venerdì 9 gennaio 2004

una vecchia menzogna cattolica
«Ma Bruno non era una spia»

Corriere della Sera 9.1.04
Ma Bruno non era una spia
di Nuccio Ordine


I miti, si sa, non sempre giovano agli autori che ne sono oggetto. Capita spesso, infatti, che le grandi figure finiscano per essere ingiustamente coinvolte in vicende leggendarie con il solo scopo di provocare scandalo e clamore. Mi pare che in questo contesto vada collocata la fantasiosa ipotesi di un Giordano Bruno spia al servizio degli 007 inglesi, teorizzata da John Bossy nel 1991 e di cui Richard Newbury fa indirettamente menzione nel «Corriere» del 27 dicembre. Il filosofo di Nola sarebbe l'autore di una serie di missive inviate, con lo pseudonimo di Henry Fagot, al segretario Walsingham. Ma su quali basi viene fondata l'identificazione tra Fagot e Bruno? Nessuna. La grafia della spia non coincide con quella di Bruno? Non c'è da meravigliarsi: il filosofo, per non farsi scoprire, ha contraffatto la sua scrittura. Come avrebbe potuto il Nolano redigere quelle missive in francese? Non è un problema: nelle opere italiane non mancano i francesismi. Com'è possibile che una delle lettere sia inviata da Parigi fine ottobre-inizi novembre 1586, mentre i documenti attestano che Bruno lasciò la capitale francese nel giugno di quell'anno in seguito a una violenta disputa tenuta nel Collège di Cambrai e che intorno a quella data si trovasse già in Germania? Semplice: Bruno era sì in Germania, ma nessuno può smentire che si fosse recato a Parigi, solo per qualche giorno, proprio per spedire le sue informazioni a Londra! Altre perle si potrebbero aggiungere alla collana. Su questi castelli in aria, insomma, Bossy costruisce l'immagine di un uomo privo di scrupoli, assetato di denaro, pronto a tradire gli amici e il re di Francia. Un’immagine, insomma, di uno spregiudicato che in nome delle sue malefatte avrebbe addirittura ben meritato l'atroce rogo di Campo de' Fiori. Indipendentemente dall'infondatezza della tesi, bastava leggere con attenzione le sue opere, i documenti e le più accreditate biografie per prendere subito coscienza di un Bruno diametralmente opposto a quello fantasioso disegnato da Bossy. Raramente, in un'epoca dominata dal servilismo, è possibile ritrovare una profonda coerenza tra biografia e pensiero. L'esperienza umana e intellettuale del filosofo, infatti, testimonia che la conquista del sapere e il diritto alla parola è frutto di una battaglia quotidiana, di un rigoroso impegno, di un forte sacrificio. E proprio per difendere la sua filosofia dell'infinito e il suo amore disinteressato per la conoscenza, il Nolano non ha mai esitato a scontrarsi con potenti avversari nelle corti e nelle aule universitarie di molte città europee, rinunciando, volta per volta, a privilegi e a onori. Fino a concludere la sua esistenza, come la farfalla degli Eroici furori, nella luce di un rogo. Ma tra quelle fiamme, alimentate da una feroce intolleranza, Bruno, da uomo libero, ha scritto una delle pagine più eloquenti della sua filosofia.