venerdì 11 marzo 2005

Tommaso Campanella

L'Unità 11 Marzo 2005
Tommaso Campanella, che la follia salvò dal rogo
Leggere per non dimenticare
Renzo Cassigoli

Due libri di Germana Ernst, docente di Storia di Filosofia del Rinascimento a Roma 3, concludono il mini-ciclo che Leggere per non dimenticare (la rassegna di incontri organizzata da Anna Benedetti alla Biblioteca comunale centrale di Firenze) dedica a magia, scienza e filosofia: dopo Francesco Bacone di Paolo Rossi e Cattolici, antisemitismo e sangue - Il mito dell’omicidio rituale di Massimo Introvigne, oggi è la volta di Tommaso Campanella (Laterza 2002) e Tommaso Campanella - Opuscoli astrologici (Rizzoli 2003), che saranno presentati in Sant’Egidio da Ornella Pompeo Faracovi.
Il primo libro coglie gli aspetti più significativi della riflessione di Campanella sulla filosofia naturale e i rapporti che, da un lato intercorrono fra religione e politica (potremmo dire fra religione e potere) e, dall’altro, fra religione e natura. Un pensiero politico forte che l’autrice rilegge alla luce delle drammatiche vicende del grande filosofo moderno. Il secondo affronta il ruolo che l’astrologia ha giocato soprattutto in rapporto al grande affaire astrologico-politico legato alla vicenda di papa Urbano VII, che tra il 1628 e il 1632 si snoda tra Roma e la Spagna, che nel 1630 preparò addirittura un nuovo conclave come già fosse “sede vacante”. Tutto è legato al desiderio di Urbano VII di giovarsi della perizia astrologica del Campanella per contrastare le voci diffuse fin dal 1626 sulla sua morte imminente a causa di negativi influssi celesti. Lo scandalo esplose nel 1629 con l’opuscolo De fato e la bufera si addenserà sull’astrologia, fino a quando nel 1631 giungerà la bolla Inscrutabilis che vieterà ogni tipo di divinazione sulla vita del papa e dei familiari minacciando durissime pene. Il filosofo cercherà di reagire con una serie di argomenti e per replicare alle critiche di ipotetici avversari scriverà una “disputatio” tentando di fornire una interpretazione mitigata della bolla.
Già nel 1599, accusato di aver preparato una congiura contro la dominazione spagnola, Campanella era rimasto in carcere per 27 anni a Napoli e per altri tre anni a Roma sorvegliato dal Sant’Uffizio.
«I tempi della carcerazione napoletana sono i più drammatici e Campanella è consapevole del fortissimo rischio di essere messo a morte», scrive la Ernst. Ma, a differenza di Giordano Bruno che sfidò i suoi carnefici fino al rogo, fu la simulazione a salvarlo. «Rinunciando a ogni strategia difensiva decide di far ricorso a quella che gli sembra l’unica possibilità di avere salva la vita: la simulazione della follia». Con perversa raffinatezza, una prescrizione del diritto vietava infatti di mettere a morte i pazzi in quanto «non potendosi pentire, i loro carnefici avrebbero avuto la responsabilità della condanna eterna della loro anima».
Simulazione e dissimulazione, dunque. Diceva Machiavelli: «Se mi trovo dinanzi a un tiranno ho due modi per difendermi, ucciderlo o simulare la pazzia». Campanella, considerato l’antimachiavelli, indossata la maschera sopravvive ai processi inquisitori adottando la teoria del Segretario fiorentino e nel fuoco delle polemiche finisce per essere indicato come un nuovo e più insidioso Machiavelli. «Si delineava così l’immagine di un Campanella maestro nelle arti della dissimulazione, che mentre a parole condanna la perfidia del Segretario fiorentino, di fatto ne ripropone, travestite e in modo più subdolo, le massime», scrive ancora la Ernst. «È fuor di dubbio che il confronto con Machiavelli costituisce uno degli aspetti forti di Campanella, e tale confronto si gioca su quel terreno del rapporto fra religione e politica che è uno dei nuclei centrali della sua riflessione».