venerdì 9 gennaio 2009

Repubblica 9.1.09
Disprezzo delle regole
Il segretario di Rifondazione: "Non ha senso la lista unitaria, meglio andare da soli"
Ferrero: "Vendoliani ormai isolati sono una corrente esterna del Pd"
Giordano mostra un disprezzo delle regole che non andrebbe bene nemmeno in una bocciofila
di Umberto Rosso

ROMA - «Un vero aut aut. Un ultimatum. O Ferrero fa come diciamo noi oppure ce ne andiamo. Un disprezzo delle regole che, non dico in un partito, ma nemmeno in una bocciofila andrebbe bene».
Segretario Ferrero, a nome dei vendoliani Franco Giordano ha posto la condizione di una lista unitaria della sinistra per le europee.
«Non abbiamo ancora discusso né deciso "come" presentarci alle elezioni. Il chiacchiericcio sulle liste io lo metto in coda, meglio in questa fase occuparsi del lavoro, delle pensioni, delle case. Però, a domanda rispondo».
E come la pensa, allora?
«Penso che una lista unitaria sarebbe un danno per tutti. Un suicidio. La vagheggiata lista unitaria in quanti gruppi si frantumerebbe a Strasburgo? La Sinistra democratica, così come è attualmente, entrerebbe nel Pse. I Verdi nell´area degli ambientalisti. E noi nel Gue, insieme alla Linke tedesca e agli altri partiti della sinistra radicale. Che senso ha una lista che si spacca subito in tre? Una presa in giro per gli elettori. Allo stesso modo di quegli altri».
Altri chi?
«Berlusconi, Veltroni e Di Pietro, che in Italia si scannano e a livello europeo con i rispettivi gruppi sostengono tutti le politiche liberiste della commissione».
Dice di no alla lista unitaria solo perché teme di fare il bis del Pd, spaccato sulla collocazione europea?
«Intanto, la collocazione è una scelta di chiarezza politica. Ma ci sono altre ragioni. Con l´attuale legge elettorale, senza sbarramento, scendere in campo con una propria lista è concretamente il modo di portare più voti a casa. Lo abbiamo provato sulla nostra pelle, sperimentando modalità diverse di presentazione».
Cioè?
«In aprile, alle Politiche, siamo andati uniti nell´Arcobaleno: un disastro. Ci abbiamo riprovato in Trentino, lista unitaria sia pure con i simbolini dei partiti: altro disastro. Alle regionali in Abruzzo i partiti della sinistra invece si presentano divisi, e raddoppiano i voti delle politiche. Ma perché allora vogliamo ancora farci del male da soli?».
Il suo no mette alla porta la minoranza.
«Non parlerei più di una sola minoranza.».
In che senso?
«Una parte dell´area Vendola la pensa in un altro modo. Vuol continuare a dare battaglia politica ma dentro Rifondazione, senza distruggere il partito. Confronto duro, aspro ma non la spaccatura».
E non teme comunque di perdere una parte del Prc?
«Non sarebbero in molti a seguirli sulla strada della scissione. Qualcosa è già in corso, registro vari episodi in questi ultimi tempi. Militanti o amministratori che dicono addio e vanno via. Ma sempre in un modo del tutto subalterno al Pd».
Per esempio?
«Cito gli ultimi episodi. A Torino è andato via un consigliere comunale, sostanzialmente per questa ragione: dire di sì alla Tav nella Val di Susa. In Campania il nostro assessore decide di rimanere a sostenere la giunta di centrosinistra, nonostante il patatrac che impone una rottura».
Accusa i vendoliani di essere in marcia verso il Pd?
«Vedrei una contraddizione insanabile fra chi predica l´unità e poi si ritrova a fondare l´ennesimo partitino. Teorizza una grande sinistra e si comporta poi come una corrente esterna del Pd».
La minoranza è pronta a lasciare la direzione se lunedì prossimo cacciate il direttore di Liberazione.
«Altro mirabile esempio del modo di intendere la democrazia, del rispetto delle decisioni prese da una maggioranza. Un forte regresso che mi preoccupa».
Ma va avanti nel licenziamento di Sansonetti?
«Sicuramente. C´è un nome nuovo, se ottiene il via libera dalla direzione sarà lui il nuovo direttore. Operazione che non ha nulla a che fare con le trattative in corso per la vendita del giornale».
Ma un editore che fa, compra un giornale e si ritrova un direttore già alla scrivania?
«Se non gli sta bene, allora non compri Liberazione. Il giornale deve rispecchiare la la linea politica del partito, e il direttore ne sarà garante».


Repubblica 9.1.09
A Liberazione
E per il dopo Sansonetti spunta il sindacalista Greco

ROMA - Il cambio della guardia alla guida di "Liberazione" lo annuncia lo stesso segretario del Prc Paolo Ferrero, dopo mesi di polemiche sul «ribelle» Piero Sansonetti e nel giorno in cui Franco Giordano annuncia a "Repubblica" la probabile scissione. Prima con un comunicato stampa, poi nell´assemblea fiume con i giornalisti del quotidiano, Ferrero fa sapere di aver chiesto a Dino Greco di assumere la guida dell´house organ. Sindacalista della Camera del lavoro di Brescia, ala sinistra della Cgil, classe ´53, Greco non è giornalista né iscritto al Prc (come non lo è Sansonetti). Ha chiesto 48 ore di tempo per decidere, ma la maggioranza interna si prepara a ratificare la nomina lunedì in direzione. Organo che i vendoliani intendono abbandonare, con l´obiettivo di dar vita per le Europee a una lista unitaria della sinistra. Con Vendola e Giordano seguiranno quella strada altri di estrazione bertinottiana, da Gennaro Migliore a Patrizia Sentinelli.
Fausto Bertinotti ha preso malissimo, fanno sapere, lo strappo deciso ieri da Ferrero su Liberazione. «È un disastro» sembra sia stato il commento dell´ex presidente della Camera a quanto sta avvenendo nel Prc. E proprio a lui il segretario del Prc ha chiesto un incontro chiarificatore per oggi. Ma non tutta l´area vendoliana appare disposta alla scissione annunciata da Giordano. Alcuni dirigenti hanno sottoscritto il documento «Continuare il cammino per Rifondazione della sinistra» e fanno sapere che non lasceranno il partito. Tra gli altri Milziade Caprili, Giusto Catania, Rosa Rinaldi, Tommaso Sodano, Augusto rocchi, Luigi Cogodi, Raffaele Tecce.


l'Unità 9.1.09
Rifondazione normalizza Liberazione
Un sindacalista al posto di Sansonetti
di Andrea Carugati

Per Ferrero due ore di assemblea con i giornalisti di Liberazione. «Basta dare ascolto alle boiate, se avete dei dubbi chiamatemi». Scissione: Giordano accelera, ma una fetta di vendoliani resterà nel Prc.

Nel giorno in cui la segreteria del Prc indica formalmente il nuovo direttore di Liberazione, il sindacalista bresciano Dino Greco (che si è preso 48 ore di tempo per pensarci), Paolo Ferrero affronta l’arena della redazione del quotidiano. Due ore toste, da cui il segretario esce quasi indenne. Niente barricate per il direttore uscente Piero Sansonetti(che era assente): i redattori e il comitato di redazione, affiancati dal sindacato dei giornalisti romani e dalla Fnsi, fanno domande sull’eventuale nuova proprietà, chiedono parole chiare sul futuro del giornale e sui posti di lavoro, ma i toni non sono accesi. La priorità ora è salvare il lavoro.
Ferrero scandisce il suo numero di cellulare ai giornalisti: «Se ci sono delle voci chiamatemi, basta inseguire le boiate come l’idea che il partito possa chiudere Liberazione». Nel silenzio assordante del piano terra di via del Policlinico, spiega il perché del licenziamento di Sansonetti: «Il problema non era la fedeltà alla mia linea, ma il progetto politico: Sansonetti ha scelto la distruzione del Prc». «Io voglio un direttore che garantisca un progetto politico, non uno che prenda ordini: mi sono rotto le scatole di essere dipinto come uno stalinista». Poi si scalda: «Sono stanco che i giornali mi chiamino per rispondere a quello che scrive Liberazione: per me scarcerare Anna Maria Franzoni era una stronzata!».
Il leader Prc spiega poi che la seconda proposta di acquisto, apparsa ieri sulla prima pagina di Liberazione (che si affianca a quella dell’editore di Left Luca Bonaccorsi, che è favorita ma molto sgradita dalla redazione) «a me non è mai arrivata: quando arriverà la valuterò». Si tratta di un consorzio di cooperative e piccole imprese, B.G.I., che vorrebbe rilevare il giornale e mantenere Sansonetti al timone. Ferrero, però, ha altre idee: il direttore, chiunque sia il partner privato, sarà comunque Greco, a cui lunedì in direzione sarà affiancato un direttore responsabile che sia anche giornalista. Girano diversi nomi, tra i più accreditati Giovanni Russo Spena, Lidia Menapace e Guido Caldiron, ma Ferrero sta cercando anche al Manifesto, dopo il no di Giuliana Sgrena. Il segretario vorrebbe cedere ai privati la quota più ampia possibile, «anche il 99%», ma a patto di non perdere i 4 milioni annui di finanziamento pubblico. Comunque, ha assicurato, «la partita sul partner privato si chiuderà entro fine gennaio». Soddisfatto dell’accoglienza ricevuta? «Sì, Greco è una persona stimata, lontano dai cliché del normalizzatore- dice Ferrero-. E forse anche la redazione si è stancata di tutte le scorrettezze che mi sono state fatte». E il direttore designato dice: «Non farò un bollettino di partito».
Resta in primo piano anche la sempre più probabile scissione dell’ala vendoliana del Prc. Ieri Franco Giordano ha fatto un ulteriore passo avanti in un’intervista a Repubblica: «Non ci sono più le condizioni per rimanere in questo partito, hanno nostalgia del muro di Berlino». Poi ha spiegato che l’ultima chance per evitare la scissione sarebbe una lista unitaria delle sinistra alle europee. Ferrero spiega che «sarebbe ridicolo, perché noi, i Verdi e Sd, poi andremmo in tre gruppi diversi a Strasburgo». Ma oggi lui e Fausto Bertinotti si dovrebbero vedere per un ultimo vertice per evitare lo strappo. Tra i bertinottiani di vecchia data intanto si sta organizzando chi non vuole lasciare il Prc, sabato sarà presentato un documento: è circa un quarto dell’area Vendola, tra loro ci sono dirigenti come Augusto Rocchi, Tommaso Sodano, Milziade Caprili e Raffaele Tecce. Ogni decisione è rinviata all’assemblea dell’area Vendola che si terrà a Chianciano il 24 e 25 gennaio.


Corriere della Sera 9.1.09
Il giornale del Prc
Il sindacalista Greco dirigerà Liberazione

ROMA — Liberazione, il giornale di Rifondazione comunista, ha un nuovo direttore, ma non è un giornalista. Il segretario Ferrero ha chiamato (al posto di Piero Sansonetti) Dino Greco ( foto), ex segretario della Camera del Lavoro di Brescia, mai iscritto al Prc. Ferrero ha detto di volere un giornale che condivida il progetto del partito. Greco ha preso 48 ore di tempo, ma annuncia: «Non farò la Pravda ». Al suo fianco ci sarà un direttore responsabile, giornalista.

il manifesto 9.1.09
Sinistri. È abbastanza scissione
di Micaela Bongi

Il dado è tratto. O quasi: il Prc va verso una nuova scissione. Restano, tra la minoranza vendoliana dell'area Rifondazione per la sinistra, i distinguo su modi e tempi, la contrarietà di una parte degli ex bertinottiani, le proposte in extremis per tentare se non altro di rimandare il divorzio a dopo le europee di giugno. Ma, dicono scissionisti e non, «ormai è il processo è irreversibile». Una precipitazione legata al licenziamento del direttore di Liberazione Piero Sansonetti, che sarà sostituito lunedì dalla direzione del partito, e confermata (salvo successiva precisazione) dall'ex segretario Franco Giordano. Che ieri su Repubblica arrivava alle conclusioni di uno scontro durissimo consumato ma non fino in fondo al congresso di Chianciano che ha eletto segretario Paolo Ferrero, e ora all'ultima puntata: «Non ci sono più le condizioni per rimanere in questo partito». Prima tappa indicata da Giordano, lunedì: «Se cacciano Sansonetti, un minuto dopo lasceremo l'incarico in direzione».
La vede così, come la dice Giordano, l'ex subcomandante Fausto che, amareggiato dalla vicenda del quotidiano del partito e di fronte alla chiusura all'ipotesi di una lista unitaria della sinistra alle europee, avrebbe dato il via libera all'intervista. Non la pensano esattamente così, invece, altri vendoliani. In disaccordo non tanto sul merito, ma sul metodo. Quello della scissione armunciata via intervista, e senza aspettare l'assemblea dell'area che si terrà il 25 gennaio. L'esecutivo dei giovani comunisti, ad esempio, protesta: «Non condividiamo la modalità del dibattito per la costruzione di una nuova soggettività politica della sinistra, pur sentendone forte urgenza e necessità». Basta col vincolare l'unità «esclusivamente ai momenti elettorali», e basta con «interviste e annunci che non provengono da percorsi collettivi e democratici», è scritto nel comunicato firmato da Elisabetta Piccolotti e Federico Tomasello. E l'intervista di Giordano ha provocato parecchi malumori non solo tra i giovani.
E' dunque ancora Franco Giordano, nel pomeriggio, mentre il segretario Ferrera partecipa all'essemblea dei giornalisti di Liberazione e dopo che è stata ufficializzata dalla stessa segreteria la candidatura del sindacalista della sinistra Cgil Dino Greco a direttore politico del quotidiano, a correggere il tiro: «Non voglio la scissione, in questo momento occorre una discussione tra tutte le forze di sinistra per una piattaforma comune, una lista unitaria. Evitiamo di presentarci alle europee con sette liste di sinistra». Una «precisazione» dovuta non solo ai malumori sui modi e alla mobilitazione dei veri e propri «anti-scissionisti», ma anche alla reale volontà, sempre condivisa con Bertinotti, di percorrere in extremis la strada della lista unitaria. Possibilità che però Ferrero esclude categoricamente: «E' ridicolo che chi parla di unità faccia la scissione per costruire un partitino, così ridicolo che la scissione non la prendo nemmeno in considerazione», premette il segretario. Che esclude così la lista unitaria: «Sarebbe ancora più ridicolo fare un raggruppamento che dopo il voto si dividerebbe tra chi come la Sinistra democratica di Fava vuole andare nel gruppo socialista, chi con i Verdi e chi, come noi, restare nella Sinistra europea. E poi con questa legge elettorale passano tutti e l'Abruzzo ha dimostrato che se si va divisi si prendono più voti». E Ferrera non crede nemmeno che l'idea della scissione avrà un gran seguito tra chi al congresso di luglio ha sostenuto Nichi Vendola. In ogni caso oggi potrebbe incontrare Fausto Bertinotti. Sicuramente Bertinotti oggi pomeriggio farà il punto con Giordano e con 1'ex responsabile organizzazione del partito, Ciccia Ferrara.
La stessa scelta di Dino Greco come direttore di Liberazione (l'ex segretario della Camera di lavoro di Brescia si è preso 48 ore per rispondere, ma già annuncia che il suo non sarebbe «mai un bollettino di partìto»), sembra puntare a spiazzare gli ex bertinottiani, agganciandone una parte. Per quanto riguarda il direttore responsabile (ieri era dato per certo Guido Caldiron, che però smentisce), il segretario sostiene che questa figura servirà a garantire legalmente l'uscita del giornale e si avrà una doppia direzione «come si usava nei giornali. di sinistra». Come dire, non necessariamente per rispondere al modello Bonaccorsi-Fagioli. Non per questo l'ipotesi che entri nella proprietà l'editore di Left legato al guru dell'analisi collettiva è tramontata, anzi. Nella maggioranza del Prc c'è chi, a partire dall'area di Claudio Grassi, ma anche tra gìi stessi ferreriani, vede l'ipotesi come fumo negli occhi. Perciò negli ultimi incontri tra Ferrero e Luca Bonaccorsi si sarebbe parlato dei limiti da mettere alia diffusione del pensiero fagiolino sul giornale, in particolare sulla parte culturale.
Lunedì la direzione si occuperà della sfiducia a Sansonetti e della nomina dei nuovi diret· tori. Ma sull'ingresso di un editore privato, Ferrero ai giornalisti e al sindacato ha spiegato che si deciderà entro un paio di settimane. E se il cdr chiede che la maggioranza resti i'J partito, il segretario risponde: «Se si cederà il 99 o all'l per cento si vedrà, l'importante è che non si perda il finanziamento pubblico». II segretario ha poi sostenuto che sarà presa in considerazione la proposta avanzata ieri dalle colonne di Liberazione dal costituendo consorzio Bgi, ma sostenendo - a differenza di quanto si assicura nel giornale - di esserne stato tenmo strumentalmente all'oscuro fino a ieri.
Appuntamento dunque a lunedì per la prima tappa. Per la scissione ufficiale molto probabilmente si dovrà attendere febbraio. seminario di fine mese di Rifondazione per la sinistra, ma anche le elezioni in Sardegna.


il manifesto 9.1.09
Prc. Tempi del divorzio, tempi della politica
di Ida Dominijanni

Franco Giordano sceglie la tribuna di Repubblica per annunciare la scissione della minoranza da Rifondazione comunista: «Non ci sono più le condizioni necessarie per rimanere in questo partito, così come è diretto e gestito». Poche ore dopo, però, è lo stesso Giordano a precisare, spostando l'accento su un altro brano della sua intervista: le condizioni non ci sono più, a meno che non si riesca a varare, per le elezioni europee, una piattaforma e una lista comune fra tutte le forze di sinistra. Che è, notoriamente, quello che il segretario del Prc Paolo Ferrero, non ha mai voluto. Finora almeno. Ma domani, «sistemato» - con Dino Greco direttore e Sansonetti fuori - l' affaire Liberazione? Le vie della contrattazione politica, si sa, sono infinite. Ma quelle della politica?
Quelle della politica, a sinistra, sono sempre più avvolte nella nebbia. E qui non si tratta, come fanno alcuni, di deprecare la pratica scissionista in nome della disciplina di partito. La scissione, dentro Rifondazione, è già in atto, non da dopo ma da prima del congresso di luglio. Il tempo, se mai, la sta trasformando in diaspora, erodendo la stessa minoranza vendoliana, palesando le differenze che compongono la maggioranza di Ferrero e logorando ~guaio non minore -le relazioni intersoggettive. Dunque una rottura proclamata non farebbe che sancire lo stato delle cose; e potrebbe anzi aprirlo. Ma se tutto resta intrappolato nella pratica degli annunci e delle frenate, delle dichiarazioni d'inimicizia irrevocabile e di ricontrattazione possibile, il pantano resta e l'apertura si allontana.
I destini di ciò che vive a sinistra del Pd (il quale a sua volta non gode di salute migliore) sono dunque appesi più all'imprevedibilità della storia che alle sigle attualmente disponibili. Due cose sono chiare però a questo punto. La prima è che le differenze culturali interne alla sinistra, per troppo tempo sottovalutate, sono diventate così pesanti da rivelarsi decisive e ineludibili. Non è un caso che la frattura interna a Rifondazione, per quanto risalente appunto a prima del congresso, sia esplosa sul caso Liberazione. Per sua natura, un giornale può essere uno stlumento straordinario per fluidificare, valorizzare, rilanciare un arco mobile di posizioni, mettendole alla prova dell'interpretazione del reale: è di questo, anzi, che vive. Ma muore invece se quelle posizioni si irrigidiscono, e se la forma politica della comunicazione viene piegata alla forma partitica dell'organizzazione o dell'ideologia. Nel caso Liberazione non ne va dunque 'solo' dei destini di un giornale o di un direttore, ma della concezione della politica e della comunicazione, dei rapporti fra politica e cultura e di quelli fra un partito e la sua cultura, il suo medium e i suoi messaggi, la sua tradizione e la sua prospettiva. Tutto quello che nel congresso di Chianciano era stato facile contenere nella sceneggiatura degli slogan e degli inni, nel giornale o trovava un suo rilancio creativo - arduo - o era destinato a esplodere, come infatti è esploso.
La seconda cosa chiara è il paradosso che tiene imprigionata non solo Rifondazione ma tutta l'area della sinistra radicale espulsa dalla scena della rappresentanza dal voto del 14 aprile. Il paradosso sta in questo, che mentre quel voto drastico e spietato costringeva a reinventare forme e pratiche della politica fuori dalla rappresentanza e dalle sigle di (mini)partito, tutto ciò che (non) è accaduto da allora in poi o è rimasto intrappolato nella riesumazione di un partito identitario (il Prc di Ferrero) o è stato comunque sovradeterminato dalla logica della rappresentanza (le liste per le europee, le elezioni locali o regionali su cui si arrovellano la minoranza del Prc e i suoi eventuali compagni di strada). Di invenzione di forme e pratiche nuove se n'è vista poca. La realtà, invece, non fa che reinventarsi, nel bene e nel male: negli Usa di Obama, a Gaza, nell'Onda studentesca, nella crisi economica, negli stii di vita... non si dica che non cisarebbe di che fare politica: con o senza un partito, con o senza delle liste elettorali.


il manifesto 9.1.09
Contrari. Spunta il documento di quelli che restano, sabato la riunione
«Se ne vanno, ma dove?» Gli ex faustiani si spaccano
di Daniela Preziosi

«Un gesto inconsulto, «irresponsabile», «un'operazione di ceto politico».
Fra i bertinottian-vendoliani, quelli che non sono d'accordo con la scissione non usano tante cortesie per commentare l'intervista di Franco Giordano che, ieri su Repubblica, annunciava la scissione (anche se in giornata l'ex segretario ha attenuato il senso delle sue parole). Che nella minoranza Prc si stesse consumando la scissione fra 'scissionisti ' e 'non' era cosa nota, persino pubblica. Ieri però è uscito allo scoperto un folto gruppo di dirigenti che hanno dato battaglia al congresso nella mozione due, al fianco di Nichi Vendola, ma che adesso non hanno nessuna intenzione di abbandonare il partito a Paolo Ferrero e alla sua composita maggioranza. Che fra l'altro, spiegano in molti, rischia di saltare da sé a ogni piè sospinto: tanto varrebbe almeno a aspettare. Sono una trentina di componenti del comitato politico nazionale' il parlamento ne del partito, d'accordo su quella che al momento è una bozza. Sarà discussa e presentata ufficialmente sabato in una riunione autoconvocata significativamente nella sede del partito fra quelli che, appunto, dicono no alla scissione. Fra i firmatari, nomi di peso: gli ex parlamentari Augusto Racchi, Milziade Caprili, Luigi Cogodi, l'europarlamentare Giusto Catania, Rosa Rinaldi, Raffaele Tecce, Tommaso Sodano, Sandro Valentini; i segretari delle federazioni di Cagliari e Palermo; i segretari della Sardegna e della Calabria, molti provenienti dell' area operaista e sindacale. La stessa di Dino Greco, il cigiellino ex bertinottiano che Paolo Ferrero (forse non a caso) ha scelto per la direzione del giornale del partito. Altri non hanno firmato per le funzioni che ricoprono, come Salvatore Bonadonna, presidente dei garanti Prc, ma in sostanza sono d'accordo. Altri non firmano ma hanno pubblicamente espresso opinioni simili, come l'ex braccio destro di Bertinotti Alfonso Gianni. Qualcuno, come il tesoriere Sergio Boccadutri, viene tirato in mezzo e smentisce di essere della partita. Ma il gruppo è nutrito e destinato, a quanto pare, a raccogliere altre adesioni.
Il testo del documento, intitolato «Continuare il cammino per Rifondazione della sinistra», non rinuncia a una dura polemica con la linea della maggioranza. E, nella parte del 'che fare', si articola su tre punti. Il primo, riassunto in sostanza: non si può pretendere di avviare un percorso costituente di un soggetto unitario a sinistra passando per l'ennesima scissione, e finendo per creare una 'cosa' che assomiglia ad un «arcobaleno in piccolo». Il secondo: i firmatari intendono continuare a battersi per la ricostruzione della sinistra, ma nella consapevolezza che si tratta di un processo «di medio periodo», che esclude scorciatoie o accelerazioni che prescindano dalla ricostruzione della sinistra nei territori. Il terzo è «l'autonomia del progetto di trasformazione della società»: tradotto da Augusto Racchi, l'ex sindacalista fra i principali ispiratori del testo, «a sentire i compagni di Sinistra democratica, tutto ruota intorno alla riedizione del centrosinistra e al tema del governo. Per noi no». Quindi, spiega, d'accordo con Giordano e gli altri nel battersi per un cartello comune della sinistra alle europee, «ma deve essere dawero comune. Se invece, come sembra, non ci sta il Pdci e non ci stanno i verdi, è molto meglio andare con il simbolo e le liste del Prc. Insomma, non possiamo opporre alla costituente dei comunisti che vuole Ferrero un cartellino fra noi e Sd».
Come lui sembrerebbero pensarla in molti fra i vendoliani del nord, buona parte dei siciliani, un pezzo importante del partito in Campania. Senz'altro la torinese Marilde Provera: «La scissione è un'errore, dobbiamo invertire la tradizione dei distinguo e delle scissioni e inaugurare quella delle sintesi. Ed è un'accelerazione tutta politicistica, quella che già tempo addietro avevamo combat tuta dicendo no alla formazione che proponeva il professar Asor Rosa. E che adesso si ripropone in forma persino peggiore. Ed è sconfortante: con un' operazione così rischiamo di recuperare qualche punto alle europee, ma di essere poi tutti più divisi e più poveri». La battaglia per l'unità continua, all'interno e all'esterno del Prc, conclude Provera, «e porta risultati: alla regione Piemonte siamo riusciti ad ottenere, oltre i finanziamenti centrali, 40 milioni di euro per i lavoratori che perdono il lavoro, compresi quelli delle cooperative sociali. E da lotte di questa natura che si fa l'unità, non da operazioni di ceto politico».
«Dobbiamo essere coerenti con quello che abbiamo detto ai ventimila compagni che hanno votato la mozione due al congresso», attacca Salvatore Bonadonna. «Dicevamo che chi ci accusava di scissionismo agitava un feticcio strumentale? Era una balla?». Lui si dichiara «contrario alla logica delle cordate», ma accusa i dirigenti vendoliani di «reagire con rabbia alla sconfitta congressuale. Costruire ex novo le forme della politica, puntare a un vero rinnovamento è un lavoro di lunga lena e di molto studio. E poi chi vuole uscire dal Prc dove se ne va? Verso un accordino con Sd? In un'associazione? Non è un troppo poco rispetto all'ambizione grande che ci siamo dati?».


Il Messaggero 9.1.09
Ferrero sfiducia Sansonetti: vuoi distruggere il Prc
Un sindacalista per la successione. Il direttore: fanno la “Pravda” e arriva il commissario. La minoranza verso la scissione
qui

Il Mattino 9.1.09
Liberazione, Ferrero designa Greco al posto di Sansonetti: lite in Rifondazione
qui

il Riformista 9.1.09
Ora Vendola perde pure i bertinottiani
Fausto non rinnova la tessera. Ormai è scissione nella scissione. La vecchia guardia legata all'ex leader: «Non si ricostruisce la sinistra facendo una lista con Fava»
Oggi incontro con il segretario

su spogli

il Riformista 9.1.09
«Ferrero vuole l'Emilio Fede di turno»
intervista a Vladimir Luxuria
di A.D.A.
su spogli

il Riformista 9.1.09
Il gran ritorno del subcomandante Fausto (Bertinotti)
di Antonello Piroso
su spogli

Liberazione 9.1.09
Caro Franco, nel partito si resta anche quando si ha un dissenso
di Claudio Grassi
su spogli










Liberazione 9.1.09
Ma i vendoliani si spaccano, antiscissionisti allo scoperto
Prc Europee, Giordano: «Non voglio scissione ma serve lista a sinistra»
di Castalda Musacchio
su spogli la vignetta a sinistra - di Staino - appare sull'Unità di oggi














Liberazione 9.1.09

Assemblea con Ferrero. I lavoratori: «Il Prc tenga la maggioranza delle azioni e lavori col sindacato». Greco indicato direttore
"Liberazione", 15 giorni di tempo per sapere se sarà venduta. E a chi
su spogli
l'immagine a sinistra è pubblicata su un'intera pagina di Liberazione di oggi

Liberazione 9.1.09

Prc, troviamo una soluzione condivisa.
Altrimenti nessuno è più credibile
di Ovidio Della Croce
su spogli

Liberazione 9.1.09
Tre lettere
su spogli

Aprile on line 8.1.09
Il Prc verso la scissione
di Aldo Garzia, collaboratore di left
su spogli

Aprile on line 8.1.09
L'attualità dell'orgoglio comunista
di Umberto Franchi
su spogli

Adnkronos 9.1.09
'Liberazione' aspetta il nuovo direttore. Il candidato: ''Non farò la Pravda''
qui

AMI 9.1.09
Rifondazione. Il partito verso la scissione
Intervista a Franco Giordano
qui

La prossima settimana "Faccia a faccia", su RadioTre dalle 10.15 alle 10.45, sarà condotto da Paolo Franchi. Fra gli ospiti ci sarà anche Fausto Bertinotti

Giovedì sera a "Parla con me" Dario Vergassola con Miriam Mafai hanno parlato di Massimo Fagioli
Chi ne avesse una registrazione è pregato di prendere contatto con "segnalazioni"
(segnalazione di numerose persone)


l'Unità 9.1.09
Myriam Marino
ECO - Ebrei Contro l'Occupazione
1. "Non in nostro nome"
E' il titolo della lettera aperta scritta da ebrei italiani nel 2002, sull’onda delle stragi di civili palestinesi per i bombardamenti israeliani seguita alla seconda Intifada. Con questa presa di distanze da tali azioni del governo israeliano è nata la rete Eco - Ebrei Contro l'Occupazione.
2. La rete
Oggi siamo una piccola associazione nazionale con attivisti a Torino, Milano, Roma, nel sud Italia e in Israele. Cerchiamo di essere una voce fuori dal coro, contro ogni violenza e per la riconciliazione.
3. A fianco dei palestinesi
Aderire a questo movimento è stato naturale per me, dopo un percorso che mi ha portato a conoscere e frequentare molti palestinesi. Più difficile per chi di noi era vicino alla comunità ebraica italiana, da cui abbiamo avuto durissime critiche.
4. Bandiere bruciate
Non condivido questo gesto che ha caratterizzato alcune recenti manifestazioni, Ma non mi sconvolgo se prende fuoco un pezzo di stoffa, di fronte al bruciare di vite umane.
5. Aiuti per Gaza
Con l’Associazione Amici della Mezza Luna Rossa Palestinese, abbiamo lanciato “Sos Gaza”, una campagna di raccolta di fondi per l’acquisto in loco di quanto necessario.

Per Gaza
una pagina dell'Unità di oggi
con una poesia di Pietro Ingrao
clicca sull'immagine per ingrandirla

i testi degli articoli segnalati di seguito - se non diversamente indicato - sono disponibili su spogli

Repubblica 9.1.09
"Preti gay, per i fedeli non è più tabù"
Reazioni positive all'articolo di Avvenire su clero e omosessualità. "Giusto discuterne"
di m. pol.
CITATO MARTEDI:
Repubblica 6.1.09
L'omosessualità conquista il pubblico di RaiUno
qui segnalazione di Paolo Sirianni
Repubblica 9.1.09
Su Nature l'annuncio di un biologo britannico Sentimenti reciproci più facili grazie a un ormone
Addio Cupido arriva la pillola dell'amore
Annusare una spruzzata di ossitocina accresce fiducia e empatia
di Enrico Franceschini

l'Unità 9.1.09
Proposta del Pdl. Uguali reduci fascisti e partigiani
Insorge l’Anpi. Vassalli: iniziativa incostituzionale
Corriere della Sera 9.1.09
La proposta di legge
«Onorificenza ai repubblichini». Insorgono i partigiani
di Paola Di Caro
Corriere della Sera 9.1.09
Il governatore In un'intervista all'«Espresso» chiede che il Pd esalti «l'esperienza dell'Ulivo»
La sfida di Soru: se io vinco ripeto quel che riuscì a Prodi
«In Sardegna si può tornare al successo e a battere Berlusconi»
di Alessandro Trocino

il Riformista 9.1.09
Il Movimento è in vacanza
La riforma Gelmini passa e dell'Onda non c'è traccia
di Alessandro Da Rold

Repubblica 9.1.09
Gli attacchi
Allevi. Tutti contro il piccolo divo "Ma io sto dalla parte di Mozart"
di Giuseppe Videtti