lunedì 18 ottobre 2004

Louis Van Delft
antropologia

Repubblica 18.10.04
ALLA FINE DEL '500 NASCE L'ANTROPOLOGIA
Una serie di studi indagano sulla anatomia e sul rapporto tra l'Io, l'anima e l'ambiente
La crisi della metafisica e la scienza moderna portano a un modo nuovo di guardare al soggetto
BENEDETTA CRAVERI

Tutto era cominciato alla fine del Cinquecento, quando Michel de Montaigne, voltando le spalle alla metafisica, aveva fatto suo il progetto socratico di «ricondurre giù dal cielo, dove perdeva il suo tempo, la saggezza umana, per restituirla all´uomo», e se ne era servito per conoscere in primo luogo se stesso. «Ciascuno guarda davanti a sé», egli scriveva negli Essais, «io guardo dentro di me: non ho a che fare che con me, mi osservo continuamente, mi controllo, mi saggio... mi rigiro in me stesso». Per la prima volta sotto la sua penna, il moi (il me) si trasformava in sostantivo e l´esplorazione delle sue regioni più segrete apriva la strada alla riflessione di quella vasta costellazione di scrittori francesi - i così detti moralisti classici - tra cui spiccano i nomi di Pascal, di La Rochefoucauld, di La Bruyère.
Pietra miliare della civiltà letteraria francese, questa nuova scienza antropologica che si proponeva di esaminare l´uomo «ad altezza d´uomo», è stata, negli ultimi decenni, l´oggetto di una attenzione crescente da parte della comunità scientifica internazionale e, nel Gotha dei suoi più insigni specialisti, il nome di Louis Van Delft si impone certamente tra i primi. Nessuno ha, infatti, quanto lui studiato la genealogia di questa scienza, i suoi presupposti teorici, i suoi metodi e i suoi strumenti d´indagine, le sue finalità, il suo impatto culturale e, naturalmente, le sue forme letterarie, le sue metafore, il suo linguaggio. I titoli stessi dei suoi libri - Le moraliste classique (1982), Littérature et anthropologie (1993), Les spectateurs de la vie. Généalogie du regard moralist (in corso di stampa) - indicano con chiarezza il suo percorso di ricerca. L´iniziativa del Mulino di raccogliere in volume, sotto il titolo di Frammento e anatomia, nell´accurata traduzione di Francesca Longo e con una interessante introduzione di Carmelina Imbroscio (pagg. 278, euro 22), i saggi in cui lo studioso indaga sui rapporti tra «rivoluzione scientifica e creazione letteraria» è doppiamente significativa. Non solo perché il volume appare, assai a proposito, nella nuova collana "Scorciatoie", consacrata alla letteratura aforistica, ma perché Bologna, dove ha sede il Mulino, vanta la più antica facoltà di medicina d´Europa e un celebre teatro anatomico. Ed è precisamente il rapporto tra morale e anatomia, così come è andato delineandosi nella letteratura europea tra la fine del Cinquecento e la Rivoluzione Francese, che Van Delft ha voluto indagare in questi saggi.
È un dato di fatto che a partire dai primi decenni del Seicento il termine "anatomia" ricorre sempre più sovente sotto la penna di moralisti, romanzieri e poeti di paesi diversi. In Francia Mademoiselle de Scudéry si interessa alla "anatomia del cuore innamorato" e La Rochefoucauld intende fare «l´anatomia di tutti i recessi dell´animo», in Inghilterra Robert Burton, nel suo The Anathomy of Melancholy, si propone di «anatomizzare correttamente» l´"umore" della malinconia, in Spagna Balthazar Gracián consacra un intero capitolo dell´Oracolo manual alla "Moral anatomía del hombre".
A prima vista tutto lascerebbe credere che si tratti di una metafora letteraria legata, come quelle cosmografiche, cartografiche, ottiche allora in voga, alla grande rivoluzione scientifica che era venuta modificando radicalmente la percezione che l´uomo aveva di se stesso e del posto che occupava nel mondo. Una metafora, d´altronde, perfettamente coerente con la scelta delle "forme brevi" fatta dai moralisti; una scelta che rispecchiava ugualmente la necessità di rendere conto di un´immagine del mondo andata in frantumi e di una segmentazione crescente del processo conoscitivo. Niente di più significativo, a riguardo, della celebre interrogazione di Pascal sull´identità dell´io: «Un uomo è un´unità; ma se lo si anatomizza, sarà la testa, il cuore, lo stomaco, le vene, ogni vena, ogni particella di vena, il sangue, ogni umore del sangue?».
Maestro dello studio del linguaggio metaforico, come attestano le analisi da lui condotte nel corso degli anni, sul significato di espressioni chiave come homo viator, theatrum mundi, piccolo mondo, Louis Van Delft non si è accontentato di queste considerazioni generiche e, a partire dall´uso letterario di un termine chirurgico, ha ricostruito un tassello prezioso della storia della cultura europea. Saggio dopo saggio, sulla scorta di vastissime letture di carattere interdisciplinare e di una interessante documentazione iconografica, lo studioso ci mostra come «la tendenza alla penetrazione sempre più approfondita e all´osservazione sempre più acuta, nell´ambito della conoscenza dell´io, è a grandi linee concomitante con lo sviluppo dell´anatomia e della dissezione, da Vaselio a Dionis e a Morgagni». Una concomitanza che comporta un folto intreccio di influenze reciproche e promuove una relazione tra l´anatomia, la letteratura e la psicologia, non meno "organica" di quelle con le arti. La conclusione a cui approda Van Delft alla fine della sua lunga esplorazione in paesi e in rami del sapere diversi è che non soltanto la dimostrazione anatomica ha costituito per i moralisti una fonte di ispirazione, ma ha fornito loro un preciso metodo di lavoro. Non a caso l´esempio più significativo propostoci dallo studioso è quello dell´autore delle Maximes: «In La Rochefoucauld, più che in chiunque altro», egli scrive, «è evidente come il modello anatomico abbia plasmato, modellato, sia lo sguardo sull´uomo, sia lo stile del discorso: lo sguardo penetra fino nelle "pieghe" più segrete, lo stile è tagliente. L´uno e l´altro sono dei bisturi».
Una volta di più, la curiosità e l´erudizione di Van Delft lo hanno portato ad arricchire, con un contributo nuovo e originale, il dibattito scientifico ancora in corso su quel momento cruciale della cultura europea in cui vediamo formularsi, uno a uno, tutti gli interrogativi che più contribuiranno a determinare la nascita dell´io moderno.