Repubblica 22.2.04
IL CASO
Démariage: il fenomeno che preoccupa la Chiesa
In aumento le nozze annullate dalla Sacra Rota
di STEFANO CASELLI
Si chiama démariage la parola che più preoccupa la Chiesa torinese. «Un fenomeno che la sociologia francese ha indicato con questo termine intraducibile ma efficace di démariage: il matrimonio vissuto come un'esperienza soggettiva, in base alla quale scioglierlo o romperlo appartiene alla coscienza individuale» ha spiegato il sociologo Luigi Berzano, nell'insolita sede del seminario maggiore dell'Arcidiocesi, all'inaugurazione dell'Anno Giudiziario del Tribunale Ecclesiastico, presente l'arcivescovo di Torino, Severino Poletto.
Il matrimonio in Piemonte è sempre più «precario», aumentano gli annullamenti dei matrimoni religiosi e le unioni «libere» a discapito delle unioni tradizionali. I dati parlano chiaro: nel 2003 gli annullamenti concessi dal Tribunale sono stati 142 su un totale di 171 cause «decise» a fronte di 94 annullamenti accettati nel 2002, 91 nel 2001, 134 nel 2000. Nel 2003, sempre considerando le cause portate a termine, risulta che a 29 coppie non è stato riconosciuto l'annullamento. Tra le cause per le quali è stato dato l'assenso ad annullare il vincolo del matrimonio, ci sono la «simulazione per esclusione positiva dell'indissolubilità del vincolo» (57 casi), la «simulazione per esclusione del bonum prolis» (52 casi), l'«incapacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio» (30), il «difetto di descrizione e giudizio» (29). Tre i casi in cui il matrimonio è risultato essere stato celebrato «per violenza o timori gravi» e un caso in cui si parla di matrimonio «ottenuto con dolo».
La maggior parte dei matrimoni annullati riguardano coppie insieme per un periodo che va dai 5 ai 10 anni, ma 31 casi parlano di matrimoni durati meno di un anno mentre 23 coppie erano sposate da oltre 10 anni. Chi chiede l'annullamento sono soprattutto impiegati (60), liberi professionisti (36), operai (29).
La Stampa 22 Febbraio 2004
Il disagio matrimoniale
approda al Tribunale Ecclesiastico
«Nel 2003 si sono affacciate ai nostri uffici numerose, complesse situazioni di disagio matrimoniale», ha detto il canonico Giovanni Carlo Carbonero, vicario giudiziale del Tribunale Ecclesiastico regionale, alla cerimonia di apertura dell'anno giudiziario, ieri nel salone del Seminario Maggiore, presente il cardinale Severino Poletto. «In tre cause di primo grado provenienti da Piemonte e Valle d'Aosta è emersa l'"inconsumazione"», ha detto facendo il bilancio dell'anno appena concluso. «Alcuni matrimoni - ha detto - hanno avuto breve durata, da un mese a pochissimi mesi, preceduti da lunghi fidanzamenti». Il Tribunale ha esaminato situazioni di omosessualità e di deviazioni sessuali. In un caso il matrimonio religioso, durato un mese, aveva seguito il matrimonio civile e quello "dharmico", in una setta. In un altro caso, era stato ottenuto con l'"inganno". Cinque volte la richiesta di annullamento è stata avanzata perché il matrimonio era stato celebrato "per effetto di timore grave". Ancora: «Tra le cause decise nel 2003 in posizione dominante appare il gruppo dei "difetti volontari del consenso", le cosiddette "simulazioni", quando si contrae il matrimonio escludendo l'indissolubilità o la finalità procreativa o l'impegno alla fedeltà o la dignità sacramentale». Esito negativo hanno avuto il 17% delle cause presentate. Le cause di primo grado pendenti il 31 dicembre erano 322, 171 quelle decise nel corso dell'anno (79 di torinesi), presentate in maggioranza da impiegati (60), liberi professionisti (36), operai (29), commercianti e artigiani (18). La durata delle convivenze: 31 meno di un anno e 42 tra 5 e 10 anni. Tra le 171 cause decise, in 140 casi non c'erano figli. Il fidanzamento in 60 casi era durato 1-2 anni, in 50 da 5 a 10 anni.
Dopo la relazione del sociologo don Luigi Berzano dell'Università di Torino sulle forme familiari attuali (la "famiglia ricostituita", con figli che possono fare riferimento a due coppie di genitori, ha avuto ampio spazio nelle riflessioni), dal pubblico lo psichiatra Paolo Berruti ha richiamato l'attenzione sul disagio delle persone che - «incolpevoli vittime di un divorzio e non più ammesse ai sacramenti, coltivano devastanti sensi di colpa».
La Stampa 22 Febbraio 2004
IN LIGURIA NEL 2003 CI SONO STATE 184 DOMANDE DI NULLITA’ DI MATRIMONIO CON UNA CRESCITA DI 30 CASI RISPETTO AL 2002
Nozze in frantumi: famiglie in crisi
La severa analisi di mons. Rigoni
di Paolo Lingua
GENOVA. La crisi della famiglia è stata al centro della relazione del Vicario giudiziale del Tribunale Ecclesiastico Regionale, monsignor Paolo Rigon, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, che s’è svolta ieri mattina presso la Sala Quadrivium, dopo la messa concelebrata dal cardinale Tarcisio Bertone nella adiacente chiesa di Santa Marta. Mons. Rigon ha subito annunciato che nel 2003 sono aumentate le cause di nullità dei matrimoni (184, 30 in più rispetto al 2002: tutte si sono agigunte alle 269 già pendenti). Ad Albenga sono state istruite 24 cause provenenti da quella Diocesi e da quella di Ventimiglia.
Mons. Rigoni ha detto che la situazione della giurisprudenza civile conferma lo stato d’allarme, dal momento che nel 2003 grosso modo sullo stesso territorio sono state promosse circa 5000 cause di annullamento. Il dato consolidato è che circa la metà dei matrimoni appare destinato alla crisi. «Si sta ampliando la voragine delle coppie irregolari», ha detto il Vicario nella sua relazione. «Anche perchè - ha proseguito - la maggior parte delle separazioni avviene nei primi tre-quattro mesi di matrimonio e non oltre i due-tre anni».
Tornando ai tribunali ecclesiastici, mons. Rigon ha spiegato che delle nuove 184 domande di nullità «103 cause sono poste da donne e 81 da uomini». Nel contesto le sentenze di nullità - in primo grado (in appello opera il tribunale della Lombardia) ci sono state 163 sentenze, delle quali solo 10 hanno visto respinta l’istanza. In secondo grado (appello per la Lombardia) ci sono state 142 sentenze che hanno confermato le decisioni di primo grado. Tra i motivi di nullità delle sentenze della Liguria, per 90 casi s’è trattato di problematiche neurologiche e neropsichiche; per 39 casi l’esclusione dei figli; per 25 casi l’esclusione della indissolubilità.
Il Vicario Giudiziale s’è poi lasciato andare a una complessa analisi, dal punto di vista è ovvio del magistero della Chiesa, dello stato della famiglia al giorno d’oggi. Per mons. Rigon, le separazioni in serie danno vita a una «famiglia sfasciata» o comunque «irregolare» (sempre per la Chiesa). Da qui, alcune considerazioni: «La famiglia non è più trasmissione di valori, anzi spesso è incentivazione alla diseducazione», «la famiglia non è più santuario dell’amore, ma scuola di violenza»: per violenza, si indicano alcuni comportamenti: consumismo esasperato, aborto come mezzo contraccettivo, competitività assurda in ogni campo, rimozione del concetto di autorità. La famiglia non è educazione alla fede ma scuola di indifferenza». Infine, mons. Rigon ha esaminato alcuni aspetti vistosi della «scristianizzazione» dell’attuale vita civile.
Nella seconda parte della sua analisi, il Vicario Giudiziale ha esaminato quelle che lui ha definito «cause meno evidenti» delle crisi matrimoniali, tra le quali spicca in particolare la immaturità psicologica e affettiva dei giovani (90 casi di richiesta di nullità su 163, come s’è detto prima) che comporta una serie complessa di fragilità e di limiti della volontà. In parole povere, si accede al matrimonio «fragili e impreparati»: la minima difficoltà infrange un legame che, di fatto, non era mai esistito. La Chiesa, anche per un preciso input del Pontefice, intende quindi impegnarsi ad affrontare con i futuri sposi la questione della maturità e delle reali intenzioni e motivazioni da accertarsi, in qualche modo, prima del matrimonio religioso, anche se, sempre secondo mons. Rigoni, gli stessi problemi emergono dinanzi ai tribunali civili.
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