La Stampa Tuttoscienze 28.4.04
Difese la teoria dei quanti
Poincaré, matematico che tifava per Planck
Fu pioniere della topologia, in meccanica celeste si occupò del problema dei tre corpi, e con Einstein fu un padre della relatività ristretta
Francesco De Pretis (*)
IL 29 aprile saranno centocinquant'anni dalla nascita di Jules Henri Poincaré, una delle più brillanti menti matematiche che la storia della scienza abbia mai conosciuto. Nato a Nancy, città della Lorraine, contesa in quegli anni da francesi e tedeschi, Poincaré dimostrò fin da giovane la sua brillante indole scientifica: discepolo di Charles Hermite, completò gli studi nel 1879 con una memorabile tesi di dottorato sulle equazioni differenziali. Queste equazioni - le cui incognite sono funzioni - erano state trattate sin dalla nascita dell'analisi, già dai suoi fondatori Newton e Leibniz: erano noti metodi di soluzione esatta per particolari classi di queste equazioni ma nessun matematico si era mai posto il problema di creare una teoria che ne affrontasse una trattazione generale: la moderna teoria qualitativa delle equazioni differenziali venne fondata da Poincaré proprio per rispondere a questa esigenza. Il matematico francese introdusse, come soluzioni di equazioni differenziali, nuovi tipi di funzioni trascendenti che chiamò funzioni fuchsiane - in ricordo di Lazarus Fuchs che per primo le aveva studiate - caratterizzate dall'essere invarianti sotto un particolare gruppo di trasformazioni che - con sorpresa dello stesso Poincaré - era identico a quello della geometria non euclidea di Lobatchevsky (della quale, in seguito, fornì un celebre modello bidimensionale): un insospettato legame fra analisi e geometria andava profilandosi. L'approccio geometrico al problema divenne così una costante, un modus operandi che guidò Poincaré nelle sue scoperte: conscio delle importanti ricadute che la geometria aveva avuto nelle proprie ricerche di analisi, per il matematico francese assunse allora importanza determinate l'analysis situs - la moderna topologia - che, nello scritto omonimo del 1895, definì come "la scienza che ci fa conoscere le proprietà qualitative delle figure geometriche, non soltanto nello spazio ordinario ma nello spazio a più di tre dimensioni". La modernità della sua visione è impressionante: Poincaré ridusse i problemi topologici all'algebra, introducendo la nozione di gruppo fondamentale, utilizzato per distinguere le differenti categorie di superfici n-dimensionali: da questa classificazione deriva una congettura che è ancora al centro delle ricerche odierne. Sono da ricordare poi suoi importanti apporti alla teoria dei numeri; con uno scritto del 1883, Poincaré è anche considerato il fondatore dell'Analisi complessa a più variabili: i suoi multiformi interessi però valicarono ben presto la ricerca strettamente matematica per approdare nel campo della fisica. Interessatosi al problema dei tre corpi (come determinare la traiettoria di tre punti materiali - ad esempio il sistema Sole, Terra e Luna - che si attraggono vicendevolmente secondo la legge di gravitazione universale?), lo generalizzò e grazie agli strumenti di analisi che egli stesso aveva approntato, investigò i problemi di stabilità dei modelli che descrivevano il sistema solare: la sua opera "Les méthodes nouvelles de la Mécanique Céleste" (1892-99) è una pietra miliare di quella che oggi definiremo fisica-matematica. Poincaré sostenne con forza e autorevolezza l'ipotesi quantistica di Planck sin dal suo esordio: già nel 1898 si interrogava sulla simultaneità di due eventi temporali e, con lo storico scritto del 1905 "Sur la dynamique de l'éléctron", è considerato, con Einstein e Lorentz, tra i fondatori della relatività ristretta. Consapevole del suo ruolo di uomo di scienza e sempre pronto a interrogarsi sulla ricerca (celebri i suoi saggi di carattere epistemologico) e sul modo di fare ricerca (collaborò anche con psicologi sul tema della "creatività" matematica), Poincaré fu anche pioniere del giornalismo scientifico: scrisse molti articoli di carattere divulgativo quando scrivere di scienza per il grande pubblico non era certo usuale.
(*)Università di Modena
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