giovedì 10 novembre 2005

a proposito del partito democratico

il manifesto 9.11.05
L'impossibile partito democratico
Politicismo Nell'Unione convivono posizioni e culture troppo diverse per diventare «partito unico»
Michele Prospero

(...)
Dinanzi alla prospettiva di sciogliersi in una formazione con un asse spostato verso il centro e con un distinto tocco clericale, un partito serio si interrogherebbe a fondo. Nei Ds non accade quasi nulla. Un po' perché la prospettiva di cacciare Berlusconi paralizza ogni dibattito sull'identità. Ma soprattutto perché i Ds non sono più un partito di iscritti. I congressi, il poco di vita politica che ancora si svolge, è dominata dagli eletti. Chi controlla le fonti del finanziamento governa il partito e vince puntualmente i congressi ridotti a uno stanco rituale.

Gli eserciti di deputati, presidenti e assessori, consiglieri regionali, provinciali, comunali e di circoscrizione, sindaci, presidenti delle municipalizzate e enti pubblici, dirigenti di ospedali, collaboratori e membri di staff, professionisti che vivono con le parcelle degli enti costituiscono il nerbo di un partito cartello che non ha iscritti o militanti al di fuori dell'esercito di eletti che distribuiscono le risorse pubbliche. Sono loro che partecipano ai congressi, amministrano e tirano le fila delle candidature alle elezioni. Il simbolo di partito è solo un certificato di garanzia offerto agli elettori distratti ma ancora fedeli, la copertura per i movimenti talvolta cinici di persone che vivono di politica e che solo se qualcosa mette a repentaglio la lucrosa rielezione si mettono in allarme. Eppure un partito come i Ds che precipita per intero nel già affollatissimo mondo del moderatismo italiano sarebbe una sconfitta. La battaglia che la minoranza interna ai Ds sta conducendo per conservare un autonomo soggetto politico legato al lavoro riguarda il futuro di tutta la sinistra.