venerdì 18 giugno 2004

lo «stile» di pensiero di Nietzsche

Il Mattino 18 giugno 2004
Nietzsche, triangolo pericoloso
di Giuseppe Montesano


«Mia cara signora professoressa, sono appena arrivate anche le fette biscottate: le trovo sostanziose e dolci così come desidero ogni cosa...». Chi apre così una sua lettera nel 1883 non è una gentile zitella, ma l’uomo che stava scrivendo Così parlò Zarathustra, lo «spirito libero» Friedrich Nietzsche. Ma nel luglio di quell’anno il filosofo Nietzsche di cose dolci aveva un bisogno estremo, perché aveva attraversato una vera stagione all’inferno, l’amicizia-amore tra lui, Lou von Salome e Paul Rée, e da quel disastro era riuscito a spremere l’oracolo a doppia faccia di Zarathustra: come ci racconta lui stesso attraverso le lettere di questo splendido Epistolario 1880-1884, quarto volume dell’edizione Colli-Montinari: tradotto da Maria Ludovica Pampaloni Fama e Mario Carpitella, annotato da Giuliano Campioni e Renate Muller-Buck (Adelphi, pp. 844, euro 72).
Molte cose veniamo a sapere sullo «stile» di pensiero di Nietzsche con questo libro, ma accostandolo all’imperdibile Triangolo di lettere già pubblicato da Adelphi, entriamo anche in un vero e proprio romanzo, il cui cuore è la storia Nietzsche-Salomé-Rée. L’idea concepita dai tre, di vivere in comune per mandare avanti un progetto di studi filosofici, diventa a un certo punto un grandioso pettegolezzo collettivo. Madri e sorelle, amici e conoscenti si rilanciano attraverso un’Europa ancora vittoriana la grande questione: Nietzsche è impazzito? Tra equivoci da vaudeville, viaggi a Bayreut per sentire il Parsifal, incontri e incomprensioni tra Roma, Lucerna e Lipsia, la storia si ingarbuglia. Sia Nietzsche che Rée si innamorano della «giovane russa», mentre Lou von Salomé in comune sembra davvero voler solo studiare, o forse trova entrambi troppo poco «maschi» per i suoi gusti: non aveva forse scritto a un suo adoratore che lei poteva amare solo chi l’avrebbe dominata? Nietzsche e Lou passano insieme tre settimane a Tautenburg, parlando dieci ore al giorno, in un torbido rapporto discepola-maestro che spesso si inverte: l’idea della riduzione dei sistemi filosofici a secrezioni fisiologiche dei loro autori, è di Lou; ed è lei, con il suo comportamento spregiudicato, a confermare Nietzsche nell’idea del superuomo.
Con loro c’è anche Elisabeth, la sorella di Nietzsche, indignatissima dalla «folle amoralità» dei due, dal fatto che il caro Fritz «è come i suoi libri», da Lou che dice «cose così indecenti da far rizzare i capelli»: ma costretta poi ad ammettere che Lou eccita il fratello come nessun’altra donna, ed è la personificazione del suo pensiero. Mamma e sorella sono atterrite che il loro Fritz scriva a Rée e a Lou «vogliamo godere l’uno dell’altro e cercare di procurarci gioia», che tenti di sfuggire alle loro maglie di lana e ai panciotti su misura, e scatenano una guerra di maldicenze contro Lou, certo non sapendo quanto le parole della madre di Nietzsche sul figlio siano profetiche: o sposa Lou, o si spara, o impazzisce. E il grande «psicologo» cade in trappola come un bambino. Fidandosi della sorella rompe con Lou e Rée, vuol dare a lui «una lezione di morale pratica con un paio di pallottole», dice di lei che è sudicia e senza seno e che le «due canaglie» non sono degne di leccargli gli stivali. E mentre Lou amoreggia con Rée firmandosi «chiocciolina tua», Nietzsche quasi cieco, stremato dai mal di testa, scrive La gaia scienza e progetta lo Zarathustra.
Si sente «colpito da un coltello», sa di essere sull’orlo del crollo: «Questo conflitto interiore mi avvicina a poco a poco alla follia», e poi: «Questa sera prenderò tanto oppio da perdere la ragione». Comincia a pensare di essersi sbagliato nel fidarsi della sorella: «Che Lou sia un angelo incompreso? Che io sia una asino incompreso?» Accusa madre e sorella di non averlo mai capito, di avergli sempre impedito di vivere: «Ma non avete dunque idea della ripugnanza che debbo vincere al pensiero di avere una parentela così stretta con persone come voi?». È come se di colpo gli si aprissero gli occhi, e la madre ignorante e la sorella stupida e antisemita lo nàuseano. Ciò che lo ha attratto in Lou è proprio quello che la sua famiglia chiama il suo «orribile modo di pensare», il fatto che lo abbia trattato come «uno studente di vent’anni» e non come un noioso professore tedesco. I rimpianti lo tormentano. Di Lou scrive: «Per la sua moralità pratica il carcere o il manicomio potrebbero essere i luoghi più adatti. A me lei manca, perfino con i suoi difetti».
Il presunto ménage à trois, l’amicizia stellare e l’amore si chiudono su questa nota di strazio indifeso, di impossibile rimpianto. Là, dietro la facciata del monumento Nietzsche, è dove ci gettano questo lettere e val la pena seguirle: dentro un pensiero segreto e inesauribile, in una ferita aperta, che può ancora non far dormire la notte: l’amore è sempre al di là del bene e del male...