lunedì 3 luglio 2006

LatinaOggi domenica 2 luglio 2006
Intervista ad Annelore Homberg dopo l'ultimo infanticidio
Oltre la mente sconvolta delle madri assassine
di Licia Pastore

Il neonato ritrovato lunedì scorso nascosto in una scatola, risulterà dopo l’autopsia essere stato colpito da tredici colpi di forbici, di cui uno al cuore. La madre, una giovane badante polacca ora è reclusa a Rebibbia con l’accusa di occultamento di cadavere e omicidio volontario aggravato. Una storia che solleva l’esigenza di saperne di più, non fermandosi al solo fatto di cronaca. Sicuramente la condizione delle donne immigrate che arrivano in età fertile, ma anche in condizioni di estrema povertà e arretratezza culturale, incide. E le reazioni del pensare comune si appellano a una nuova storia della disperazione. Sono trascorsi appena due mesi dal ritrovamento di un altro corpicino gettato in un canale da chi voleva solo sbarazzarsene. Tutto, visti i fatti di cronaca, lascerebbe pensare a una condizione che va progressivamente complicandosi.
E’ sufficiente parlare di disperazione, nonostante i centri di assistenza territoriali?
«La giurisprudenza distingue tra infanticidio e figlicidio. Nel primo caso si tratta di uccisione di bimbi nel primo anno di vita (è prevista anche una ulteriore suddivisione in neonati e lattanti). Si parla di figlicidio per i bambini più grandi. Le pene sono diversificate, nel primo caso sono minori ».
Annelore Homberg, psichiatra e psicoterapeuta, docente incaricata presso l’Università di Foggia è la curatrice della postfazione del libro «Madri assassine» di Adriana Pannitteri (Ed. Gaffi). E’ anche redattrice della rivista di psichiatria e psicoterapia «Il sogno della Farfalla» che ha il suo punto di riferimento nella teoria di Massimo Fagioli.
«Nel caso della giovane donna polacca si tratta di un neonaticidio - spiega - un delitto in forte diminuzione nei nostri paesi, perchè tra questi casi rientrano i figli non voluti, le gravidanze non accettate. Una realtà purtroppo molto conosciuta in diversi paesi del mondo. «Da noi - prosegue la Homberg - il contesto sociale è diverso. Ci sono possibilità come la contraccezione e l’interruzione di gravidanza, il problema è stato affrontato alla radice».
Quindi?
«Per una donna che uccide si direbbe che ci siano due realtà. Una, è quella anacronistica ovvero quando esiste una penalizzazione della sessualità, o ancora il problema di una gravidanza illegittima, o magari la paura della perdita del lavoro. Ma questo non riguarda tutte le donne perchè se fosse così, per esempio in Africa cosa accadrebbe? Nel secondo caso si può parlare di fragilità psichica. Di fronte a questa situazione c’è una realtà interna che non funziona. Un rapporto con la realtà che non funziona. Una fragilità psichica che non ha permesso di cogliere quelle possibilità che esistono intorno (contraccettivi e interruzione della gravidanza). Credo che questa persona potrebbe essere valutata così. Per questa mente che si è persa, almeno rispetto a questo fatto»
Che ipotesi si possono avanzare?
«Solo dopo aver detto questo si possono avanzare delle ipotesi. E allora coglierei l’occasione per dire che se da noi l’infanticidio risulta in calo è da legare ai progressi che ci sono stati grazie anche all’uso dei contraccettivi. Come psichiatra però mi preoccupa molto quando leggo (ndr vedi settimanale «Left» n. 25) che è sempre più difficile effettuare un aborto o per una serie di carenze nei consultori e degli ospedali. Si dovrebbe prendere in considerazione che se si continua a diffondere la messa in crisi dell’applicazione della legge 194, allora ci sarà da aspettarsi anche un aumento di questi casi».
E per le uccisioni dopo il parto?
«Sono casi prettamente psichiatrici - prosegue - o si cade in depressione post partum o psicosi post partum. Nei casi in cui i figli sono più grandi c’è da pensare che lì c’è stato tutto il tempo per sviluppare un delirio che purtroppo alcune volte non viene colto. Ovviamente non tutte le donne che si trovano in condizioni di difficoltà reagiscono così. Ci sono casi in cui interviene un problema della mente. Un tempo era perfettamente razionale, vedi per esempio in Cina. In certi casi non c’è razionalità perchè ci si mette nei guai. La malattia mentale può essere curata. Non è espressione di malvagità neppure quando porta a compiere il più inconcepibile dei delitti».


(la pagina è disponibile su Internet in .pdf, per vederla occorre collegarsi al sito del quotidiano, qui, scegliere poi la data del 2 luglio, quindi cliccare sul file dal titolo "pag06latina.pdf ")

Il libro di Adriana Pannitteri (giornalista del TG1) "Madri assassine", citato in questa intervista e che contiene la postfazione di Annelore Homberg, sarà presentato GIOVEDÌ 6 LUGLIO 2006 alle ore 18.30 presso la libreria Tempo ritrovato di Torino (via Po, 59/d) da Milena Boccadoro (TG3) e Marco Neirotti (La Stampa), giornalisti che hanno seguito e raccontato il caso del delitto di Cogne, e Antonino Calogero e Antonio Esti, psichiatri dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, saranno presenti l’autrice e l’editore Alberto Gaffi.

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