venerdì 4 giugno 2004

Silvia Vegetti Finzi:
ancora sull'adolescenza

Corriere della Sera 4.6.04
IL COMMENTO
Se l’angoscia prende il posto di tante passioni mancate
I ragazzi invasi dalla comunicazione sembrano non conoscere la solitudine
di Silvia Vegetti Finzi


La maturazione personale, a quattordici anni, si trova a metà strada tra la riva felice dell'infanzia e quella perigliosa della giovinezza. Mentre il corpo sta subendo metamorfosi particolarmente inquietanti, perché riguardano la sessualità, la mente resta impegnata nel duplice compito di congedarsi dall'immagine di bambina adorata dai familiari e di confrontarsi con il giudizio dei coetanei, molto meno indulgente, soprattutto quando sono in gioco le prime schermaglie della seduzione amorosa.
Proprio per difendersi dal timore che suscitano i rapporti con l'altro sesso, i maschi si rinserrano nel gruppo, le femmine si legano l'un l'altra in rapporti di amicizia ad alto indice di intensità emotiva. Spesso s'instaura tra di loro una comunicazione speculare che esclude il mondo esterno nel tentativo di confermarsi a vicenda prima di uscire allo scoperto, di impegnarsi nella società.
Al termine delle medie inferiori si pongono infatti scadenze decisive, come gli esami di terza e la scelta della scuola superiore. Sono pronti questi ragazzi ad affrontare gli appuntamenti che li attendono? A uscire dalle pareti ben note della classe e dal perimetro protettivo della famiglia?
Andrea Scherini, pediatra e psicoterapeuta tra i più noti e stimati a Sondrio, dice di no e si mostra preoccupato della fragilità di una generazione impreparata ad affrontare le difficoltà, incapace di trasformare le frustrazioni in pensieri, magari dolorosi, ma suscettibili di essere elaborati, ridimensionati, condivisi con gli adulti di riferimento. Questi ragazzi, invasi dalla comunicazione (cellulare, radio, televisione, dischi, Internet), sembrano non conoscere la solitudine ma in realtà l'esorcizzano soltanto con riti collettivi che non riescono davvero a colmare il vuoto che sentono dilagare dentro di sé.
E può accadere allora che l'angoscia li rapisca, che questa passione senza volto prenda il posto di tante passioni mancate, come l'amore, la conoscenza, la solidarietà, la fiducia e la speranza.
Se vogliamo che Jessica non sia morta invano occorre dare un senso al suo ultimo appello riflettendo su che cosa questa società, stracolma di beni materiali, offre e chiede all'anima degli adolescenti, quale futuro prospetti a un'età evolutiva che troppo spesso si ripiega su se stessa come un fiore che non sa sbocciare.