martedì 16 marzo 2004

intervista a Marco Bellocchio

GAZZETTA DI PARMA 15.3.04
INTERVISTA—Venerdì sera la «prima» al Municipale di Piacenza
Rigoletto di Bellocchio
C'è anche un nuovo film: «Il regista dei matrimoni»
di Maurizio Schiaretti


Non era un progetto coltivato per chissà quanti anni e finalmente realizzato, anzi in passato quando aveva ricevuto delle proposte simili le aveva cortesemente rifiutate. Ma a Gianni Baratta e alla Fondazione Toscanini, non ha proprio saputo dire di no ed ora, a 64 anni, sta vivendo con un pizzico di trepidazione le ore della vigilia del debutto: venerdì sera (repliche il 21 e 23 marzo) al Municipale di Piacenza infatti andrà in scena Rigoletto diretto da Gunter Neuhold e con regia di Marco Bellocchio.

«Quando mi avevano chiesto di curare la regia di un'opera di Wagner ho detto di no - ricorda il regista piacentino - Non me la sono sentita, è un autore che non conosco bene. Per la verità la mia cultura nel campo lirico è piuttosto lacunosa, ma Verdi è Verdi e le arie di Rigoletto, come Caro nome e Tutte le feste al tempio le sentivo canticchiare da mia madre quand'ero bambino».

Quest'opera gli piace perché «equilibrata» e ha trovato particolarmente eccitante l'esperienza anche perché gli ha consentito di trascorrere qualche settimana a Piacenza, la sua città natale che aveva lasciato quasi mezzo secolo fa.

«Fino a 15 anni ho vissuto a Piacenza, poi sono andato a studiare a Lodi, dai padri barnabiti, e dopo la maturità a Londra. Per fare cinema mi sono stabilito a Roma, dove abito tuttora, e quando torno dalle mie parti non mi fermo mai in città, vado direttamente a Bobbio. E' stato piacevole e curioso ritrovare i luoghi dell'infanzia, anche se sono molto cambiati. Una volta Piacenza era chiusa dentro le sue mura, poi ha cominciato a espandersi all'esterno ed è cambiato anche il modo di vivere. Era una città provinciale, per molti mesi quasi nascosta tra le nebbie padane e nella quale si respirava un clima politico molto teso. Una vita tranquilla, famiglia, scuola e chiesa - non dovevo nemmeno attraversare la strada per completare il percorso - ma minacciata da un pericolo che sembrava farsi ogni giorno più minaccioso, quello dei comunisti che, secondo la propaganda, avrebbero portato via tutto, case, terreni, denaro e avrebbero costretto ad abiurare la fede. Ma ciò non impediva ai giovanotti nei bar di parlare di donne, di vantarsi delle loro conquiste. Io non ho fatto in tempo a partecipare a queste chiacchierate ma ne ricordo l'eco e rileggendo il libretto di Rigoletto mi sono reso conto che le atmosfere di Piave e Verdi sono molto simili a quelle del dopoguerra».

Come, come? Vuoi dire che vedremo un Rigoletto anni '50?

«Ma sì, non c'è una gran differenza tra la corte del Duca di Mantova e la protervia dei ricchi, dei possidenti che erano circondati da impiegati-cortigiani, da piccolo borghesi costretti a fare i buffoni per sopravvivere: ho cercato di costruire un ponte tra quelle due epoche, di mettere a confronto due generazioni di vitelloni. Così, ad esempio, la festa non sarà a corte ma in un albergo di lusso, l'ultima sera di carnevale».

Quel che dici fa crescere e dilatare la curiosità perché rare sono state finora le tue incursioni al di fuori dell'amato e conosciuto terreno del cinema...

«E' la mia prima volta nella lirica mentre ho diretto due spettacoli teatrali, Simone d'Atene con Salvo Randone e Macbeth con Michele Placido, che ricordo sempre con piacere e nei quali, come in questo caso, ho cercato di dare tutto me stesso, di fare le cose nel miglior modo possibile».

Hai avuto difficoltà a lavorare in sintonia con il direttore d'orchestra?

«No, assolutamente. Sono due compiti diversi, dai confini precisi. Io sapevo dove mi sarei dovuto fermare e comunque con Neuhold non ci sono stati problemi: è sempre la partitura a stabilire le regole dell'allestimento».

E con i cantanti? Hai lavorato sulla gestualità, sui movimenti?

«Sì, abbastanza. E devo dire che ho trovato professionisti molto seri, preparati e disponibili: Alberto Gazale è Rigoletto, Gladys Rossi è Gilda e David Miller è il duca di Mantova. Hanno anche il fisico del ruolo e mi dicono che le voci siano molto belle. Mi sarebbe piaciuto lavorare anche più a fondo con loro, battuta per battuta insieme all'orchestra, ma...».

Ma?

«... Ma tre settimane sono troppo poche. Per un film cerco di averne sempre almeno dieci».

A proposito di cinema. Dopo Rigoletto tornerai a Roma?

«Sì, ho un lavoro che mi aspetta, un soggetto di cui ho già scritto diverse versioni. Dovrebbe intitolarsi Il regista dei matrimoni, e racconta di un regista importante che abbandona le riprese dei Promessi sposi e scappa al sud dove conosce uno che i matrimoni li filma per professione. Alla fine, incaricato da un possidente di girare il matrimonio della figlia, il regista manderà a monte le nozze...».

E si ti invitassero a un festival, ci andresti?

«Mah… non so, Certo la delusione di Venezia è stata grande anche se Buongiorno, notte è andato bene nelle sale e ora sta avendo successo in Francia e negli Stati Uniti. Comunque la decisione non potrebbe essere solo mia, un film non appartiene solo al regista. Vedremo...».

Domenica 14 Marzo 2004, 16:47
Raidue: ''Premio Rodolfo Valentino''


Roma, 14 mar. (Adnkronos) - La XXIX edizione del ''Valentino d'Oro'', premio patrocinato dal Presidente della Repubblica, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dalla Regione Puglia e dalla Citta' di Lecce, tornato nella terra d'origine dopo venti anni trascorsi a Los Angeles, New York, Rio de Janeiro, Roma e in altre Capitali europee ha premiato, al teatro Politeama di Lecce nel corso di una serata di gala condotta da Paola Perego, spalleggiata dai simpatici Lillo e Greg, in onda domani alle 23.20, i protagonisti dell'ultima stagione cinematografica. I premi sono andati a: Pupi Avati per ''Il Cuore Altrove''; Marco Bellocchio per ''Buongiorno notte''; Carlo Verdone per ''Ma che colpa abbiamo noi''; Christian De Sica, attore dal talento poliedrico e dalla naturale simpatia; Alessio Boni, autentica rivelazione grazie all'interpretazione de ''La meglio gioventu'''; Stefania Rocca, interprete sensibile di ''Prima dammi un bacio'', Vanessa Incontrada, giovane attrice gia' salita alla ribalta cinematografica internazionale. (Sin/Gs/Adnkronos)