lunedì 20 settembre 2004

Cina

Repubblica 20.9.04
IL PLENUM
Jiang Zemin lascia tutto il potere in mano a Hu Jintao

PECHINO - L´ex-presidente cinese Jiang Zemin ha lasciato ieri al suo successore Hu Jintao anche la carica di capo delle forze armate, completando il primo processo di trapasso pacifico dei poteri nella storia della Cina comunista.
La notizia è stata diffusa dall´agenzia di Stato Nuova Cina, che ha in questo modo confermato le anticipazioni filtrate negli ultimi giorni dal muro di segretezza che ha circondato i lavori del comitato centrale comunista, riunito da giovedì scorso nella capitale.
Sostituendo Jiang come capo della Commissione Militare Centrale (Cmc), che garantisce il controllo dell´esercito, il sessantunenne Hu Jintao diventa il leader incontrastato della Cina. Hu aveva sostituito Jiang alla testa del Partito nel novembre del 2002, e nella primavera del 2003 aveva assunto anche la carica di presidente della Repubblica Popolare. Il fatto che Jiang Zemin avesse conservato il controllo dell´esercito aveva dato il via ad un pericoloso dualismo e ad una sotterranea lotta di potere, che ora si è risolta a favore di Hu.


Repubblica 20.9.04
I reporter d´assalto di "Focus" affrontano la corruzione dilagante. Ma c´è chi si chiede se le inchieste non siano "pilotate"
La Tangentopoli cinese va in onda in prima serata
Le famiglie costrette a pagare per l´ingresso all´università
Grazie alla forte audience lo show è rispettato anche dai politici
In trasmissione la telefonata del funzionario che chiedeva la mazzetta
FEDERICO RAMPINI

PECHINO - Nella registrazione della telefonata la voce del padre è trepidante di emozione: «Ho saputo che mio figlio è riuscito a passare i test per essere ammesso all´università, quando possiamo avere la lettera ufficiale per l´iscrizione?» Dall´altra parte del filo risponde un funzionario della facoltà: «Non è così semplice. Vi abbiamo fatto un grosso favore. Ci aspettiamo gratitudine. Niente pagamenti individuali, le darò il nome di una società e di un conto in banca». E´ una conversazione vera, come ne accadono nelle migliori università cinesi. La qualità degli studi negli istituti di élite è ottima e apre la strada alle professioni più pagate. La selezione all´ingresso è severa. La corruzione per entrare dilaga e anche chi ha passato per merito tutti gli esami d´accesso può essere escluso arbitrariamente se non paga la tangente.
Ma è speciale il caso di questo papà di Nanning, nella provincia dello Guangxi, che ha dovuto pagare 10.000 yuan (mille euro) perché il figlio entrasse alla prestigiosa Università Aeronautica di Pechino. E´ un caso speciale perché la registrazione della sua telefonata con i funzionari corrotti è andata in onda in tutto il paese il 13 agosto alle 19.38 nel più popolare magazine televisivo della Cina, "Focus", sulla tv di Stato Cctv. Una trasmissione sensazionale che ha creato un fenomeno di società, «la febbre di Focus», perché prende le difese dei cittadini contro i soprusi di regime secondo le migliori tradizioni del giornalismo d´inchiesta occidentale.
Ieri a Pechino si è chiuso il vertice annuale dei leader del partito comunista - il Plenum del Comitato centrale - e in cima all´agenda dei lavori c´era proprio la lotta alla corruzione. Con il boom economico che ha portato il Pil della Cina a sorpassare paesi a più antica industrializzazione come Francia, Italia e Inghilterra, il benessere e le occasioni per arricchirsi sono aumentate. Ma nonostante le riforme di mercato molte leve decisionali restano in mano al partito unico, e la nomenklatura di Stato ne approfitta. La diffusione delle tangenti è così grave che di recente la Procura generale del Comune di Pechino ha offerto una taglia di 100.000 yuan (diecimila euro) ad ogni residente che denunci burocrati disonesti. Tuttavia i risultati delle campagne ufficiali per sradicare la corruzione sono modesti. Salvo rare eccezioni, nella rete finiscono i pesci piccoli. Omertà e collusioni proteggono i più altolocati. I leader nazionali non brillano per il buon esempio: nella famiglia di Deng Xiaoping come in quella di Jiang Zemin ci sono figli e nipoti che hanno accumulato fortune considerevoli come uomini d´affari. Nel neocapitalismo cinese è stata coniata l´espressione di «principi ereditari» per designare questo pezzo di establishment industriale e finanziario che deve tutto ai padri dirigenti di partito.
In prima linea nel combattere la corruzione c´è adesso un protagonista nuovo: il giornalismo d´inchiesta made in China. Figlia di una graduale liberalizzazione del mercato dei media (dove proliferano nuove testate private) e di un parziale allentamento della censura, una nuova generazione di reporter d´assalto sta cominciando a esporre i corrotti alla gogna, a fare luce laddove polizia, giudici e politici non sanno o non vogliono arrivare. Il caso-Focus è diventato un fenomeno di società. Ogni sera dalle sette e mezza alle otto meno un quarto, nella fascia oraria del magazine, i telespettatori cinesi sono inchiodati davanti agli schermi e gli indici di audience salgono. Anche i dirigenti pubblici - per altri motivi - non si perdono una puntata.
I reporter-Robin Hood di Focus Interview padroneggiano le tecniche moderne del migliore giornalismo televisivo: l´anchorman occupa lo schermo solo due minuti per "lanciare" il tema dell´inchiesta, gli altri tredici minuti sono veloci e spettacolari montaggi di immagini, interviste e scoop ripresi dal vivo. Le squadre degli inviati girano per la Cina in incognito, studiano per mesi i loro bersagli, si presentano alle interviste come semplici cittadini nascondendo microfoni e telecamere. Nel corso delle puntate si sono travestiti di volta in volta da consumatori o imprenditori, pazienti d´ospedale o studenti, contadini o inquilini di case popolari. Hanno denunciato tangenti pagate per offrire impunità alle imprese che inquinano; espropriazioni illegali di terre; contraffazione di prodotti nocivi per la salute; abusi degli ispettori fiscali; uomini di governo che hanno speso al tavolo da gioco i fondi dell´amministrazione. Raccolgono indizi con la cura di inquirenti professionali.
Quando la redazione fu contattata dal padre di Nanning, vittima dell´estorsione dall´Università Aeronautica di Pechino, Focus mandò un team di reporter nel Guangxi per assistere i genitori e lo studente, e consigliarli su come incastrare i ricattatori con prove incontestabili. I giornalisti ebbero cura di registrare le telefonate, e attirarono i funzionari dell´università in trappola quando il padre riuscì a farsi mandare dei messaggi sms dai loro cellulari personali. Come spesso accade per gli scoop di Focus, anche nel caso dell´Università Aeronautica la potenza della tv ha costretto le autorità a muoversi. La polizia ha aperto un´inchiesta su tre corrotti, ha congelato i loro conti bancari, ha scoperto che con lo stesso metodo avevano già estorto 600.000 yuan a otto famiglie di studenti. Focus ha intervistato altri genitori, troppo poveri per pagare le bustarelle, i cui figli hanno passato gli esami di ammissione ma sono rimasti esclusi dall´università. «E´ stata una grossa perdita per noi - ha detto una mamma - ma quei soldi non li avevamo proprio. Nostro figlio si ripresenterà l´anno prossimo al test d´ingresso, speriamo che ce la faccia di nuovo». Una laurea in una delle università d´élite può cambiare la vita per un giovane cinese, proiettandolo verso i mestieri privilegiati del boom economico, le grandi industrie multinazionali, la ricerca tecnologica, le banche e le assicurazioni, gli studi professionali di successo di Pechino e Shanghai, Guangzhou e Shenzhen. E´ la porta verso un benessere di standard occidentale. L´istruzione di qualità non ha prezzo, diventa il terreno di una battaglia feroce dove tutti i colpi sono permessi. Senza lo scoop di Focus, la realtà della corruzione negli accessi alle università sarebbe rimasta confinata ai mugugni privati delle famiglie. L´inchiesta televisiva ha squarciato il velo del tabù. Da quella puntata di Focus in poi, gli articoli sui giornali che denunciano l´intreccio fra istruzione e tangenti sono frequenti.
Con la sua audience di massa il magazine Focus si è guadagnato un rispetto senza precedenti da parte della classe politica. Nei suoi studi televisivi si sono recati in pellegrinaggio molti notabili di partito e perfino il primo ministro Wen Jiabao, che nel registro degli ospiti ha scritto un messaggio di congratulazioni. Non tutti i giornalisti cinesi sono così fortunati. Nelle lontane provincie rurali, qualche cronista ha provato a emulare gli exploit di Focus pubblicando sul giornale locale inchieste sulla corruzione dei capipartito: a volte la reazione è stata la censura, l´intimidazione, l´incarcerazione o addirittura l´assassinio del reporter. I clan dei corrotti sono spietati e ne ha fatto le spese di recente anche il procuratore d´assalto Li Haisheng che guida una task force anti-tangenti nella città di Xingtai: sua moglie è sopravvissuta per miracolo, ma con gravi ferite alle gambe e al viso, a un attentato dinamitardo.
Proprio perché le reti di omertà sono così potenti, c´è chi guarda con sospetto al fenomeno Focus. Il suo successo può essere consentito dai vertici del partito perché le inchieste di Focus rimangono in qualche modo compatibili con i desideri dell´autorità centrale. I giornalisti della tv di Stato sono bravi e fanno un lavoro eccellente, forse però li lasciano fare perché sanno quali limiti non devono superare. Hanno fatto pulizia di tanti mariuoli ma non si sono spinti veramente in alto, non hanno smascherato casi dentro il governo o fra le dinastie dei dirigenti di partito.
Una offensiva controllata contro la corruzione è forse una terapia alternativa rispetto alle proteste sociali spontanee che preoccupano il partito. In ogni angolo della Cina gli scioperi e le manifestazioni - sia pure di piccole dimensioni - crescono di anno in anno. Le statistiche ufficiali dell´ordine pubblico classificano la conflittualità sotto la voce «incidenti che coinvolgono gruppi collettivi». I dati di fonte governativa rivelano che il numero dei disordini è salito da 8.700 nel 1993 a 32.000 nel 1999, fino a toccare un nuovo record di 58.500 l´anno scorso. La gente scende in piazza nelle campagne e nelle città, protesta contro le tasse o le speculazioni dei palazzinari che radono al suolo vecchi quartieri, chiede il pagamento di salari arretrati o denuncia disastri ambientali. Ma soprattutto, contesta i capi corrotti. Offrire in pasto una vittima sacrificale ogni settimana sugli schermi televisivi di casa, forse è meno destabilizzante di una escalation di movimenti dal basso.