martedì 9 marzo 2004

un attimo...

L'Eco di Bergamo 9.3.04
Se ci tolgono anche l'attimo, cosa ci resta del tempo?


La scienza ha la capacità di stupirci sempre: in alcuni casi, lo stupore è determinato dai vantaggi che le sue scoperte determinano sul piano dell'evoluzione della conoscenza e soprattutto del miglioramento delle condizioni dell'uomo, ottenute attraverso la crescita del sapere. In altri casi le sue possibilità e i moti che animano la ricerca sono tali da raggiungere «certezze» inimmaginabili anche dal più fantasioso uomo della strada.
Un esempio emblematico di questo atteggiamento, ci  giunge dalla recente scoperta di un fisico ungherese, Ferenc Krausz, che in questi giorni pubblicherà sulla prestigiosa rivista «Nature»  un articolo in cui illustra come è riuscito a misurare l'attimo. Sì, proprio quell'indefinito lasso di tempo che, ognuno di noi utilizza nel linguaggio corrente per indicare un tempo breve, spesso accompagnato a toni anche un po' seccati del tipo: «E aspetta un attimo!».
Il fisico lavora all'Istituto «Max Planck» di Monaco e ha messo a punto una tecnica che, per la prima volta, consente di studiare processi velocissimi e che ha come prospettiva la misurazione della formazione e del dissolversi dei composti chimici. E così, servendosi di complicati sistemi di calcolo, Krausz è riuscito a stabilire che il nostro attimo è pari a cento volte un miliardesimo di un miliardesimo di secondo! In pratica un lasso di tempo che il nostro cervello non riesce a trasferire sul piano concreto e che relega su quello simbolico. Un valore che ricorda un po' l'inafferrabile «Milione» del Signor Buonaventura.
L'attimo, secondo la scienza, corrisponderebbe a cento attosecondi: per avere un'idea di quanto sia breve questo periodo basta pensare che se cento attosecondi fossero un secondo, un minuto corrisponderebbe  al 14 miliardi di anni, l'età del nostro pianeta. (...)