Lombardi, il riformista d'antan
più marxiano che marxista
di Carlo Patrignani
«Amo la vita da sempre». Così Riccardo Lombardi scriveva a un suo amico qualche mese prima del 18 settembre 1984, quando in silenzio se ne andava, cremato e senza riti religiosi né di Stato.
Le reformiste d’antan, più marxiano che marxista, adottò come bussola del suo far politica l’ateismo. «Ateismo metodologico e critico - spiegò nel 1978 al congresso del Partito socialista italiano che si teneva a Torino - il metodo è quello scientifico che qualunque cristiano deve adottare in materie scientifiche, ossia prescindere dall’influenza ultraterrena per fare i conti con le realtà che ci stanno davanti e il secondo è quello che smaschera la falsa coscienza che le religioni tentano di dare di se stesse rappresentandosi diverse da quello che sono». Ossia negazione della persona, dell’essere umano che «suscettibile di cambiamenti e miglioramenti» è sempre stato al centro della sua azione. «L’economia politica - scrisse nel 1958 - non può prescindere dal lavoro alienato».
In tempi caratterizzati dal dilemma sull’esistenza del socialismo, (non è più corretto dire, come fa Pietro Ingrao che è il comunismo a essere morto?) dalla prospettiva possibile per la “sinistra”, la lezione di Lombardi, e di Antonio Giolitti, per il quale si tratta di «costruire il socialismo per gli esseri umani e non sacrificare gli esseri umani al socialismo», torna d’attualità.
«Ora pensaci tu a rompere i patti», gli disse Pietro Nenni all’indomani della tragica e devastante repressione dell’Ungheria (1956) da parte delle truppe sovietiche. E l’ingegnere “acomunista”, critico fin dal patto Ribbentrop-Molotov del 1939, con l’Urss che non vide mai come “Stato-Guida”, andò alla Camera a denunciare l’invasione senza mezzi termini: «È inammissibile sempre... non c’è socialismo senza democrazia e libertà». Di lì a qualche mese Giolitti lasciò il Pci di Palmiro Togliatti e aderì al Psi. «A distanza di anni sull’Ungheria, Giolitti ebbe ragione nel Pci e Lombardi nel Psi: Nenni approfittò della situazione per sganciarsi dall’alleanza con il Pci il cui prezzo più alto era pagato proprio dal Psi» nota l’economista Giorgio Ruffolo. «I fatti della storia sono questi - chiosa - essi s’incaricano di dar meriti e responsabilità ai diversi attori».
Autonomi dall’Urss non voleva dire per Lombardi alleati degli Usa: perseguì sempre la neutralità dai due blocchi usciti da Yalta, tanto da redarguire Nenni quando nel condannare l’invasione di Praga dimenticò «le invasioni, altrettanto cruente» degli Usa. «Lombardi? Per chi come me è nato lombardiano, Riccardo è stato uno dei politici più straordinari» dice il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, la cui azione politica non può essere avulsa. Non fosse altro che per quella «inesausta tensione, capacità di ricominciare - è l’opinione di Ingrao - di ricercare, di tentare vie nuove». Con l’apertura ad “altre culture” come avvenne il 5 novembre 2004 con l’Analisi Collettiva, che hanno “qualcosa” da dire sull’essere umano, sulla realtà umana.
Ecco, sarebbe un bel regalo per Lombardi, cui nel 1983 Sandro Pertini negò la nomina di senatore a vita, esser ricordato come quel grande statista che fu: «Lo Stato e la società vanno trasformati: e per me in senso socialista... Questo Stato va difeso - rispose nel ‘78 allo slogan né con le Br né con lo Stato - per trasformarlo e non per distruggerlo: dalle sue macerie non potrebbe nascere se non un odioso dispotismo».
sulla visita di Bertinotti di questa mattina alla festa di Azione Giovani di Roma
da qui
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A Bellocchio il Gattopardo d'Oro 2006
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(segnalazione di Barbara de Luca)
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(da cinecitta.com)
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