martedì 11 maggio 2004

le scelte culturali di Repubblica:
Odifreddi e il mondo greco

citato al Lunedì

Repubblica 9.5.04
L'altra Grecia
Lectio Magistralis a Torino
Il volto più noto è l'irrazionale tra divini furori e fiabe mitologich Ma quello più vero è rappresentata dal razionalismo scientifico
di PIERGIORGIO ODIFREDDI


Nell´ambito della Fiera del Libro di Torino, Piergiorgio Odifreddi ha tenuto una Lectio Magistralis sul tema «L´altra Grecia, quella vera», che qui anticipiamo. La Grecia è il paese ospite di quest´anno. E a alla cultura greca, specie in età classica, sono dedicate diverse iniziative: dalla riflessione sulla filosofia antica a un incontro sulla grecità pugliese.
 
In un famoso saggio degli anni Cinquanta, "I Greci e l´irrazionale", Eric Dodds intendeva mostrare l´altra faccia della cultura greca: quella delle superstizioni religiose, delle favole mitologiche, dei riti sciamanici, delle orge bacchiche, dei deliri pitici, delle previsioni astrologiche, delle cure magiche, delle interpretazioni oniriche... In una parola, la versione greca del buio che da sempre regna nell´emisfero destro del cervello dell´uomo, contrapposto alla luce che risplende in quello sinistro.
Ironicamente, però, l´altra faccia della Grecia mostrata da Dodds non era molto diversa, se non nelle sfumature, da quella mostrata da Bruno Snell in "La cultura greca e le origini del pensiero europeo", un altrettanto famoso saggio di quegli stessi anni, percepito appunto (ad esempio, dal Momigliano) come antitetico al precedente. A chi la guardi dall´esterno, invece che dall´interno, è infatti l´intera cultura umanistica greca ad apparire irrazionalista, sia pure in versione più o meno hard o soft, a seconda degli aspetti sui quali ci si concentra.
Ad esempio, che tipo di uomo descrivono l´Iliade e l´Odissea? Un uomo che, non a caso, Julian Jaynes ha diagnosticato in Il crollo della mente bicamerale e l´origine della coscienza come letteralmente schizofrenico. Un uomo che antropomorfizza la propria voce interiore e il proprio inconscio sotto forma di dèi, che gli appaiono quotidianamente in forma visibile e udibile, e coi quali egli conversa e discute in palese dissociazione mentale. Un uomo oggi internato nei manicomi o nei conventi, ma che allora evidentemente circolava in libertà per le strade.
E che modello di uomo propongono, invece, i Dialoghi platonici? Un uomo che, nel Fedro, dichiara esplicitamente che «i beni più grandi ci vengono dalla pazzia», e riconosce come oggettivi addirittura quattro tipi di «divino furore»: profetico, rituale, erotico e poetico, rispettivamente ispirati da Apollo, Dioniso, Afrodite e le Muse. Un uomo che candidamente confessa di sentire la voce di un daimon personale, inibitivo e proibitivo, al quale anche oggi noi dovremmo continuare a credere e dare ascolto, secondo «psicologi» come Hillmann e «libri» come Il codice dell´anima.
Questa è dunque la Grecia che ci viene presentata in opere che, lungi dal costituire oggetti d´analisi nei reparti di psichiatria e neurologia, rimangono invece soggetti di studio nei dipartimenti di letteratura e filosofia. Con buone ragioni, naturalmente, perché educando all´irrazionalità si concima il terreno sul quale attecchiscono e prosperano, ad esempio, le redditizie imprese della religione e della magia. Non è un caso, dunque, che Giovanni Reale rilegga, in Corpo, anima e salute, Omero e Platone come tappe di un percorso che porta dritto al cristianesimo, e che Giuseppe Bertagna imponga, per la controriforma della scuola inferiore, la cancellazione dell´evoluzionismo dai programmi per «dare spazio al mito e ai racconti delle origini».
Ma, come la Luna, anche la cultura greca ha una faccia nascosta, pari in estensione e interesse a quella perennemente visibile dell´irrazionalismo umanistico. È la faccia del razionalismo scientifico, senza il quale non sarebbe possibile la tecnologia che domina la vita di tutti noi, irrazionalisti compresi, e che costituisce la vera radice della nostra civiltà: l´unica che avrebbe veramente senso citare nella futura Costituzione Europea, se questa non venisse scritta sulla base degli strilli dei partiti e dei lamenti delle chiese.
E come sulla faccia visibile della cultura greca svettano l´Iliade e l´Odissea di Omero e i Dialoghi di Platone, così su quella nascosta si ergono maestose le prime sistemazioni della matematica e della logica occidentali: gli Elementi di Euclide e l´Organon di Aristotele, che oppongono i fatti di una cultura alle interpretazioni dell´altra. E questi fatti non sono soggettivi racconti di guerra o di viaggio, né personali opinioni etiche o morali, ma oggettive e impersonali descrizioni di precise scoperte, destinate a rimanere immutabili, e rimaste immutate, nei secoli.
Per non rimanere nel vago, consideriamo ad esempio la visione che avevano del mondo i razionalisti greci di più di due millenni fa. Naturalmente sapevano che la Terra è rotonda, per motivi sia diretti che indiretti: dalla forma dell´ombra che essa proietta durante le eclissi di Luna, alla graduale sparizione delle navi all´orizzonte. Persino le dimensioni terrestri erano note con ottima precisione, grazie alla proporzione stabilita da Eratostene tra l´intera circonferenza e il suo arco compreso tra Alessandria e Siene (vicina all´odierna Assuan), da lui valutato in base ai cinquanta giorni necessari per andare in cammello tra le due città. La proporzione era stata calcolata misurando l´ombra di un bastone ad Alessandria nel giorno del solstizio d´estate, quando si sapeva che a Siene l´ombra sarebbe stata nulla perché i raggi di Sole entravano a perpendicolo in un pozzo: una meravigliosa combinazione di teoria e pratica, che portò a una stima corretta di circa 40.000 chilometri per la circonferenza terrestre.
Ancora più stupefacente, perché basata sulla pura deduzione, fu l´intuizione dell´esistenza dell´America da parte di Ipparco. Egli la dedusse dalla notevole diversità delle maree degli Oceani Atlantico e Indiano, osservate dagli esploratori che si erano spinti da un lato verso l´Europa settentrionale nella spedizione di Pitea, e dall´altro verso l´Asia al seguito di Alessandro Magno: diciassette secoli prima di Cristoforo Colombo, e a differenza di lui, Ipparco aveva già capito che maree così diverse impedivano all´oceano a ovest di Gibilterra di essere lo stesso che stava a est dell´India, e che le due masse d´acqua dovevano essere divise da un immenso continente che le separasse come compartimenti stagni.
Per buona misura, e usando solo gli scarsi dati astronomici disponibili, Ipparco riuscì anche a dimostrare la precessione degli equinozi: quello, cioè, che Il mulino di Amleto di Giorgio de Santillana e Hertha von Dechend chiama «il più grandioso dei fenomeni celesti». Grandioso o no, il moto a trottola dell´asse terrestre rende comunque sbagliati di una casa tutti i segni zoodiacali oggi usati per i loro oroscopi dagli astrologi del mondo intero, ancora fermi alle case in voga nell´antichità: con quanta accuratezza per le loro «previsioni», si può facilmente immaginare.
Ma, almeno, gli astrologi si limitano a turlupinare gli allocchi, senza pretendere di imprigionare, torturare e bruciare sul rogo le persone intelligenti e i loro libri. La Santa Inquisizione, invece, imbastì quattro secoli fa idioti processi a Giordano Bruno e Galileo Galilei, accusati di sostenere che la Terra girava intorno al Sole, e non viceversa: cosa già nota ad Aristarco nel terzo secolo prima dell´Era Volgare, e usata da Archimede nell´Arenario. E poiché nessun regime o ideologia ha il monopolio della stupidità, anche Aristarco era stato accusato dagli stoici di aver minato le fondamenta della religione e dell´astrologia: d´altronde, già nel 432 prima dell´Era Volgare dubitare del soprannaturale e insegnare l´astronomia erano divenuti ad Atene reati perseguibili penalmente.
Oggi, naturalmente, anche i «selvaggi del Madagascar» sanno che la Terra è rotonda e gira attorno al Sole, o che esiste l´America, ma questo non basta alla maggioranza per dedurre che non sono i racconti, i miti e le superstizioni a descrivere correttamente il mondo, bensì la scienza, la matematica e la logica. D´altronde, poiché la statistica ci dice che metà della popolazione ha un´intelligenza inferiore alla media, dobbiamo attenderci che essa si impegni a rendere il più dura possibile la vita all´altra metà, che fa invece il possibile per rendere la vita meno dura per tutti. In fondo, come osservava Coleridge in una Conversazione a tavola, tutti gli uomini nascono aristotelici o platonici, cioè razionali o irrazionali: le opinioni e le interpretazioni difficilmente interesseranno i primi, e i fatti e le dimostrazioni non convinceranno mai i secondi.