Corriere della Sera 2.1.04
Un saggio di Nicolas Witkowski sul connubio «ricerca-passione». Da Erasmo a Darwin
La scienza? Questione di sentimento
di Giorgio Cosmacini
Che cos’abbiano in comune le ragioni della scienza e le passioni dell’animo è un problema che avrebbe forse interessato l’auriga domator di cavalli che, secondo Platone, tiene a freno con le redini i sensi e i sentimenti permettendo all’intelletto di guidare la corsa del cocchio in modo razionale senza subire devianti pulsioni emotive. Il problema è stato al centro della riflessione di un filosofo e storico della scienza contemporaneo come Gaston Bachelard (1884-1962), che nelle sue opere ha sostenuto che, proprio per evitare ai sentimenti il loro irrompere di soppiatto nel campo dell’impresa scientifica, bisogna lasciarli liberi di espandersi, anziché ignorarli o reprimerli.
Per esempio la poesia, che trae alimento dalle emozioni, ha proprio nei confronti della scienza, una sua capacità rivelatrice, attestandosi davanti o al fianco di essa come l’«uomo notturno» nei confronti dell’«uomo diurno». Però lo stesso Bachelard amava ripetere che «quando indossa il camice entrando in laboratorio, lo scienziato depone tutte le sue passioni». Invece no: lo scienziato subisce il fascino delle proprie emozioni e dei propri sogni non solo dal crepuscolo in poi, ma anche alla luce del giorno, quando compie la propria impresa e ne contempla le rigorose ricerche e conquiste.
È quanto implicitamente sostiene, sulla scia dei pensamenti bachelardiani ma anche in contrapposizione a essi, Nicolas Witkowski, un fisico francese che ama la scienza e la sua storia e che ha realizzato una Storia sentimentale della scienza (Cortina, pagine 322, € 23,50) dove il lettore, viaggiando dall’anno Mille all’anno Duemila, compie una serie di incontri avvincenti e importanti.
Ci si imbatte all’inizio in un Omar Khayyam che cerca di risolvere con la geometria e l’analisi matematica un problema di Archimede, ma che al contempo invita a «bere vino e a correr dietro alle fanciulle come a tulipani». Ci si imbatte alla fine con «l’uomo che non ha inventato la penicillina», cioè con Jules Dubos, un Pasteur redivivo migrato dalla Francia negli Stati Uniti, il quale, avendo dimostrato per primo la possibilità di ottenere sostanze antimicrobiche (antibiotiche) dagli stessi microbi, può essere ritenuto titolare di uno dei tanti Nobel «fantasma» non dati a ricercatori e scienziati più di altri o quant’altri meritevoli.
Ebbene, Dubos è stato un antiveggente enunciatore dei problemi oggi assillanti l’umanità, dalla minaccia nucleare alla distruzione di foreste tropicali e alle sue ripercussioni sul clima. Dunque, uno scienziato inguaribilmente sentimentale? Uno scienziato, scrive Witkowski, «profondamente credente a fautore di una integrazione tra il pessimismo dell’intelligenza e l’ottimismo della volontà».
Durante il viaggio il lettore incontra anche, fra gli altri, un incorreggibile bricoleur come Newton, un fantasioso narratore di démoni e di mostri lunari come Keplero, un «naturalista all’inferno» come Spallanzani, e il nonno di Darwin, Erasmo che «offre alla scienza e alla letteratura l’esempio dimenticato di una poesia scientifica capace di cantare con accenti altamente romantici le meraviglie del progresso tecnico».
Provocazione massima dell’autore è «la scienza di Edgar Allan Poe», al quale si deve il «saggio scientifico» Eureka, un «elisir pazientemente distillato di scienza, metafisica e poesia» che, a giudizio di insigni scienziati, «non è un’opera stravagante e non proviene da un cervello disturbato, ma è l’opera di un uomo che tentò di riconciliare la scienza del suo tempo con le più alte aspirazioni filosofiche e spirituali».
La storia della scienza ha da tempo acquisito la consapevolezza che il pensiero metafisico, l’immaginazione, la fantasia, le fedi hanno contribuito a fecondare il terreno sul quale è cresciuto l’albero del sapere scientifico. Witkowski aggiunge le passioni e le emozioni, i sentimenti e i sogni.
Gli scienziati sono uomini: dalle idee meno geniali di Leonardo da Vinci alle intuizioni più fruttuose degli scienziati romantici, «i nostri viaggiatori - scrive l’autore nella prefazione - potranno prendere la misura della profondità vertiginosa a cui si spingono le sue radici poetiche, mistiche, magiche». Insomma chi voglia davvero capire fino in fondo vita morte e miracoli di ogni impresa scientifica, più o meno riuscita, non può esimersi dal fare i conti con la vita vissuta dall’imprenditore, la quale è fatta sì di ragioni, ma anche di passioni.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»