possibile e immaginabile: ciascuno difende la sua nicchia.
Nessuno saprebbe ragionevolmente spiegare, specie in tempi calamitosi come questi, perché, in un Paese in cui la sinistra latita, ci debbano essere cinque, o magari sei, quotidiani di sinistra o di centrosinistra, e che cosa ciascuno di questi abbia da dire di così significativo da meritargli uno spazio editoriale e politico importante. Ma è altrettanto vero che nessuno saprebbe come fare a dar seguito alla felice provocazione di Sansonetti. Per quanto il tutto possa apparire surreale, anche all'osservatore più amichevole non resta, probabilmente, che prenderne atto, e fare gli auguri più sentiti agli interessati.


Il Corriere della Sera 5.1.08 Prima pagina
Il segretario del Piemonte contro Liberazione
Ora Rifondazione litiga su Pinter
di Paolo Conti

«Omofobia e chiusura». L'articolo di Delbono sulla morte dell'autore inglese avverte dei rischi di «vecchie verità che sanno di omofobia e chiusura»
«Lettori a perdere». Il leader piemontese del partito accusa i vertici del giornale: continuate così, qualche lettore si può ancora perdere

Piero Sansonetti, direttore di «Liberazione» “Dai dirigenti un clima di intimidazione da anni 50. Un anno fa non avrebbero detto certe cose”
Gianfranco Capitta, scrittore e studioso di Pinter “Pinter era per giustizia e uguaglianza. Qui qualcuno è fermo a un mondo che non esiste più”
Giulio Ferroni, professore e critico letterario “I crimini hanno distrutto le istanze di liberazione che il comunismo aveva. A che servono certi santini?”

Il caso. Una lettera di un segretario regionale prc accusa: il drammaturgo celebrato denunciando un'ideologia in cui domina «l'attaccamento al potere»
Pinter e il comunismo da condannare, un'altra lite su Liberazione

ROMA — Ci mancava solo la frattura su Harold Pinter, nella telenovela di «Liberazione». Prima le liti tra il segretario di Rifondazione, Paolo Ferrero, e il direttore Piero Sansonetti. Poi il duello sul cambio di proprietà, gli attacchi dell'editore e futuro acquirente Luca Bonaccorsi all'attuale direzione, le dispute sullo psicanalista Massimo Fagioli amico dello stesso Bonaccorsi, sodale ripudiato di Fausto Bertinotti e aperto contestatore di Nicky Vendola «gay-comunista-cattolico», le proteste dei militanti (Vladimir Luxuria in testa) sotto la sede mentre il cda pro-Sansonetti si scioglie. Adesso «Liberazione» si divide su Harold Pinter, il drammaturgo e premio Nobel scomparso nella notte di Natale.
Ma perché? Il 2 gennaio, in prima pagina su «Liberazione», Pippo Delbono, attore e regista del miglior teatro di ricerca (cuore notoriamente a sinistra) ricorda Pinter e il suo discorso alla cerimonia del Nobel 2005. Titolo: «La lezione di Pinter: le "verità" del comunismo». Delbono ricorda l'ansia pinteriana di verità, poi scrive: «Nel nostro paese di "verità" ne abbiamo sentite sempre. Del libero mercato, della Chiesa... e poi ecco riemergere vecchie "verità" comuniste che, ahimè, sanno di omofobia e chiusura ». Cita Pinter, i politici «non si interessano alla verità ma al potere » ed è essenziale che la gente «viva nell'ignoranza della verità ». Conclusione di Delbono: «L'attaccamento al potere ha accomunato Chiesa, capitalismo, comunismo». Un po' troppo per Armando Petrini, segretario regionale piemontese di Rifondazione che ieri ha firmato una protesta su «Liberazione»: «L'impegno di Pinter come intellettuale è stato anche civile e politico. Ma su cosa si concentra l'articolo? Naturalmente sulla condanna del comunismo, da considerarsi "vecchio", la cui costante non sarebbe altro che "l'attaccamento al potere". Niente male per un "giornale comunista". Continuate così, qualche lettore si può forse ancora perdere...» Piero Sansonetti ha una sola chiave di lettura: «Il clima di intimidazione del gruppo dirigente del partito è da anni 50. Delbono è un intellettuale ribelle e rivoluzionario, forse uno dei pochi italiani di sinistra apprezzati all'estero. Ha scritto ciò che ha voluto. Petrini? Un anno fa non si sarebbe mai sognato di scrivere certe cose. Forse ignora chi sia Delbono. Ma quel clima può produrre orrori simili».
Gianfranco Capitta è, con Roberto Canziani, autore di un'apprezzata biografia critica di Pinter («Harold Pinter, scena e potere », Garzanti). Ed è critico teatrale di un altro "quotidiano comunista", «Il manifesto». E così commenta la polemica: «Pinter non si è mai posto un problema di etichette da applicare come patacche o semplificazioni brutali, come invece spesso capita alle nomenclature. Guardava alla sostanza. La cosa più importante per lui era l'uguaglianza e la giustizia tra uomini, Stati e potenze. Per lui persino Milosevic aveva i suoi pieni diritti di essere umano. In questo quadro, il comunismo reale non fa certo una bella figura...» Capitta conosceva molto bene Pinter, frequentava la sua splendida casa londinese condivisa con la moglie, la storica lady Antonia Fraser: «Pinter ha sempre vissuto del suo lavoro e poteva affermare le sue verità senza guardare in faccia nessuno». E cosa pensa, Capitta, si ciò che avviene a «Liberazione» dal suo osservatorio di critico di un altro foglio comunista? «Mi sembra che stiano lì a spaccare un capello in quattro, mentre ci sarebbe ben altra sostanza alla quale applicarsi. Il dibattito su Pinter mi fa pensare che qualcuno è rimasto all'idea di un mondo che non esiste più. Crollato, almeno così mi sembra, qualche annetto fa».
Così la pensa Giulio Ferroni, critico e ordinario di Letteratura italiana a «La Sapienza» di Roma: «Se il comunismo va rifondato è bene rimettere in discussione il passato e far piazza pulita dei fantasmi. Errori e crimini hanno distrutto le istanze di liberazione che pure il comunismo aveva. Tenere in piedi certi santini a cosa serve? Pinter era un intellettuale onesto e spregiudicato. Bisognerebbe, semmai, fare passi in avanti partendo dai suoi. No?»









Qui di seguito una selezione di articoli di oggi sugli altri temi

LEGGI L'OPINIONE DEL PROF. FRANCESCO FEDELE, QUI DI SEGUITO

«Striscia di Gaza divisa
Uccisi altri tre banbini
La Striscia di Gaza è ormai divisa in due con i carri armati israeliani che controllano Gaza City. Tra i palestinesi, secondo il medico del pronto soccorso di Gaza, ci sono stati dall'inizio del conflitto oltre 523 morti (42 nella sola giornata di domenica) di cui 90 bambini. Israele: un soldato morto e 30 feriti. Dopo i veti Usa all'Onu al lavoro la diplomazia europea e egiziana».
dall'Unità on line

l'Unità 5.1.09
Intervista a Sari Nusseibeh
«Fermate il massacro. Sulle ceneri di Gaza crescerà altro odio»
«L'Occidente deve sapere che così si cancella ogni spazio di dialogo. Si militarizzano le coscienze»
L'intellettuale palestinese: «Israele non avrà mai la pace con la forza. Sbaglia chi crede che Hamas sarà piegato, anzi si rafforzerà
Il mondo si muova, nella Striscia serve una forza di interposizione»
di Umberto De Giovannangeli
nelle edicole

Repubblica 5.1.09
"La Sapienza ostaggio di 300 piccoli criminali"
Attacco di Alemanno dopo il caso Morucci. Il fisico Bernardini: che pasticcio tra lui e il rettore
di Carlo Picozza
qui

Repubblica 5.1.09
Il Vaticano, le leggi italiane e l’autonomia dello Stato
di Stefano Rodotà
qui
«Una società scientifica, che fa ricerca formazione e cura, è tale se ha come suoi capisaldi laicità ed eticità, per cui il medico deve accompagnare il paziente ad una buona morte, non cruenta - afferma il professor Francesco Fedele, ordinario alla Sapienza e presidente della Società italiana di Cardiologia - non sostengo l’eutanasia tout-court, come fatto attivo che provoca la morte, ma solo il medico può stabilire se una certa cura è accanimento terapeutico o meno»
Repubblica 3.1.08
Dopo la proposta lanciata su Repubblica dai genetisti Luca e Francesco Cavalli-Sforza
Morte degna, è ancora scontro "Sì all'ipotesi di referendum"
"Il testamento biologico va bene, ne sono convinti otto cardiologi su dieci"
di ma. re.

ROMA - L´essere umano è padrone della propria vita? Può decidere di porre fine alle sofferenze se le terapie si trasformano in accanimento terapeutico? Ieri, su La Repubblica, Luca e Francesco Cavalli Sforza hanno rivendicato il diritto dell'uomo alla libertà di scelta, lanciando l'idea di un referendum. E mentre si avvicina lo scontro in Parlamento sul testamento biologico, Rita Levi Montalcini, commenta: «Morire con dignità è un diritto individuale e il testamento biologico va scritto esclusivamente per noi stessi. Non si decide mai per gli altri». La maggioranza di centro destra sembra viaggiare compatta verso una legge che vieta il diritto di staccare la spina, quindi stop all'idratazione e all'alimentazione forzata per le persone che si trovano in stato vegetativo permanente. Al secondo punto la possibilità per il medico, malgrado le scelte del paziente, di dichiararsi obiettore.
Ma cosa ne pensa la classe medica? «Una società scientifica, che fa ricerca formazione e cura, è tale se ha come suoi capisaldi laicità ed eticità, per cui il medico deve accompagnare il paziente ad una buona morte, non cruenta - afferma il professor Francesco Fedele, ordinario alla Sapienza e presidente della Società italiana di Cardiologia - non sostengo l’eutanasia tout-court, come fatto attivo che provoca la morte, ma solo il medico può stabilire se una certa cura è accanimento terapeutico o meno. Nel primo caso si tratterebbe di un’inutile sofferenza che si può evitare. Il testamento biologico va bene, ne sono convinti otto cardiologi su dieci, e penso che il depositario del testamento dovrebbe essere proprio il medico».
E sul referendum lanciato da Luca e Francesco Cavalli Sforza interviene Luigi Manconi, sociologo, e firmatario della prima proposta di legge sul testamento biologico nel ‘95. «Fino ad ora i sondaggi fatti ripetutamente nel tempo hanno sempre indicato una maggioranza di italiani favorevoli all'autodeterminazione rispetto al problema di fine vita - commenta Manconi - perché in ogni famiglia si è avuta un'esperienza di un malato terminale senza speranza. E poi sta cambiando anche il mondo cattolico. Uno per tutti: Vittorio Possenti, membro dell'Accademia pontificia delle scienze sociali, ha preso chiaramente posizione e favore dell'autodeterminazione individuale». Non risparmia critiche alla linea della maggioranza il senatore Ignazio Marino, Pd, oncologo di fama internazionale: «Invito il sottosegretario Eugenia Roccella a leggersi le motivazioni delle 30 mila persone che hanno sottoscritto l'appello lanciato da Eugenio Scalfari, da me, Corrado Augias ed altri, sul sito www.appellotestamentobiologico.it, così capirebbe che il Paese non la pensa come lei. Ricordo a lei e a Paola Binetti, del Pd, che la Costituzione parla chiaro: ogni essere umano ha diritto alla salute ma anche quello di rifiutare le terapie. Loro, invece, vogliono una legge che decida a quali terapie debba essere sottoposto un malato terminale, creando anche gravi problemi deontologici al medico».
segnalazione di Giovanni Del Missier
l'Unità Forum 5.1.09
La vita prima dell'embrione
Quasi ogni giorno il Vaticano ribadisce che un embrione, cioè un grumo di cellule, è vita umana. È noto però che ciò diventa vero solo al verificarsi di determinate condizioni, fra le altre l'indispensabile passare di un certo lasso di tempo. L'embrione in effetti è solo una vita potenziale, una potenzialità di vita.
Fabio Della Pergola

Risposta:
Nel suo libro straordinario dedicato a Godel, Escher e Bach (Adelphi, 1984) Hofstadter propone la fantasia di un messaggio che contiene la trascrizione completa del codice genetico lanciato nel cosmo e raccolto, su una qualche stella, da esseri dotati di una intelligenza è di una competenza scientifica vicine a quelle prevedibili per l'uomo fra qualche secolo. Le informazioni contenute nel codice potrebbero essere utilizzate, a suo avviso, per costruire (cioè per dare vita) ad una cellula in grado di trasformarsi in un embrione di essere umano. Le condizioni che quegli esseri pensanti dovrebbero realizzare sono solo, infatti, quelle legate alla decifrazione del codice, alla scelta dei materiali all'impianto su una superficie adatta per il tempo necessario all'accrescimento. La potenzialità di vita, in questo caso, è quella di un messaggio _ contenuto nelle informazioni genetiche che naviga nello spazio o quella della mente che lo trascrive: liberamente decidendo di realizzarlo o facendo abortire una vita possibile, una potenzialità di vita. Un problema nuovo ponendo, forse, ai teologi del Vaticano.
Luigi Cancrini
Il testo originale della lettera inviata all'Unità da Fabio Della Pergola e pubblicato oggi per estratto:
"Caro Direttore,
quasi ogni giorno il Vaticano ribadisce che un embrione, cioè un grumo di cellule, è vita umana. E' noto che ciò diventa vero solo al verificarsi di determinate condizioni, fra le altre l'indispensabile passare di un certo lasso di tempo. Però se mi metto a dire che io sono un tizio morto da tempo, anche se in verità parlo e cammino, sicuramente mi danno del matto. Eppure potenzialmente sono un morto, così come un embrione è solo potenzialmente un neonato. In altri termini, rendere inesistente la differenza fra potenzialità e realtà del fatto avvenuto, è considerato un "discorso da pazzi" se posto alla fine del processo vitale e una profonda "verità rivelata" se posto all'inizio. A me sembra una bizzarra incongruenza.

Fabio della Pergola
Repubblica 5.1.09
Al Grand Palais una ricchissima selezione di capolavori
Picasso a tu per tu con i padri e i maestri
I quadri giustapposti a opere celebri, come Goya, Manet, Vélazquez, Tiziano
qui

Repubblica 5.1.09
Rovereto. Il secolo del jazz. Arte, cinema, musica e fotografia da Picasso a Basquiat
Al Mart. Fino al 15 febbraio
qui

Repubblica 5.1.09
Love& Art. L’amore rinascimentale
qui

Corriere della Sera 5.1.08
Fecondazione Impasse da 5 anni dopo gli investimenti per la sede di Milano
Il pasticcio degli embrioni La biobanca c'è ma non apre
di Margherita De Bac
qui

Corriere della Sera 5.1.08
Lo studio di Giorgio Fabre su una sorprendente nota in funzione di politica estera emanata poco prima delle leggi razziali
Febbraio 1938: il fascismo negò di essere antisemita
di Dino Messina
qui

Corriere della Sera 5.1.08
L'arpista e compositrice, sorella del direttore d'orchestra: anche i colleghi ci ignorano
Io accuso la classica
Cecilia Chailly: «Noi donne emarginate La musica colta dominata dal maschilismo»
Su Giovanni Allevi Sono d'accordo con Uto Ughi: Allevi è un fenomeno di marketing
di Giuseppina Manin
qui
La Stampa Lettere 30.12.08
Allevi giustiziere della casta?
Insegno in Conservatorio da 16 anni e mi trovo perfettamente in sintonia con l'intervista rilasciata dal M° Ughi per la chiarezza illuminante di cui si sentiva molto il bisogno in questi nostri tristi anni. Se è vero che in Italia un certo provincialismo culturale e una pessima gestione delle risorse destinate alla musica hanno provocato i danni che tutti conosciamo, certe affermazioni del sig. Allevi sono sconcertanti (giustiziere della casta?) e fanno temere che il personaggio mediatico stia prendendo il sopravvento sulla realtà di un ragazzo che per il suo successo è diventato una speranza per i tanti giovani che cercano la loro strada nella vita. Penso tristemente, Allevi a parte, che la politica culturale (della sinistra) del nuovo per il nuovo, negando la differenza tra piaceri più o meno epidermici e quello di una realizzazione personale di ricerca non obbligatoria e non necessariamente intellettuale, alla fine va a ricreare quella «casta» che pure il sig. Allevi dice tanto di combattere.
Pierpaolo Iacopini

l'intervento di Ughi, "Il successo di Allevi? Mi offende": qui
l'intervento di Allevi, "Caro Ughi, lei difende soltanto la sua Casta": qui
l'opinione di Cappelletto, , Classica? Sì, grazie. Purché sia "facile": qui
Avvenire 3.1.09
E Rosmini «bruciò» Marx
qui

Il Sole 24 Ore 4.1.09
Molti governi, soprattutto conservatori, hanno rispolverato Il Capitale: ma la storia insegna che lo Stato banchiere si è sempre rivelato un fallimento
Oddio, Marx sta di nuovo bene
di Harold James, Princeton University
qui

domenica 4 gennaio 2009

Repubblica 4.1.09
Lo psichiatra Fagioli e il caso Liberazione: "Sansonetti fa un giornale fumettistico"
"Non sono il gemello di Fausto e curare Vendola è un dovere"
"Guardo con simpatia al lavoro di Bonaccorsi, può essere utile alla sinistra"
di Umberto Rosso


ROMA - Aria di divorzio con Bertinotti, professor Massimo Fagioli?
«Fausto? Un rapporto che resta splendido. Dissensi su alcuni punti? Ma certo. Mica siamo gemelli. Viva il dissenso. Sui temi veri però, non sulle bugie messe in giro».
Tipo?
«Mai sostenuto che Vendola, in quanto omosessuale, vada curato».
E che cosa ha detto allora?
«Si cura chi sta male non chi è omosessuale. Se Vendola vuol fare sesso sul lampadario di casa, con il termosifone, come gli pare, ed è felice, liberissimo. Magari stia attento a non scottarsi troppo e a restare al chiuso, se no diventano atti osceni in luogo pubblico. Ma se uno ha problemi con la propria sessualità, io devo intervenire. Faccio lo psichiatra. E´ un dovere d´ufficio».
Mai detto nemmeno che Vendola non può essere allo stesso tempo cattolico, comunista e omosessuale?
«Qui confermo in pieno, e ribadisco. Il cattolicesimo è il contrario del comunismo. Se sei di sinistra non puoi dichiararti cattolico. E il cattolicesimo poi è nemico della sessualità in generale, più che dell´omosessualità: contro i preservativi, l´aborto, l´atto di amore solo finalizzato alla procreazione. Perciò quelle tre categorie non si tengono insieme. Vendola per fortuna non è diventato segretario del partito».
Che vuol dire?
«Che se porti dentro una simile contraddizione irrisolta, una vera scissione, non puoi fare bene il tuo lavoro politico».
Ci sono tanti cattolici a sinistra, a favore della pillola o l´aborto.
«Allora non sono più cattolici. Paolo Ferrero per esempio è valdese. Lui non ha di quei problemi».
Perché ce l´ha tanto con Sansonetti?
«Gli ho solo consigliato di crescere un po´, eterno bambino del ?68, ma non gli ho mai dato del matto. Quaranta anni dopo forse è tempo di darsi una mossa. Certo, non mi piace come fa Liberazione: una cosa fumettistica».
Che significa?
«A me interessa l´identità non la ricerca del piacere. Se faccio mangiare e bere bene uno schizofrenico, alla fine del pasto sempre un ammalato quello resta. Insomma, L´Isola dei Famosi, Luxuria, ma chissenefrega. Ha ragione Ferrero. Ma parlami della scuola, degli incidenti sul lavoro. Ah, a Sansonetti non ho mai chiesto di cacciare nessuna giornalista che aveva scritto su Freud. Con il direttore credo di non aver mai parlato nemmeno al telefono».
Eppure sarebbe proprio lei l´eminenza grigia dietro le manovre per cacciare Sansonetti e mettere le mani sul giornale.
«Macché. E´ l´editore Luca Bonaccorsi che fa tutto. Ma poi lo ha anche detto Ferrero: Fagioli non ha niente a che fare con la vendita del giornale».
Bonaccorsi è un suo seguace.
«E io guardo con grande simpatia alla sua iniziativa, che può essere utile alla sinistra».
Liberazione diventerà il giornale dei fagiolini?
«Per quel che mi riguarda ne resterei completamente fuori. Le lezioni a Chieti, la libreria, le sedute di analisi collettiva - che da sempre svolgo in maniera del tutto gratuita, non chiedo neanche un euro - i saggi, la rubrica su Left. E dove lo trovo il tempo per occuparmi pure di Liberazione?».
Professore, ma perché i gay l´accusano tanto di omofobia? Ancor due giorni fa Grillini su Liberazione.
«Lasciamo perdere Grillini, che altera e stravolge il mio pensiero. Dopo quaranta anni di studi, io non so ancora cosa sia la sessualità. Così anche l´omosessualità richiede ricerca. Secondo me, la pulsione omosessuale non esiste, è pulsione di annullamento. Per me il desiderio è solo nel rapporto uomo-donna, ossia tra diversi e uguali: uguali perché tutti gli esseri umani lo sono per la nascita, diversi perché ognuno ha la sua identità».
E quindi?
«Hanno paura delle mie teorie, mi attaccano perché hanno il terrore di guardarsi dentro. Ma io sono uno psichiatra, devo farlo per mestiere».

l'Unità 4.1.09
Gennaro Migliore: Il Prc è «una pena». Ma tra i vendoliani c'è chi vorrebbe attendere il voto
La decisione sarà presa insieme a «Per la sinistra»: presentarsi con Sd, Verdi e parte del Pdci
Rifondazione, scissione a febbraio
Verso una lista per le europee
Fausto Bertinotti: Realtà insostenibile dopo le scelte di Ferrero su Liberazione
di Simone Collini

Nella minoranza del Prc si fa strada l'ipotesi di rompere a febbraio, per poi presentare alle europee la lista "Per la sinistra". Bertinotti aveva frenato, ma ora: «Situazione insostenibile». È ancora scontro su Liberazione.

Il punto non è se uscire da quello che Nichi Vendola non definisce neanche più un partito ma «una casa piena di spettri». Il punto è come e quando farlo. E non è che si stia parlando di chissà quali divergenze: una parte degli aderenti all'area "Rifondazione per la sinistra" vuole rompere a febbraio, quando sarà convocata la seconda assemblea dell'associazione "Per la Sinistra" (di cui fanno parte anche Sd, parte dei Verdi e minoranza Pdci); un'altra parte vuole attendere l'esito delle europee, perché il voto di giugno può provocare una ridefinizione dell'intero assetto del fu centrosinistra.
Ma al di là della differente opinione su quale sia la tempistica più efficace per andarsene perdendo meno pezzi possibile e per costruire un nuovo soggetto di sinistra, ormai Rifondazione comunista viene giudicata da quel quasi 50% che ha perso il congresso di Chianciano «una pena» (Gennaro Migliore dixit) che da sei mesi non ha saputo proporre altra linea politica che quella legata alla «patetica iniziativa di Paolo Ferrero del pane ad un euro» (Maurizio Zipponi dixit). E allora, tra i vendoliani nessuno si assume la responsabilità di annunciare formalmente la scissione, ma a metà del mese prossimo ci saranno un bel po' di addii. «Bisogna decidere collettivamente cosa fare», dice Migliore insistendo sulla necessità di convocare un congresso straordinario del Prc. Ma il coordinatore dell'area vendoliana "Rifondazione per la sinistra" sa che si tratta di un appello destinato a cadere nel vuoto e insieme a Patrizia Sentinelli è tra quelli che più scalpitano. E a questo punto non ci sono più molte redini che tengano.
Se Fausto Bertinotti ancora qualche settimana fa aveva invitato i suoi a non rompere prima delle europee e a insistere con la segreteria per andare al voto con un «cartello elettorale», le novità degli ultimi giorni lo hanno convinto che la situazione si è fatta «insostenibile». L'ex presidente della Camera resta convinto che la strada verso un nuovo soggetto della sinistra sia «lunga e articolata» e che vada dunque tenuta separata «dal conflitto elettorale». Però sa anche alla luce del deludente risultato in Abruzzo nonostante l'assenza della spina del fianco del voto utile - che le europee possono trasformarsi in un certificato di morte non piÙ solo apparente, sia con la ricetta del pane proletario cara a Ferrero che con quella del tandem Pdci-Prc caldeggiata da Claudio Grassi.
Per questo l'ipotesi di un'uscita a febbraio comincia a farsi strada senza che Bertinotti lanci più appelli alla cautela. Perché a febbraio? Perché le liste vanno presentate 39 giorni prima del voto (7 e 8 giugno) e però ci vuole ben più tempo per lanciare e costruire consenso attorno al simbolo "Per la sinistra" e anche per raccogliere le firme necessarie (30mila per circoscrizione) a presentare insieme a Sd, Verdi e minoranza Pdci una lista nuova che non ha attualmente rappresentanti né in Parlamento né a Strasburgo.
Senza contare il fatto che la vicenda di Liberazione viene giudicata un punto di non ritorno: Bertinotti aveva voluto alla direzione Piero Sansonetti, un non iscritto al Prc, anche per dare un segnale di apertura e rinnovamento del partito. Commissariarlo con un direttore politico che firmi gli editoriali e supervisioni gli articoli sul partito - com'è l'ipotesi dopo che si è fatto avanti l'editore Luca Bonaccorsi, vicino allo psichiatra Massimo Fagioli - sarebbe per l'ex presidente della Camera un passo indietro di non poco conto. Intanto Sansonetti dice che darà battaglia «fino in fondo» e Ferrero che «non è in ballo l'autonomia di Sansonetti ma il progetto politico che persegue, sconfitto al congresso». Quanto a Giovanni Russo Spena, indicato da più parti come il futuro direttore politico, smentisce di ambire a quel ruolo. Però, visto che Fagioli ha già fatto sapere più volte di non apprezzare le pagine di cultura di Liberazione e visto che c'è anche l'ipotesi di nominare un nuovo responsabile di questo settore, una cosa l'ha detta a Ferrero: «Affidare queste pagine a un uomo di Fagioli sarebbe un grave errore».


l'Unità 4.1.09
La crisi della sinistra
Se Rifondazione finisce sul lettino a due piazze
di Pietro Spataro

Se non fosse una questione maledettamente seria quasi quasi verrebbe da ridere. Il metodo scelto da Rifondazione comunista per suicidarsi è quanto di più stravagante si potesse immaginare per un partito che ha fatto della sua identità di classe e della sua alterità i tratti che hanno favorito per anni il suo appeal politico. Oggi tutto si consuma nella guerretta a un giornale scomodo e al suo direttore e ci si accapiglia sul ruolo di uno psichiatra, diventato famoso per il suo antifreudismo, che tiene filosoficamente in cura di volta in volta l'uno o l'altro dei contendenti. Fausto Bertinotti, che si è lasciato molto influenzare da Massimo Fagioli, ora lo "ripudia" dopo il duro attacco al direttore del quotidiano di partito Piero Sansonetti, definito "un matto". Sì, proprio così: è questo ormai il livello del "dibattito comunista".
Però attenzione a non restare prigionieri delle curiosità. Questa "guerra di Liberazione" infatti sta diventando, in qualche modo, il simbolo di una guerra più grande che molto presto porterà a una scissione (forse già a febbraio, come raccontiamo a pagina 18). Lo scontro è attorno a una serie di domande che sono pressapoco queste. È possibile in Italia un partito della sinistra radicale che non sia un partito di reduci e di nostalgici? È possibile uno spazio politico che sia in grado di intercettare pezzi importanti di società che si sentono politicamente orfani? Le elezioni di aprile 2008, con quella pesante sconfitta che ha escluso tutta la sinistra dal Parlamento, sono un dato irreversibile? Insomma: chi avrà il compito della rappresentanza politica a sinistra del Pd e con quale progetto? E infine: il Pd può fare a meno di un'area radicale alla propria sinistra che sappia attirare quei voti che altrimenti andrebbero dispersi?
Come si vede sono temi complicati. In questa storia, per ora, abbiamo capito che chi incarna l'aspirazione a una nuova sinistra sembra aver perso e chi si è arroccato a difesa dell'accampamento sembra aver vinto. Per ora, appunto. Ma quell'ora non sarà troppo lunga e probabilmente non consentirà repliche. Se persino una fedelissima comunista come Ritanna Armeni è arrivata a sostenere che "Rifondazione comunista è morta" perché è fallito il tentativo di guardare avanti c'è da preoccuparsi. Perchè una situazione in cui il Pd non sta tanto bene e la sinistra radicale è mezza morta non è una bella situazione. Non per i partiti che, la storia insegna, nascono e muoiono (e nascono e muoiono in relazione alla consistenza della loro missione). Ma perché un paese senza una parte della sinistra o con una sinistra ridimensionata e ferita non è un paese sano. Se poi questo paese è governato da un signore che ha enormi poteri, vuole stravolgere la Costituzione e sostenere la parte più ricca non c'è proprio da stare tranquilli.
C'è qualcuno che vuole mettersi seriamente al lavoro senza pensare solo al proprio posticino?


il Riformista 4.1.9
«Con Fagioli abbiamo sbagliato, da lui indecenza e oscurantismo»
Intervista. Rina Gagliardi e lo psichiatra-guru: «L'ho frequentato per curiosità. Ma con le svolte di Fausto non c'entra». Il Prc? «Finito». Liberazione? «Chiuderà»
di Alessandro De Angelis

«Il sodalizio con Fagioli non c'è stato»: Rina Gagliardi, firma di Liberazione ed ex senatrice vicinissima a Fausto Bertinotti accusa il guru anti-freudiano: «Dice cose indecenti».
Caso Liberazione: è l'ultimo atto di Rifondazione?
Quello che sta accadendo è gravissimo. Di fronte a seri problemi politici ed economici la risposta di Ferrero è stata repressiva nel senso classico di un partito del secolo scorso, ovvero l'epurazione di Sansonetti, sapendo che questo esaspera i conflitti interni.
Quindi ve ne andrete?
Come area "Rifondazione per la sinistra" valuteremo il da farsi in un seminario a Chianciano il prossimo 24 gennaio. C'è la necessità, innanzi tutto, di una analisi condivisa.
Vendola, Giordano, Ritanna Armeni condividono che Rifondazione è morta.
Pur vedendo gli elementi di verità nei loro giudizi sono incerta. La crisi è tale che prospetta un cammino di lungo periodo. Il problema dei problemi è ricostruire la sinistra e dubito che si possa fare in tempi brevi.
Una lista con Sd e con "chi ci sta" non la convince?
Di fronte alla domanda che abbiamo di fronte, quella di ricostruire la sinistra, è una prospettiva misera. Più che di singoli frammenti c'è bisogno di un processo di massa. Io aborro le operazioni identitarie.
Sembrano parole di Bertinotti.
Sono molto in sintonia con il mio leader. So che questa è una posizione difficile e di lungo periodo. E che, come diceva Pintor, manca la leva, lo sbocco immediato. Per questo dobbiamo discutere. Anche se l'idea di Rifondazione per come è stata dalla sua nascita si è interrotta. Una maggioranza del partito che rimpiange il muro di Berlino è buona per le pagine di folklore dei giornali.
Con Fagioli un po' di folklore lo avete portato anche voi.
Partiamo dal fatto che io non mi baso su pregiudizi e se l'ho frequentato è per curiosità intellettuale nei confronti di chi è diverso da me. Ora scopro che forse è stata una illusione, o anche un errore. Ma, come Don Giovanni, non mi pento. Ciò detto, su tutta questa storia ho letto una serie di panzane.
Le elenchi.
La più grossa è che Fagioli avrebbe insegnato a Bertinotti la non violenza. Fausto ha iniziato a riflettere sulla non violenza dopo Genova, già in un libro del 2001. Poi ha esplicitato la riflessione in forma organica in un altro libro del 2002 dal titolo "Per una pace infinita", dove partiva da Kant. E l'anno successivo pronunciò una denuncia dello stalinismo in cui approfondiva il tema della non violenza. Solo nel 2004 ha incontrato Fagioli.
Seconda panzana.
Ho letto di un "sodalizio intimo" tra loro. Che c'entra l'intimo? Erano incontri, rapporti politici. Il collettivo di Fagioli adorava Bertinotti.
Avanti con la prossima.
Ho pure letto che io ho scritto poesie e invece non le scrivo da quando ho sedici anni. Ma ciò che vorrei sottolineare è che su omosessualità, culture critiche, movimenti Fausto è stato un precursore, a differenza di Fagioli. Si ricorda quando con fatica impose nel partito la parola d'ordine «siamo tutti omosessuali» e poi partecipammo al gay pride?
Come giudica le ultime uscite di Fagioli?
Siamo all'indecenza e all'oscurantismo puro. E non ci trovo la conferma di qualcosa che era già così. Ma oggi è successa un'altra cosa: l'amore per gli affari ha superato il resto.
Si riferisce a Bonaccorsi, l'aspirante editore di Liberazione?
Esatto. È un caso di capitalismo senza capitali. Il giornale godrà di un finanziamento pubblico rilevante per tutto il 2009 e lui pensa di essere un Ricucci che usa Liberazione per i suoi affari, visto che non mi risulta che abbia liquidità e nemmeno che sia un benefattore.
Si spieghi.
Per incassare il finanziamento il giornale starà aperto per qualche mese. Poi può succedere di tutto. Ferrero vuole mandare via Sansonetti. La mia previsione è che chiuderà il giornale.



Liberazione 4.1.09
A Bertinotti non piacciono le dichiarazioni di Fagioli
Liberazione, due direttori e le fantasie di sparizione
di Antonella Marrone

Dire che Freud è un imbecille è stato un piccolo passo per l'umanità, ma un grande passo per Massimo Fagioli. Per la sua solidità mentale, probabilmente, per la sua fama certamente. È un fatto che lo psichiatra venga continuamente citato per l'attributo poco gentile affibbiato al padre della psicoanalisi, e mai per le sue scoperte "mediche", come - ad esempio - l'Incoscio mare calmo, solo per citare il concetto più famoso e primigenio. È la dimensione che appartiene al bambino appena nato, "sanità" mentale imperturbata e imperturbabile, è quel meraviglioso momento in cui un "nghè" e un "nghù" vogliono dire tutto e il contrario di tutto, esprimendo un tripudio di ineffabili e narcisistiche certezze. Fagioli, in questo, è riuscito perfettamente, e ancora oggi i suoi articoli, le sue dichiarazioni e - per chi abbia avuto la costanza di leggerli - i suoi libri, esprimono in maniera compiuta questo tripudio. Lo psichiatra marchigiano sa di che cosa si parla quando si parla di comunicazione e di afasia, di creatività e di rabbia: antitesi storiche per certo comunismo. E non si è lasciato sfuggire l'occasione per un suo "ripescaggio" in quella sinistra che lo ha sempre un po' maltrattato. Fedele al motto di Oscar Wilde, "Bene o male purché se ne parli", il guru di San Cosimato, venti anni dopo la stagione cinematografica che gli portò una qualche notorietà al di fuori delle Mura Aureliane, rispunta al fianco di Fausto Bertinotti. Ed eccoci al punto. Il rapporto tra i due è stato oggetto - da sempre per la verità - ma assai più in questi ultimi giorni, di frecciate lanciate da amici e nemici, come si suol dire. E Liberazione in mezzo, in attesa di quel prosaico evento chiamato ristrutturazione del giornale: roba molto conscia e tutt'altro che calma. Prima dell'interesse di Bonaccorsi per la testata del Prc, questa redazione si è sempre tenuta alla larga dal fagiolinismo (oggi lo possiamo dire: nonostante gli inviti ad occuparsene), quindi non può essere accusata (come invece fanno ingiustamente alcuni lettori che ci scrivono) di essere stata "connivente" quando piaceva a Bertinotti. Ora, dopo gli attacchi di Fagioli a Vendola e a Sansonetti (che ieri lo psichiatra ha cercato di smussare), attacchi di una aggressività gratuita, anche il "caso Bertinotti" sembra risolto. L'ex presidente della Camera ha fatto trapelare, tramite un articolo su Repubblica, che il guru sta esagerando. Il motivo del disappunto bertinottiano sta in parte negli attacchi al presidente della Puglia e al direttore del giornale e, in parte, nelle conseguenze per la anacronistica proposta dei due direttori fatta da Bonaccorsi. Infatti, tolto uno dei due - il commissario politico del partito - l'altro si occuperebbe della parte culturale ed informativa e graviterebbe nell'orbita intellettuale dello psichiatra-architetto-sceneggiatore-regista-scenografo-bozzettista-ecc.ecc. E questo sarebbe troppo per quello che era iniziato come un sodalizio intellettuale alla parie tale doveva rimanare.
Resta il caso Liberazione , un giornale che non ha nessuna fantasia di sparizione, tanto per tranquillizzare tutti sullo stato di salute mentale della redazione. È un giornale che non vuole negare il suo desiderio: uscire tutti i giorni in edicola, vedere soddisfatti e stipendiati ogni mese i lavoratori che ci lavorano; che non vuole un editore "annullante" . Tutto questo parlar di Fagioli porterà qualche buon vantaggio alla trattativa sindacale mai iniziata e che però, dicono, già finita, visto che in questo mese verrà tutto risolto? I sospetti nei confronti dell'editore Bonaccorsi sono giustificati da un'operazione che - chiunque abbia un minimo di dimestichezza con questioni del lavoro e sindacali - definirebbe, a dir poco inattendibile. L'impianto culturale dell'editore/padrone di Left , graniticamente fagiolino, unito all'inaffidabilità finanziaria, unito alle vertenze accumulate dal settimanale nel campo dei diritti del lavoro, non lasciano tranquilli i lavoratori del giornale, come si sa, antichi materialisti. Fagioli smussa, dicevamo, e come al solito si lamenta che su di lui scrivono falsità e menzogne. Atteggiamento tipico di certe ortodossie, politiche e religiose. Chissà se sentirsi sempre incompresi è una delle realtà nemiche dell'inconscio sano. Chissà.


Liberazione 4.1.09 Prima pagina
Liberazione come una rovesciata di Riva... ma ora che succede?
Caro Sansonetti, scrivo a te... ma mi rivolgo al segretario del Prc: questa «Liberazione» va salvata
di Darwin Pastorin

Caro Piero, ti scrivo da «eterno ragazzo del '68» e, di conseguenza, da «malato di mente». Proprio come te. Devo preoccuparmi? Almeno sono juventino, e tu milanista. Almeno questo. Forse, riesco a salvarmi! Ti scrivo, soprattutto, da collaboratore, da anni, di Liberazione . Da Sandro Curzi a te: libero di esprimere le mie idee, i miei sogni, le mie utopie. Libero di raccontare le mie storie di calcio, che poi sono storie di vita, di letteratura, di memorie. Storie, come la mia, di migranti, storie di ribelli, di sognatori e di fuggitivi, storie di campioni e di invisibili, di gol e autogol. Non ho tessere di partito, sono di sinistra, ho votato Rifondazione comunista, ho presentato la candidatura alle primarie del 2004 di Fausto Bertinotti (apertura e chiusura), scrivere per Liberazione rappresenta (rappresentava?) un po' di aria pura. Ma, oggi, cosa sta succedendo? Cos'è questa lotta fratricida all'interno di un partito non rappresentato in Parlamento (ah, quelle alleanze per il governo Prodi!), ma che continua ad avere una sua anima, una sua dignità, i suoi fedeli generosi coraggiosi militanti?
Cos'è questo balletto osceno e grottesco intorno a Liberazione , per la soddisfazione di tanti, di troppi: destra sinistra centro, opinionisti della prima o della penultima ora? Cos'è questa commedia tragica, ridicola? Bene, compagni, continuiamo a farci del male, eredi di Tafazzi più che di Gramsci!
Liberazione rappresenta (rappresentava?) il giornale non solo di un partito, ma di molta gente, quella gente che non riusciva a riconoscersi, ritrovarsi in altre pagine. Un quotidiano forte, mai banale, anche esagerato: ma così diverso, così non omologato, così sfacciato, così sorprendente, proprio come una finta di Garrincha, un tunnel di Sivori o una rovesciata di Gigi Riva! E che belle persone intorno a te, Piero! Simonetta, Paola, tutti gli altri colleghi. Gente sensibile, ironica, intelligente. Quante lezioni ho appreso da loro! Lezioni di solidarietà, di bellezza, di sensibilità! Un bel biglietto da visita per Rifondazione comunista, segretario Ferrero! Ma quali altre scelte, quali altri personaggi, quali altri maestrini, suvvia!
Piero, dove sta andando la sinistra? La nostra sinistra: quella della pace e della tolleranza, della difesa dei deboli, degli ultimi, degli emarginati? In questi giorni siamo diventati falce e zimbello. Bella roba, bella fine. Da applausi. Rifondazione divisa e Liberazione trattata come merce scaduta, un vuoto a rendere, un peso insostenibile. Liberazione! Con le sue inchieste, le sue provocazioni, le sue scelte. Davvero non capisco, sono confuso e anche un po' incazzato. Ci può stare, credo.
Questo giornale non può morire. Non deve morire. Perché questo giornale, caro Ferrero, è un'espressione pura, che voi per primi, segretario e dirigenti di Rifondazione, dovreste difendere, tutelare, proteggere. Anche quando vi critica. Perché questo giornale conosce l'autocritica! Questo giornale è una voce che raccoglie tante voci, che è il cuore non solo di un partito, ma delle persone che in quel partito, con idee umori atteggiamenti scelte programmi diversi, si riconoscono. Scrivo a te, Piero, ma mi accorgo, in realtà, di parlare con Ferrero, con chi ha in mano il futuro di Liberazione , con chi, d'un colpo, può cancellare una storia, una vicenda politica culturale umana professionale, con chi potrebbe fare di questo quotidiano uno strumento di chissà quale propaganda filosofica... Ho letto della presa di posizione di Fausto Bertinotti. Ci speravo, è arrivata.
Liberazione è questa: questa che, amici lettori, vi ritrovate tra le mani. Questo quotidiano che vi macchia le dita, ma che vi invita alla riflessione, alla condivisione o alla polemica. Perché Sansonetti ha mille difetti (preferisce, ad esempio, Pierino Prati a Pietro Anastasi: inconcepibile!), ma non ha mai messo il bavaglio a nessuno, non ha mai soffocato nessuna polemica, non ha mai venduto la sua anima, e quella altrui. E scusate se è poco. Liberazione è uno scrigno di meraviglie e anche di contrasti; soprattutto è un patrimonio di persone. Persone che ancora credono in un mondo diverso e migliore. Che sanno di avere, in questo quotidiano, un amico, un fratello, un compagno di viaggio e di speranza.


Liberazione 4.1.09
Radio radicale 28/12/08
Pannella: restituitemi la testata

(...) «Noi vogliamo essere alternativa di governo! Lo dico ai democratici, lo dico a Claudio Fava che si sta occupando di altro, lo dico a Liberazione che si occupa di altro, lo dico alle componenti laiche e liberali che vi sono nel mondo italiano, anche forse tra gli imprenditori: non c'è tempo, si sta distruggendo ulteriormente la realtà sociale ed istituzionale del Paese. L'esperimento "senza precedenti", secondo Veltroni, di questo Partito Democratico. Ora si dice "basta ai democraticismi e si annunciano commissariamenti. Allora hanno fatto bene e si meritano la nuova Unità". L'esempio del conflitto di interessi: "Il conflitto di interessi di Berlusconi esiste perché la sinistra ha voluto che continuasse ad esistere. Adesso il conflitto di interessi è quello di Renato Soru". Poi l'altro conflitto su Liberazione. Devo dire che mi dispiace un po'. Liberazione, come è noto, era Liberation di Jean-Paul Sartre. E così come Mitterand si mosse perché noi avessimo, in Italia, il simbolo della Rosa nel Pugno, Sarte e Simon de Beauvoir, quando sentirono che c'era questa possibilità di fare Liberazione in Italia, dissero che non avevano obiezioni, pur non essendo loro proprietari. Ora stanno a litigare, con i miliardi e le cose…che tristezza! Per fortuna Bertinotti ha altro da fare con la sua fondazione della Camera dei deputati. Se me la vogliono restituire, visto che io gliel'ho regalata. Io la regalai a Cossutta ed altri due. Adesso mi dispiace un po'». (...)

Liberazione 4.1.09
Per questo spero che il vostro giornale non diventi un bollettino
Io, ex direttore di Grand Hotel molto letto proprio dagli operai
di Alberto Tagliati

Leggo sul Corriere: " Liberazione elogia Grand Hotel ". Nella mia qualità di ex-direttore del settimanale concordo con le considerazioni di Saverio Aversa, sebbene la sua analisi indugi più sulle possibilità di «evasione e sano svago» che Grand Hotel avrebbe fornito, «alle classi meno abbienti» mentre credo che se ne possa dire qualcosa di più.
Del fenomeno Grand Hotel oggi si tratta nei seminari di semiologia e vi si applicano tesi di laurea in scienza della comunicazione ma quando nacque l'andazzo fu tutt'altro ed evidentemente ne abbiamo ancora oggi qualche strascico. Mai un periodico popolare fu più strapazzato dal giudizio dei moralisti in età democristiana e, insieme, dalla concitazione golosa delle mani che a milioni se lo passavano l'una con l'altra. La pratica della lettura, infatti, che in Italia era ed è più o meno diffusamente inesplorata, nell'arretratezza macilenta del secondo dopoguerra rappresentava il segno di una buona condizione culturale e persino sociale. «Si danno delle arie perchè leggono Grand Hotel » deplora Nesto, giovanotto friulano riferendosi alle ragazze che rivendicano il diritto di dire la loro ne Il sogno di una cosa , il romanzo giovanile di Pier Paolo Pasolini. In realtà, più che leggerlo Grand Hotel lo si visualizzava. Il giornale realizzava in qualche modo un ritorno alle origini della scrittura, la comunicazione per ideogrammi. Un pubblico prossimo alla condizione del bambino che non sa ancora decifrare le parole ma scruta avidamente le figure, divorava con insaziabilità le storie d'amore ed avventura cucinate dagli chef di quella testata d'ispirazione alberghiera. Le portate di pronto consumo venivano servite in tavola ogni settimana con l'invogliante evidenza delle immagini e senza, o quasi, il contorno indigesto della scrittura. Donne e uomini che la corta scolarità predestinava alla ricaduta nell'analfabetismo caddero invece nel vizio compulsivo della lettura, ma in dosi omeopatiche. Era impossibile infatti sottrarsi alla decifrazione delle quattro parole chiuse nel laccio del fumetto o nelle sintetiche epigrafi che cucivano insieme le sequenze dei riquadri disegnati e, più tardi, dei fotogrammi: lo sforzo mentale, però, non doveva andare oltre.
L'esecrazione di don Camillo in chiesa (ma anche quella di Peppone in cellula) si risolse in un boomerang per entrambi i pulpiti: il formidabile successo di Grand Hotel , infatti, fu stimolato persino da quelle diffide. La prevenzione della parrocchia che paventava l'abbandono della "buona stampa" in vendita all'uscita da messa e degli agit-prop che deploravano quella sottocultura voyeuristica sfuggente al realismo socialista prescritto dal compagno Zdanov, l'ideologo di Mosca, aveva, in fondo, la medesima violenza invasiva e lo stesso proposito normalizzante ma fallirono tutt'e due nell'intento.
Le donne (e moltissimi uomini) s'impadronirono di quello che Beniamino Placido, su Repubblica , definì anni dopo "il diritto di sognare" non meno essenziale di pane e companatico. Non di rado lo fecero proprio sottraendo il costo della rivista, all'origine 12 lire, alla floscia borsa della spesa. Nei paesi, la corriera postale con le copie fresche di Grand Hotel veniva spesso attesa da un capannello di donne che slegavano sul posto i pacchi e pagavano allo stesso autista il fascicolo di cui si erano febbrilmente impossessate.
Trascorseo trent'anni e Il Metallurgico , plumbeo periodico sindacale ben poco letto ma acquistato per solidarietà di categoria condusse un'inchiesta sulle letture della classe operaia. I demoscopi mandati intorno dalla Fiom scoprirono con raccapriccio che, insieme con le prime telenovelas, Grand Hotel ed altri "giornaletti diseducativi" ad esso uniformati od omologhi stavano ancora in testa.
Riferendosi ai suoi esordi come sceneggiatore dei romanzi per immagini pubblicati da Bolero Film , settimanale concettualmente parallelo a Grand Hotel , Damiano Damiani, il regista de L'Isola di Arturo e Il giorno della civetta (film derivati dall'alta qualità letteraria di Elsa Morante e Leonardo Sciascia), ha ricordato che «la cosa più importante era fornire alle masse sempre più vasti strumenti di lettura per contribuire così alla loro emancipazione».
Personalmente, mi auguro dunque che Liberazione non infili le impraticabili scarpe di piombo de Il Metallurgico o assuma la pachidermica levità di quei bollettini del Cominform su cui per tanti anni il povero e onesto Cipputi si sganasciò negli sbadigli. E mi auguro altresì che finisca la sassaiola di snobismo intellettualistico contro Grand Hotel che la sua parte, tutt'altro che ignobile, ormai l'ha già fatta. Grazie per l'ospitalità.


Il Giornale 4.1.09
Rifondazione annega nella pentola di Fagioli
di Federico Novella

Compagni di tutto il mondo, psicanalizzatevi. Il fagiolo bollente sta incendiando il partito. Più di Marx, di Togliatti e Berlinguer messi insieme ha saputo fare lui, lo psichiatra che ha dato del cretino a Sigmund Freud. Che è un po’ come se un buddista chiamasse «idiota» il Dalai Lama. Lui che ha pure ribadito che Freud è «criminale» nonché «vecchio sadico imbecille», con l’aggravante che il suddetto criminale e imbecille non poteva neanche replicare in quanto morto nel 1939. Dicono di costui: «Finge di ispirarsi alla nonviolenza, e poi fa a fette tutti».
Sì, Fagioli è un medico della mente che cento ne pensa e mille ne fa: è quello dell’«analisi collettiva», quello che ha litigato con gli psicoterapeuti di tutta Italia, il guru di certo fighettame non-violento, il demiurgo dello stalinismo fricchettone, insomma quello che sul suo personaggio tagliato con l’accetta, sul suo look alla Enzo Jannacci con gli occhiali da sole ha costruito la carriera. Fino a ricicciare fuori qualche anno fa, nella nuova veste di consigliere spirituale di Fausto Bertinotti: dove lui faceva la parte del visir, e Fausto quella del califfo. Ma oggi l’incantesimo si è rotto: Bertinotti e il suo Rasputin s’erano tanto amati, e oggi non s’amano più. Anzi, oltre alla loro relazione, rischia di andare in cocci tutto il partito.
Dunque. Premettiamo che oggi il giornale rifondarolo Liberazione naviga in cattive acque: adesso s’è fatto avanti un editore che si chiama Bonaccorsi, grande estimatore del pensiero fagioliano, il quale pare voglia intervenire direttamente nella gestione culturale del giornale, dando libero sfogo al suo maestro, che condanna il ’68, che inveisce contro l’omosessualità. Capirai: terremoto. «Non andremo mai con un discepolo di Fagioli», berciano a Liberazione. E qui, per andare avanti, dobbiamo porci la seguente domanda: sì vabbè, ma questo Fagioli, chi è?
È uno che il suo gesticolare alla Mughini ha cominciato ad esibirlo negli ambienti capitolini nel ’76, quando si fece cacciare dalla Società psicanalitica italiana che lo bollò come «cialtrone» per via della sua rivoluzionaria invenzione. Siccome Freud è un «fascista sostenuto dai fascisti», lui ha partorito l’«analisi collettiva», altrimenti detta «psicologia della folla». In pratica, ci si riunisce in battaglioni di pazienti, ci si chiude in aula e si ascolta estasiati le parole del profeta Max. La confraternita è fatta di gente della buona borghesia, le signore dei salotti chic lo guardano come le adolescenti guardano Brad Pitt, 150 psichiatri si mettono al suo servizio. Il fagiolismo diventa una religione. Le cerimonie oggi si tengono quattro volte alla settimana in piazza San Cosimato, a Trastevere: ingresso con offerta, 10 euro, che moltiplicati per diverse migliaia fa un bel gruzzolo. Rinunciare è impossibile: per seguire i suoi corsi universitari a Chieti, la sua claque organizza i torpedoni da Roma. Ma lui non s’accontenta: si reinventa sceneggiatore in un paio di film con Marco Bellocchio, che disse: «Fagioli cambia le persone». S’improvvisa regista, nella sua opera prima (e unica) «Il cielo della luna», dalla trama fortemente enigmatica. Un po’ come le sue dispense universitarie, nelle quali elargisce perle di saggezza: «Bisogna distinguere la buccia dal fico, non come gli antichi che mangiavano la buccia e buttavano il fico». Sull’omosessualità, però, ha sempre parlato chiaro: «Non fa stare bene, perché non è un’identità, è legata alla pulsione di morte». Concetto ribadito nella sua rubrica sulla rivista Left, edita dal succitato Bonaccorsi: «C’è il cromosoma X e il cromosoma Y, poi basta». Quando Bonaccorsi gli ha affidato lo spazio, se ne andò il direttore Giulietto Chiesa, e con lui Vauro, Nando Dalla Chiesa, Travaglio. Loro i Fagioli non li digeriscono.
Il colpo di fulmine con i compagni in una mattina del 2004: Bertinotti, durante un dibattito, resta folgorato sulla via di Fagioli, tanto che scelse la sua libreria «Amore e Psiche» per annunciare la sua corsa alle primarie del centrosinistra. «È un grande evento di spessore culturale e politico», gorgheggia il leader Fausto in estasi. E i fagiolini ricambiano: «Mai prima d’ora qualcuno aveva, fra comunismo e libertà, considerato la realtà umana». Da lì, la svolta non-violenta di Bertinotti che per la prima volta prende le distanze dal movimentismo più cattivo. Da lì il sodalizio con un pezzo di dirigenza del partito, i cui iscritti si lasciano volentieri psicanalizzare dal grande santone.
Ma da oggi a Bertinotti il guru non piace più. Troppo alti i toni sulla querelle intorno a Liberazione. Basti pensare che il Fagiolone l’altro giorno ha definito il direttore Sansonetti «un eterno ragazzino del ’68, praticamente un malato di mente». E come se non bastasse, ha scoperchiato la pentola di Fagioli contro Nichi Vendola: «Per me può anche andare a letto con un termosifone, ma non si può essere allo stesso tempo gay, cattolico e comunista». Risultato? Bertinotti abbandona il gran maestro, Luxuria raglia contro l’omofobo e il segretario Paolo Ferrero lo difende: «Quanto è figo il guru se Bertinotti va nella sua libreria, ma quanto è stronzo se incoraggia il compratore di Liberazione?». E il partito affonda in una minestra di Fagioli. Dopo decenni di dibattiti sul comunismo, il socialismo dal volto umano, la terza via, la questione morale, dopo decenni di analisi sul partito, mai avremmo pensato che il partito sarebbe finito... in analisi.


il manifesto 4.1.09
«Psicodramma Liberazione»
L'Arcigay: «Fagioli come Mengele»
di (m. ba.)

La polemica sul caso «Liberazione» ormai valica i confini del Prc. Anche l'Arcigay prende posizione contro la vendita del quotidiano del partito all'editore Luca Bonaccorsi, imprenditore vicino allo «psicanalista» romano Massimo Fagioli. «Siamo indignati e stupefatti - scrive il presidente nazionale Aurelio Mancuso - che continui una polemica sulla pelle degli omosessuali, di cui lo psichiatra Massimo Fagioli si sta rendendo protagonista, diffondendo da alcuni giomi teorie allucinanti che subito portano alla mente quelle del famigerato dottor Mengele. Fagioli si vergogni di ritenere il rapporto tra uguali in odore di nazismo! Speriamo che 'Liberazione' non cada nelle grinfie di teorie pericolose e non sostenute da alcuna determinazione scientifica. Ma davvero Ferrero - si chiede Mancuso - intende affidare a questi personaggi il giornale del suo partito?».
La decisione è attesa entro il 15 gennaio. «L'assetto del giornale sarà definito alla luce del sole e in maniera trasparente», assicura a distanza il segretario. Nel frattempo però nel mirino c'è soprattutto l'antico simpatia tra Fagioli e Fausto Bertinotti. L'ex presidente della camera negli ultimi giomi non ha nascosto ai suoi l'assoluta contrarietà alla vendita di «Liberazione» a Bonaccorsi, tanto che ora è pronto a rompere ogni rapporto col giovane editore anche per la sua rivista di cultura politica «Alternative per il socialismo». Ma da qui a ripudiare la stima verso lo psichiatra dell'analisi collettiva ce ne corre. Secondo l'agenzia «Agi», che raccoglie dichiarazioni «nell'entourage dell'ex presidente della camera», tra Fagioli e Bertinotti ci sono «significative divergenze su giudizi attribuiti a Fagioli», ma rispetto ai seguaci dell'analisi collettiva «se e quando ci sarà un'occasione di confrontarsi come a Villa Piccolomini nel 2004 o all'Auditorium di Roma nel 2007, Bertinotti ci sarà». (m. ba.)


queerblog.it 4.1.09
Il quotidiano Liberazione rischia una svolta omofoba

Minaccia omofobica per Liberazione. Negli ultimi anni il quotidiano di Rifondazione comunista, diretto da Piero Sansonetti, è stato una delle poche voci apertamente schierate a sostegno dei diritti delle persone lgbt, sia quando ha cominciato a far scrivere Vladimir Luxuria - prima ancora che diventasse deputata - sia con Rina Gagliardi e altri editorialisti. Sempre più giornale autonomo, sempre meno voce del partito.
Adesso la nuova linea di Rifondazione - con le minoranze che si sono riunite per bocciare Nichi Vendola e promuovere segretario Ferrero - prevede anche un cambio alla guida del quotidiano, per cui il partito deve ripianare un forte debito. In cambio si prevede l’arrivo dell’editore Luca Bonaccorsi, già proprietario di Left, il vecchio settimanale Avvenimenti.


Iniziativa.info 3.1.09
Rifondazione ormai è affondata
di Valerio Pieroni

Da diversi giorni (o da diversi mesi?) è in atto uno scontro ferocissimo fra Vendoliani e la segreteria di Rifondazione riguardo la vendita del quotidiano Liberazione, reo di non essersi assoggettato alla nuova linea politica emersa dal congresso di Chianciano e che ha visto vincitore il neo segretario Ferrero. E durissimo è stato il commento di Vendola, che ha definito Rifondazione "una casa di spettri".
Ormai tutto fa pensare che la resa dei conti finale è vicina e che la scissione è sempre più inevitabile, anche se mi domando cosa si aspettava il caro compagno Vendola dal comunismo. Forse la libertà di stampa? Non ha mai sentito parlare del Nord Corea, della Cambogia o di Cuba?
Infatti, udite udite: a quanto pare già da qualche tempo dentro Rifondazione, quel che una volta era un insulto o un’accusa infamante, insomma un disvalore, ora risuona quasi come qualità da difendere, un valore indiscusso: il liberalismo. Infatti proprio un comunista duro e puro come Sansonetti è giunto ad accusare Ferrero per “la sua indole illiberale nei confronti dell’informazione”.
Accipicchia. Dove sono finiti i comunisti di una volta se pretendono dal proprio capo partito di essere più “liberale”.
Però in questa faccenda mi trovo costretto, una volta tanto, a dare ragione a Ferrero. Da che mondo è mondo, in un quotidiano, il direttore resta in carica finché ha la fiducia dell’editore. Quindi, se questa fiducia la perde, non deve rimanervi un minuto di più e deve liberare subito la sua scrivaniaper farci sedere un altro.
E poi, scusate, ma il finanziamento pubblico Liberazione non lo ottiene dal partito? E il giornale non è l’organo di questo partito? E la linea del partito e del giornale non la decide democraticamente il congresso che ha eletto segretario Ferrero, rimandando così a loro posto Giordano, Nichi Vendola e lo stesso Sansonetti?
D’altronde capisco pure che tutti i principi, democratici liberali e comunisti, vanno sempre a farsi benedire quando c’è di fronte il controllo di una grossa fetta di potere. Anche se parliamo di un piccolo partito cancellato nelle ultime elezioni. Il potere, infatti, è sempre potere e “logora solo chi non ce l’ha”, come ci ha insegnato il nostro Divo Giulio.
Insomma, nulla di nuovo sotto il sole: le belve rosse e messe ai margini del parlamento continuano a sbranarsi fra loro. Quindi, buon appetito Kompagni!


ieri ci era sfuggito:
Repubblica 3.1.08

L’Amaca
di Michele Serra

Liberazione tesse le lodi di Grand Hotel, «svago per le classi meno abbienti» (un titolo di copertina: "Piangono le figliolette di Al Bano"). E l´altro giorno, sulla Stampa, Walter Siti spara a zero sul «mito della televisione colta», buono per le «mezze calzette». Leggo, capisco o provo a capire le intenzioni, valuto i danni inferti soprattutto a se stessa dalla "sinistra snob", che un poco di puzza sotto il naso effettivamente ce l´ha. Ma se il rimedio è diventare così cinici da festeggiare il basso profilo, celebrando quei poveri surrogati di cultura che toccano in sorte al "popolo" (e dunque celebrando implicitamente la divisione in classi, la cultura per pochi, la bellezza per pochissimi) preferisco fare un passo indietro e tenermi stretto quel tanto di "snobismo" che mi basta a preferire Filumena Marturano a Mara Venier.
Mi domando, in aggiunta, se sia più snob coltivare il mito di una migliore qualità per tutti, oppure gongolare felici di fronte alla mediocrità (altrui), magari spacciando per raffinata operazione critica la rivalutazione di qualunque sbobba che si possa speziare con due paroline furbe. Più che snob, credo infine che sia soprattutto ingenua la sinistra che ha il mito dei libri e della cultura. E tra ingenuità e cinismo non ho dubbi: meglio la prima.

segnalazione di Clara Pistolesi















Segnalazioni di articoli di oggi sugli altri temi
:

A Gaza è battaglia campale. Dopo una settimana di bombardamenti e centinaia di morti, i carri armati israeliani hanno invaso la «Striscia»
dal manifesto

Repubblica 4.1.09
La guerra e l’etica della morte e della vita
di Eugenio Scalfari
su spogli

il Riformista 4.1.09
Hanan Ashrawi. Per Israele l'incursione si rivelerà un disastro
di Alessandra Cardinale
su spogli

Repubblica 4.1.09
Denuncia sull'Osservatore Romano. Gli esperti: pura fantascienza
"La pillola è aborto rilascia ormoni inquina e devasta l'ambiente"
di Paola Coppola
su spogli

Repubblica 4.1.09
"Ora il Papa alla Sapienza" il rettore sfida i laici
di Carlo Picozza
su spogli

Repubblica 4.1.09
Luca Cavalli Sforza replica all'editoriale del quotidiano della Cei
"Ognuno ha diritto alle sue idee"

"Il caso Englaro è intollarebile È ora che decidano i cittadini"
di Mario Reggio
su spogli

Repubblica 4.1.09
La seconda vita dell'Anarchia
di Guido Rampoldi
su spogli
Repubblica 4.1.09
Vecchi compagni e No control
di Jenner Meletti
su spogli
Corriere della Sera 4.1.09
Paolo Rossi. L’apocalisse può attendere.1
L'utopia La polemica con gli intellettuali «nuovi sciamani»
Contro il neo-catastrofismo di Asor Rosa, Ceronetti, Bodei
di Alberto Melloni
su spogli
Corriere della Sera 4.1.09
Paolo Rossi. L’apocalisse può attendere.2
La scienza Le sfide della modernità oltre tutte le certezze
Ottimisti e pessimisti assoluti così uguali sotto la maschera
di Giulio Giorello
su spogli
il Riformista 4.1.09
Testamento biologico. «Il mio partito deve dire se sta con me o con la Binetti e la Roccella»
Fine-vita, Marino sfida il Pd
di Alessandro Calvi
su spogli

sabato 3 gennaio 2009

IN UN LANCIO AGI RICEVUTO DA "SEGNALAZIONI" ALLE 18.39 E PUBBLICATO SU REPUBBLICA.IT: INTERVIENE MASSIMO FAGIOLI, qui di seguito


NEW!
Agi 3.1.09
ore 18.12
Liberazione: Fagioli, ho gran stima di Sansonetti e Bertinotti

(AGI) - Roma, 3 gen. - Ho grande stima di Sansonetti: con me è stato sempre correttissimo, non ho mai detto che è un malato di mente, come ho moltissima stima di Bertinotti: e se con entrambi ci sono punti di dissenso, ben venga il dissenso! A parlare è lo psichiatra Massimo Fagioli che fa chiarezza su alcune affermazioni 'false' a lui attribuite. "Non ho mai detto Sansonetti è un malato di mente - attacca lo psichiatra dell'Analisi Collettiva - ma ho detto che possono essere malati di mente coloro che si bloccano per stupor davanti alle formiche. Questa considerazione è poi diventata Sansonetti è un malato di mente". Una menzogna! "Che poi non abbia condiviso talune scelte di Sansonetti, come certi articoli apparsi su Liberazione sulla sessualità o il sesso, penso sia del tutto legittimo avere proprie opinioni - prosegue lo psichiatra - Se è venuto fuori un dissenso, bene, discutiamo". Quindi, tocca a Vendola. "Non ho mai detto che Vendola va curato, ho detto e lo ripeto che, per me, è una contraddizione teorica essere omosessuale, cattolico e comunista e per questa ragione e solo per questa - precisa - non ho condiviso che fosse candidato alla guida di un partito". E questo è stato un punto di dissenso con Bertinotti. "Ma posso aver un'opinione? Mi pare sia del tutto legittimo averla - aggiunge - questa opinione così formulata non è dire: Vendola è da curare". Nessun divorzio dunque con Fausto Bertinotti, come si fa sapere dall'entourage dell'ex-Presidente della Camera ma alcune pur significative divergenze su giudizi attribuiti a Fagioli, mentre se e quando ci sarà un'occasione come Villa Piccolimi del 2004 o l'Auditorium del 2007, Bertinotti ci sarà. Perché tutte queste menzogne, come quella dei 10 euro per ogni persona che va ai seminari di Analisi Collettiva che come si sa da quando ci sono, dal 1975, sono del tutto gratuiti, o quella di omofobia che tra l'altro non è chiaro cosa significhi o quella di essere editore, di star dietro a Luca Bonaccorsi nell'acquisto di Liberazione? "Me lo sono chiesto il perché di tutte queste menzogne su di me, il perché di questi attacchi - conclude lo psichiatra - Temono che la mia teoria si diffonda sempre più anche attraverso un giornale".
segnalazione di Carlo Patrignani

NEW! ORE 15.51
Agi 3.1.08 ore 15.51
rilanciato in rete da Repubblica.it
Liberazione: Ferrero, Fausto difende Sansonetti? Lo capisco

Fausto difende Sansonetti? Lo capisco, Piero dirige il giornale portando avanti il progetto politico del superamento di Rifondazione che è stato però bocciato al Congresso di Chianciano: lì ha vinto il progetto politico del rilancio di Rifondazione come abbiamo fatto per tanti anni tutti insieme, Fausto in testa. A parlare è il segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero che annuncia: "Liberazione avrà nel corso del mese di gennaio il suo assetto, sarà definito alla luce del sole ed in maniera trasparente". Ferrero non si pronuncia sui rapporti tra Bertinotti e lo psichiatra Massimo Fagioli: "non ho nulla dire, se non che a decidere è Fausto". Viceversa, quel che preme e molto a Ferrero è ribadire che "non si tratta di autonomia, non è in ballo l'autonomia di Sansonetti, ma il progetto politico che Piero persegue, che è quello sconfitto al Congresso". Ed in democrazia, il voto anche congressuale ha un suo peso e valore, conta eccome, invece si fa finta di nulla e si risponde "con la divisione 'amico-nemico' propria di una vecchia logica comunista superata", conclude Ferrero. (AGI)

NEW!
ORE 12.45

Agi 3.1.09, ore 12.44
rilanciato in rete dal sito de La Nuova Ferrara, e da quello de La Gazzetta di Modena, entrambe testate di proprietà del gruppo Repubblica-L’espresso, e da altre pagine su Internet
Liberazione: Sansonetti, mai avuto dubbi su Bertinotti
"Mi fa piacere e molto", così accoglie la notizia, riportata da 'Repubblica', del 'divorzio' di Fausto Bertinotti da chi qualche giorno fa lo ha definito "bambino del '68, malato di mente", lo psichiatra Massimo Fagioli. Piero Sansonetti, attuale direttore di 'Liberazione', che però la maggioranza del Prc, il tandem Ferrero-Grassi, vuole cambiare, è entusiasta "non ho mai avuto alcun dubbio su Bertinotti, lo conosco bene". E intanto lavora alla proposta d'acquisto della testata. "Sto preparando la mia offerta, ci sto lavorando - spiega - perché sia economicamente valida e rappresentativa dei giornalisti: così da essere alla pari con quella di Luca Bonaccorsi". Insomma, "darò battaglia fino di fondo", chiosa Sansonetti e conclude con un altro "mi fa piacere", ovviamente la notizia del 'divorzio'. Pat 031242 GEN 09. (AGI)


PIERO SANSONETTI ERA INTERVENUTO VENERDI 30 SU LA 7, A OMNIBUS
AVEVA PARLATO DI LIBERAZIONE E DI MASSIMO FAGIOLI
ADESSO LA REGISTRAZIONE DI QUELL'INTERVENTO È DISPONIBILE SU VIDEOSEGNALAZIONI



Repubblica 3.1.08 Prima pagina
La polemica
Lo psichiatra eretico che divide Rifondazione aveva attaccato Vendola e Sansonetti
E Bertinotti scarica il guru Fagioli
di Umberto Rosso

Bertinotti ai suoi sulla possibile acquisizione del giornale: "Stravagante la proposta del doppio direttore"
"Parole inaccettabili su Liberazione" e Fausto rompe con l’amico Fagioli
Lo psicanalista ha chiesto di allontanare chi ideò due pagine "su quel cretino di Freud"

Cala il sipario. A Bertinotti il guru non piace più. Addio a Massimo Fagioli, ascoltato santone per quattro anni dell’ex presidente della Camera. E bye-bye anche a Luca Bonaccorsi, discepolo fagiolino tutto di un pezzo, che vorrebbe mettere le mani su Liberazione, il quotidiano di Rifondazione, spronato dal segretario del partito Paolo Ferrero. Proprio l’assalto al giornale e al suo direttore Sansonetti sta sgretolando quelle consolidate amicizie di "politica&psiche". E sta aprendo uno spettacolare controvalzer di legami e alleanze dentro Rifondazione.
Con Ferrero lo «stalinista» che ora si ritrova al fianco il protagonista delle sedute di psicanalisi di massa a Trastevere. L’uomo che si è auto-intestata la svolta della non violenza dentro Rifondazione. Bertinotti invece, dopo giorni di interviste e dichiarazioni del maestro contro Sansonetti («eterno ragazzino del ‘68, praticamente un malato di mente») e Vendola («non può essere omosessuale, cattolico e comunista allo stesso tempo, va curato»), non ce l’ha fatta più, e ha deciso appunto che era arrivato il momento di prendere le distanze. Se non pubblicamente, almeno dentro il partito. Telefonate e massaggi riservati, affidati ai suoi collaboratori più stretti, per il direttore e il comitato di redazione del giornale.
«Nelle posizioni dei due io, sia chiaro, non mi riconosco affatto. Anzi, sono sconcertato e indignato. Il giornale deve vivere in piena autonomia, che Sansonetti ha garantito fin qui in modo eccellente». Amareggiato dalle manovre in corso al punto che l’ex leader del partito sta provando a tagliare fisicamente i ponti con Bonaccorsi, che della sua rivista «Alternative per il socialismo» è stato fin qui editore.
«In realtà - sottolineano però i redattori del bimestrale - il nostro editore si chiama Editori Riuniti. Bonaccorsi, attraverso Left, lo distribuisce ma l’abbinamento non funziona come dovrebbe, se nelle edicole fuori Roma la rivista è praticamente introvabile. L’accordo va riconsiderato». Uno sganciamento dalla galassia dell’editore cognato di Ivan Gardini (il figlio di Raul ne ha sposato la sorella Ilaria) che le polemiche di questi giorni stanno accelerando.
In considerazione del fatto che, secondo le confidenze di Bertinotti, il piano che il fagiolino e il suo guru hanno in testa sarebbe il seguente. «Il senso dell’intera operazione sta nella stravagante proposta del doppio direttore. Uno per la politica, che diventerà così il commissario dell’attuale segretario. L’altro che sovrintende alla parte culturale e informativa. E qui si corre il rischio di creare un corpo separato». Insomma, da una parte nelle mani di Ferrero, dall’altra il pericolo di una presa del potere dei fagiolini a Liberazione, trasformata in una specie di house-organ del guru romano.
I ricordi dei bei tempi a questo punto si fanno lontani e sfumati. Una storia cominciata una mattina del 2004, quando a Villa Piccolomini di Roma, presente anche Ingrao, scoppiò per la prima volta la scintilla. Bertinotti portato in trionfo dai fagiolini per il suo socialismo nuovo: sul sito restano ancora le parole di celebrazione dello psicanalista «mai prima d'ora qualcuno aveva, fra comunismo e libertà, messo le parole: realtà umana». Da quel momento i due diventano quasi coppia fissa.
Fagioli va ai congressi di Rifondazione, Bertinotti ospite d’onore alla libreria Amore&Psiche, il quartier generale al Pantheon del gran cerimoniere, che allarga i suoi consulti a dieci euro ai rifondaroli in crisi di identità. Certo qualche «stranezza» l’avevano notata, come quando Fagioli chiese all’allibito Sansonetti di licenziare in tronco la responsabile della cultura per due pagine su Freud, «quel cretino, quel criminale di Sigmund: la giornalista va cacciata».
Ora sugli scogli dell’assalto a Liberazione naufragano rapporti politici e personali. Perché, come dice l’ex capogruppo alla Camera Gennaro Migliore, che pure dei fagiolini è stato un fan, «se ti presti a certe operazioni politiche poi saltano anche i rapporti umani».


il Riformista 3.1.08
Fagioli e i cocci della sinistra
di Stefano Cappellini

Guai a chiamarlo psicanalista. Massimo Fagioli non può avere alcuna stima di gente che svolge una professione fondata da un «imbecille» (così Sigmund Freud secondo la definizione del suddetto). Fagioli è psichiatra. E il suo destino storico-professionale sembra esser quello di raccogliere i cocci della sinistra.
Quando più di trent'anni fa cominciò le sue sedute di analisi collettive, la cosiddetta «psicoterapia di folla», che gli costò - non da sola, visti i giudizi su Freud - l'espulsione dalla Società italiana di psicanalisi, c'erano molti reduci del 1968 e delusi precoci del 1977 ad affollare le riunioni di Villa Massimo, sede universitaria in assemblea permanente, tutti a caccia di una fuga più o meno esotica dalla politica. In quegli anni qualcuno scappò dalla militanza dandosi all'India, alla macrobiotica e al buddismo. Qualcun altro si diede a Fagioli. Oggi che il fagiolismo è, soprattutto a Roma, una religione per migliaia di persone e le sedute - «interminabili comizi» secondo i detrattori, «esperienza impagabile» secondo gli adepti, che però la pagano con un'offerta volontaria al termine della seduta - si svolgono a Trastevere, in un vecchio palazzo di piazza San Cosimato, lo psichiatra si trova a essere protagonista di un altro storico riflusso, quello al capezzale della sinistra rifondata.
Negli ultimi anni ha infatti stretto un rapporto molto intimo con Fausto Bertinotti e, cosa meno nota, anche con un altro bel pezzo di classe dirigente del Prc: l'ex capogruppo alla Camera Gennaro Migliore, l'ex sottosegretario agli Esteri Patrizia Sentinelli, la giornalista Rina Gagliardi, che a Fagioli ha anche dedicato una poesia, di cui un paio di versi sono finiti qualche tempo fa nella rubrica che lo psichiatra tiene su Left (rubrica sacra e intangibile, come hanno scoperto un paio di direttori messi alla porta dall'editore Luca Bonaccorsi, fagiolino doc e aspirante compratore di Liberazione). Tutti stregati - i capi rifondaroli - dal carisma dell'uomo, un signore dalla fluente chioma argentea che accompagna il suo eloquio forbito con smorfie e birignao a mezza via tra il dandismo del Mughini di Controcampo e il trombonismo del Gassman dei "Mostri" (episodio del grande attore).
Secondo i più informati biografi bertinottiani, il contatto tra il subcomandante e l'autore di opere come "Bambino donna e trasformazione dell'uomo" è Chiara Ingrao, sorella di Pietro. La scintilla intellettuale scoccò a un pubblico dibattito nel 2004 e avvampò subito, tanto che di lì a poco il leader del Prc scelse la libreria di Fagioli nel centro storico di Roma, Amore e Psiche, per lanciare la sua corsa alle primarie del centrosinistra in cui sfidò Romano Prodi. Gli interni della libreria sono firmati da Fagioli stesso, che si offende se lo si chiama psicanalista, ma non ha nulla in contrario a essere chiamato architetto, scultore, regista, sceneggiatore, tutte attività in cui si è cimentato o non ha mai smesso di cimentarsi. Fagioli ha personalmente progettato il Palazzetto bianco, una costruzione nel quartiere Piccolomini ultimata nel 2005, meta di pellegrinaggio per i fagiolini, e ha disegnato, tra gli altri, gli interni dell'appartamento dell'imprenditore Matteo Fago - figlio di una nota famiglia di cinemtografari romani e, secondo molti, la vera mente delle operazioni editoriali di area fagiolina - presso cui vengono organizzate periodiche visite guidate. Si racconta di signore scioltesi in lacrime di commozione davanti alla poesia delle colonne storte e al simbolismo delle soluzione psico-geometriche adottate dal nostro per casa Fago.
Poi c'è il cinema. Fagioli ha presentato la sua opera prima, e finora unica, "Il cielo della luna", al Festival di Locarno del 1998. I pochi che l'hanno visto ne parlano come di una pellicola stracult, per la narrazione che definire criptica è un eufemismo. In compenso ad applaudirla in sala c'erano centinaia di fagiolini saliti a Locarno a proprie spese, pronti a difendere il maestro dalle sghignazzate dalla critica militante. Del resto, la claque segue Fagioli ovunque. All'università di Chieti, dove da qualche anno lo psichiatra tiene dei corsi, in aula si incontrano molte delle facce che tre o quattro volte a settimana si riuniscono a piazza San Cosimato.
Al cinema, comunque, Fagioli è noto soprattutto per la collaborazione con Marco Bellocchio, il quale reduce dalla stagione filo-cinese, e dopo aver scoperto le virtù della terapia anti-freudiana, ha firmato praticamente a quattro mani con il suo terapeuta una manciata di pellicole a cavallo tra anni Ottanta e Novanta. Famigerate (e fonte di disperazione del produttore Leo Pescarolo) le incursioni dello psichiatra sul set di "Diavolo in corpo", liberamente ispirato al romanzo di Radiguet, per suggerire l'improvvisazione di scene, battute e situazioni, una delle quali è rimasta nella storia del cinema italiano. Fu Fagioli a ispirare a Bellocchio una scena di fellatio, che il regista girò chiudendo la statuaria Maruschka Detmers in una stanza, sola con il fortunato co-protagonista e la macchina da presa, senza nemmeno l'operatore. Ancora più diretto il contributo al "Sogno della farfalla", film del 1994 per cui Fagioli scrisse la sceneggiatura e che non a caso porta lo stesso titolo della rivista ufficiale della sua corrente. Il film racconta la storia di un ragazzo che in polemica col mondo sceglie di chiudersi nel silenzio e di parlare solo come attore sul palcoscenico. La qualità dei dialoghi, didascalie medico-scientifiche travestite da aforisma o da prosa in versi, all'epoca spinse i pochi spettatori in sala a rimpiangere che il ragazzo non avesse optato per un mutismo assoluto.

il Riformista 3.1.08
Prc annuncia: a Liberazione un nuovo direttore a gennaio

Entro gennaio il nuovo direttore e nel 2009 Liberazione dovrà reggersi sulle sue gambe, Rifondazione comunista non ha più soldi dopo aver fatto i conti con il buco di tre milioni e mezzo di euro del suo quotidiano nel 2008. Claudio Grassi, numero due del Prc e responsabile organizzazione, conferma le decisioni assunte dal Comitato politico nazionale, il parlamentino del partito, e sottolinea: «C'è urgenza di intervenire in modo rigoroso. Andremo avanti con quanto è stato stabilito, non abbiamo alcuna intenzione di tornare indietro». A prendere la decisione finale sarà, secondo statuto, la direzione del Prc, che con ogni probabilità si terrà entro la metà di gennaio. Al momento non si fanno nomi sul nuovo direttore, ma in passato era emerso quello dell'ex capogruppo di Rifondazione al Senato, Giovanni Russo Spena, mentre non è da escludere una soluzione tra le professionalità interne. «Sansonetti - dice ancora Grassi - ha portato Liberazione in un vicolo cieco, in una situazione sostanzialmente fallimentare».

il Riformista 3.1.08 Prima pagina
Giù le mani dal mitico Grand Hotel
di Cinzia Leone

Sansonetti contrattacca difendendola chiave pop (popular) della linea editoriale e schiaccia la palla titolando l'ultimo numero dell'anno: «Grand Hotel fa schifo? Viva Grand Hotel»

Non si parla male delle sessantenni. Almeno, prima, ci si documenta. Grand'Hotel, fresca di compleanno, la rivista che per sessant'anni ha strapazzato i cuori delle italiane è oggi al centro della querelle attorno a Liberazione. Lo psicoanalista Massimo Fagioli l'accusa di dare troppo spazio a Luxuria e al mondo gay.
Sansonetti contrattacca difendendola chiave pop (popular) della linea editoriale e schiaccia la palla titolando l'ultimo numero dell'anno: «Grand Hotel fa schifo? Viva Grand Hotel». Dietro c'è molto di più di una diatriba su quello che è o non è "popolare". Storie di nuovi proprietari, di cordate, di linea politica insomma e di rese in edicola. Tutto è nelle mani della segreteria di Rifondazione. In attesa del responso sul malato scendiamo in campo in difesa della pietra di paragone chiamata in causa con leggerezza. Stiamo parlando di uno dei più importanti successi editoriali del dopoguerra. L'unico, l'inimitabile, l'irraggiungibile (ci dispiace, anche per Sansonetti) Grand Hotel.
Nasce nel '46 e fin dal primo numero va a ruba costringendo l'editore a quattordici ristampe. Erede naturale della grande tradizione del feuilleton inventa un nuovo genere letterario: il fotoromanzo.
Prima disegnato da grandi firme, una per tutte Walter Molino, con tavole in bianco e nero realistiche ad imitare la tecnica fotografica, poi è realizzato direttamente con set fotografici paragonabili a quelli del cinema. Un genere tutto italiano, nato da un'idea di Cesare Zavattini, ma che dilagherà in Europa e in Sudamerica.
Racconti d'amore e non solo, ricchi di spunti di cronaca e di attualità: uno strumento di alfabetizzazione per le classi povere e una vera "scuola quadri" per le donne uscite dalla guerra e assetate di modernità. Farcito di eroine romantiche ma anche di tipe toste, viaggia in parallelo al neorealismo stemperandolo e addomesticandolo ma insieme diffondendone i valori. Attraverso le pagine di Grand Hotel e dei fotoromanzi crescono le generazioni, e passano i messaggi, smielati e retorici ma si insinua anche il nuovo. Le trame, spesso scritte da sceneggiatori di cinema o da scrittori in bolletta nascosti da pseudonimi fantasiosi, raccontano i campiamenti della società e del costume: la coppia in crisi, il controllo delle nascite, il divorzio, le donne che lavorano.
I fotoromanzi saranno la palestra e spesso il trampolino di lancio di grandi attori: Vittorio Gassman, Sofia Loren, Giorgio Albertazzi, Silvana Pampanini, Alberto Lupo, Gina Lollobrigida, Silvana Mangano, Raf Vallone. E anche di Achille Togliani, Mike Bongiorno, Ornella Muti, Laura Antonelli, Isabella Ferrari, Massimo Ciavarro, Philip Leroy, Alessio Boni.
Viaggia in osmosi con il cinema. Senza i fotoromanzi e senza Grand Hotel non avremmo avuto lo "Sceicco bianco" di Fellini. Prima che la televisione prendesse campo, e anche dopo, tutti o quasi, rinnegandolo o rivendicandolo, sono passati per le pagine dei fotoromanzi. Soap opera e reality sono una pallida imitazione della ricchezza di trama e di messaggio che i fotoromanzi di Grand Hotel e non solo, erano capaci di mettere in campo. Parliamo anche di numeri. La terna Grand Hotels, Bolero e Sogno, negli anni Cinquanta, si spartiva settimanalmente non meno di 1.600.000 copie di venduto. Un pubblico invidiabile anche per l'auditel.
Le nostre madri o le nostre nonne, senza La Domenica del Corriere, Noi donne, Famiglia cristiana, e anche senza i fotoromanzi, sarebbero di certo diverse.
Anna Bravo per definire il genere nel suo saggio "Il Fotoromanzo" per il Mulino dice «Per resistere alla cultura di massa, si pensa in quegli anni, bisogna essere colti, adulti, scaltriti e preferibilmente maschi». La Bravo ha ragione ma non c'è bisogno di rispolverare Franco e Ciccio o i film pecorecci anni 70 e trasformarli a forza in cult. Non è obbligatorio tifare reality per essere popolari. Grand Hotel la sapeva lunga. Al posto di Sansonetti, sotto sotto, saremmo orgogliosi del paragone. Forza Pop.

Panorama 2.1.08
Guerra per Liberazione: la testata “rossa” in crisi d’identità

Non c’è pace nella sinistra. E non si respira una bella aria a Liberazione. Il conflitto interno ruota attorno ad un nome: Luca Bonaccorsi, direttore editoriale del settimanale Left, interessato a rilevare il quotidiano guidato oggi da Piero Sansonetti. Apriti cielo, non se ne parla proprio, no allo “spauracchio di un compratore-choc”, non andremo mai con il “discepolo dello psicanalista Massimo Fagioli”, recita una nota del giornale.
Il cui direttore, ospitato da Repubblica, domenica si sfogava così: “Bonaccorsi accusa il manifesto di voler cancellare Liberazione, ma può essere lui il vero affondatore”. E ancora: “So che punta a una svolta a destra del quotidiano con una linea antifemminista e omofoba”. La soluzione migliore, per lui, poco gradito - diciamo così - al nuovo leader del partito, Paolo Ferrero, sarebbe un’altra: “Sto lavorando a un’associazione di chi lavora qui”, perché “possiamo prenderlo noi, il giornale”. Un’associazione che gestisca la testata, “insieme con un comitato di garanti, composto da figure illustri”.
Non si fa attendere la replica di Bonaccorsi: “Il comportamento di Sansonetti mi sembra inqualificabile e le sue affermazioni, che spero smentirà, gravissime. Io antifemminista e omofobo? Ormai siamo alle bugie palesi e alla diffamazione”. A questo punto, aggiunge, “è evidente che anche dentro Rifondazione c’è un caso Villari”. Cioè, Sansonetti rimane “aggrappato alla poltrona” pur “mettendo a rischio i lavoratori”.
A contendersi il quotidiano del Prc, ci sono insomma due diverse generazioni: quella del ‘68, guidata dal 60enne Sansonetti e quella che rifiuta il ‘68, pilotata dal 40enne Luca Bonaccorsi. “La mia battaglia la farò fino in fondo: posso vincere o perdere, ma non mi tiro indietro e spero che Ferrero consideri l’offerta formulata da me e altri colleghi alla pari con quella di Bonaccorsi”, dice Sansonetti. “Piero ha già perso, è l’unico che non se ne è ancora reso conto: la sua proposta d’acquisto? Come può essere credibile la proposta di risanamento fatta da chi ha portato Liberazione al disastro, a perdere 3,5 milioni di euro l’anno?”, nota Bonaccorsi vicino sia a Fausto Bertinotti che a Massimo Fagioli.
Non poteva mancare nel “dibattito” la voce del segretario del Prc. Sempre intervistato da Repubblica, Ferrero respinge le accuse dei suoi detrattori. Oggetto del contendere, il legame tra Bonaccorsi e lo psichiatra-guru Massimo Fagioli, “che debbo rispondere” attacca Ferrero “che siamo alla schizofrenia? Quanto è figo il guru Fagioli se Bertinotti va nella sua libreria ‘Amore e psiche’ nientemeno che ad aprire la campagna elettorale. Ma quanto è stronzo se invece incoraggia Bonaccorsi, che tratta con Ferrero per Liberazione”.
Ma l’ira di Ferrero non si ferma qui: “E non basta”, aggiunge. “Bonaccorsi” ricorda il leader del Prc “è l’editore di Alternative per il socialismo, la rivista di Bertinotti, bravissimo allora. Ha finanziato la riunione della minoranza, a Roma, a metà dicembre. Un grande. E fa Left, punto di riferimento per i vendoliani. Eccezionale. Poi, ne parlo io, e patatrac, tutti questi stessi compagni mi massacrano. Stalinista. Affossatore del giornale. Imbroglione”.
Ferrero non arretra nemmeno nel giudizio sull’attuale direzione del quotidiano, affidata a Piero Sansonetti, considerato un pasdaran dell’area Vendola: “Il buco di tre milioni e mezzo è già al netto del contributo per l’editoria”, sottolinea, e ricorda che “prima di Sansonetti del resto eravamo a diecimila copie. Ora circa a metà”.
Al di là di come andrà a finire, non è certo un bel viatico. Tanto più che ieri mattina, proprio sotto la redazione di viale del Policlinico, a dissentire sul progetto c’era pure la vincitrice dell’Isola dei famosi - osannata proprio per questo dal quotidiano del Prc - insieme al circolo di cultura omosessuale Mario Mieli. “Bonaccorsi e Fagioli” attacca Luxuria “hanno criticato, tra l’altro, il fatto che Liberazione si sia occupata troppo di sesso. Non vorremmo ora essere costretti a rivolgerci all’Osservatore romano o all’Avvenire per parlare di questi temi, bensì continuare ad avere uno spazio su un giornale di sinistra, che ha sempre considerato la libertà sessuale come parte integrante della grande lotta per l’uguaglianza”.


Liberazione 3.1.08 Prima pagina

Dice di non essere omofobo. Ma leggete che scrive...
Piccola antologia del Fagioli-pensiero
di Franco Grillini

Nessuno lo ha mai intravisto al gay pride, a menoché non sia venuto travestito da drag queen. Dicono che non è omofobo, ma...

Ho partecipato al sit-in per Liberazione, perché non posso non esprimere preoccupazione per quel che sarà la gestione del quotidiano stesso una volta che l'imprenditore Bonaccorsi ne avrà rilevata la gestione. Bonaccorsi, infatti, vuol dire avere a che fare con lo psichiatra Fagioli verso la cui presenza siamo molto critici sia per il suo ruolo nelle riviste del Bonaccorsi stesso sia per le difese d'ufficio a spada tratta dicendo che lo ha visto persino al gay pride, e quindi non può essere omofobo.
Ma a parte il fatto che nessuno di noi lo ha mai intravisto, a meno che non sia venuto travestito da drag queen, il fatto non vuol dire proprio nulla. Se uno è omofobo rimane tale anche se va al gay pride. Le dichiarazioni anti-omosessuali di Fagioli sono così nette e circostanziate che non lasciano adito a dubbi e dato che è invalsa la moda di rovesciare il significato dei termini per cui ogni qual volta il movimento lgbt critica posizioni e teorie esplicitamente omofobe si viene tacciati di intolleranza o di "violenza delle minoranze" o peggio ancora di eccesso di politicamente corretto (vedi il cardinal Caffarra di Bologna nell'omelia natalizia) vorremmo fornire ai lettori di Liberazione e agli amici della sinistra un'antologia del Fagioli-pensiero.
Lo facciamo con una certa tristezza perché si pensava di non dover più discutere di omosessualità come psicopatologia, ci eravamo illusi che l'argomento fosse del tutto superato. Ma se a parlarne in questi termini è uno che pretende di essere di sinistra allora è bene mettere i puntini sulle "i" in modo tale che ognuno possa poi giudicare. Con una premessa: l'Oms ha cancellato definitivamente dal suo elenco delle malattie mentali l'omosessualità a partire dal primo gennaio del 1993 e definisce l'omosessualità in due modi: «variante naturale del comportamento umano», «una caratteristica della personalità».
Per l'Oms, oltreché per il buon senso, non si può più parlare di omosessualità come malattia ed anche l'organizzazione degli psicologi e degli psichiatri ha detto parole assai chiare da questo punto di vista in occasione delle polemiche con la signora Binetti. Ma vediamo cosa dice lo psichiatra Fagioli in una intervista al Venerdì di Repubblica del 20/02/2004 e mai smentita: «Se a livello culturale uno vuole discutere, fare ricerca scientifica, allora è un altro discorso: allora si fa un convegno e si studia che cos'è l'omosessualità, perché l'omosessualità, come viene l'omosessualità. Il discorso diventa lunghissimo perché non è soltanto una questione "psicopatologica personale" (virgolette nostre, ndr ), privata, ma è una storia culturale generale. Di cui ci siamo ampiamente occupati, cioè ancora molto poco, perché dovremmo occuparcene molto di più. Parte dalle religioni, parte dalla Ragione, dal logos occidentale».
Non contento il nostro prosegue: «Ecco. C'è questa grande distinzione per cui quella minoranza di omosessuali espliciti, dichiarati, che hanno deciso, rappresenta il problema meno importante. Se invece io scopro che non è affatto vero che esiste una pulsione omosessuale originaria come diceva Freud; se scopro, come ho scoperto, la pulsione di annullamento, la negazione, la bramosia, il desiderio. posso dire che non è affatto come diceva Freud. E soprattutto posso affermare che il desiderio riguarda soltanto il rapporto eterosessuale! Dall'altra parte non c'è desiderio, non esiste, è una negazione. Per il resto se io preferisco passare le vacanze con una bella donna invece che con un uomo, me la lasci questa libertà? E quindi se lui vuole passarle con un uomo, con Romain Rolland o con Fliess, ci vada. Ma poi non può affermare che c'è una pulsione omosessuale originaria in tutti gli esseri umani!».
Ed ecco il gran finale: «Il discorso dell'immagine interiore è fondamentale. (Gli omosessuali, ndr) Non ce l'hanno. Hanno soltanto la figura esterna, per cui magari diventano grandi stilisti, ma il rapporto con l'interno delle donne, quello non esiste. Insomma, massimo rispetto per tutti. Ai limiti, nella misura in cui gli omosessuali rivendicano i diritti civili, io vado con loro a fare la manifestazione. Se però vengono nel mio studio privato, dicendo: io sto male. Rispondo: amico mio, tu questa omosessualità la devi affrontare, perché l'omosessualità non fa star bene. Perché non è un'identità. Chiaro?»
Psicopatologia, identità che non esiste, omosessualità che non fa star bene, immagine interiore inesistente, Freud è un cretino perché parla di bisessualità originaria di ogni essere umano, i gay non hanno nemmeno il desiderio perché sono una negazione. Onestamente fa rabbrividire il solo pensare che un "paziente" abbia a che fare con un terapeuta che la pensa in questo modo. Ma fa riflettere anche su di una certa sinistra che ha queste frequentazioni. Ci dobbiamo chiedere infatti se la cultura dei diritti civili e delle libertà personali e individuali abbia fatto veramente breccia nella sinistra italiana e più in generale nel cosiddetto mondo progressista. Me lo chiedo perché mi capita molto spesso, soprattutto negli ultimi tempi, di avvertire un certo fastidio, una certa sufficienza, un certo malanimo verso il mondo lgbt anche in alcuni ambienti che viceversa dovrebbero essere schieratissimi su queste tematiche e che invece invocano le cosiddette priorità: prima la giustizia sociale poi i diritti civili, che ovviamente sono un lusso borghese.
La vicenda che in questi giorni sta scuotendo Rifondazione e questo quotidiano ha anche tutto ciò come posta in gioco: l'esistenza e la forza in Italia di una sinistra veramente libertaria, capace di usare la leva dei diritti individuali, della bandiera dell'autodeterminazione come strumento di liberazione collettiva. E' quel "pane e le rose" che tanto ci ha entusiasmato negli anni '70 che non a caso ci hanno dato le uniche vere riforme sui diritti umani e civili che abbia questo povero paese: il divorzio e l'aborto.


Liberazione 3.1.08 Prima pagina
Uno scontro politico a perdere (il giornale)
Liberazione: la nostra pelle per un epitaffio, compagni?
di Anubi D'Avossa Lussurgiu

Giornata tipo di uno che lavora a Liberazione. Ieri. Uno si alza la mattina, siccome fa il giornalista compra i giornali (questi ordigni della deforestazione) e sul quotidiano più letto in Italia trova l'ennesima polemica sulle sorti del suo posto di lavoro. Stavolta è il massimo esponente del partito ad oggi proprietario di Liberazione, Paolo Ferrero, segretario nazionale del Prc. E stavolta non c'è botta e risposta col direttore Sansonetti. Né botta e risposta tra direttore e autore della "lettera d'interesse" ultima puntata della saga, Luca Bonaccorsi. E neanche botta e risposta tra Massimo Fagioli e Vendola e Giordano. Tanto meno parla Fausto Bertinotti, da tutti l'un contro l'altro preso a referente di questo allegro massacro. Tant'è, nell'intervista concessa a Umberto Rosso dal segretario Prc ci sono tutti. E così al pomeriggio nell'immancabile replica via agenzia: di Maurizio Zipponi, «componente della Direzione nazionale di Rifondazione Comunista», come recita il take. Epilogo quotidiano in serata: controreplica indiretta, stessa agenzia, parla Claudio Grassi, «numero due del Prc e responsabile organizzazione».
Cominciamo dall'intervista al segretario. Intervistatore: «...la valanga sta per abbattersi sul direttore». Ferrero: «Se mi trovano tre milioni e mezzo di euro sono pronto pure al passo indietro. Quello lì è il buco del 2008 che il partito è chiamato a coprire. E non ce la facciamo più». Poi: «Anche perché la minoranza gioca scientificamente allo sfascio». Più oltre, intervistatore: «Liberazione così non dura?». Ferrero: «La metto in un altro modo: quanto dura così il partito della Rifondazione comunista? Buttiamo dentro il giornale più quattrini che per le nostre iniziative politiche. E' come l'Unità che andava trascinando nel baratro anche il Pci». Mutatis mutandis, si suppone. E ancora, intervistatore: «...L'editore Bonaccorsi, da lei stesso lanciato a sorpresa. Un kamikaze o uno che punta ai soldi pubblici?». Ferrero: «...il buco di tre milioni e mezzo è già al netto dei contributi per l'editoria, già calcolati in quel deficit. Non si possono perciò fare giochetti con i contributi». E quindi, quasi alla fine, l'intervistatore annota: «L'editore non ha presentato un piano». E Ferrero: «Perché siamo ancora nella fase della manifestazione di interesse. Il piano arriverà presto, subito dopo le feste. Vedremo. Valuteremo. Insieme ad altre eventuali offerte». Ma prima: «Bonaccorsi è l'editore di Alternative per il socialismo, la rivista di Bertinotti, bravissimo allora. Ha finanziato la riunione della minoranza, a Roma, a metà dicembre. Un grande. E fa Left, punto di riferimento per i vendoliani. Eccezionale. Poi, ne parlo io, e patatrac, tutti questi stessi compagni mi massacrano». Conclusione dell'intervista, ricorda Rosso: «...Sansonetti: date il giornale ai giornalisti, con un comitato di garanti». Ferrero: «Discuteremo anche dell'ipotesi cooperativa. Ma sempre che ci dicano anche come ripianare il buco».
Ed ecco Zipponi, allora. Attorno a Liberazione, dice il «componente della Direzione Nazionale di Rifondazione Comunista», si misura il «degrado» di un «fallimento» più grande: «I dirigenti di Rifondazione non hanno, non vogliono prendere atto che il voto del 13-14 aprile ha sancito la fine anche in Italia del comunismo come modello sociale ed economico, il cui funerale è stato celebrato al Congresso di Chianciano». Il lettore tralascia l'effetto di transfert da crisi esistenziale e va avanti: «Ferrero prende lucciole per lanterne quando scambia Liberazione per Rifondazione, dei due chi è in una situazione disastrosa è Rifondazione». Dunque? Dunque ce n'è anche per Sansonetti: il quale «non può pensare che i diritti civili, parte di certo significativa del livello di civiltà, siano il socialismo del 21 secolo». Il lettore-redattore supera ancora il senso di smarrimento e scopre infine che a questo punto, per Zipponi, il direttore «deve saper calare un piano editoriale messo a punto con altri giornalisti che sia il cuore del rilancio e della ricerca di nuovi investitori anche privati, in un progetto politico in direzione del socialismo di sinistra»...
Ultimo, arriva Grassi: «Andremo avanti con quanto è stato stabilito, non abbiamo alcuna intenzione di tornare indietro». Da dove? Intanto, «per quel che riguarda la direzione politica del giornale abbiamo deciso di individuare un nuovo direttore». Motivazioni, le stesse cifre dette dal segretario e «politicamente» il fatto che non è «giusto che il giornale, così cospicuamente finanziato dal partito, si faccia portavoce di una opzione alternativa a quella emersa all'ultimo congresso». E l'agenzia riferisce che sarà la direzione del Prc a prendere la decisione, entro la metà di gennaio. Sembrerebbe dunque che la questione di chi dirige il giornale non debba più rilevare. Resterebbe il problema dei costi, dunque del futuro, dunque alla luce dell'offerta la questione della vendita: «Non abbiamo deciso nulla ma come tutti avrebbero fatto abbiamo chiesto di andare a vedere se si tratta di una proposta concreta o meno. E d'altra parte non si capisce perché questo editore vada bene per la rivista di Bertinotti, mentre è uno scandalo se si interessa di Liberazione».
Conclusione del lettore, che lavora a Liberazione: apparentemente, anzi formalmente, qui c'è un solo fantasma ed è proprio il giornale. Il solo, insomma, che non c'è.
Perché? Primo perché: sull'andamento delle vendite in edicola si continuano a leggere cifre e versioni contraddittorie. Così pure differenti interpretazioni, vista la coincidenza della "fase discendente" con l'ascesa (si fa per dire) al governo del partito-proprietario, il Prc, dai prodromi del congresso di Venezia attraverso le elezioni del 2006 fino allo sprofondo del 2007.
Secondo perché: a proposito di quanti soldi coprono il «buco» del 2008 nemmeno quelli sono certi. Siccome il lettore che lavora a Liberazione nel caso di chi scrive è pure nel comitato di redazione, gli è capitato il 30 dicembre d'udire il tesoriere del partito, nuovo amministratore unico in pectore della società editrice, certificare che il raddoppio del capitale sociale fatto approvare agli organismi del Prc non è avvenuto né per il momento avverrà «visto l'alto rischio finanziario». Mentre il ripiano delle perdite è «societariamente obbligato», ma avviene «mese per mese». Dunque, sul fatto che il «buco» sia grande e insopportabile non ci piove: sul saldo finale del ripianamento da parte del partito, invece, poche certezze.
Terzo perché: viene indicata comunque la cifra di 3 milioni e mezzo come soglia su cui misurare gli impegni economici di eventuali acquirenti e però dall'editore "interessato", ad oggi, non solo si attende un piano ma pure si ignora la disponibilità quantificata e le modalità di quell'impegno. Anche magari solo le garanzie bancarie, per le quali i contributi pubblici all'editoria contano eccome: come conterebbe il patrimonio, di cui pure in termini immobiliari il Prc, ad esempio, dispone solidamente. Si sono sprecate, invece, le esternazioni sulla linea politico-editoriale.
Infine, all'ombra di «tre milioni e mezzo di buco», dopo aver sospeso una trattativa sindacale bocciando un piano di ristrutturazione perché si sarebbe rilevato uno scostamento di un milione (uno) dall'obiettivo del pareggio per il 2009, pare darsi per scontata da parte di tutti la vendita del giornale. Fra quella "lettera d'interesse" e una proposta del direttore di volta in volta da terzi qualificata come «ipotesi cooperativa» (ma questa dovrebbero farla i redattori) o «piano messo a punto con altri giornalisti» (quali? e i restanti redattori?). Il tutto ben prima che, a proposito di compravendite, si possa anche solo parlare di soldi. Cioè garanzie. Del lavoro.
Ma soprattutto: sembra che a contare sia soltanto ciò che sta principalmente fuori, anzi sopra Liberazione (e chi ci lavora). Insomma lo scontro politico aperto dalla batosta elettorale di aprile, dalla scomparsa dal Parlamento; e passato per il congresso del Prc e postumi.
Così, Ferrero ha ben ragione di affondare la lama dell'accusa di «schizofrenia» (tanto per rimanere nella moda della "malattia mentale"...) quando si riferisce a chi s'è accompagnato a Bonaccorsi finora e adesso che questi «tratta con Ferrero per Liberazione» lo sbrana e ne viene sbranato. Ma, come dire, che c'azzecca con il giornale? Che cosa, con la materia che sola è decisiva per il futuro del giornale e cioè la qualità dell'offerta editoriale, la sola evanescente per tutte le interviste, gli articoli, le prese di posizione eccezion fatta per la «preoccupazione» espressa da Fnsi e Stampa romana?
E d'altra parte: che c'azzecca con il giornale (un giornale è un giornale è un giornale...), il «funerale del comunismo» attribuito da Zipponi al congresso di Chianciano dopo la «morte» nelle urne? E che cosa il «socialismo di sinistra» che propone al direttore come punto di riferimento per il piano editoriale d'un giornale che i contributi pubblici li prende come organo del partito della rifondazione comunista?
Domande così, per sapere. Per esempio se, attraverso lo "spettro" che pare essere questo giornale, si voglia proprio dare ragione a Guido Moltedo: che ieri su Europa , da buon ex capace di avvertire dell'interesse d'un Mieli per «storie che sputtanano quel che resta della sinistra», contrapponeva il «tragico vaudeville» su Liberazione ad un momento nel quale «intorno a loro il mondo che il Prc ha sempre combattuto crolla e i suoi dirigenti, maggioranza e minoranza, non dovrebbero far altro che scuotere l'albero della crisi».
La nostra pelle per un epitaffio, compagni?


Liberazione Lettere 3.1.08
Ormai non ci riconosciamo in "Liberazione"

Gentile direttore, seguendo l'interminabile querelle intorno al futuro di "Liberazione" mi sorgono spontanee alcune domande: 1) l'editore Luca Bonaccorsi, secondo i resoconti di "Liberazione", probabile acquirente della testata, non è anche l'editore di "Left", settimanale molto vicino alle posizioni della mozione 2 e dove l'ex segretario Franco Giordano tiene una rubrica fissa insieme a Massimo Fagioli? 2) Luca Bonaccorsi, non è anche l'editore del bimestrale diretto da Fausto Bertinotti "Alternative per il socialismo"? 3) Sbaglio oppure la presentazione della candidatura di Fausto Bertinotti alle primarie dell'Unione si tenne presso la libreria di Massimo Fagioli? Allora se tutte queste mie domande corrispondono al vero, come mai vi siete accorti solo ora delle posizioni sessiste e omofobe di Bonacciorsi e Fagioli? Non è forse che tutta questa polemica, serve solo per continuare a delegittimare una maggioranza congressuale eletta democraticamente dal congresso di Chianciano? Sono il segretario di un piccolo circolo Prc del Molise, per anni abbiamo fatto la distribuzione militante di "Liberazione", oggi a partire dal sottoscritto troviamo molta difficolta nel riconoscere "Liberazione" come un proprio strumento da far leggere e condividere con la società. "Liberazione" è patrimonio di tutto il Prc e non solo di chi vuol sciogliere questa anomalia politica.
Silvio Potente segretario circolo Prc Palata (Cb)
Caro Silvio, provo a rispondere alle tue domande, e lo farò in modo sincero e diretto. 1) Mi risulta che Franco Giordano abbia interrotto la sua collaborazione con il settimanale "Left". In ogni caso il problema era ed è suo e non riguarda "Liberazione". 2) Come sopra, spetta a Fausto Bertinotti rispondere, non sicuramente a noi. 3) Non sbagli, ma anche in questo caso "Liberazione" cosa c'entra? Mi risulta che la decisione venne presa dalla segreteria nazionale e che nel partito non ci furono particolari sommovimenti, o almeno nessuno ne diede segno. Noi siamo un giornale non un ente organizzatore. 4) Per tua conoscenza, non ce ne siamo accorti da oggi di quelle posizioni, ma da sempre. Di Massimo Fagioli avremo pubblicato al massimo due articoli e mai con rilevanza. Perché li abbiamo pubblicati? Per la stessa ragione per cui pubblichiamo articoli che parlano male di noi, del nostro lavoro e della direzione di questo giornale. La critica e l'opinione diversa troverà sempre spazio sul nostro giornale. Ma questo non significa sposarla. 5) "Liberazione" non vuole delegittimare nessuno e tantomeno sciogliere niente. Anzi vuole essere strumento per far crescere una sinistra che oggi è in grandi difficoltà. Quello che ci preoccupa è il futuro del giornale e dei suoi lavoratori. Per questo non è Fagioli il problema principale, ma l'editore Bonaccorsi che nella sua storia editoriale non ha proprio brillato per rispetto nei confronti dei lavoratori (vedi comunicato sindacato giornalisti Fnsi). Dopo due mesi di trattative si era arrivati ad un piano che avrebbe permesso il rilancio, un piano doloroso per tutti noi, ma realistico e possibile. Un piano respinto per dar credito all'interesse di un editore rampante in perenne caccia di giornali con finanziamento pubblico.
Simonetta Cossu
Liberazione Lettere 3.1.08
Cara "Liberazione" anche tu discrimini

Caro direttore, a proposito del partito e del giornale che rischierebbero a vostro dire l'omofobia permettimi qualche considerazione. "Liberazione" ha fatto benissimo in questi anni a parlare di questioni gblt e queer (avendo anche la forza per fare un inserto molto accurato). Ma a volte ha fatto diventare queste questioni macchiettistiche (ricordo l'articolo in cui in prima pagina si diceva che "L'Isola dei famosi" era un'operazione shakespeariana di alta cultura, mah...), oppure la cronaca di alcuni giorni fa sulla Muccassassina farcita di diritti, champagne e limousine che forse urta un po' la sensibilità di tanti compagni precari che invece hanno passato il Natale brindando con l'acqua del rubinetto. Sulla questione "transgender" poi avete fatto un casino, come tutti i giornali. Continuando a divulgare la parola transgender come sinonimo di transessuale (cosa che è falsa culturalmente, si può essere trans e non transgender come si può essere etero ed esserlo), privandola della sua carica anarchica e rivoluzionaria e finendo per generare una confusione per cui molti di noi che si definiscono transgender da anni ora preferiscono il termine "nogender". Diffondendo poi l'idea secondo cui anche alcuni animali sarebbero transgender (cosa che ovviamente toglie ogni valore politico al concetto riportandolo banalmente all'ordine cattolicheggiante del naturale). Infine, cosa non irrilevante, "discriminando" gli articoli e il pensiero di chi da oltre dieci anni si occupa della diffusione e della pratica del concetto di transgenderismo. Tante mie precisazioni sul transgenderismo sono state semplicemente ignorate, eppure non ho strillato alla vostra omofobia. Parlare di transgenderismo in modo diverso da Vladimir in questi anni, su questo giornale, è stato proibito e non è detto che questa lettera abbia sorte diversa. Come se la questione fosse personale con Luxuria e non piuttosto culturale e politica. Dunque, il segretario Ferrero, che personalmente non ritengo affatto minimamente sospettabile di omofobia appartenendo peraltro alla chiesa valdese che è la più aperta su queste questioni, sappia che oltre alla nomenclatura gay ufficiale della stampa e della televisione (e di "Liberazione") ci sono migliaia di altri compagni e compagne iscritti al partito che hanno un'altra visione, meno sfavillante e spettacolare, della battaglia sui diritti civili. Compagni che lavorano dal basso e hanno sempre ritenuto che l'eccesso di orgoglio (televisivo) gay finisce per provocare distanza dalla società reale, finendo per essere assorbito come parte dello spettacolo della politica che, in ultima analisi, serve solo a mantenere le cose come stanno illudendo molti che la vittoria televisiva di un personaggio televisivo sia in realtà il raggiungimento di diritti per tutti. Neanche per idea, anzi tutto il contrario. In questo modo si placa temporaneamente la rabbia di chi non ha diritti e si impedisce la battaglia dura, proprio come vuole la società dello spettacolo. Insomma, la battaglia politica diventa semplicemente immagine, articoletto di giornale, gossip tv. E un partito come Rifondazione deve tendere alla lotta vera non allo show dei diritti che non produce niente. Queste cose le andiamo dicendo da anni, ma non abbiamo potuto mai dirle su questo giornale (pur avendo collaborato con altri articoli). Le abbiamo detto su giornali "conservatori" come "Corriere" e "Panorama" e non sul nostro giornale. Perché? Se siete così garantisti della libertà di pensiero, se temete solo ora il pensiero di Fagioli, che noi abbiamo sempre criticato senza che ci fosse mai dato spazio, perché pensate che esista un solo pensiero gblt a cui tutti dovremmo inchinarci?
Klaus Mondrian via e-mail

Europa on line 3.1.08
Rifondazione, una setta
di Guido Moltedo

Tutto ha un inizio e tutto ha una fine. Fare davvero i conti con la legge fondamentale della realtà, implica assumerla in tutta la sua portata, in tutta la sua profondità.
Questo, per chi ha consuetudine con la psicoanalisi, significa elaborare il lutto.
L’epilogo di Rifondazione Comunista (non importa se ne sopravviverà una parte: sarà un’altra storia) dovrebbe rientrare in questo “normale” flusso esistenziale e, come tutte le vicende che finiscono, dovrebbe essere seguita appunto da una dignitosa elaborazione del lutto, in questo caso politica (passionale e razionale, viscerale e cerebrale, tuttavia politica). Ma, come si vede e si legge in questi giorni, essa è interdetta proprio da un personaggio che dichiara di essere ed è presentato come uno psicanalista (non psicoanalista, non essendo nell’ortodossia freudiana che egli contesta e ridicolizza) e che dovrebbe essere – se mai un ruolo del genere fosse necessario – il maieuta di un processo doloroso e composto ma anche alla fine liberatorio.
Ha preso in ostaggio, questo personaggio di notevole capacità manipolatoria, quel che resta di uno dei due partiti nati dalla fine del Pci dopo la svolta della Bolognina, condizionando i percorsi mentali dei suoi dirigenti, politicamente, forse, saldi ma caratterialmente vulnerabili. È lui, Massimo Fagioli, al centro della scena. È lui il protagonista del dramma finale di Rifondazione. Non i suoi massimi leader, che giocano, secondo il copione che lui ha scritto, sul suo terreno, quello in cui le persone mettono a nudo il proprio sentire, illudendosi di controllarlo e indirizzarlo, e svelano le loro fragilità. È lui che pilota il delicato passaggio di Liberazione – attraverso un editore che risulta essere un suo seguace – dalla maggioranza sconfitta nel Prc alla nuova maggioranza, fino a ieri acerrima nemica dello psicanalistaguru.
Con un’intervista al Corriere impone ai suoi nuovi avversari, in precedenza suoi sostenitori, di replicargli sulle colonne dello stesso giornale, che diventa la sede del “dibattito”. È lui che sceglie lo spartito. E nelle repliche ognuno mette in campo un falso sé, un impasto di psicanalese, di aggettivi barocchi e di espressioni incomprenibili come “cultura della trasformazione”, per discutere intorno ai temi selezionati dallo psicanalista: dall’omosessualità del Grande Avversario di Paolo Ferrero alle condizioni mentali di Piero Sansonetti, fino alla figura di Luxuria, che poi diventa la leader morale della corrente perdente, all’insegna del riscatto anti-omofobo, con tanto di manifestazione sotto la sede di Rifondazione.
Tutto questo mentre intorno a loro il mondo che il Prc ha sempre combattuto crolla e i suoi dirigenti, maggioranza e minoranza, non dovrebbero far altro che scuotere l’albero della crisi.
Paolo Mieli, che adora queste storie, meglio ancora se sputtanano quel che resta della sinistra, ci si è buttato a pesce. Fa bene, dal suo punto di vista. Che Vendola e Giordano pensino di usare loro, il Corriere, per indirizzare il confronto, è un’ingenuità che fa il paio con quello di illudersi di poter tener testa, sul suo terreno, a un tipo come Fagioli e non di finire piuttosto nella sua rete (e che poi Ritanna Armeni, fino a qualche giorno fa nel cda di Liberazione, scriva il de profundis del suo partito su un giornale che porta nel suo dna il disprezzo di tutto ciò che sa di comunista, è solo un altro tassello di questo puzzle impazzito che un tempo era il partito di Bertinotti). Già, Bertinotti, il convitato di pietra di questo tragico vaudeville. Chi criticava la deriva leaderistica che aveva impresso al suo partito assumendone la segreteria, ha ora qualche argomento in più. Chi storceva il naso per le sue frequentazioni e la sua relazione con Fagioli può ora a maggior ragione alzare le sopracciglia. Ma nessuno, neppure il più astuto e smaliziato (psico)analista politico poteva immaginare che il tramonto della sua leadership, prima politica poi anche morale, avrebbe messo in scena una vicenda degna della fine di una setta, con le esplosioni pirotecniche di rancore e di parole in libertà che animano le separazioni degli adepti da organizzazioni come Scientology fino ai finali tragici della setta del reverendo Jones.
Adesso c’è tanta materia su cui riflettere, non solo su quel che si è letto in questi giorni, ma, retrospettivamente, su tutta la storia di un pezzo importante della sinistra italiana. E dunque di tutta la sinistra italiana.


il manifesto 3.1.09
Liberazione
Grassi: «Via Sansonetti, non torniamo indietro»

«Andremo avanti con quanto stabilito, non abbiamo nessuna intenzione di tornare indietro». Il numero due di Rifondazione comunista, il responsabile organizzazione Claudio Grassi, conferma: entro gennaio il direttore di «Liberazione» Piero Sansonetti sarà sostituito. La direzione del Prc dovrebbe anzi pronunciarsi definitivamente entro la prima metà del mese. Il 31 dicembre il cda del quotidiano è stato azzerato e tutti i poteri sono stati affidati al tesoriere Sergio Boccadutri. Dal canto suo Grassi torna a addebitare a Sansonetti la «situazione sostanzialmente fallimentare» del giornale e a proposito dell'eventuale arrivo dell'editore Luca Bonaccorsi sostiene: «Non siamo stati noi a cercarlo. E' lui che si è fatto vivo, avanzando una disponibilità. Come tutti avrebbero fatto in una situazione del genere, abbiamo chiesto di andare a vedere se si tratta di una proposta concreta. Non si capisce perché questo editore vada bene per la rivista di Bertinotti, mentre e' uno scandalo se si interessa di Liberazione».

l'Unità 3.1.08
Piero Sansonetti licenziato di fatto

Entro gennaio il nuovo direttore e nel 2009 Liberazione dovrà reggersi sulle sue gambe. Lo annuncia Grassi, numero due del Prc di ferrero, che conferma le decisioni del Comitato politico: revoca del Cda e poteri al rappresentante legale del Prc, il tesoriere Boccadutri. E «un nuovo direttore»: forse Russo Spena.

Il Giornale 3.1.08
«Liberazione» infinita: entro gennaio il Prc si libera di Sansonetti

La guerra di «Liberazione» si avvia al suo epilogo. E purtroppo per la resistenza sansonettiana, l’«oppressore» sta trionfando. Il Comitato politico nazionale di Rifondazione comunista, infatti, ha finalmente deciso di licenziare il direttore del quotidiano di partito, Piero Sansonetti. «Abbiamo deciso di individuare un nuovo direttore», ha chiarito il numero due del Prc, Claudio Grassi. Decisiva per la «decapitazione» del direttore la linea politica, giudicata troppo vendoliana e poco conciliabile con le posizioni operaiste del segretario Paolo Ferrero. Perciò dopo aver revocato il cda, ora il partito punta a nominare un nuovo reggente entro gennaio. Il nome più caldo è quello di Giovanni Russo Spena, ex capogruppo rifondarolo al Senato. Altro discorso è poi quello economico: il giornale - dicono - è al minimo storico di copie vendute (tra 5 e 6mila), il buco di bilancio nel 2008 è stato di 3,5 milioni di euro. Ecco perché i cordoni della borsa del Prc verranno serrati.

Repubblica on line 2.1.08
Liberazione: Zipponi a Sansonetti, socialismo smarrito

Sansonetti garantisca un piano editoriale di ristrutturazione, risanamento e rilancio che attragga risorse finanziarie private ma che sia coerente con un progetto politico serio nella direzione, smarrita, del Socialismo del XXI° secolo o del Socialismo di Sinistra che non è soltanto diritti civili. A parlare è Maurizio Zipponi, componente della Direzione Nazionale di Rifondazione Comunista, per il quale "i dirigenti di Rifondazione non hanno, non vogliono prendere atto che il voto del 13-14 aprile ha sancito la fine anche in Italia del comunismo come modello sociale ed economico, il cui funerale è stato celebrato al Congresso di Chianciano: per il futuro se c'è una chance per la sinistra questa sta solo nel battersi per un 'pensiero altro' alternativo al 'pensiero unico mercatista', che mina alle radici la democrazia". Le polemiche attorno a 'Liberazione' sono, insomma, il 'degrado' di un fallimento: il voto del 13-14 aprile. "E' patetica l'iniziativa di Ferrero del pane ad un euro - attacca Zipponi - i lavoratori non chiedono la carità, atto nobile verso i poveri, ma miglioramento delle loro condizioni di lavoro e di vita: e Ferrero scambia questa grande esigenza di milioni di lavoratori per carità, atto nobile verso i poveri". Così come, "prende lucciole per lanterne - aggiunge Zipponi - quando scambia Liberazione per Rifondazione: dei due chi è in una situazione disastrosa è Rifondazione. Non c'è paese al mondo dove un partito comunista sia al Governo, di tale realtà non si vuol prende atto: in America Latina presa spesso come riferimento dove al Governo ci sono Lula, Chavez o Morales non c'è alcun riferimento al comunismo". In Italia è avvenuto che "il 13 e 14 aprile la gente ha detto chiaro e tondo anche da noi è finita: forse - continua Zipponi - il socialismo è gia' un lusso mi accontenterei di un'iniziativa politica che mettesse in salvo la democrazia". E in questo contesto sta 'Liberazione' e Sansonetti "non puo' pensare che i diritti civili, parte di certo significativa del livello di civilta', siano il socialismo del 21esimo secolo - osserva Zipponi - per cui deve saper calare un piano editoriale messo a punto con altri giornalisti che sia il cuore del rilancio e della ricerca di nuovi investitori anche privati, in un progetto politico in direzione del socialismo di sinistra che non è un ricordo del passato ma è quel 'pensiero altro' alternativo al 'pensiero unico mercatista' distante dal coniugare - conclude Zipponi - libertà e uguaglianza per una reale trasformazione della società".

ALTRE SEGNALAZIONI DI OGGI:



Giornale radio di Rai3 delle 13.45: «dei circa 430 morti ammazzati finora dalle "bombe intelligenti" dell'aviazione israeliana all'attacco su Gaza, circa la metà sono i civili, circa 70 i bambini...». Cfr qui di seguito: Repubblica 3.1.09 «A Gaza. È in gioco l’etica del genere umano» di Václav Havel, Hasan bin Talal, Hans Küng, Yohei Sasakawa, Desmand Tutu, Karel Schwarzenberg.

QUESTA SERA I CARRI ARMATI ISRAELIANI HANNO INIZIATO L'INVASIONE DI GAZA ANCHE PER VIA DI TERRA...
il numero delle vittime in tragico aumento, una strage in una moschea

Repubblica 3.1.09

A Gaza. È in gioco l’etica del genere umano
di Václav Havel, Hasan bin Talal, Hans Küng, Yohei Sasakawa, Desmand Tutu, Karel Schwarzenberg
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Corriere della Sera 3.1.08
Strategie. L'attacco contro Rayan autorizzato dalla procura
Bersagli e vittime civili. Scontro in Israele sulle nuove regole
«Colpiremo chi nasconde armi in casa»
di Davide Frattini
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Repubblica 3.1.09
Il testamento biologico e l’ondata neoguelfa
di Miriam Mafai
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Repubblica 3.1.09
Se anche il papa perde audience
di Giovanni Valentini
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Corriere della Sera 3.1.08
La protesta Il leader radicale: grave la decisione di non recepire le leggi italiane
Pannella: il Vaticano viola il Concordato
di R.P.
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Repubblica 3.1.09
La politica e l’ebraismo
Divergenti interpretazioni dell'identità di un popolo
l confronto tra Scholem e Strauss
di Franco Volpi
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Corriere della Sera 3.1.08

Il 2009 apre una nuova era per biologia e neuroscienze: in sviluppo protesi per collegare cervello e computer
L'anno delle staminali su misura
Disponibili per la medicina cellule ottenute con la manipolazione genetica
di Edoardo Boncinelli
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Corriere della Sera 3.1.08
Fede e ragione Fra culto e superstizione, resti veri e falsi sono oggetto di devozione e polemiche
Le reliquie dei grandi, rito laico
Le ossa di Dante, il cuore di Voltaire e ora il cranio di Cartesio
di Armando Torno
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il Riformista 3.1.08
Giorgio Ruffolo spiega perché Napolitano e Ratzinger dicono le stesse cose
Siamo al «neoliberismo con l'ambulanza». E il Pd sbaglia a tacere
di Tonia Mastrobuoni
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Il Messaggero 3.1.08
Germania, il Muro dei rimpianti
La metà dei tedeschi lo rivorrebbe, delusione per le misure anticrisi
di Walter Rauhe
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La Stampa Lettere 30.12.08
Allevi giustiziere della casta?
Insegno in Conservatorio da 16 anni e mi trovo perfettamente in sintonia con l'intervista rilasciata dal M° Ughi per la chiarezza illuminante di cui si sentiva molto il bisogno in questi nostri tristi anni. Se è vero che in Italia un certo provincialismo culturale e una pessima gestione delle risorse destinate alla musica hanno provocato i danni che tutti conosciamo, certe affermazioni del sig. Allevi sono sconcertanti (giustiziere della casta?) e fanno temere che il personaggio mediatico stia prendendo il sopravvento sulla realtà di un ragazzo che per il suo successo è diventato una speranza per i tanti giovani che cercano la loro strada nella vita. Penso tristemente, Allevi a parte, che la politica culturale (della sinistra) del nuovo per il nuovo, negando la differenza tra piaceri più o meno epidermici e quello di una realizzazione personale di ricerca non obbligatoria e non necessariamente intellettuale, alla fine va a ricreare quella «casta» che pure il sig. Allevi dice tanto di combattere.
Pierpaolo Iacopini

l'intervento di Ughi, "Il successo di Allevi? Mi offende": qui
l'intervento di Allevi, "Caro Ughi, lei difende soltanto la sua Casta": qui
l'opinione di Cappelletto, , Classica? Sì, grazie. Purché sia "facile": qui








Corriere della Sera 3.1.08
L'attrice lanciata nel 2004 dal regista di «Gomorra»
«Da Garrone a Bellocchio E divento donna Rachele»
Michela Cescon: la moglie di Mussolini, figura da capire
di Valerio Cappelli
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