martedì 15 giugno 2004

una intellettuale algerina

Il Mattino 15.6.04
INCONTRO CON L’INTELLETTUALE ALGERINA
Wassyla Tamzali
paladina dell’Islam democratico e laico
di Donatella Trotta


Il volto moderno, democratico e laico dell’Islam è quello di una bella donna algerina dai corti capelli brizzolati che incorniciano uno sguardo diretto e deciso. Si chiama Wassyla Tamzali: da quasi trent’anni anni si batte per i diritti delle sue compaesane di sesso e a favore della libertà di coscienza nel mondo di cultura arabo-islamica. «Un mondo ancora oggi enigmatico per l’opinione pubblica mondiale - spiega - e passato, nell’area mediterranea, dalle lotte di liberazione dal colonialismo alla battaglia per la libertà». Nodo, quest’ultimo, molto difficile da sciogliere, aggiunge, «in società arabo-musulmane prefreudiane, dove i cittadini si devono confrontare con la doppia malattia dell’identità e del nazionalismo, restii tra l’altro ai valori dell’emancipazione femminile, dell’uguaglianza e delle pari opportunità tra i sessi».
Avvocato, femminista, scrittrice, già funzionario dell’Unesco a Parigi - dove per vent’anni è stata direttrice del diritto delle donne -, membro dell’Afem (Association Femmes de la Mediterranée) e responsabile del comitato Maghreb Egalité ad Algeri - città natìa dove è tornata a vivere -, in questi giorni Wassyla Tamzali è a Napoli, ospite della Fondazione Laboratorio Mediterraneo dove sabato interverrà nella sede di via Depretis 130 a un convegno internazionale di studi di genere (in programma con una mostra di editoria femminile, da venerdì a domenica) dopo aver partecipato, venerdì scorso, a un seminario a più voci (femminili) sulle ambiguità e i limiti del dialogo interculturale: «Tema che è diventato un concetto politico nell’attuale scenario internazionale, con la sua ambizione di prendere in carico la diversità storico-culturale, ma con dei necessari distinguo», sottolinea Tamzali, che si definisce «una donna antica colonizzata e malgrado ciò anche in rapporto con la mia comunità e il suo contesto culturale, pur essendo una ”diversa”» che rivendica dunque per sé un’identità «complessa».
Il primo distinguo? È una provocazione: «Quando si parla di dialogo culturale - dice Tamzali - basato sul metodo della tolleranza, che presuppone il sacrificio di una parte delle proprie convinzioni profonde per accettarne altre che magari si considerano sbagliate, è indispensabile saper distinguere l’intolleranza dall’intollerabile: questione non astratta per le donne, anzi al cuore del dibattito contemporaneo». Un esempio? «La questione del velo: le femministe francesi che arrivano a difenderlo, in nome di una sedicente apertura antirazzista ai segni mitizzati della diversità culturale, mettono di fatto l’Islam fuori del pensiero occidentale avallando un’intollerabile pratica di sottomissione: simbolica e reale. Non dimentichiamo che persino all’interno della chiesa cattolica sono state fatte battaglie in contrasto con la religione, come le lotte per l’aborto e per il divorzio, a dimostrazione che esistono altri àmbiti oltre quello religioso. E non vedo perché l’Islam debba essere l’impensato del pensiero occidentale».
Già, ma il problema con l’Islam è che diventa difficile non essere condizionati dall’uso politico strumentale della religione, che ha portato, nell’immaginario collettivo, allo stereotipo dello scontro di civiltà e al dilagare del terrorismo globale... «Il problema vero non è un eccesso di Islam, ma una sua mancanza che ha portato a questi stravolgimenti», replica Tamzali. In che senso? «L’Islam come religione, nel deserto arabo del VII secolo, dava diritti eccezionali alle donne. È la logica delle tribù che l’ha distrutto e seppellito, deviando la sua evouzione e causando uno scacco terribile che non è avvenuto invece in Occidente, dove le radici cristiane dell’Europa hanno generato movimenti di civilizzazione contro la barbarie che hanno trasformato e liberato le coscienze, con conquiste fondamentali per i diritti dell’umanità».
Non a caso, Tamzali ha di recente lanciato un audace Manifesto per la libertà di coscienza in Islam da lei promosso (dall’interno) con altri uomini e donne intellettuali di cultura musulmana (credenti, agnostici e anche atei): pubblicato in Francia e in Marocco su «Libération», il documento ha raccolto centinaia di firme e scatenato un putiferio di polemiche per il suo atto d’accusa articolato su tre grandi temi: la libertà di coscienza; la lotta contro l’islamofobia e la sfida ai bubboni che allignano in certe periferie europee affollate di giovani e sbandati immigrati musulmani «che esercitano la loro aggressività e violenza contro tre bersagli principali: le donne, gli ebrei e gli omosessuali», spiega Tamzali. Che mette in guardia contro un ”nemico” invisibile molto più pericoloso, a suo avviso, dei kamikaze antioccidentali: «L’Islam passivo, che si insinua in Europa con il suo bagaglio di misoginia, antisemitismo e omofobia usando gli strumenti della cultura per attentare ai valori di libertà, uguaglianza, fraternità dell’Occidente da difendere ad ogni costo, per raggiungere un orizzonte comune di umanità davvero solidale».