giovedì 18 dicembre 2003

Chirac sulla laicità

Corriere della Sera 18.12.03
«A scuola non si ostentano i simboli religiosi»
Chirac accoglie il rapporto dei «saggi» e annuncia la legge sulla laicità.
No alle feste ebraica e musulmana


DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI - La laicità come strumento di eguaglianza e rispetto: anche della religione. Adeguando ai tempi uno dei valori della République, Jacques Chirac ha preso in modo netto e solenne la decisione più difficile: una legge che proibisca l'ostentazione di simboli religiosi nelle scuole pubbliche.
No quindi al velo islamico, alla kippah ebraica e a grandi croci, con l'avvertenza sostanziale che i simboli siano ostensibles, ovvero quelli che esprimono intenzioni propagandistiche e tradiscono la «neutralità» del servizio pubblico, in particolare l'educazione nazionale.
La regola non potrà tradursi in un attacco alla libertà religiosa e a convinzioni personali. Continueranno ad essere ammessi simboli di piccole dimensioni e privati, come la catenina con il crocefisso, la stella di David o la manina di Fatima.
La «laicità non è negoziabile», aveva detto il presidente aprendo il dibattito che ha lacerato la Francia. Ieri, in un discorso all'Eliseo, lo ha ribadito, con il conforto dei «saggi» della Repubblica, ai quali ha affidato il compito di radiografare il problema.
Chirac ha accolto le indicazioni culturali e etiche della «commissione Stasi» (dal nome del professor Bernard Stasi che l'ha presieduta) che si era pronunciata a favore di una «regola chiara» di comportamento che valesse per le scuole, ma anche per ospedali (nessuno può rifiutare le cure in base al sesso del personale) e luoghi di lavoro.
Il presidente ha anche lanciato la sfida della tolleranza e dell'integrazione, in un panorama sociale stravolto da immigrazione e pressioni religiose. In epoca di tensioni internazionali e scontro di civiltà, ha voluto ricordare le radici storiche della Francia, i principi costitutivi della Repubblica, la «missione di patria dei diritti umani».
L'Islam, nella Francia di oggi, ha diritto a rispetto e libero esercizio di culto, così come il «fatto religioso» deve diventare terreno di studio e comprensione nelle scuole.
D'altra parte, l'unità del Paese non può essere minacciata da derive comunitariste o confessionali e i principi della République - libertà, eguaglianza, fraternità - non possono essere solo enunciati, mentre sono evidenti disparità, discriminazioni, fenomeni di razzismo e antisemitismo.
Chirac ha avuto parole di comprensione per i giovani dei «ghetti», che devono veder rispettati i loro diritti di cittadini francesi, e di ferma condanna per ogni forma di antisemitismo. (Parole messe in pratica, proprio ieri, con l'espulsione di due allievi del liceo Montaigne, colpevoli di aggressione e minacce contro un coetaneo ebreo).
Nel concetto di eguaglianza, è compresa quella fra sessi. Chirac lo ha enfatizzato e tutti hanno capito che nella problematica del velo islamico si sono anche parità e emancipazione femminile.
Il presidente ha invece bocciato la proposte di introdurre due nuove festività nazionali, la ricorrenza ebraica dello Yom Kippur e quella islamica dell'Aid-el-Kebir: «Ce ne sono già troppe», ha detto, raccomandando tolleranza per assenze giustificate e in coincidenza di esami.
Nuove festività sarebbero suonate come un non senso, nel momento in cui il governo ha deciso di sopprimere la Pentecoste per finanziare l'assistenza sociale.
Prima di essere varata, forse l'anno prossimo, la legge già divide. La proposta incontra il consenso del mondo politico, suscita perplessità e dissenso nelle comunità religiose, opposizione fra categorie che dovrebbero applicarla: studenti e personale della scuola. Per questo, secondo la tradizione francese, i grandi principi troveranno applicazione all'insegna del buon senso: una sorta di «authority» avrà il compito della vigilanza permanente.
Con toni che gli sono congeniali quando vuole esaltare lo spirito dei tempi e il posto che la Francia vi occupa, Chirac ha tenuto d'occhio i fattori di preoccupazione politica e di conflittualità sociale: la crescita del Fronte nazionale di Jean-Marie Le Pen (in vista delle elezioni di primavera) e i rischi d'islamizzazione delle banlieues, le periferie, «territori perduti della Repubblica», per citare un saggio di successo.
Nella Francia in cerca d'identità, in fuga dalla politica e ripiegata sulla crisi economica, la bandiera della laicità e dei principi fondatori può essere ancora vincente. Comunque la migliore ricetta del consenso.