sabato 3 aprile 2004

una ricerca universitaria europea

University.it
Comunicato della Università di Modena e Reggio Emilia: Ricerca europea sugli effetti psichici della guerra
Progetto a cui collaborano studiosi delle università di Londra, Dresda, Rijeka, Zagabria, Belgrado, Sarajevo, Skopje.

Data: 02/04/2004


Un progetto di ricerca europeo metterà in luce gli effetti prodotti a livello psichico dalla guerra nei Balcani. Vi collaborano studiosi delle università di Londra, Dresda, Rijeka, Zagabria, Belgrado, Sarajevo, Skopje. Per l’Italia coinvolto un gruppo di ricercatori operante intorno alla cattedra di Psichiatria dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, diretta dal prof. Paolo Curci. L’indagine condotta attraverso 2.350 interviste sia su soggetti residenti nei Paesi dell’ex Jugoslavia, sia su profughi o migranti in Germania, Italia e Regno Unito. Obiettivo: migliorare gli interventi sociali ed assistenziali a favore delle popolazioni sottoposte a stress post-traumatico. I risultati definitivi fra tre anni.
Che cosa provoca a livello psichico una serie di intensi e ripetuti eventi stressanti come quelli prodotti da un conflitto etnico o da una guerra? Quali impronte lasciano sulla salute mentale rievocazioni angosciose e pensieri intrusivi di eventi come bombardamenti, saccheggi, violenze, operazioni di guerra? Quali strumenti vanno approntati in ambito sociale ed assistenziale, sia livello individuale che di area territoriale, per aiutare le persone a superare simili traumi?
Sono alcuni degli interrogativi, cui cercherà di rispondere un importante progetto di ricerca multicentrico, finanziato dalla Direzione Generale per la Ricerca della Commissione Europea, denominato , ovverosia acronimo di “Componenti, organizzazione, costi ed esiti degli interventi sanitari e di comunità per persone con stress post-traumatico in seguito alla guerra e al conflitto dei Balcani”.
Vi partecipano otto università di sette Paesi, tre dell’Unione Europea (Germania, Italia, Regno Unito), dove molti profughi si sono rifugiati, e quattro dell’ex Jugoslavia (Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia e Montenegro e Macedonia). Per l’Italia collabora un gruppo di ricercatori che si raccoglie attorno alla cattedra di Psichiatria dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.
“Esistono ancora molti interrogativi scientifici, dagli importanti risvolti sociali e politici, - dichiara il prof. Paolo Curci, ordinario di Psichiatria all’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia - circa i fattori che permettono ad alcuni individui esposti a simili eventi di superare questi traumi mentre altri sviluppano disturbi invalidanti o presentano comunque un elevato grado di sofferenza anche a distanza di anni. Inoltre, è ancora poco chiaro che tipo di interventi, di tipo sanitario, psicologico e di assistenza sociale, meglio possono aiutare queste persone, soprattutto quelle che hanno sviluppato sintomi cronici”.
La ricerca prevede, innanzitutto, la messa a punto di uno strumento per valutare analiticamente i servizi sanitari e sociali disponibili, che hanno utilizzato queste persone al fine di correlare questo dato con gli esiti. Lo strumento  verrà approntato attraverso il metodo Delfi, che consiste in una progressiva revisione indipendente di bozze da parte dei ricercatori fino a raggiungere un consenso su una versione definitiva dello strumento, il quale verrà poi applicato nei Paesi che partecipano allo studio.
“Per i ricercatori del  nostro Ateneo – ha dichiarato il Pro Rettore dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia prof. Rodolfo Cecchi – è certamente un fatto di prestigio poter collaborare con qualificati studiosi di importanti università europee. Così come ritengo qualificante che ancora una volta sia l’università a distinguersi per la sensibilità e l’attenzione che sa porre ai problemi sociali, ai drammi umani, alle tragedie. Non è un caso che il progetto veda coinvolta la nostra cattedra di Psichiatria, dove da anni opera una valente scuola di specializzazione, che ha saputo proiettare la sua dimensione e la sua influenza ben oltre i confini nazionali”.
Durante la ricerca 400 soggetti da ciascun Paese dell’ex Jugoslavia e 250 profughi in ciascun Paese membro dell’Unione Europea partecipante, scelti in maniera casuale, verranno intervistati in maniera approfondita con test e strumenti di valutazione psicologica, circa il grado di esposizione ad eventi potenzialmente traumatici e circa le sequele psichiche a lungo termine ancora presenti. La quota di soggetti con sintomi e sofferenza psicologica persistente verrà seguita longitudinalmente, cioè intervistata una seconda volta a distanza di dodici mesi, al fine di poter esplorare che tipo di interventi sanitari ed assistenziali siano in grado di aiutare effettivamente queste persone a superare parte delle conseguenze devastanti dei traumi subiti.
La ricerca, che durerà tre anni, partirà ufficialmente nel maggio 2004, ma già si prevede che i primi dati saranno disponibili a distanza di un anno. I ricercatori partecipanti si sono incontrati la settimana scorsa in una riunione preparatoria svoltasi a Londra, presso l’Unità di ricerca accademica diretta dal Prof. Stefan Priebe, coordinatore del progetto.
“L’idea di questo progetto – ha commentato il prof. Stefan Priebe - nasce dal desiderio di creare a livello accademico una rete di ricercatori che permetta di affrontare domande di ricerca complesse, come quelle degli interventi più efficaci per persone esposte ad eventi traumatici che sviluppano sintomi cronici, un argomento, purtroppo, di rilevante attualità. Uno dei punti di forza della ricerca sta nel presupposto e nella capacità del progetto di collegare  ricercatori degli Stati direttamente coinvolti con quelli dei Paesi dell’Unione Europea, dando vita ad  uno sforzo collaborativo. Sebbene sia importante coltivare e far crescere la speranza che episodi come la guerra nell’ex Jugoslavia non si ripetano, questa ricerca europea può permettere di indicare quali siano i migliori interventi per popolazioni colpite da conflitti di queste proporzioni”.