sabato 3 gennaio 2009

IN UN LANCIO AGI RICEVUTO DA "SEGNALAZIONI" ALLE 18.39 E PUBBLICATO SU REPUBBLICA.IT: INTERVIENE MASSIMO FAGIOLI, qui di seguito


NEW!
Agi 3.1.09
ore 18.12
Liberazione: Fagioli, ho gran stima di Sansonetti e Bertinotti

(AGI) - Roma, 3 gen. - Ho grande stima di Sansonetti: con me è stato sempre correttissimo, non ho mai detto che è un malato di mente, come ho moltissima stima di Bertinotti: e se con entrambi ci sono punti di dissenso, ben venga il dissenso! A parlare è lo psichiatra Massimo Fagioli che fa chiarezza su alcune affermazioni 'false' a lui attribuite. "Non ho mai detto Sansonetti è un malato di mente - attacca lo psichiatra dell'Analisi Collettiva - ma ho detto che possono essere malati di mente coloro che si bloccano per stupor davanti alle formiche. Questa considerazione è poi diventata Sansonetti è un malato di mente". Una menzogna! "Che poi non abbia condiviso talune scelte di Sansonetti, come certi articoli apparsi su Liberazione sulla sessualità o il sesso, penso sia del tutto legittimo avere proprie opinioni - prosegue lo psichiatra - Se è venuto fuori un dissenso, bene, discutiamo". Quindi, tocca a Vendola. "Non ho mai detto che Vendola va curato, ho detto e lo ripeto che, per me, è una contraddizione teorica essere omosessuale, cattolico e comunista e per questa ragione e solo per questa - precisa - non ho condiviso che fosse candidato alla guida di un partito". E questo è stato un punto di dissenso con Bertinotti. "Ma posso aver un'opinione? Mi pare sia del tutto legittimo averla - aggiunge - questa opinione così formulata non è dire: Vendola è da curare". Nessun divorzio dunque con Fausto Bertinotti, come si fa sapere dall'entourage dell'ex-Presidente della Camera ma alcune pur significative divergenze su giudizi attribuiti a Fagioli, mentre se e quando ci sarà un'occasione come Villa Piccolimi del 2004 o l'Auditorium del 2007, Bertinotti ci sarà. Perché tutte queste menzogne, come quella dei 10 euro per ogni persona che va ai seminari di Analisi Collettiva che come si sa da quando ci sono, dal 1975, sono del tutto gratuiti, o quella di omofobia che tra l'altro non è chiaro cosa significhi o quella di essere editore, di star dietro a Luca Bonaccorsi nell'acquisto di Liberazione? "Me lo sono chiesto il perché di tutte queste menzogne su di me, il perché di questi attacchi - conclude lo psichiatra - Temono che la mia teoria si diffonda sempre più anche attraverso un giornale".
segnalazione di Carlo Patrignani

NEW! ORE 15.51
Agi 3.1.08 ore 15.51
rilanciato in rete da Repubblica.it
Liberazione: Ferrero, Fausto difende Sansonetti? Lo capisco

Fausto difende Sansonetti? Lo capisco, Piero dirige il giornale portando avanti il progetto politico del superamento di Rifondazione che è stato però bocciato al Congresso di Chianciano: lì ha vinto il progetto politico del rilancio di Rifondazione come abbiamo fatto per tanti anni tutti insieme, Fausto in testa. A parlare è il segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero che annuncia: "Liberazione avrà nel corso del mese di gennaio il suo assetto, sarà definito alla luce del sole ed in maniera trasparente". Ferrero non si pronuncia sui rapporti tra Bertinotti e lo psichiatra Massimo Fagioli: "non ho nulla dire, se non che a decidere è Fausto". Viceversa, quel che preme e molto a Ferrero è ribadire che "non si tratta di autonomia, non è in ballo l'autonomia di Sansonetti, ma il progetto politico che Piero persegue, che è quello sconfitto al Congresso". Ed in democrazia, il voto anche congressuale ha un suo peso e valore, conta eccome, invece si fa finta di nulla e si risponde "con la divisione 'amico-nemico' propria di una vecchia logica comunista superata", conclude Ferrero. (AGI)

NEW!
ORE 12.45

Agi 3.1.09, ore 12.44
rilanciato in rete dal sito de La Nuova Ferrara, e da quello de La Gazzetta di Modena, entrambe testate di proprietà del gruppo Repubblica-L’espresso, e da altre pagine su Internet
Liberazione: Sansonetti, mai avuto dubbi su Bertinotti
"Mi fa piacere e molto", così accoglie la notizia, riportata da 'Repubblica', del 'divorzio' di Fausto Bertinotti da chi qualche giorno fa lo ha definito "bambino del '68, malato di mente", lo psichiatra Massimo Fagioli. Piero Sansonetti, attuale direttore di 'Liberazione', che però la maggioranza del Prc, il tandem Ferrero-Grassi, vuole cambiare, è entusiasta "non ho mai avuto alcun dubbio su Bertinotti, lo conosco bene". E intanto lavora alla proposta d'acquisto della testata. "Sto preparando la mia offerta, ci sto lavorando - spiega - perché sia economicamente valida e rappresentativa dei giornalisti: così da essere alla pari con quella di Luca Bonaccorsi". Insomma, "darò battaglia fino di fondo", chiosa Sansonetti e conclude con un altro "mi fa piacere", ovviamente la notizia del 'divorzio'. Pat 031242 GEN 09. (AGI)


PIERO SANSONETTI ERA INTERVENUTO VENERDI 30 SU LA 7, A OMNIBUS
AVEVA PARLATO DI LIBERAZIONE E DI MASSIMO FAGIOLI
ADESSO LA REGISTRAZIONE DI QUELL'INTERVENTO È DISPONIBILE SU VIDEOSEGNALAZIONI



Repubblica 3.1.08 Prima pagina
La polemica
Lo psichiatra eretico che divide Rifondazione aveva attaccato Vendola e Sansonetti
E Bertinotti scarica il guru Fagioli
di Umberto Rosso

Bertinotti ai suoi sulla possibile acquisizione del giornale: "Stravagante la proposta del doppio direttore"
"Parole inaccettabili su Liberazione" e Fausto rompe con l’amico Fagioli
Lo psicanalista ha chiesto di allontanare chi ideò due pagine "su quel cretino di Freud"

Cala il sipario. A Bertinotti il guru non piace più. Addio a Massimo Fagioli, ascoltato santone per quattro anni dell’ex presidente della Camera. E bye-bye anche a Luca Bonaccorsi, discepolo fagiolino tutto di un pezzo, che vorrebbe mettere le mani su Liberazione, il quotidiano di Rifondazione, spronato dal segretario del partito Paolo Ferrero. Proprio l’assalto al giornale e al suo direttore Sansonetti sta sgretolando quelle consolidate amicizie di "politica&psiche". E sta aprendo uno spettacolare controvalzer di legami e alleanze dentro Rifondazione.
Con Ferrero lo «stalinista» che ora si ritrova al fianco il protagonista delle sedute di psicanalisi di massa a Trastevere. L’uomo che si è auto-intestata la svolta della non violenza dentro Rifondazione. Bertinotti invece, dopo giorni di interviste e dichiarazioni del maestro contro Sansonetti («eterno ragazzino del ‘68, praticamente un malato di mente») e Vendola («non può essere omosessuale, cattolico e comunista allo stesso tempo, va curato»), non ce l’ha fatta più, e ha deciso appunto che era arrivato il momento di prendere le distanze. Se non pubblicamente, almeno dentro il partito. Telefonate e massaggi riservati, affidati ai suoi collaboratori più stretti, per il direttore e il comitato di redazione del giornale.
«Nelle posizioni dei due io, sia chiaro, non mi riconosco affatto. Anzi, sono sconcertato e indignato. Il giornale deve vivere in piena autonomia, che Sansonetti ha garantito fin qui in modo eccellente». Amareggiato dalle manovre in corso al punto che l’ex leader del partito sta provando a tagliare fisicamente i ponti con Bonaccorsi, che della sua rivista «Alternative per il socialismo» è stato fin qui editore.
«In realtà - sottolineano però i redattori del bimestrale - il nostro editore si chiama Editori Riuniti. Bonaccorsi, attraverso Left, lo distribuisce ma l’abbinamento non funziona come dovrebbe, se nelle edicole fuori Roma la rivista è praticamente introvabile. L’accordo va riconsiderato». Uno sganciamento dalla galassia dell’editore cognato di Ivan Gardini (il figlio di Raul ne ha sposato la sorella Ilaria) che le polemiche di questi giorni stanno accelerando.
In considerazione del fatto che, secondo le confidenze di Bertinotti, il piano che il fagiolino e il suo guru hanno in testa sarebbe il seguente. «Il senso dell’intera operazione sta nella stravagante proposta del doppio direttore. Uno per la politica, che diventerà così il commissario dell’attuale segretario. L’altro che sovrintende alla parte culturale e informativa. E qui si corre il rischio di creare un corpo separato». Insomma, da una parte nelle mani di Ferrero, dall’altra il pericolo di una presa del potere dei fagiolini a Liberazione, trasformata in una specie di house-organ del guru romano.
I ricordi dei bei tempi a questo punto si fanno lontani e sfumati. Una storia cominciata una mattina del 2004, quando a Villa Piccolomini di Roma, presente anche Ingrao, scoppiò per la prima volta la scintilla. Bertinotti portato in trionfo dai fagiolini per il suo socialismo nuovo: sul sito restano ancora le parole di celebrazione dello psicanalista «mai prima d'ora qualcuno aveva, fra comunismo e libertà, messo le parole: realtà umana». Da quel momento i due diventano quasi coppia fissa.
Fagioli va ai congressi di Rifondazione, Bertinotti ospite d’onore alla libreria Amore&Psiche, il quartier generale al Pantheon del gran cerimoniere, che allarga i suoi consulti a dieci euro ai rifondaroli in crisi di identità. Certo qualche «stranezza» l’avevano notata, come quando Fagioli chiese all’allibito Sansonetti di licenziare in tronco la responsabile della cultura per due pagine su Freud, «quel cretino, quel criminale di Sigmund: la giornalista va cacciata».
Ora sugli scogli dell’assalto a Liberazione naufragano rapporti politici e personali. Perché, come dice l’ex capogruppo alla Camera Gennaro Migliore, che pure dei fagiolini è stato un fan, «se ti presti a certe operazioni politiche poi saltano anche i rapporti umani».


il Riformista 3.1.08
Fagioli e i cocci della sinistra
di Stefano Cappellini

Guai a chiamarlo psicanalista. Massimo Fagioli non può avere alcuna stima di gente che svolge una professione fondata da un «imbecille» (così Sigmund Freud secondo la definizione del suddetto). Fagioli è psichiatra. E il suo destino storico-professionale sembra esser quello di raccogliere i cocci della sinistra.
Quando più di trent'anni fa cominciò le sue sedute di analisi collettive, la cosiddetta «psicoterapia di folla», che gli costò - non da sola, visti i giudizi su Freud - l'espulsione dalla Società italiana di psicanalisi, c'erano molti reduci del 1968 e delusi precoci del 1977 ad affollare le riunioni di Villa Massimo, sede universitaria in assemblea permanente, tutti a caccia di una fuga più o meno esotica dalla politica. In quegli anni qualcuno scappò dalla militanza dandosi all'India, alla macrobiotica e al buddismo. Qualcun altro si diede a Fagioli. Oggi che il fagiolismo è, soprattutto a Roma, una religione per migliaia di persone e le sedute - «interminabili comizi» secondo i detrattori, «esperienza impagabile» secondo gli adepti, che però la pagano con un'offerta volontaria al termine della seduta - si svolgono a Trastevere, in un vecchio palazzo di piazza San Cosimato, lo psichiatra si trova a essere protagonista di un altro storico riflusso, quello al capezzale della sinistra rifondata.
Negli ultimi anni ha infatti stretto un rapporto molto intimo con Fausto Bertinotti e, cosa meno nota, anche con un altro bel pezzo di classe dirigente del Prc: l'ex capogruppo alla Camera Gennaro Migliore, l'ex sottosegretario agli Esteri Patrizia Sentinelli, la giornalista Rina Gagliardi, che a Fagioli ha anche dedicato una poesia, di cui un paio di versi sono finiti qualche tempo fa nella rubrica che lo psichiatra tiene su Left (rubrica sacra e intangibile, come hanno scoperto un paio di direttori messi alla porta dall'editore Luca Bonaccorsi, fagiolino doc e aspirante compratore di Liberazione). Tutti stregati - i capi rifondaroli - dal carisma dell'uomo, un signore dalla fluente chioma argentea che accompagna il suo eloquio forbito con smorfie e birignao a mezza via tra il dandismo del Mughini di Controcampo e il trombonismo del Gassman dei "Mostri" (episodio del grande attore).
Secondo i più informati biografi bertinottiani, il contatto tra il subcomandante e l'autore di opere come "Bambino donna e trasformazione dell'uomo" è Chiara Ingrao, sorella di Pietro. La scintilla intellettuale scoccò a un pubblico dibattito nel 2004 e avvampò subito, tanto che di lì a poco il leader del Prc scelse la libreria di Fagioli nel centro storico di Roma, Amore e Psiche, per lanciare la sua corsa alle primarie del centrosinistra in cui sfidò Romano Prodi. Gli interni della libreria sono firmati da Fagioli stesso, che si offende se lo si chiama psicanalista, ma non ha nulla in contrario a essere chiamato architetto, scultore, regista, sceneggiatore, tutte attività in cui si è cimentato o non ha mai smesso di cimentarsi. Fagioli ha personalmente progettato il Palazzetto bianco, una costruzione nel quartiere Piccolomini ultimata nel 2005, meta di pellegrinaggio per i fagiolini, e ha disegnato, tra gli altri, gli interni dell'appartamento dell'imprenditore Matteo Fago - figlio di una nota famiglia di cinemtografari romani e, secondo molti, la vera mente delle operazioni editoriali di area fagiolina - presso cui vengono organizzate periodiche visite guidate. Si racconta di signore scioltesi in lacrime di commozione davanti alla poesia delle colonne storte e al simbolismo delle soluzione psico-geometriche adottate dal nostro per casa Fago.
Poi c'è il cinema. Fagioli ha presentato la sua opera prima, e finora unica, "Il cielo della luna", al Festival di Locarno del 1998. I pochi che l'hanno visto ne parlano come di una pellicola stracult, per la narrazione che definire criptica è un eufemismo. In compenso ad applaudirla in sala c'erano centinaia di fagiolini saliti a Locarno a proprie spese, pronti a difendere il maestro dalle sghignazzate dalla critica militante. Del resto, la claque segue Fagioli ovunque. All'università di Chieti, dove da qualche anno lo psichiatra tiene dei corsi, in aula si incontrano molte delle facce che tre o quattro volte a settimana si riuniscono a piazza San Cosimato.
Al cinema, comunque, Fagioli è noto soprattutto per la collaborazione con Marco Bellocchio, il quale reduce dalla stagione filo-cinese, e dopo aver scoperto le virtù della terapia anti-freudiana, ha firmato praticamente a quattro mani con il suo terapeuta una manciata di pellicole a cavallo tra anni Ottanta e Novanta. Famigerate (e fonte di disperazione del produttore Leo Pescarolo) le incursioni dello psichiatra sul set di "Diavolo in corpo", liberamente ispirato al romanzo di Radiguet, per suggerire l'improvvisazione di scene, battute e situazioni, una delle quali è rimasta nella storia del cinema italiano. Fu Fagioli a ispirare a Bellocchio una scena di fellatio, che il regista girò chiudendo la statuaria Maruschka Detmers in una stanza, sola con il fortunato co-protagonista e la macchina da presa, senza nemmeno l'operatore. Ancora più diretto il contributo al "Sogno della farfalla", film del 1994 per cui Fagioli scrisse la sceneggiatura e che non a caso porta lo stesso titolo della rivista ufficiale della sua corrente. Il film racconta la storia di un ragazzo che in polemica col mondo sceglie di chiudersi nel silenzio e di parlare solo come attore sul palcoscenico. La qualità dei dialoghi, didascalie medico-scientifiche travestite da aforisma o da prosa in versi, all'epoca spinse i pochi spettatori in sala a rimpiangere che il ragazzo non avesse optato per un mutismo assoluto.

il Riformista 3.1.08
Prc annuncia: a Liberazione un nuovo direttore a gennaio

Entro gennaio il nuovo direttore e nel 2009 Liberazione dovrà reggersi sulle sue gambe, Rifondazione comunista non ha più soldi dopo aver fatto i conti con il buco di tre milioni e mezzo di euro del suo quotidiano nel 2008. Claudio Grassi, numero due del Prc e responsabile organizzazione, conferma le decisioni assunte dal Comitato politico nazionale, il parlamentino del partito, e sottolinea: «C'è urgenza di intervenire in modo rigoroso. Andremo avanti con quanto è stato stabilito, non abbiamo alcuna intenzione di tornare indietro». A prendere la decisione finale sarà, secondo statuto, la direzione del Prc, che con ogni probabilità si terrà entro la metà di gennaio. Al momento non si fanno nomi sul nuovo direttore, ma in passato era emerso quello dell'ex capogruppo di Rifondazione al Senato, Giovanni Russo Spena, mentre non è da escludere una soluzione tra le professionalità interne. «Sansonetti - dice ancora Grassi - ha portato Liberazione in un vicolo cieco, in una situazione sostanzialmente fallimentare».

il Riformista 3.1.08 Prima pagina
Giù le mani dal mitico Grand Hotel
di Cinzia Leone

Sansonetti contrattacca difendendola chiave pop (popular) della linea editoriale e schiaccia la palla titolando l'ultimo numero dell'anno: «Grand Hotel fa schifo? Viva Grand Hotel»

Non si parla male delle sessantenni. Almeno, prima, ci si documenta. Grand'Hotel, fresca di compleanno, la rivista che per sessant'anni ha strapazzato i cuori delle italiane è oggi al centro della querelle attorno a Liberazione. Lo psicoanalista Massimo Fagioli l'accusa di dare troppo spazio a Luxuria e al mondo gay.
Sansonetti contrattacca difendendola chiave pop (popular) della linea editoriale e schiaccia la palla titolando l'ultimo numero dell'anno: «Grand Hotel fa schifo? Viva Grand Hotel». Dietro c'è molto di più di una diatriba su quello che è o non è "popolare". Storie di nuovi proprietari, di cordate, di linea politica insomma e di rese in edicola. Tutto è nelle mani della segreteria di Rifondazione. In attesa del responso sul malato scendiamo in campo in difesa della pietra di paragone chiamata in causa con leggerezza. Stiamo parlando di uno dei più importanti successi editoriali del dopoguerra. L'unico, l'inimitabile, l'irraggiungibile (ci dispiace, anche per Sansonetti) Grand Hotel.
Nasce nel '46 e fin dal primo numero va a ruba costringendo l'editore a quattordici ristampe. Erede naturale della grande tradizione del feuilleton inventa un nuovo genere letterario: il fotoromanzo.
Prima disegnato da grandi firme, una per tutte Walter Molino, con tavole in bianco e nero realistiche ad imitare la tecnica fotografica, poi è realizzato direttamente con set fotografici paragonabili a quelli del cinema. Un genere tutto italiano, nato da un'idea di Cesare Zavattini, ma che dilagherà in Europa e in Sudamerica.
Racconti d'amore e non solo, ricchi di spunti di cronaca e di attualità: uno strumento di alfabetizzazione per le classi povere e una vera "scuola quadri" per le donne uscite dalla guerra e assetate di modernità. Farcito di eroine romantiche ma anche di tipe toste, viaggia in parallelo al neorealismo stemperandolo e addomesticandolo ma insieme diffondendone i valori. Attraverso le pagine di Grand Hotel e dei fotoromanzi crescono le generazioni, e passano i messaggi, smielati e retorici ma si insinua anche il nuovo. Le trame, spesso scritte da sceneggiatori di cinema o da scrittori in bolletta nascosti da pseudonimi fantasiosi, raccontano i campiamenti della società e del costume: la coppia in crisi, il controllo delle nascite, il divorzio, le donne che lavorano.
I fotoromanzi saranno la palestra e spesso il trampolino di lancio di grandi attori: Vittorio Gassman, Sofia Loren, Giorgio Albertazzi, Silvana Pampanini, Alberto Lupo, Gina Lollobrigida, Silvana Mangano, Raf Vallone. E anche di Achille Togliani, Mike Bongiorno, Ornella Muti, Laura Antonelli, Isabella Ferrari, Massimo Ciavarro, Philip Leroy, Alessio Boni.
Viaggia in osmosi con il cinema. Senza i fotoromanzi e senza Grand Hotel non avremmo avuto lo "Sceicco bianco" di Fellini. Prima che la televisione prendesse campo, e anche dopo, tutti o quasi, rinnegandolo o rivendicandolo, sono passati per le pagine dei fotoromanzi. Soap opera e reality sono una pallida imitazione della ricchezza di trama e di messaggio che i fotoromanzi di Grand Hotel e non solo, erano capaci di mettere in campo. Parliamo anche di numeri. La terna Grand Hotels, Bolero e Sogno, negli anni Cinquanta, si spartiva settimanalmente non meno di 1.600.000 copie di venduto. Un pubblico invidiabile anche per l'auditel.
Le nostre madri o le nostre nonne, senza La Domenica del Corriere, Noi donne, Famiglia cristiana, e anche senza i fotoromanzi, sarebbero di certo diverse.
Anna Bravo per definire il genere nel suo saggio "Il Fotoromanzo" per il Mulino dice «Per resistere alla cultura di massa, si pensa in quegli anni, bisogna essere colti, adulti, scaltriti e preferibilmente maschi». La Bravo ha ragione ma non c'è bisogno di rispolverare Franco e Ciccio o i film pecorecci anni 70 e trasformarli a forza in cult. Non è obbligatorio tifare reality per essere popolari. Grand Hotel la sapeva lunga. Al posto di Sansonetti, sotto sotto, saremmo orgogliosi del paragone. Forza Pop.

Panorama 2.1.08
Guerra per Liberazione: la testata “rossa” in crisi d’identità

Non c’è pace nella sinistra. E non si respira una bella aria a Liberazione. Il conflitto interno ruota attorno ad un nome: Luca Bonaccorsi, direttore editoriale del settimanale Left, interessato a rilevare il quotidiano guidato oggi da Piero Sansonetti. Apriti cielo, non se ne parla proprio, no allo “spauracchio di un compratore-choc”, non andremo mai con il “discepolo dello psicanalista Massimo Fagioli”, recita una nota del giornale.
Il cui direttore, ospitato da Repubblica, domenica si sfogava così: “Bonaccorsi accusa il manifesto di voler cancellare Liberazione, ma può essere lui il vero affondatore”. E ancora: “So che punta a una svolta a destra del quotidiano con una linea antifemminista e omofoba”. La soluzione migliore, per lui, poco gradito - diciamo così - al nuovo leader del partito, Paolo Ferrero, sarebbe un’altra: “Sto lavorando a un’associazione di chi lavora qui”, perché “possiamo prenderlo noi, il giornale”. Un’associazione che gestisca la testata, “insieme con un comitato di garanti, composto da figure illustri”.
Non si fa attendere la replica di Bonaccorsi: “Il comportamento di Sansonetti mi sembra inqualificabile e le sue affermazioni, che spero smentirà, gravissime. Io antifemminista e omofobo? Ormai siamo alle bugie palesi e alla diffamazione”. A questo punto, aggiunge, “è evidente che anche dentro Rifondazione c’è un caso Villari”. Cioè, Sansonetti rimane “aggrappato alla poltrona” pur “mettendo a rischio i lavoratori”.
A contendersi il quotidiano del Prc, ci sono insomma due diverse generazioni: quella del ‘68, guidata dal 60enne Sansonetti e quella che rifiuta il ‘68, pilotata dal 40enne Luca Bonaccorsi. “La mia battaglia la farò fino in fondo: posso vincere o perdere, ma non mi tiro indietro e spero che Ferrero consideri l’offerta formulata da me e altri colleghi alla pari con quella di Bonaccorsi”, dice Sansonetti. “Piero ha già perso, è l’unico che non se ne è ancora reso conto: la sua proposta d’acquisto? Come può essere credibile la proposta di risanamento fatta da chi ha portato Liberazione al disastro, a perdere 3,5 milioni di euro l’anno?”, nota Bonaccorsi vicino sia a Fausto Bertinotti che a Massimo Fagioli.
Non poteva mancare nel “dibattito” la voce del segretario del Prc. Sempre intervistato da Repubblica, Ferrero respinge le accuse dei suoi detrattori. Oggetto del contendere, il legame tra Bonaccorsi e lo psichiatra-guru Massimo Fagioli, “che debbo rispondere” attacca Ferrero “che siamo alla schizofrenia? Quanto è figo il guru Fagioli se Bertinotti va nella sua libreria ‘Amore e psiche’ nientemeno che ad aprire la campagna elettorale. Ma quanto è stronzo se invece incoraggia Bonaccorsi, che tratta con Ferrero per Liberazione”.
Ma l’ira di Ferrero non si ferma qui: “E non basta”, aggiunge. “Bonaccorsi” ricorda il leader del Prc “è l’editore di Alternative per il socialismo, la rivista di Bertinotti, bravissimo allora. Ha finanziato la riunione della minoranza, a Roma, a metà dicembre. Un grande. E fa Left, punto di riferimento per i vendoliani. Eccezionale. Poi, ne parlo io, e patatrac, tutti questi stessi compagni mi massacrano. Stalinista. Affossatore del giornale. Imbroglione”.
Ferrero non arretra nemmeno nel giudizio sull’attuale direzione del quotidiano, affidata a Piero Sansonetti, considerato un pasdaran dell’area Vendola: “Il buco di tre milioni e mezzo è già al netto del contributo per l’editoria”, sottolinea, e ricorda che “prima di Sansonetti del resto eravamo a diecimila copie. Ora circa a metà”.
Al di là di come andrà a finire, non è certo un bel viatico. Tanto più che ieri mattina, proprio sotto la redazione di viale del Policlinico, a dissentire sul progetto c’era pure la vincitrice dell’Isola dei famosi - osannata proprio per questo dal quotidiano del Prc - insieme al circolo di cultura omosessuale Mario Mieli. “Bonaccorsi e Fagioli” attacca Luxuria “hanno criticato, tra l’altro, il fatto che Liberazione si sia occupata troppo di sesso. Non vorremmo ora essere costretti a rivolgerci all’Osservatore romano o all’Avvenire per parlare di questi temi, bensì continuare ad avere uno spazio su un giornale di sinistra, che ha sempre considerato la libertà sessuale come parte integrante della grande lotta per l’uguaglianza”.


Liberazione 3.1.08 Prima pagina

Dice di non essere omofobo. Ma leggete che scrive...
Piccola antologia del Fagioli-pensiero
di Franco Grillini

Nessuno lo ha mai intravisto al gay pride, a menoché non sia venuto travestito da drag queen. Dicono che non è omofobo, ma...

Ho partecipato al sit-in per Liberazione, perché non posso non esprimere preoccupazione per quel che sarà la gestione del quotidiano stesso una volta che l'imprenditore Bonaccorsi ne avrà rilevata la gestione. Bonaccorsi, infatti, vuol dire avere a che fare con lo psichiatra Fagioli verso la cui presenza siamo molto critici sia per il suo ruolo nelle riviste del Bonaccorsi stesso sia per le difese d'ufficio a spada tratta dicendo che lo ha visto persino al gay pride, e quindi non può essere omofobo.
Ma a parte il fatto che nessuno di noi lo ha mai intravisto, a meno che non sia venuto travestito da drag queen, il fatto non vuol dire proprio nulla. Se uno è omofobo rimane tale anche se va al gay pride. Le dichiarazioni anti-omosessuali di Fagioli sono così nette e circostanziate che non lasciano adito a dubbi e dato che è invalsa la moda di rovesciare il significato dei termini per cui ogni qual volta il movimento lgbt critica posizioni e teorie esplicitamente omofobe si viene tacciati di intolleranza o di "violenza delle minoranze" o peggio ancora di eccesso di politicamente corretto (vedi il cardinal Caffarra di Bologna nell'omelia natalizia) vorremmo fornire ai lettori di Liberazione e agli amici della sinistra un'antologia del Fagioli-pensiero.
Lo facciamo con una certa tristezza perché si pensava di non dover più discutere di omosessualità come psicopatologia, ci eravamo illusi che l'argomento fosse del tutto superato. Ma se a parlarne in questi termini è uno che pretende di essere di sinistra allora è bene mettere i puntini sulle "i" in modo tale che ognuno possa poi giudicare. Con una premessa: l'Oms ha cancellato definitivamente dal suo elenco delle malattie mentali l'omosessualità a partire dal primo gennaio del 1993 e definisce l'omosessualità in due modi: «variante naturale del comportamento umano», «una caratteristica della personalità».
Per l'Oms, oltreché per il buon senso, non si può più parlare di omosessualità come malattia ed anche l'organizzazione degli psicologi e degli psichiatri ha detto parole assai chiare da questo punto di vista in occasione delle polemiche con la signora Binetti. Ma vediamo cosa dice lo psichiatra Fagioli in una intervista al Venerdì di Repubblica del 20/02/2004 e mai smentita: «Se a livello culturale uno vuole discutere, fare ricerca scientifica, allora è un altro discorso: allora si fa un convegno e si studia che cos'è l'omosessualità, perché l'omosessualità, come viene l'omosessualità. Il discorso diventa lunghissimo perché non è soltanto una questione "psicopatologica personale" (virgolette nostre, ndr ), privata, ma è una storia culturale generale. Di cui ci siamo ampiamente occupati, cioè ancora molto poco, perché dovremmo occuparcene molto di più. Parte dalle religioni, parte dalla Ragione, dal logos occidentale».
Non contento il nostro prosegue: «Ecco. C'è questa grande distinzione per cui quella minoranza di omosessuali espliciti, dichiarati, che hanno deciso, rappresenta il problema meno importante. Se invece io scopro che non è affatto vero che esiste una pulsione omosessuale originaria come diceva Freud; se scopro, come ho scoperto, la pulsione di annullamento, la negazione, la bramosia, il desiderio. posso dire che non è affatto come diceva Freud. E soprattutto posso affermare che il desiderio riguarda soltanto il rapporto eterosessuale! Dall'altra parte non c'è desiderio, non esiste, è una negazione. Per il resto se io preferisco passare le vacanze con una bella donna invece che con un uomo, me la lasci questa libertà? E quindi se lui vuole passarle con un uomo, con Romain Rolland o con Fliess, ci vada. Ma poi non può affermare che c'è una pulsione omosessuale originaria in tutti gli esseri umani!».
Ed ecco il gran finale: «Il discorso dell'immagine interiore è fondamentale. (Gli omosessuali, ndr) Non ce l'hanno. Hanno soltanto la figura esterna, per cui magari diventano grandi stilisti, ma il rapporto con l'interno delle donne, quello non esiste. Insomma, massimo rispetto per tutti. Ai limiti, nella misura in cui gli omosessuali rivendicano i diritti civili, io vado con loro a fare la manifestazione. Se però vengono nel mio studio privato, dicendo: io sto male. Rispondo: amico mio, tu questa omosessualità la devi affrontare, perché l'omosessualità non fa star bene. Perché non è un'identità. Chiaro?»
Psicopatologia, identità che non esiste, omosessualità che non fa star bene, immagine interiore inesistente, Freud è un cretino perché parla di bisessualità originaria di ogni essere umano, i gay non hanno nemmeno il desiderio perché sono una negazione. Onestamente fa rabbrividire il solo pensare che un "paziente" abbia a che fare con un terapeuta che la pensa in questo modo. Ma fa riflettere anche su di una certa sinistra che ha queste frequentazioni. Ci dobbiamo chiedere infatti se la cultura dei diritti civili e delle libertà personali e individuali abbia fatto veramente breccia nella sinistra italiana e più in generale nel cosiddetto mondo progressista. Me lo chiedo perché mi capita molto spesso, soprattutto negli ultimi tempi, di avvertire un certo fastidio, una certa sufficienza, un certo malanimo verso il mondo lgbt anche in alcuni ambienti che viceversa dovrebbero essere schieratissimi su queste tematiche e che invece invocano le cosiddette priorità: prima la giustizia sociale poi i diritti civili, che ovviamente sono un lusso borghese.
La vicenda che in questi giorni sta scuotendo Rifondazione e questo quotidiano ha anche tutto ciò come posta in gioco: l'esistenza e la forza in Italia di una sinistra veramente libertaria, capace di usare la leva dei diritti individuali, della bandiera dell'autodeterminazione come strumento di liberazione collettiva. E' quel "pane e le rose" che tanto ci ha entusiasmato negli anni '70 che non a caso ci hanno dato le uniche vere riforme sui diritti umani e civili che abbia questo povero paese: il divorzio e l'aborto.


Liberazione 3.1.08 Prima pagina
Uno scontro politico a perdere (il giornale)
Liberazione: la nostra pelle per un epitaffio, compagni?
di Anubi D'Avossa Lussurgiu

Giornata tipo di uno che lavora a Liberazione. Ieri. Uno si alza la mattina, siccome fa il giornalista compra i giornali (questi ordigni della deforestazione) e sul quotidiano più letto in Italia trova l'ennesima polemica sulle sorti del suo posto di lavoro. Stavolta è il massimo esponente del partito ad oggi proprietario di Liberazione, Paolo Ferrero, segretario nazionale del Prc. E stavolta non c'è botta e risposta col direttore Sansonetti. Né botta e risposta tra direttore e autore della "lettera d'interesse" ultima puntata della saga, Luca Bonaccorsi. E neanche botta e risposta tra Massimo Fagioli e Vendola e Giordano. Tanto meno parla Fausto Bertinotti, da tutti l'un contro l'altro preso a referente di questo allegro massacro. Tant'è, nell'intervista concessa a Umberto Rosso dal segretario Prc ci sono tutti. E così al pomeriggio nell'immancabile replica via agenzia: di Maurizio Zipponi, «componente della Direzione nazionale di Rifondazione Comunista», come recita il take. Epilogo quotidiano in serata: controreplica indiretta, stessa agenzia, parla Claudio Grassi, «numero due del Prc e responsabile organizzazione».
Cominciamo dall'intervista al segretario. Intervistatore: «...la valanga sta per abbattersi sul direttore». Ferrero: «Se mi trovano tre milioni e mezzo di euro sono pronto pure al passo indietro. Quello lì è il buco del 2008 che il partito è chiamato a coprire. E non ce la facciamo più». Poi: «Anche perché la minoranza gioca scientificamente allo sfascio». Più oltre, intervistatore: «Liberazione così non dura?». Ferrero: «La metto in un altro modo: quanto dura così il partito della Rifondazione comunista? Buttiamo dentro il giornale più quattrini che per le nostre iniziative politiche. E' come l'Unità che andava trascinando nel baratro anche il Pci». Mutatis mutandis, si suppone. E ancora, intervistatore: «...L'editore Bonaccorsi, da lei stesso lanciato a sorpresa. Un kamikaze o uno che punta ai soldi pubblici?». Ferrero: «...il buco di tre milioni e mezzo è già al netto dei contributi per l'editoria, già calcolati in quel deficit. Non si possono perciò fare giochetti con i contributi». E quindi, quasi alla fine, l'intervistatore annota: «L'editore non ha presentato un piano». E Ferrero: «Perché siamo ancora nella fase della manifestazione di interesse. Il piano arriverà presto, subito dopo le feste. Vedremo. Valuteremo. Insieme ad altre eventuali offerte». Ma prima: «Bonaccorsi è l'editore di Alternative per il socialismo, la rivista di Bertinotti, bravissimo allora. Ha finanziato la riunione della minoranza, a Roma, a metà dicembre. Un grande. E fa Left, punto di riferimento per i vendoliani. Eccezionale. Poi, ne parlo io, e patatrac, tutti questi stessi compagni mi massacrano». Conclusione dell'intervista, ricorda Rosso: «...Sansonetti: date il giornale ai giornalisti, con un comitato di garanti». Ferrero: «Discuteremo anche dell'ipotesi cooperativa. Ma sempre che ci dicano anche come ripianare il buco».
Ed ecco Zipponi, allora. Attorno a Liberazione, dice il «componente della Direzione Nazionale di Rifondazione Comunista», si misura il «degrado» di un «fallimento» più grande: «I dirigenti di Rifondazione non hanno, non vogliono prendere atto che il voto del 13-14 aprile ha sancito la fine anche in Italia del comunismo come modello sociale ed economico, il cui funerale è stato celebrato al Congresso di Chianciano». Il lettore tralascia l'effetto di transfert da crisi esistenziale e va avanti: «Ferrero prende lucciole per lanterne quando scambia Liberazione per Rifondazione, dei due chi è in una situazione disastrosa è Rifondazione». Dunque? Dunque ce n'è anche per Sansonetti: il quale «non può pensare che i diritti civili, parte di certo significativa del livello di civiltà, siano il socialismo del 21 secolo». Il lettore-redattore supera ancora il senso di smarrimento e scopre infine che a questo punto, per Zipponi, il direttore «deve saper calare un piano editoriale messo a punto con altri giornalisti che sia il cuore del rilancio e della ricerca di nuovi investitori anche privati, in un progetto politico in direzione del socialismo di sinistra»...
Ultimo, arriva Grassi: «Andremo avanti con quanto è stato stabilito, non abbiamo alcuna intenzione di tornare indietro». Da dove? Intanto, «per quel che riguarda la direzione politica del giornale abbiamo deciso di individuare un nuovo direttore». Motivazioni, le stesse cifre dette dal segretario e «politicamente» il fatto che non è «giusto che il giornale, così cospicuamente finanziato dal partito, si faccia portavoce di una opzione alternativa a quella emersa all'ultimo congresso». E l'agenzia riferisce che sarà la direzione del Prc a prendere la decisione, entro la metà di gennaio. Sembrerebbe dunque che la questione di chi dirige il giornale non debba più rilevare. Resterebbe il problema dei costi, dunque del futuro, dunque alla luce dell'offerta la questione della vendita: «Non abbiamo deciso nulla ma come tutti avrebbero fatto abbiamo chiesto di andare a vedere se si tratta di una proposta concreta o meno. E d'altra parte non si capisce perché questo editore vada bene per la rivista di Bertinotti, mentre è uno scandalo se si interessa di Liberazione».
Conclusione del lettore, che lavora a Liberazione: apparentemente, anzi formalmente, qui c'è un solo fantasma ed è proprio il giornale. Il solo, insomma, che non c'è.
Perché? Primo perché: sull'andamento delle vendite in edicola si continuano a leggere cifre e versioni contraddittorie. Così pure differenti interpretazioni, vista la coincidenza della "fase discendente" con l'ascesa (si fa per dire) al governo del partito-proprietario, il Prc, dai prodromi del congresso di Venezia attraverso le elezioni del 2006 fino allo sprofondo del 2007.
Secondo perché: a proposito di quanti soldi coprono il «buco» del 2008 nemmeno quelli sono certi. Siccome il lettore che lavora a Liberazione nel caso di chi scrive è pure nel comitato di redazione, gli è capitato il 30 dicembre d'udire il tesoriere del partito, nuovo amministratore unico in pectore della società editrice, certificare che il raddoppio del capitale sociale fatto approvare agli organismi del Prc non è avvenuto né per il momento avverrà «visto l'alto rischio finanziario». Mentre il ripiano delle perdite è «societariamente obbligato», ma avviene «mese per mese». Dunque, sul fatto che il «buco» sia grande e insopportabile non ci piove: sul saldo finale del ripianamento da parte del partito, invece, poche certezze.
Terzo perché: viene indicata comunque la cifra di 3 milioni e mezzo come soglia su cui misurare gli impegni economici di eventuali acquirenti e però dall'editore "interessato", ad oggi, non solo si attende un piano ma pure si ignora la disponibilità quantificata e le modalità di quell'impegno. Anche magari solo le garanzie bancarie, per le quali i contributi pubblici all'editoria contano eccome: come conterebbe il patrimonio, di cui pure in termini immobiliari il Prc, ad esempio, dispone solidamente. Si sono sprecate, invece, le esternazioni sulla linea politico-editoriale.
Infine, all'ombra di «tre milioni e mezzo di buco», dopo aver sospeso una trattativa sindacale bocciando un piano di ristrutturazione perché si sarebbe rilevato uno scostamento di un milione (uno) dall'obiettivo del pareggio per il 2009, pare darsi per scontata da parte di tutti la vendita del giornale. Fra quella "lettera d'interesse" e una proposta del direttore di volta in volta da terzi qualificata come «ipotesi cooperativa» (ma questa dovrebbero farla i redattori) o «piano messo a punto con altri giornalisti» (quali? e i restanti redattori?). Il tutto ben prima che, a proposito di compravendite, si possa anche solo parlare di soldi. Cioè garanzie. Del lavoro.
Ma soprattutto: sembra che a contare sia soltanto ciò che sta principalmente fuori, anzi sopra Liberazione (e chi ci lavora). Insomma lo scontro politico aperto dalla batosta elettorale di aprile, dalla scomparsa dal Parlamento; e passato per il congresso del Prc e postumi.
Così, Ferrero ha ben ragione di affondare la lama dell'accusa di «schizofrenia» (tanto per rimanere nella moda della "malattia mentale"...) quando si riferisce a chi s'è accompagnato a Bonaccorsi finora e adesso che questi «tratta con Ferrero per Liberazione» lo sbrana e ne viene sbranato. Ma, come dire, che c'azzecca con il giornale? Che cosa, con la materia che sola è decisiva per il futuro del giornale e cioè la qualità dell'offerta editoriale, la sola evanescente per tutte le interviste, gli articoli, le prese di posizione eccezion fatta per la «preoccupazione» espressa da Fnsi e Stampa romana?
E d'altra parte: che c'azzecca con il giornale (un giornale è un giornale è un giornale...), il «funerale del comunismo» attribuito da Zipponi al congresso di Chianciano dopo la «morte» nelle urne? E che cosa il «socialismo di sinistra» che propone al direttore come punto di riferimento per il piano editoriale d'un giornale che i contributi pubblici li prende come organo del partito della rifondazione comunista?
Domande così, per sapere. Per esempio se, attraverso lo "spettro" che pare essere questo giornale, si voglia proprio dare ragione a Guido Moltedo: che ieri su Europa , da buon ex capace di avvertire dell'interesse d'un Mieli per «storie che sputtanano quel che resta della sinistra», contrapponeva il «tragico vaudeville» su Liberazione ad un momento nel quale «intorno a loro il mondo che il Prc ha sempre combattuto crolla e i suoi dirigenti, maggioranza e minoranza, non dovrebbero far altro che scuotere l'albero della crisi».
La nostra pelle per un epitaffio, compagni?


Liberazione Lettere 3.1.08
Ormai non ci riconosciamo in "Liberazione"

Gentile direttore, seguendo l'interminabile querelle intorno al futuro di "Liberazione" mi sorgono spontanee alcune domande: 1) l'editore Luca Bonaccorsi, secondo i resoconti di "Liberazione", probabile acquirente della testata, non è anche l'editore di "Left", settimanale molto vicino alle posizioni della mozione 2 e dove l'ex segretario Franco Giordano tiene una rubrica fissa insieme a Massimo Fagioli? 2) Luca Bonaccorsi, non è anche l'editore del bimestrale diretto da Fausto Bertinotti "Alternative per il socialismo"? 3) Sbaglio oppure la presentazione della candidatura di Fausto Bertinotti alle primarie dell'Unione si tenne presso la libreria di Massimo Fagioli? Allora se tutte queste mie domande corrispondono al vero, come mai vi siete accorti solo ora delle posizioni sessiste e omofobe di Bonacciorsi e Fagioli? Non è forse che tutta questa polemica, serve solo per continuare a delegittimare una maggioranza congressuale eletta democraticamente dal congresso di Chianciano? Sono il segretario di un piccolo circolo Prc del Molise, per anni abbiamo fatto la distribuzione militante di "Liberazione", oggi a partire dal sottoscritto troviamo molta difficolta nel riconoscere "Liberazione" come un proprio strumento da far leggere e condividere con la società. "Liberazione" è patrimonio di tutto il Prc e non solo di chi vuol sciogliere questa anomalia politica.
Silvio Potente segretario circolo Prc Palata (Cb)
Caro Silvio, provo a rispondere alle tue domande, e lo farò in modo sincero e diretto. 1) Mi risulta che Franco Giordano abbia interrotto la sua collaborazione con il settimanale "Left". In ogni caso il problema era ed è suo e non riguarda "Liberazione". 2) Come sopra, spetta a Fausto Bertinotti rispondere, non sicuramente a noi. 3) Non sbagli, ma anche in questo caso "Liberazione" cosa c'entra? Mi risulta che la decisione venne presa dalla segreteria nazionale e che nel partito non ci furono particolari sommovimenti, o almeno nessuno ne diede segno. Noi siamo un giornale non un ente organizzatore. 4) Per tua conoscenza, non ce ne siamo accorti da oggi di quelle posizioni, ma da sempre. Di Massimo Fagioli avremo pubblicato al massimo due articoli e mai con rilevanza. Perché li abbiamo pubblicati? Per la stessa ragione per cui pubblichiamo articoli che parlano male di noi, del nostro lavoro e della direzione di questo giornale. La critica e l'opinione diversa troverà sempre spazio sul nostro giornale. Ma questo non significa sposarla. 5) "Liberazione" non vuole delegittimare nessuno e tantomeno sciogliere niente. Anzi vuole essere strumento per far crescere una sinistra che oggi è in grandi difficoltà. Quello che ci preoccupa è il futuro del giornale e dei suoi lavoratori. Per questo non è Fagioli il problema principale, ma l'editore Bonaccorsi che nella sua storia editoriale non ha proprio brillato per rispetto nei confronti dei lavoratori (vedi comunicato sindacato giornalisti Fnsi). Dopo due mesi di trattative si era arrivati ad un piano che avrebbe permesso il rilancio, un piano doloroso per tutti noi, ma realistico e possibile. Un piano respinto per dar credito all'interesse di un editore rampante in perenne caccia di giornali con finanziamento pubblico.
Simonetta Cossu
Liberazione Lettere 3.1.08
Cara "Liberazione" anche tu discrimini

Caro direttore, a proposito del partito e del giornale che rischierebbero a vostro dire l'omofobia permettimi qualche considerazione. "Liberazione" ha fatto benissimo in questi anni a parlare di questioni gblt e queer (avendo anche la forza per fare un inserto molto accurato). Ma a volte ha fatto diventare queste questioni macchiettistiche (ricordo l'articolo in cui in prima pagina si diceva che "L'Isola dei famosi" era un'operazione shakespeariana di alta cultura, mah...), oppure la cronaca di alcuni giorni fa sulla Muccassassina farcita di diritti, champagne e limousine che forse urta un po' la sensibilità di tanti compagni precari che invece hanno passato il Natale brindando con l'acqua del rubinetto. Sulla questione "transgender" poi avete fatto un casino, come tutti i giornali. Continuando a divulgare la parola transgender come sinonimo di transessuale (cosa che è falsa culturalmente, si può essere trans e non transgender come si può essere etero ed esserlo), privandola della sua carica anarchica e rivoluzionaria e finendo per generare una confusione per cui molti di noi che si definiscono transgender da anni ora preferiscono il termine "nogender". Diffondendo poi l'idea secondo cui anche alcuni animali sarebbero transgender (cosa che ovviamente toglie ogni valore politico al concetto riportandolo banalmente all'ordine cattolicheggiante del naturale). Infine, cosa non irrilevante, "discriminando" gli articoli e il pensiero di chi da oltre dieci anni si occupa della diffusione e della pratica del concetto di transgenderismo. Tante mie precisazioni sul transgenderismo sono state semplicemente ignorate, eppure non ho strillato alla vostra omofobia. Parlare di transgenderismo in modo diverso da Vladimir in questi anni, su questo giornale, è stato proibito e non è detto che questa lettera abbia sorte diversa. Come se la questione fosse personale con Luxuria e non piuttosto culturale e politica. Dunque, il segretario Ferrero, che personalmente non ritengo affatto minimamente sospettabile di omofobia appartenendo peraltro alla chiesa valdese che è la più aperta su queste questioni, sappia che oltre alla nomenclatura gay ufficiale della stampa e della televisione (e di "Liberazione") ci sono migliaia di altri compagni e compagne iscritti al partito che hanno un'altra visione, meno sfavillante e spettacolare, della battaglia sui diritti civili. Compagni che lavorano dal basso e hanno sempre ritenuto che l'eccesso di orgoglio (televisivo) gay finisce per provocare distanza dalla società reale, finendo per essere assorbito come parte dello spettacolo della politica che, in ultima analisi, serve solo a mantenere le cose come stanno illudendo molti che la vittoria televisiva di un personaggio televisivo sia in realtà il raggiungimento di diritti per tutti. Neanche per idea, anzi tutto il contrario. In questo modo si placa temporaneamente la rabbia di chi non ha diritti e si impedisce la battaglia dura, proprio come vuole la società dello spettacolo. Insomma, la battaglia politica diventa semplicemente immagine, articoletto di giornale, gossip tv. E un partito come Rifondazione deve tendere alla lotta vera non allo show dei diritti che non produce niente. Queste cose le andiamo dicendo da anni, ma non abbiamo potuto mai dirle su questo giornale (pur avendo collaborato con altri articoli). Le abbiamo detto su giornali "conservatori" come "Corriere" e "Panorama" e non sul nostro giornale. Perché? Se siete così garantisti della libertà di pensiero, se temete solo ora il pensiero di Fagioli, che noi abbiamo sempre criticato senza che ci fosse mai dato spazio, perché pensate che esista un solo pensiero gblt a cui tutti dovremmo inchinarci?
Klaus Mondrian via e-mail

Europa on line 3.1.08
Rifondazione, una setta
di Guido Moltedo

Tutto ha un inizio e tutto ha una fine. Fare davvero i conti con la legge fondamentale della realtà, implica assumerla in tutta la sua portata, in tutta la sua profondità.
Questo, per chi ha consuetudine con la psicoanalisi, significa elaborare il lutto.
L’epilogo di Rifondazione Comunista (non importa se ne sopravviverà una parte: sarà un’altra storia) dovrebbe rientrare in questo “normale” flusso esistenziale e, come tutte le vicende che finiscono, dovrebbe essere seguita appunto da una dignitosa elaborazione del lutto, in questo caso politica (passionale e razionale, viscerale e cerebrale, tuttavia politica). Ma, come si vede e si legge in questi giorni, essa è interdetta proprio da un personaggio che dichiara di essere ed è presentato come uno psicanalista (non psicoanalista, non essendo nell’ortodossia freudiana che egli contesta e ridicolizza) e che dovrebbe essere – se mai un ruolo del genere fosse necessario – il maieuta di un processo doloroso e composto ma anche alla fine liberatorio.
Ha preso in ostaggio, questo personaggio di notevole capacità manipolatoria, quel che resta di uno dei due partiti nati dalla fine del Pci dopo la svolta della Bolognina, condizionando i percorsi mentali dei suoi dirigenti, politicamente, forse, saldi ma caratterialmente vulnerabili. È lui, Massimo Fagioli, al centro della scena. È lui il protagonista del dramma finale di Rifondazione. Non i suoi massimi leader, che giocano, secondo il copione che lui ha scritto, sul suo terreno, quello in cui le persone mettono a nudo il proprio sentire, illudendosi di controllarlo e indirizzarlo, e svelano le loro fragilità. È lui che pilota il delicato passaggio di Liberazione – attraverso un editore che risulta essere un suo seguace – dalla maggioranza sconfitta nel Prc alla nuova maggioranza, fino a ieri acerrima nemica dello psicanalistaguru.
Con un’intervista al Corriere impone ai suoi nuovi avversari, in precedenza suoi sostenitori, di replicargli sulle colonne dello stesso giornale, che diventa la sede del “dibattito”. È lui che sceglie lo spartito. E nelle repliche ognuno mette in campo un falso sé, un impasto di psicanalese, di aggettivi barocchi e di espressioni incomprenibili come “cultura della trasformazione”, per discutere intorno ai temi selezionati dallo psicanalista: dall’omosessualità del Grande Avversario di Paolo Ferrero alle condizioni mentali di Piero Sansonetti, fino alla figura di Luxuria, che poi diventa la leader morale della corrente perdente, all’insegna del riscatto anti-omofobo, con tanto di manifestazione sotto la sede di Rifondazione.
Tutto questo mentre intorno a loro il mondo che il Prc ha sempre combattuto crolla e i suoi dirigenti, maggioranza e minoranza, non dovrebbero far altro che scuotere l’albero della crisi.
Paolo Mieli, che adora queste storie, meglio ancora se sputtanano quel che resta della sinistra, ci si è buttato a pesce. Fa bene, dal suo punto di vista. Che Vendola e Giordano pensino di usare loro, il Corriere, per indirizzare il confronto, è un’ingenuità che fa il paio con quello di illudersi di poter tener testa, sul suo terreno, a un tipo come Fagioli e non di finire piuttosto nella sua rete (e che poi Ritanna Armeni, fino a qualche giorno fa nel cda di Liberazione, scriva il de profundis del suo partito su un giornale che porta nel suo dna il disprezzo di tutto ciò che sa di comunista, è solo un altro tassello di questo puzzle impazzito che un tempo era il partito di Bertinotti). Già, Bertinotti, il convitato di pietra di questo tragico vaudeville. Chi criticava la deriva leaderistica che aveva impresso al suo partito assumendone la segreteria, ha ora qualche argomento in più. Chi storceva il naso per le sue frequentazioni e la sua relazione con Fagioli può ora a maggior ragione alzare le sopracciglia. Ma nessuno, neppure il più astuto e smaliziato (psico)analista politico poteva immaginare che il tramonto della sua leadership, prima politica poi anche morale, avrebbe messo in scena una vicenda degna della fine di una setta, con le esplosioni pirotecniche di rancore e di parole in libertà che animano le separazioni degli adepti da organizzazioni come Scientology fino ai finali tragici della setta del reverendo Jones.
Adesso c’è tanta materia su cui riflettere, non solo su quel che si è letto in questi giorni, ma, retrospettivamente, su tutta la storia di un pezzo importante della sinistra italiana. E dunque di tutta la sinistra italiana.


il manifesto 3.1.09
Liberazione
Grassi: «Via Sansonetti, non torniamo indietro»

«Andremo avanti con quanto stabilito, non abbiamo nessuna intenzione di tornare indietro». Il numero due di Rifondazione comunista, il responsabile organizzazione Claudio Grassi, conferma: entro gennaio il direttore di «Liberazione» Piero Sansonetti sarà sostituito. La direzione del Prc dovrebbe anzi pronunciarsi definitivamente entro la prima metà del mese. Il 31 dicembre il cda del quotidiano è stato azzerato e tutti i poteri sono stati affidati al tesoriere Sergio Boccadutri. Dal canto suo Grassi torna a addebitare a Sansonetti la «situazione sostanzialmente fallimentare» del giornale e a proposito dell'eventuale arrivo dell'editore Luca Bonaccorsi sostiene: «Non siamo stati noi a cercarlo. E' lui che si è fatto vivo, avanzando una disponibilità. Come tutti avrebbero fatto in una situazione del genere, abbiamo chiesto di andare a vedere se si tratta di una proposta concreta. Non si capisce perché questo editore vada bene per la rivista di Bertinotti, mentre e' uno scandalo se si interessa di Liberazione».

l'Unità 3.1.08
Piero Sansonetti licenziato di fatto

Entro gennaio il nuovo direttore e nel 2009 Liberazione dovrà reggersi sulle sue gambe. Lo annuncia Grassi, numero due del Prc di ferrero, che conferma le decisioni del Comitato politico: revoca del Cda e poteri al rappresentante legale del Prc, il tesoriere Boccadutri. E «un nuovo direttore»: forse Russo Spena.

Il Giornale 3.1.08
«Liberazione» infinita: entro gennaio il Prc si libera di Sansonetti

La guerra di «Liberazione» si avvia al suo epilogo. E purtroppo per la resistenza sansonettiana, l’«oppressore» sta trionfando. Il Comitato politico nazionale di Rifondazione comunista, infatti, ha finalmente deciso di licenziare il direttore del quotidiano di partito, Piero Sansonetti. «Abbiamo deciso di individuare un nuovo direttore», ha chiarito il numero due del Prc, Claudio Grassi. Decisiva per la «decapitazione» del direttore la linea politica, giudicata troppo vendoliana e poco conciliabile con le posizioni operaiste del segretario Paolo Ferrero. Perciò dopo aver revocato il cda, ora il partito punta a nominare un nuovo reggente entro gennaio. Il nome più caldo è quello di Giovanni Russo Spena, ex capogruppo rifondarolo al Senato. Altro discorso è poi quello economico: il giornale - dicono - è al minimo storico di copie vendute (tra 5 e 6mila), il buco di bilancio nel 2008 è stato di 3,5 milioni di euro. Ecco perché i cordoni della borsa del Prc verranno serrati.

Repubblica on line 2.1.08
Liberazione: Zipponi a Sansonetti, socialismo smarrito

Sansonetti garantisca un piano editoriale di ristrutturazione, risanamento e rilancio che attragga risorse finanziarie private ma che sia coerente con un progetto politico serio nella direzione, smarrita, del Socialismo del XXI° secolo o del Socialismo di Sinistra che non è soltanto diritti civili. A parlare è Maurizio Zipponi, componente della Direzione Nazionale di Rifondazione Comunista, per il quale "i dirigenti di Rifondazione non hanno, non vogliono prendere atto che il voto del 13-14 aprile ha sancito la fine anche in Italia del comunismo come modello sociale ed economico, il cui funerale è stato celebrato al Congresso di Chianciano: per il futuro se c'è una chance per la sinistra questa sta solo nel battersi per un 'pensiero altro' alternativo al 'pensiero unico mercatista', che mina alle radici la democrazia". Le polemiche attorno a 'Liberazione' sono, insomma, il 'degrado' di un fallimento: il voto del 13-14 aprile. "E' patetica l'iniziativa di Ferrero del pane ad un euro - attacca Zipponi - i lavoratori non chiedono la carità, atto nobile verso i poveri, ma miglioramento delle loro condizioni di lavoro e di vita: e Ferrero scambia questa grande esigenza di milioni di lavoratori per carità, atto nobile verso i poveri". Così come, "prende lucciole per lanterne - aggiunge Zipponi - quando scambia Liberazione per Rifondazione: dei due chi è in una situazione disastrosa è Rifondazione. Non c'è paese al mondo dove un partito comunista sia al Governo, di tale realtà non si vuol prende atto: in America Latina presa spesso come riferimento dove al Governo ci sono Lula, Chavez o Morales non c'è alcun riferimento al comunismo". In Italia è avvenuto che "il 13 e 14 aprile la gente ha detto chiaro e tondo anche da noi è finita: forse - continua Zipponi - il socialismo è gia' un lusso mi accontenterei di un'iniziativa politica che mettesse in salvo la democrazia". E in questo contesto sta 'Liberazione' e Sansonetti "non puo' pensare che i diritti civili, parte di certo significativa del livello di civilta', siano il socialismo del 21esimo secolo - osserva Zipponi - per cui deve saper calare un piano editoriale messo a punto con altri giornalisti che sia il cuore del rilancio e della ricerca di nuovi investitori anche privati, in un progetto politico in direzione del socialismo di sinistra che non è un ricordo del passato ma è quel 'pensiero altro' alternativo al 'pensiero unico mercatista' distante dal coniugare - conclude Zipponi - libertà e uguaglianza per una reale trasformazione della società".

ALTRE SEGNALAZIONI DI OGGI:



Giornale radio di Rai3 delle 13.45: «dei circa 430 morti ammazzati finora dalle "bombe intelligenti" dell'aviazione israeliana all'attacco su Gaza, circa la metà sono i civili, circa 70 i bambini...». Cfr qui di seguito: Repubblica 3.1.09 «A Gaza. È in gioco l’etica del genere umano» di Václav Havel, Hasan bin Talal, Hans Küng, Yohei Sasakawa, Desmand Tutu, Karel Schwarzenberg.

QUESTA SERA I CARRI ARMATI ISRAELIANI HANNO INIZIATO L'INVASIONE DI GAZA ANCHE PER VIA DI TERRA...
il numero delle vittime in tragico aumento, una strage in una moschea

Repubblica 3.1.09

A Gaza. È in gioco l’etica del genere umano
di Václav Havel, Hasan bin Talal, Hans Küng, Yohei Sasakawa, Desmand Tutu, Karel Schwarzenberg
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Corriere della Sera 3.1.08
Strategie. L'attacco contro Rayan autorizzato dalla procura
Bersagli e vittime civili. Scontro in Israele sulle nuove regole
«Colpiremo chi nasconde armi in casa»
di Davide Frattini
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Repubblica 3.1.09
Il testamento biologico e l’ondata neoguelfa
di Miriam Mafai
qui
Repubblica 3.1.09
Se anche il papa perde audience
di Giovanni Valentini
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Corriere della Sera 3.1.08
La protesta Il leader radicale: grave la decisione di non recepire le leggi italiane
Pannella: il Vaticano viola il Concordato
di R.P.
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Repubblica 3.1.09
La politica e l’ebraismo
Divergenti interpretazioni dell'identità di un popolo
l confronto tra Scholem e Strauss
di Franco Volpi
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Corriere della Sera 3.1.08

Il 2009 apre una nuova era per biologia e neuroscienze: in sviluppo protesi per collegare cervello e computer
L'anno delle staminali su misura
Disponibili per la medicina cellule ottenute con la manipolazione genetica
di Edoardo Boncinelli
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Corriere della Sera 3.1.08
Fede e ragione Fra culto e superstizione, resti veri e falsi sono oggetto di devozione e polemiche
Le reliquie dei grandi, rito laico
Le ossa di Dante, il cuore di Voltaire e ora il cranio di Cartesio
di Armando Torno
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il Riformista 3.1.08
Giorgio Ruffolo spiega perché Napolitano e Ratzinger dicono le stesse cose
Siamo al «neoliberismo con l'ambulanza». E il Pd sbaglia a tacere
di Tonia Mastrobuoni
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Il Messaggero 3.1.08
Germania, il Muro dei rimpianti
La metà dei tedeschi lo rivorrebbe, delusione per le misure anticrisi
di Walter Rauhe
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La Stampa Lettere 30.12.08
Allevi giustiziere della casta?
Insegno in Conservatorio da 16 anni e mi trovo perfettamente in sintonia con l'intervista rilasciata dal M° Ughi per la chiarezza illuminante di cui si sentiva molto il bisogno in questi nostri tristi anni. Se è vero che in Italia un certo provincialismo culturale e una pessima gestione delle risorse destinate alla musica hanno provocato i danni che tutti conosciamo, certe affermazioni del sig. Allevi sono sconcertanti (giustiziere della casta?) e fanno temere che il personaggio mediatico stia prendendo il sopravvento sulla realtà di un ragazzo che per il suo successo è diventato una speranza per i tanti giovani che cercano la loro strada nella vita. Penso tristemente, Allevi a parte, che la politica culturale (della sinistra) del nuovo per il nuovo, negando la differenza tra piaceri più o meno epidermici e quello di una realizzazione personale di ricerca non obbligatoria e non necessariamente intellettuale, alla fine va a ricreare quella «casta» che pure il sig. Allevi dice tanto di combattere.
Pierpaolo Iacopini

l'intervento di Ughi, "Il successo di Allevi? Mi offende": qui
l'intervento di Allevi, "Caro Ughi, lei difende soltanto la sua Casta": qui
l'opinione di Cappelletto, , Classica? Sì, grazie. Purché sia "facile": qui








Corriere della Sera 3.1.08
L'attrice lanciata nel 2004 dal regista di «Gomorra»
«Da Garrone a Bellocchio E divento donna Rachele»
Michela Cescon: la moglie di Mussolini, figura da capire
di Valerio Cappelli
qui