una segnalazione di Paolo Izzo
Il Sole 24ore 28.3.04
«Non ti muovere» d Sergio Castellitto, tratto dall'omonimo libro di Margaret Mazzantini
La borgata del desiderio
di ROBERTO ESCOBAR
Perché Timoteo (Sergio Castellitto) ama Italia (Penélope Cruz, imbruttita e brava)? Ancor prima, perché desidera una donna così goffa e patetica? Qui, nella sua capacità di rispondere davvero a queste domande, si gioca in gran parte il giudizio su Non ti muovere (Italia, Spagna e Gran Bretagna, 2004, 125').
Il senso, del rapporto fra il chirurgo e, la borgatara non può ridursi al loro incontro casuale, all'alcool e al caldo che inducono lui allo stupro. L'intensità erotica del loro amore implica. che Italia non sia per Timoteo solo una. via di fuga dalla normalitá familiare, ma proprio l'oggetto del suo desiderio, un oggetto finalmente scoperto e raggiunto. E dunque è la. sua "autonomia" erotica e, sentimentale rispetto a un'ipotetica crisi fra Timoteo ed Elsa (Claudia Gerini). che devono motivare e illuminare Castellitto, e la cosceneggiatrice Margaret Mazzantini, autrice del romanzo da cui il film è tratto.
La storia di Non ti muovere è densa di fatti e sentimenti, e forse lo è anche troppo. L'incidente della figlia Angela (Elena Perino) è l'occasione che induce Timoteo a ricordare, a valutare le scelte fatte, quelle non fatte e quelle subite. Subita, certo, è stata la scelta del padre d'andarsene di casa e da una vita di miseria. Su di essa, e sull'abbandono in cui l'adolescente Timoteo (Pietro Castellitto) viene precipitato, la sceneggiatura si sofferma nella prima parte del racconto. Ed è così che, alle spalle del chirurgo, nella sua preistorle e squallida.
In questo nucleo antico ma centrale della memoria di Timoteo - supponendo che lo sia, centrale, anche per Castellitto e Mazzantini -, c'è il senso di una costante affettiva del protagonista: il suo voler essere padre (per Angela), e insieme il suo temere di diventarlo (per il figlio che Italia abortisce proprio a causa del suo abbandono). D'altra parte, sulla paternità e sul rischio di perdere la figlia si costruisce la struttura narrativa di Non ti muovere. Il suo momento più critico, e il più decisivo, sarà quello in cui, urlandole appunto «non ti muovere», Timoteo si «prenderà cura» di Angela in camera operatoria, la salverà e le ridarà la vita. Si incontrano qui altri fili narrativi, tra i molti e anzi i troppi del film: quelli del suo rapporto con la a figlia, della sua pretesa di farla uguale a un modello ideale (maschile), così finendo per allontanarla da sé.
In ogni caso, ritrovata la propria paternità, ora Timoteo fa i conti con se stesso e con la propria codardia che lo ha portato a perdere Italia, e con lei un altro figlio. In fondo, è come se egli. stesso avesse finito per imitare quei tali adolescenti che, tanti anni prima, si erano accaniti contro una vita che appariva loro senza valore, non degna di vivere. Così, certo, fa Timoteo al momento dello stupro. E continua a fare poi, nella casa di lei, una costruzione anacronistica e patetica (oltre che metaforica, troppo metaforica), assediata dal cemento di terribili palazzì (eternamente in costruzione, per quanto passino i mesi e gli anni).
Questo è il suo rimorso che lo segue da sedici anni: d'aver avuto «tra le, mani» una vita, e d'averla calpestata e umiliata, fino a ucciderla. E dunque d'essersi adattato a un'altra vita, meno indifesa e più rassicurante, insieme con Elsa. Non c'è da stupirsi, allora, che Timoteo abbia finito per seppellire anche Italia, come il rospo di tanti anni prima, ripetendo l'antico gesto del prendersi cura, nel tentativo senza speranza di risarcirla, e di risarcirsi, della crudeltà e dello squallore.
Tanto altro accade nel film di Castellitto e Mazzantini. Quello che manca però è una vera risposta alla domanda: perché Timoteo ama Italia, perché la desidera? Pare quasi, che il suo amore e il suo desiderio siano "pregiudiziali", escogitati dalla sceneggiatura, e ancor prima dal soggetto, per spiegare il suo rapporto con Italia, invece che esserne spiegati. E tutto in un racconto che tende a sommare fatti a fatti e sentimenti a sentimenti, preferendo l'accumulo all'approfondimento.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
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