venerdì 30 aprile 2004

Cina: un'intervista al Premier

Corriere della Sera 30.4.04
«La Cina combatterà la concorrenza sleale»
Il primo ministro Wen Jiabao parla alla vigilia del viaggio in Italia. E si impegna anche sul fronte dei diritti umani


PECHINO - «Quando parliamo dell'Italia il nostro pensiero va naturalmente a Marco Polo che più di 700 anni fa fu la prima persona a presentare all'Europa, anzi al mondo, la Cina. Fu il primo a stabilire un ponte amichevole tra Oriente e Occidente e fece l'esperienza di vivere per 17 anni nel nostro Paese. Ancora adesso la gente ricorda con piacere Il Milione che rappresenta una bella memoria della storia dei rapporti tra i due Paesi. Grazie anche a questi legami storici le relazioni bilaterali tra Italia e Cina conoscono un buon andamento e la visita del presidente Berlusconi l'anno scorso li ha promossi ulteriormente». Il primo ministro cinese Wen Jiabao è alla vigilia di un lungo viaggio in Europa che lo porterà a visitare cinque Paesi (Italia, Germania, Belgio, Inghilterra e Irlanda) e in questa intervista spiega cosa si aspetta dai colloqui nel Vecchio Continente e quali sono le scelte di politica internazionale ed economica che il suo governo intende attuare. Ma innanzitutto Wen Jiabao ci tiene a sottolineare, come per la citazione di Marco Polo, quale sia la considerazione che ha per la storia e la cultura del nostro Paese. «La Cina - dichiara il primo ministro - ha una storia molto lunga, abbiamo avuto legami storici con l'Italia, per questo motivo ho scelto Firenze come una delle tappe della mia visita in Italia. Firenze è la culla del Rinascimento che considero una grande scuola. I maestri d'arte come Leonardo, Raffaello e Michelangelo sono conosciuti dai cinesi così come Dante Alighieri e la sua Divina Commedia».
Quali sono i risultati politici ed economici che si aspetta dalla visita in Italia?
«Il primo obiettivo è rafforzare gli scambi tra i dirigenti ad alto livello, promuovere il dialogo strategico e accrescere la reciproca conoscenza e fiducia. Il comitato congiunto Italia-Cina che verrà istituito durante la mia visita svolgerà un importante ruolo nello sviluppo dei rapporti bilaterali, servirà a promuovere la cooperazione economica, soprattutto tra le piccole e medie imprese dei due Paesi. I nostri rapporti commerciali hanno conosciuto uno sviluppo veloce, il volume dell'interscambio ha raggiunto l'anno scorso 11,7 miliardi di dollari. Inoltre durante la mia visita si terrà a Roma un seminario sugli investimenti reciproci Italia-Cina, il primo di questo tipo in Europa con il coinvolgimento del governo cinese. Penso che servirà a favorire ulteriormente la cooperazione tra le nostre imprese».
Lei crede che l'Europa possa diventare un partner privilegiato della politica commerciale cinese?
«Lo sviluppo dei rapporti di cooperazione con l'Europa è buono, l'anno scorso il volume dell'interscambio è stato di 125 miliardi di dollari americani, più o meno lo stesso livello di quello tra Usa e Cina e tra Cina e Giappone. Il sesto vertice tra i dirigenti europei e cinesi che si è tenuto a Pechino nell'ottobre scorso ha stabilito l'obiettivo di raggiungere 200 miliardi di dollari entro l'anno 2013. Adesso constatiamo con soddisfazione che quell'obiettivo era troppo pessimista e possiamo raggiungerlo in anticipo. Vedo poi una grande potenzialità in campo tecnologico, i Paesi europei sono tra quelli che investono di più in Cina e trasferiscono le loro tecnologie. Numerose e famose imprese come la Fiat vengono in Cina per investire e stabilire le fabbriche, vengono portando non solo capitali ma anche tecnologie avanzate ed esperienze di management».
Il suo Paese ha investito parte delle riserve monetarie in euro. Pensa che quest'esperienza si possa ripetere?
«L'euro è un simbolo importante dell'integrazione europea a cui la Cina dà il pieno sostegno. Vediamo con favore la sua stabilità e la sua rivalutazione, perché riflette la ripresa dello sviluppo economico dell'Europa e questo fenomeno ha aumentato la nostra fiducia verso questa moneta».
Tra gli imprenditori italiani, specie piccoli e medi, si sta facendo largo un timore nei confronti della vostra espansione commerciale. E questo a causa del diffondersi della contraffazione dei marchi. Cosa pensa di fare il governo cinese per stroncare la concorrenza sleale?
«E' bene eliminare questi timori degli imprenditori italiani. E' vero che le esportazioni cinesi sono in costante aumento - l'anno scorso il volume complessivo è stato di 410 miliardi di dollari - ma fra i prodotti esportati il 55% proviene da imprese con capitale straniero che operano da noi e per il 60% si tratta di lavorazioni di materiale che viene dall'estero. La competitività dei prodotti cinesi deriva dalla tipologia e dalla qualità ma cosa più importante dalla manodopera di basso costo, anche se con lo sviluppo dei settori tecnologico, scientifico ed educativo è in ascesa anche la qualità della manodopera. Il governo presta grande importanza al problema della tutela della proprietà intellettuale e si impegna ad adottare quattro misure. Per prima cosa stiamo per istituire un apposito organismo capeggiato da un viceministro. Vogliamo poi punire più severamente la contraffazione e a questo scopo vogliamo ampliare la sfera dell'utilizzo del codice penale per perseguire questi reati. Inoltre vogliamo intraprendere campagne costanti e ininterrotte contro la violazione dei diritti intellettuali nei vari settori. Ci proponiamo anche di riprendere l'educazione popolare in merito. Sono convinto che con questi sforzi instancabili potremo ottenere dei progressi importanti».
Che bilancio fa a due anni di distanza dell'ingresso della Cina del Wto, ingresso che fu favorito anche dal governo italiano?
«Con l'adesione al Wto abbiamo goduto di diritti ma abbiamo anche adempiuto ai doveri. In soli due anni siamo riusciti a ridurre il livello del dazio doganale dal 15 al 10,4%, abbiamo annullato e revisionato circa 3 mila leggi e nel frattempo abbiamo rimosso altri tipi di barriere non commerciale. Per esempio l'anno prossimo elimineremo il contingentamento nell'acquisto dei prodotti automobilistici».
La vostra economia continua a crescere a ritmi incredibili. Non temete un effetto di surriscaldamento e cosa intendete fare per evitarlo?
«Adesso l'economia cinese si trova in una fase della crescita estremamente veloce, l'anno scorso è cresciuta del 9,1% e nel primo trimestre di quest'anno del 9,7%. I profitti derivanti dalla produzione industriale sono in aumento e la produzione agricola è in una fase di risanamento inoltre il commercio delle importazioni ed esportazioni ha conosciuto una notevole crescita e le entrate fiscali sono salite. Vedo con piacere che il reddito degli abitanti cinesi sia delle zone rurali sia di quelle urbane è in forte aumento. Ma oggettivamente nell'andamento economico cinese esistono problemi e contraddizioni, gli investimenti nel settore immobiliare crescono con velocità e dimensione eccessiva. Si verificano crescenti pressioni tra la domanda e l'offerta di energia, trasporto e materie prime, poi anche per quanto riguarda il credito e l'offerta monetaria c'è stato un eccessivo aumento, c'è inoltre una tendenza di forte inflazione soprattutto con la crescita dei prezzi delle materie prime. Questi problemi hanno suscitato l'attenzione del nostro governo e dobbiamo adottare delle misure severe ed efficaci per risolverli. Le misure saranno di carattere economico, giuridico e in caso necessario amministrativo in modo che l'economia cinese possa mantenere uno sviluppo stabile e relativamente veloce».
In Europa c'è grande attenzione sulle modifiche che state introducendo nella nuova Costituzione. In particolare per quanto riguarda la tutela dei diritti umani e il riconoscimento della proprietà privata.
«La revisione costituzionale prevede in maniera esplicita di rispettare e tutelare i diritti umani, diamo grande importanza alla tutela dei diritti umani e stiamo compiendo sforzi instancabili e a lungo termine. Per prima cosa persistiamo nello sviluppo per tutelare i diritti di sopravvivenza del nostro popolo che conta 1,3 miliardi di persone. Nel corso di questi venti anni siamo riusciti a risolvere il problema della povertà assoluta di più di 200 milioni di cinesi. Secondo, oltre la riforma economica non abbiamo mai smesso di intraprendere la riforma politica e cerchiamo di perfezionare la democrazia socialista e la legalità socialista. Soprattutto mettiamo l'accento sulla costruzione della democrazia delle unità di base con elezioni, controllo dal basso e gestione democratica. Terzo, abbiamo l'obiettivo di governare il Paese secondo la legge e di costruire un Paese di legalità socialista. Per quanto riguarda i diritti umani la Cina ha già aderito alla Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e nell'anno 2003 abbiamo presentato un rapporto sull'esecuzione. Adesso siamo facendo i preparativi per aderire alla Convenzione sui diritti civili e politici, siamo favorevoli al dialogo anziché all'antagonismo tra i Paesi a diverso sistema sociale, abbiamo avuto 17 round dei dialoghi Cina-Europa sui diritti umani e queste consultazioni sono fruttuose e sono servite ad aumentare la conoscenza reciproca. In questa revisione costituzionale abbiamo inserito anche la tutela della proprietà privata, indica non solo i beni per vivere ma anche i beni per produrre. Abbiamo due scopi, uno per tutelare effettivamente la proprietà privata del popolo cinese, secondo proteggere e promuovere la riforma del diritto».
Qual è la posizione del governo cinese sulla crisi in Iraq e quale impegno vi assumete nella lotta contro il terrorismo internazionale?
«Il governo cinese è preoccupato dell'instabilità della situazione in Iraq e simpatizza con il popolo iracheno che vive in miseria. C'è bisogno di fare tutti gli sforzi per ricostruire il Paese. In primo luogo occorre restituire la sovranità agli iracheni per un Iraq governato dagli iracheni tutelando l'integrità territoriale. L'Onu poi deve svolgere un ruolo direttivo nel ritorno della pace e della ricostruzione. Infine si deve creare l'ambiente in cui i vari Paesi possano partecipare alla ricostruzione e la Cina come membro permanente del Consiglio di sicurezza desidera dare il massimo contributo per la pace. Per quanto riguarda il terrorismo la nostra posizione è coerente perché ne siamo vittime anche noi, infatti le organizzazioni che operano nel Turkestan orientale hanno stretti legami con Al Qaeda. La Cina desidera intraprendere la cooperazione internazionale nella lotta contro il terrorismo».