lunedì 5 aprile 2004

Shanghai

Le Monde Diplomatique
LA CINA STA CAMBIANDO
Shanghai senza tetto né legge
È nella concessione francese di Shanghai che ebbe luogo, nel luglio 1921, il primo congresso del Partito comunista cinese. Ora questa megalopoli al centro dei mutamenti socio-economici dell'immenso paese, è diventata la prima «città globale cinese». Oggi ospita 56 sedi di multinazionali, 91 società d'investimento e 106 centri di ricerca industriali stranieri, che investono senza posa nel miglioramento delle infrastrutture e ottengono profitti straordinari. Tuttavia, questa formidabile mutazione che intreccia comunismo e capitalismo porta gravi conseguenze. Nella sua corsa al verticismo, Shanghai ha sacrificato interi quartieri: sarebbero 2,5 milioni gli abitanti espulsi dall'inizio degli anni '90. La libertà economica concessa alle classi medie in una società civile asservita al potere politico, produce inoltre un individualismo crescente nella grande società urbana. Se i valori collettivi non hanno più prezzo, non c'è dubbio che avranno un costo.
Philippe Pataud Célérier


Operai che lavorano. Una giovane donna che fluttua su un'onda rosa e blu e una forza vorticosa aspira il suo corpo nell'orbita voluttuosa di sifoni e sciacquoni; sanitari in ceramica sorgono con freschezza dalle scogliere: «American Standard», annuncia il nuovo cartellone pubblicitario sul ciglio della circonvallazione periferica. Qualche metro più giù ci sono curiosi che si affollano davanti a un nastro di sicurezza. Con questo tipo di nastro si delimita l'irruzione dell'insolito in un luogo, la vittima di un incidente sdraiata a terra, un palazzo che rischia di crollare. Niente di simile qui. Niente tranne un ristorante solidamente piantato fra le macerie. La sala principale è devastata.
Delle ombre piangono. Come fa l'edificio a stare ancora in piedi in questo quartiere completamente distrutto? Probabilmente per caso.
Quindi le autorità non sbagliano a tenere lontani i curiosi con questi nastri rossi e bianchi che di solito segnalano qualcosa che giace a terra, e non qualcosa che è ancora in piedi.
Una donna anziana racconta: «Questa mattina sono venuti degli uomini molto presto. Hanno rotto tutto: le sedie, i tavoli, i piatti, la vetrina. Il cuoco è stato aggredito. Il proprietario non se ne vuole più andare perché dopo aver accettato di vendere il proprio ristorante, l'amministrazione comunale ha ridotto a metà l'indennità che gli aveva promesso!» Che cosa può fare? A chi tenta di rimanere nella casa in cui abita da quattro generazioni vengono tagliate acqua e luce! Se si ha un impiego pubblico si rischia di perdere il lavoro, di farsi perseguitare da tipi loschi che durante il giorno portano in testa il berretto militare. «I promotori immobiliari pagano gli straordinari ai poliziotti! A mia figlia hanno dato un nuovo alloggio a venti chilometri da qui. Da quel momento non ha più lavoro. Consegnava i giornali! Che ne sarà di lei?».
La scena si svolge lungo il fiume Suzhou, non lontano dalla stazione di Zhabei, quartiere proletario a nord di Shanghai, dove apparvero i primi sindacati operai tra il 1924 e il 1927 sullo sfondo delle industrie tessili (1). Malraux ne La Condition humaine scriveva: «A Chapei hanno proclamato lo sciopero generale!» I comunisti ingoiavano cianuro per sfuggire ai nazionalisti tra il fischio delle locomotive.
Oggi il rumore delle ruspe copre la voce degli espropriati.
Sui quindici milioni di abitanti permanenti di questa città-provincia, e più precisamente sui circa dieci milioni che occupano i dieci distretti urbani del centro della città, già 2,5 milioni sarebbero stati espropriati a partire dagli anni '90 (2).
Qui sulla riva nord, il lungo fiume più ricercato per via della sua esposizione in pieno sole, le autorità hanno steso uno striscione: «Proteggiamo il nostro popolo! Sono ottant'anni che il Partito conduce con successo la stessa politica!» Un secondo dice: «Miglioriamo le nostre vite! Miglioriamo i nostri quartieri!» Le emittenti televisive sono state chiamate a mostrare l'insalubrità anarchica di questo quartiere popolare particolarmente affollato. Una giovane donna ha testimoniato davanti alle telecamere: «Le nostre case sono marce! Preferisco abitare in un grattacielo e vedere ogni giorno il sole! C'è anche l'acqua corrente! Basta con la schiavitù dei vasi da notte!».
Senza distruzione niente costruzioni! Poi tutti, dall'agente immobiliare a quello amministrativo, hanno denunciato la vecchiezza degli edifici. Gli abitanti, quasi provando vergogna, sono stati invitati a firmare la cessione della loro casa in cambio di una indennità forfettaria o di un rialloggio amministrativo in qualità di affittuari o proprietari - lo spazio abitabile viene calcolato a seconda del tipo di alloggio distrutto - in questi immensi grattacieli che invadono la periferia come foruncoli.
Fino agli anni '80, l'alloggio, distribuito ai salariati gratuitamente o in cambio di un affitto simbolico, era parte integrante della politica sociale dello stato. Questo sistema - abolito nel 1998 - permetteva alle imprese statali di compensare i bassi salari versati. Questa agevolazione in natura aveva però una contropartita: il guadagno proveniente dagli affitti non poteva assorbire le spese di mantenimento degli immobili. Con il rarefarsi delle loro fonti di reddito, molte imprese statali frenavano la propria politica di rimodernamento e nel 1979 la superficie abitabile si riduceva a 4 metri quadrati per persona. L'ora delle ristrutturazioni suonava la fine degli investimenti non redditizi.
Ma come trasformare una prestazione sociale in bene commerciale in modo di attirare investitori privati? «Su spinta di Deng Xiaoping, la riforma economica negli anni '80 ha trasformato il valore fondiario in rendita differenziale, spiega Zhang Liang, architetto e urbanista (3). Il prezzo al metro quadro ormai dipende da criteri multipli: geografici (centro, periferia, vicinanza alla metropolitana...) economici (a seconda della destinazione: uffici, alloggi o spazi verdi), sociali (quartieri con una reputazione più o meno buona)...» «Bu po bu li! - Senza distruzione niente costruzione!» La speculazione immobiliare riprende a proprio vantaggio la formula di Mao del periodo della rivoluzione culturale. «La politica della tabula rasa permette di erigere grattacieli, di aumentare la superficie degli alloggi infittendo il costruito», continua Zhang. Le costruzioni, molto più redditizie delle indennità di esproprio, vengono stabilite dalle autorità locali e pagate dai promotori immobiliari che si preoccupano ben poco del rispetto delle leggi. Gli azionisti di molte società immobiliari non sono forse quadri locali?
«300.000 yuan a famiglia (4)? Un indennizzo che permetta l'acquisto di un appartamento di 90 metri quadri al di là della terza circonvallazione periferica?» Liu sorride amaramente al programma ufficiale: ha ricevuto solo 120.000 yuan - 40.000 yuan a persona - sulla base massima di tre membri a famiglia - come risarcimento della casetta ormai distrutta che possedeva in riva al Suzhou. Una somma non negoziabile che egli ha però preferito all'alloggio altrimenti riservatogli: «Una zona periferica mal collegata e senza scuola per la mia unica figlia. L'indennità mi permette di pagare un affitto presso degli amici che abitano ancora nel quartiere e di salvaguardare il mio impiego di guardia giurata alla posta centrale di Suzhou. È impossibile comprare qui visto che il prezzo al metro quadro è vicino ai 5.000 yuan».
Liu sa che a volte i compensi sono meno equi. Così è successo a un abitante che è stato indennizzato meno (100.000 yuan) perché la sua proprietà - di una superficie doppia di quella di Liu - era destinata alla creazione di uno spazio verde. Come fosse vegetazione... un giardinetto che porta a un nuovo centro d'affari. Una riqualificazione che non ha dato luogo a nessun compenso supplementare a dispetto del metro quadro rivenduto a tre volte di più dal promotore e non più su uno ma su trenta piani.
«L'amministrazione comunale sa rompere abilmente la solidarietà che potrebbe creare dei legami tra gli espropriati, spiega Liu. Chi accetta immediatamente il compenso in natura può scegliere tra vari alloggi meno lontani dal centro». Per gli altri la procedura è nota a tutti: avvertimenti, persecuzioni, minacce, espulsioni. E come sanzione della propria resistenza, un'ingiustizia ancora più grande. «Vede quei tetti in rovina laggiù? Il promotore è fallito e l'amministrazione comunale non ha i soldi per indennizzare o trovare alloggi decenti per gli abitanti di cui ha fatto distruggere le case. Sono già due anni che vivono in mezzo alle macerie, dietro il muro che l'amministrazione comunale ha tirato su per non spaventare i clienti dei vicini alberghi o i futuri proprietari delle abitazioni di domani».
Perché lungo il Suzhou, i complessi residenziali crescono veloci come il bambù. I nomi suonano anglosassoni: «Brillant city», «Rhine City». Nel punto preciso in cui il fiume descrive una larga curva - una topografia favorevole agli affari perché la sua rotondità è propizia tanto quanto la pancia di Buddha - si stagliano due enormi grattacieli.
«Solo uno yuan! Guardate che ricchezza!». Un uomo, operaio disoccupato, si rivolge ai passanti proponendo loro un binocolo. «Guardate!» I due grattacieli sono stati costruiti da una società immobiliare di Hong Kong. Su cento metri di altezza, trentadue piani propongono duecento otto appartamenti ammobiliati da 120 a 165 metri quadrati, con cucina equipaggiata, vari bagni di un bianco immacolato e saloni doppi. L'edificio possiede degli spazi collettivi esclusivi: giardini, piscina, palestra. Il prezzo al metro quadro è tra i 7000 e i 17.000 yuan. Un avvocato in cerca di guai Gli appartamenti sono stati acquistati in meno di un anno. Gli acquirenti sono essenzialmente hongkonghesi, stranieri - che dall'agosto del 2001 possono acquistare a proprio nome - o nuovi ricchi di provincia, soprattutto di Wenzhou (nello Zhejiang). Altri preferiscono affittare: in media dai 10.000 ai 13.000 yuan al mese. Prezzi esorbitanti paragonati ai 1.000 o 2.000 yuan per un appartamento classico o ai 50 - 100 yuan di affitto mensile pubblicizzati per le migliaia di casette che stanno per essere distrutte intorno al Riverside. Perché all'ombra dei due grattacieli è previsto uno spazio verde.
Il fiume Suzhou si disindustrializza. Le sue acque vengono depurate per la felicità degli investitori e dei futuri residenti. «Sì, il quartiere migliora, ammette Liu, ma noi non ne potremo godere. Ci mettono alla porta per via dei nostri salari bassi. E noi non possiamo far valere i nostri diritti».
Un'ingiustizia sofferta tanto più duramente dato che la corruzione è allo stesso livello del dinamismo immobiliare. Di una vitalità senza pari quest'ultimo, «visto l'effetto di ripresa che si è combinato con la pressione della popolazione - ogni cinque anni si aggiunge l'equivalente di una Francia - per lottare contro il formidabile sottosviluppo degli alloggi e dell'infrastruttura immobiliare ereditata da Mao», commenta l'economista Jean-François Huchet (5). Il giornale pechinese China Business faceva notare recentemente che l'88% delle 479 vendite fondiarie realizzate a Shanghai tra il 2001 e il 2003 sono state effettuate al di fuori delle aste pubbliche richieste dalla legge (6).
«È vero che legalità ed equità vanno d'accordo raramente. La legge - spiega un giurista cinese parafrasando Voltaire - è diventata un puro artificio a esclusivo servizio dei potenti». Sono rari gli avvocati che difendano i diritti di chi è stato privato dell'alloggio. Col pretesto di far prevalere l'utilità pubblica contro gli interessi privati, i tribunali respingono sistematicamente le istanze delle parti in causa, mentre queste non reclamano che l'applicazione della legge. Come quella che impone al promotore di ricostruire in periferia, per le famiglie trasferite, il doppio dei metri quadri demoliti in centro, ciò che raramente è rispettato. Il caso «Zheng Enchong» è piuttosto emblematico di questa atmosfera perniciosa. Dopo aver difeso i diritti di almeno 500 famiglie espropriate - senza mai aver vinto un'unica causa! - Zheng Enchong, avvocato di Shanghai di 54 anni, si è visto ritirare la licenza. E peggio ancora è stato arrestato nel giugno 2003 per divulgazione di segreti di stato a un'organizzazione straniera, ovvero Human Rights in China (7). Nel novero dei segreti trasmessi illegalmente c'erano informazioni riguardanti uno sciopero proclamato in una fabbrica di prodotti alimentari di Shanghai.
I dirigenti avevano annunciato il licenziamento di gran parte degli operai con, a saldo di tutto, un'indennità forfettaria di 30.000 yuan. Proteste, manifestazioni, dispersioni, ritorsioni. L'unità speciale di investigazione dell'ufficio della Sicurezza pubblica di Shanghai viene mobilitata affinché proceda all'analisi grafologica di un biglietto appeso all'interno della fabbrica: «Non ho più niente da mangiare, voglio spargere del veleno». Per aver mandato queste informazioni via fax, l'avvocato è stato condannato a tre anni di prigione il 29 ottobre 2003. È vero che la nozione di segreto di stato è sempre stata estremamente elastica in Cina: un'elasticità particolarmente marcata quando consente di mettere fuori combattimento un avvocato popolare, combattivo e ingombrante.
Perché, questa volta, per difendere le famiglie espropriate illegalmente, Zheng Enchong non ha esitato a denunciare le pratiche fraudolente di un promotore immobiliare piazzato molto in alto: Zhou Zhengyi, undicesima fortuna cinese secondo la rivista Forbes (2002). Quest'ultimo è amico di Huang Ju, membro del comitato permanente dell'Ufficio politico, organo supremo del partito. Una nomina che Huang deve a Jiang Zemin, ex segretario generale del Partito comunista cinese (ed ex sindaco di Shanghai), che si era curato di assicurarsi il controllo del Comitato - nominando cinque membri su nove - prima di cedere il posto al suo rivale, l'attuale segretario del Pcc e presidente della Repubblica Hu Jintao.
Alcuni espropriati tentano il ricorso gerarchico «salendo a Pechino» per portare la loro petizione direttamente a Hu Jintao, dopo aver eluso la Sicurezza pubblica di Shanghai, mobilitata dalle autorità locali alla stazione di Zhabei e all'arrivo del treno a Pechino.
Alcuni tra i più disperati non hanno esitato a immolarsi nel fuoco nella piazza del Popolo. (8). È un'immagine disastrosa per il regime.
L'avvocato è scarcerato.
È intervenuto Hu Jutao?
Queste ingiustizie sono tuttavia vissute con ancora meno fatalismo dato che il ventaglio di persone depredate è composto sia dalle persone comuni che dagli acquirenti coscienti dei loro diritti e pronti a tutto per difendere il loro nuovo status di proprietari così come il valore economico della loro acquisizione; e che non esitano a organizzarsi in associazioni per difendere i loro interessi collettivi generati non più dall'appartenenza a «una stessa classe ma uno stesso posto (9)».
Colpo di scena: il 19 novembre 2003, la Corte d'appello ha annullato la sentenza che condannava Zheng. Che ci sia dietro l'influenza di Hu Jintao, che cerca di scalzare l'autorità di Jiang Zemin, l'influente rivale e attuale presidente della Commissione centrale militare?
Oppure la volontà comune delle più alte istanze di cominciare a moralizzare gli affari, garanzia della stabilità sociale e della crescita economica di cui il settore immobiliare è uno dei fermenti essenziali? Tutto questo, in ogni caso, non cancella l'emendamento proposto alla fine del 2003 dalla direzione del Partito al Congresso affinché il diritto al rispetto della proprietà privata sia ormai inscritto nella costituzione del paese. Una novità dopo cinquant'anni, così redatta secondo l'agenzia di stampa ufficiale Nuova Cina: «La proprietà privata ottenuta legalmente non deve essere violata». A conferma dell'adagio cinese secondo cui le leggi vengono imposte quando la virtù dei governanti finisce... o si confonde con la loro nuova legittimità: mantenere la crescita.
Dopo venticinque anni di riforme economiche, il passaggio riuscito a un'economia di mercato, non può più ignorare alcuni dei suoi ingranaggi, come il rispetto della proprietà privata, e coloro che li fanno girare per il benessere del partito, i milioni di piccoli imprenditori privati, quei «contro-rivoluzionari» armati dal sedicesimo congresso del Pcc, nel novembre 2002, sotto lo sproloquio ampolloso di «forze produttive avanzate». Nel frattempo «la pianificazione urbana ha aggravato il dislivello sociale attraverso una contrapposizione sempre più marcata tra il centro e la periferia. C'è sempre meno mescolanza sociale in queste città che si uniformano a colpi di schemi direttivi riprodotti all'infinito».
Conclude Zhang Liang urbanista-architetto. Urbanizzazione intensiva, distruzione progressiva della struttura familiare, pauperizzazione non compensata dalla solidarietà familiare: come reagiranno un domani questi grandi insiemi senza identità?

note:

* Giornalista, autore di Xi, parce que ce n'en est que le commencement, che verrà pubblicato a settembre nelle edizioni Nil (Parigi).
(1) I sindacati operai furono distrutti da Chiang Kai-shek sostenuto dalla banda della Mano Verde e dall'alta borghesia di Shanghai. Vedi Marie-Claire Bergère, Histoire de Shanghai, Fayard, Parigi, 2002.
(2) Shanghai è contemporaneamente una città-provincia urbana e rurale di 6.340 km2 e anche il centro della città con i suoi dieci distretti urbani: Yangpu, Hongkou, Zhabei, Putuo, Changning, Jing'an, Huangpu, Xuhui, Luwan, Nanshi. A questi 15 milioni di residenti bisogna aggiungere quasi tre milioni di migranti sprovvisti di carta di residenza ma altrettanto coinvolti nelle espulsioni.
(3) Zhang Liang, La Naissance du concept de patrimoine en Chine, Editions Recherches Ipraus, Parigi, 2003. Bisogna distinguere il diritto di proprietà, di cui lo stato cinese è l'unico titolare dal 1949, dal diritto di uso del suolo che invece può essere ceduto.
La legge del 1987 ha trasferito alle amministrazioni comunali l'iniziativa e i guadagni delle cessioni in affitto - da 30 a 90 anni - dei diritti di utilizzo del suolo.
(4) 10,63 yuan Rmb valgono un euro.
(5) «Vingt cinq ans de réforme en Chine: Révolution économique, conservatisme politique», Esprit, Paris febbraio 2004.
(6) «China's urban renewal brings protests, police», David J. Lynch; USA Today, McLean (Virginia), 14 novembre 2003.
(7) «The legal time bomb of urban redevelopment», Liu Qing, China Rights Forum, n° 2, www.HRIChina.org, 2003. Vedi anche: La Chronique (mensile della sezione francese di Amnesty International, «Spécial Chine», gennaio 2004).
(8) Si contarono tre tentativi di questo tipo in cinque settimane (agosto e settembre 2003).
(9) Vedi Luigi Tomba, «Creating an Urban Middle-class: Social engineering in Beijing» in The China Journal, Canberra, n° 51, gennaio 2004.
(Traduzione di P. B.)