mercoledì 17 marzo 2004

Leonardo da Vinci:
una esposizione a Genova

Liberazione 17.3.04
Leonardo
uomo d'arte e di scienza
A Genova, un'esposizione dedicata al "Da Vinci, inventore", fino al 28 marzo
di Domenico Gallo


Alla fine del Quattrocento si verificano due avvenimenti destinati a produrre profondi mutamenti nella civiltà occidentale. Si è trattato dell'aprirsi delle rotte atlantiche, scoperte da Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci, e il diffondersi della stampa tipografica. Nel giro di pochi decenni, in Europa, si produssero più copie di libri di quante i copisti ne avessero pazientemente riprodotte dai tempi della caduta dell'Impero Romano. Centinaia di migliaia di libri che crearono il clima culturale di enormi potenzialità in cui crebbe l'opera di Leonardo da Vinci. Un genio, sicuramente, e autore universalmente noto di opere d'arte come "La Gioconda" o "Il Cenacolo", ma il cui ruolo all'interno dell'evolversi della cultura europea non è altrettanto conosciuto. Ingegnere e filosofo naturale, pittore e artigiano di bottega, Leonardo si è ostinatamente impegnato nel tentativo di unificare due culture che sembrano votate alla divisione e all'indifferenza. Sapere teorico e operare pratico sono inscindibili in tutta la sua carriera, anche se molti storici hanno aspramente sottovalutato il suo contributo, tanto da affermare che la scienza sarebbe stata la stessa se Leonardo da Vinci non fosse mai esistito. Un genio che non ha lasciato neppure un libro, ma solo quei preziosi codici che raccolgono i suoi appunti, le notazioni spesso curiose, i disegni e i progetti irrealizzabili. Albrecht Dürer, suo contemporaneo, pubblicava invece trattati sulle arti militari, l'ingegneria e il corpo umano. Cosa erano, dunque, le sue creazioni? Giocattoli costruiti per il divertimento dei sovrani, come sostengono gli storici che accusano Leonardo di essersi dedicato all'elaborazione e avere trascurato la realizzazione, o un passo avanti verso un più preciso metodo di rappresentazione e di conoscenza tutto visuale?

Non sono ancora gli anni del microscopio e del telescopio, ma Leonardo è certo immerso in una cultura in cui il vedere e il riprodurre anticipano, e limitatamente sviluppano, quell'approccio straniante che sarà poi la caratteristica innovatrice di Galileo Galilei e della rivoluzione scientifica. La necessità di comprendere intimamente questa magnifica "vasta macchina" che è la natura fa parte di quell'ambizioso progetto razionale a cui, nei secoli successivi, nelle scienze come in politica, nulla è dato per scontato.

A Genova, fino al 28 marzo, nell'ambito degli eventi di "Genova Capitale Europea della Cultura", un'esposizione dedicata a "Leonardo da Vinci - L'inventore" consente di conoscere la sfida di Leonardo, il suo personale approccio ai problemi scientifici e tecnologici del suo tempo. Centocinquanta pezzi esposti, tra riproduzioni di pagine, per lo più tratte dal Codice Atlantico, e ricostruzioni di macchine si affiancano a postazioni multimediali che approfondiscono l'intero contributo leonardesco.

"Lionardo" nasce a Vinci il 15 aprile del 1542. È il figlio illegittimo di un giovane notaio, Ser Piero da Vinci, e di una donna di nome Caterina che, l'anno successivo, si sposa con un fornaciaio dal simpatico nome di Accattabriga. Leonardo viene accolto nella casa paterna, accedendo a una discreta educazione, e quando Ser Piero, diventato notaio di Cosimo de' Medici, si trasferisce a Firenze, segue il padre e viene avviato alla bottega del Verrocchio, dove lavorerà assieme ad allievi come Perugino e Botticelli. La bottega fiorentina di quegli anni è un intersecarsi di cultura, arte e tecnica; lì si produce pittura, scultura, architettura, ingegneria, si fondono campane e armature, si inventano gli apparati per le feste, si realizzano sistemi di saldatura innovativi. Ottica, geometria, chimica, anatomia, meccanica e idraulica fanno parte delle competenze di un artista dell'epoca. A causa della sua formazione esplicitamente tecnica, forse affiancata all'insegnamento in una "scuola d'abaco" (un'istituzione in cui venivano insegnati primi elementi di matematica a scopo commerciale e un po' di testi in volgare), Leonardo comprende, specialmente quando abbandona Firenze per Milano, che deve ampliare la propria cultura. Le sue note riportano che attorno al 1485 possedeva 5 libri, che si incrementarono a 40 nel 1495, fino a diventare 116 nel 1503: un numero enorme per l'epoca, anche per la biblioteca di un uomo colto. Ma la sua indagine della natura sarà sempre particolare, così affidata alle immagini e così poco alle parole, tanto che i suoi progetti macchinali hanno sempre anche una valenza estetica. L'attenzione si concentra sulle mutazioni naturali, traendo da Aristotele l'apparato concettuale che distingue tra la perfezione della sfera celeste e la corruttibilità del mondo terreno, dove elementi come aria, acqua, terra e fuoco sono in costante movimento. Un movimento che non è semplicemente dislocarsi nello spazio ma trasformazione. In questo senso la mostra è ricca di spunti e di conferme. La muscolatura del collo umano è paragonata alla struttura che sorregge un albero di nave in costruzione, l'anatomia umana è comparata a quella animale, definisce il sistema nervoso come un "albero di nervi", studia la putrefazione dei cadaveri e ne calcola i tempi, innesta all'uomo le ali e comprende il paracadute sulla base dei moti naturali delle foglie. Nonostante avesse definito la guerra una "pazzia bestialissima", la sua immaginazione lo porta a progettare una serie di macchine letali come il carro armato, il sottomarino, armi a ripetizione, cannoni raffreddati ad acqua, apparecchiature per l'assedio, gigantesche balestre e catapulte. Invenzioni non realizzate che si affiancano alla bicicletta, all'automobile e a un avveniristico ponte sul Bosforo. Sembra che Leonardo fosse in grado di comprendere quanto fosse ampia la potenzialità di trasformazione della società europea che una nuova visione della conoscenza, e le sue applicazioni, fossero in grado di attuare. In questo senso Leonardo appartiene alla tradizione degli utopisti, che in molti aspetti precorre, pensando a nuove forme della città. Questo eccezionale visionario si spegne in Francia, nel 1519, lasciando tutti i suoi manoscritti, disegni e strumenti all'allievo Francesco Melzi, mentre i dipinti, fra cui la Gioconda, vanno a Giangiacomo Salai, ma la sua eredità intellettuale attende l'opera di Galileo Galilei, di Giordano Bruno e altri, fino ai giorni nostri.