l'Unità 26.9.05
Fischiare è dialogare
Il caso Ruini
Un fischio vale più di mille parole
di Marino Niola
Lo dicono concordemente tutti gli studi sul comportamento umano e su quello animale. Si può dire che gli uomini fischino da che mondo è mondo. E l'ultimo a far esperienza di questa antichissima forma di comunicazione è stato il cardinal Ruini che a Siena è stato letteralmente subissato di fischi.
GLI STUDENTI dell'università toscana hanno fatto ricorso ad un segnale ancestrale, ad una espressione al limite tra la cultura e la natura, tra la parola e il rumore, tra l'umano e l'animale. Il fischio è infatti imitazione del suono degli uccelli o di altri animali sibilanti, una forma di comunicazione radicalmente diversa dal linguaggio umano e in quanto tale barbarica, nel senso che al termine davano i Greci. Questi infatti chiamavano barbari tutti gli stranieri perché non necomprendevano la lingua e la paragonavano al verso degli uccelli. Il più antico significato del fischio è quello di contestazione. Al punto che nella Bibbia è già codificato come punizione mandata da Dio. Secondo il libro dei Re il Signore minaccia di fare di Israele lo zimbello di tutte le genti e di far piovere fischi sul popolo eletto se si fosse messo ad adorare altro Dio all'infuori di lui.
Fischiare, dunque, equivale a parlare in un modo diverso dall'ordinario, un modo più sintetico di qualsiasi parola. Ma non per questo meno complesso e meno ricco di forza comunicativa. Anche perché nessuno come il ricevente riconosce il motivo per cui viene fischiato e quindi è lui per primo a dare senso al messaggio.
Fischiare e parlare sono insomma due modi diversi per dire la stessa cosa. Un gruppo di scienziati dell'Università di Washington ha pubblicato recentemente sulla prestigiosa rivista "Nature" i risultati di una ricerca su una lingua in codice in uso tra i pastori di Tenerife, nelle Canarie. Una lingua che usa fischi al posto delle parole e che tuttavia attiva i medesimi centri del linguaggio. Fischiare e parlare per il cervello sono dunque la stessa cosa. È questa la conclusione dei neuroscienziati. Il fischio, come del resto l'applauso, sono forme antichissime di «rituali comunicativi», così li chiamano gli etologi e gli antropologi, comportamenti la cui esagerazione mimica li rende particolarmente teatrali, li sovraespone facendone dei simboli di qualcosa che non si può dire a parole. Sono segnali al tempo stesso semplici e immediatamente riconoscibili.
È anche questo che spiega la loro diffusione pressocché universale. Anche se spesso il loro senso può cambiare con la cultura e con il contesto.
I fischi in certi casi possono significare anche approvazione mentre, per esempio, battere i pugni sul tavolo, che è di solito un gesto aggressivo, nella comunità scientifica anglosassone equivale ad un'ovazione. Così come le parole, anche gesti e suoni cambiano significato. Si tratta in ogni caso di segnali che disegnano una cornice, stabiliscono un confine, avvertono insomma che in quel momento la comunicazione ordinaria è impossibile o interrotta. E' questo il motivo per cui a teatro, allo stadio, al cinema e qualche volta davanti a un'opera d'arte non si parla con il destinatario del messaggio ma lo si fischia o lo si applaude.
In altre parole non si parla «con» lui ma ci si rivolge «a» lui attraverso gesti e suoni. E proprio così gli studenti di Siena si sono rivolti a Ruini. In questo senso il fischio è un vero e proprio picco comunicativo, come un urlo che serve spesso a riportare l'attenzione su un dialogo interrotto.
Mille ragioni in meno di una sillaba. L'importante è andare oltre la sillaba e trovare le parole per far parlare quelle ragioni.
l'Unità 26.9.05
«Fischi leciti a Ruini»
Eugenio Scalfari corregge «Repubblica»
Il fondatore: «Se la Chiesa va a destra è lei a sceglierlo»
La Mafai: «I politici? Cercano patenti dal cardinale»
di Maria Zegarelli
UNA DOMENICA in famiglia, i bambini che corrono in casa, giornata ecologica a Roma per una pausa dallo smog quotidiano. E un pensiero che ronza in testa, perché per Miriam Mafai staccare «la spina» è praticamente impossibile. «Ma cosa c’è di scan-
daloso nella contestazione al cardinale Camillo Ruini?». Intere pagine dei quotidiani occupate dalle polemiche divampate dopo la contestazione di un gruppo di giovani al capo della Cei sui Pacs, i contratti che dovrebbero regolare le unioni di fatto, omosessuali e non. «Non c’è assolutamente niente di scandaloso. Lo trovo normalissimo, purché la contestazione resti in un contesto di civiltà», dice con convinzione. «E a Siena mi è sembrato che tutto rientrasse nell’assoluta civiltà. Ruini era a Siena per ricevere un riconoscimento da un'associazione politica, Liberal. Non era in chiesa». Ieri Eugenio Scalfari sulle colonne di Repubblica scriveva, correggendo il «tiro» del «suo» giornale dopo il cauto editoriale pubblicato sabato scorso da Edmondo Berselli: «Ai commentatori che suggeriscono di non regalare la chiesa alla destra mi permetto di far osservare due cose: la chiesa è pienamente capace di intendere e volere; se va a destra è lei che lo decide e non qualcuno che gliela regala». E su Ruini: «Di invasioni campo di questo genere è piena la recente biografia del presidente della Cei. Esse creano inevitabili reazioni non solo dei laici non credenti ma anche nel laicato cattolico più avvertito, che vorrebbe dai propri vescovi più religiosità e meno politica». «Giusto, giustissimo», commenta Mafai. E aggiunge: «Quello che mi disorienta e mi provoca un certo disagio è la corsa dei politici a sottolineare il proprio dissenso da questa dimostrazione, di modeste proporzioni, quasi per guadagnarsi una patente di credibilità da parte del vescovo». Che lo facciano a destra, che lo faccia l’Udc, può anche essere prevedibile, ma che avvenga «anche da parte di uomini e esponenti politici della sinistra» è in qualche modo poco chiaro. «Non parlo di Prodi, che è un cattolico. La stessa Rosy Bindi, sui Pacs, afferma una sua autonomia di giudizio su quello che affermano i vescovi e il suo diritto a dissentire. Lo ha fatto adesso e lo ha fatto anche durante la battaglia referendaria - aggiunge concedendosi il lusso di una sigaretta nel proprio salotto dove nessuno può protestare -. Parlo di alcuni della sinistra, per esempio lo stesso Fassino, che in questo caso non capisco. È come se ci fosse una perdita del valore della laicità dello Stato».
Ed eccolo qui il tema così caro a chi, come lei, durante la campagna referendaria sulla procreazione assistita ha investito energie e speranze. La laicità dello Stato, «un argomento che sembra sempre meno attraente». Allora come ora la Chiesa entra pesantemente nel dibattito della politica, cerca di dire la sua sui contenuti di una legge. Il cardinale Ruini ha anche espresso giudizi sulla presunta incostituzionalità della legge sui Pacs. Non ha parlato soltanto da importante esponente della Chiesa alla Chiesa e ai fedeli. «Se si fosse limitato a questo non avremmo avuto nulla da obiettare - dice l’editorialista con un passato e un presente sempre a sinistra -. Ma il cardinale è andato molto in là: ha espresso giudizi sulla costituzionalità di una legge. Non è una sottigliezza. La politica in generale può anche far finta di non registrare questi particolari, ma la sinistra non può rinunciare alla difesa del principio della laicità. I Ds non possono farlo altrimenti questa battaglia la combatteranno soltanto Rifondazione e i socialisti».
Nè ci si può far spaventare dall’esito del referendum. «Sono convinta che ci sia stato un errore di lettura di quel risultato. Ruini, ma forse anche qualcuno dei Ds, ha visto in quel 70% di astensione una vittoria del richiamo della Chiesa. Penso invece che abbiamo creduto, sbagliando, che quello fosse il terzo referendum, dopo il divorzio e l’aborto, di conquista di diritti. In raltà era un tema che riguardava una minoranza del paese e che ha trovato indifferenza negli altri». Chissà, forse anche perché erano anni che non si sentiva più parlare di temi etici, di scienza e di genetica. E forse la Chiesa di Ruini si è infilata in quel silenzio.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»