venerdì 29 ottobre 2004

sinistra
un'intervista ad Asor Rosa

Liberazione 29.10.04
Asor Rosa: «La mia idea di sinistra radicale»
intervista di di Tonino Bucci

«La mia idea è una "camera" di discussione, verifica e dibattito. Una "camera permanente" dove le sigle della sinistra radicale siano in grado di confrontarsi per elaborare proposte e, naturalmente, anche di distinguersi ma a ragion veduta». Questa è la veste organizzativa che Alberto Asor Rosa immagina per l'ipotesi di una ricomposizione della sinistra alternativa, lanciata dalle pagine del "manifesto" in due articoli, l'ultimo dei quali pubblicato sabato scorso.
Esiste oggi in Italia un'area raggruppabile sotto la definizione di «sinistra radicale»? E la sua capacità di condizionare la vita politica è pari oppure inferiore - come è ragionevole supporre - alle potenzialità virtualmente contenute nelle classi sociali cui fa riferimento? E quale partita, infine, si profila per questo universo di partiti, correnti organizzate, sigle sindacali, movimenti e associazioni all'interno della coalizione di centrosinistra e del futuro scontro elettorale con le destre?
Tutti questi interrogativi aleggiano nella sollecitazione di Alberto Asor Rosa, la cui formulazione non sfugge però alla regola della chiarezza: «far dialogare e agire unitariamente quella sinistra che sta a sinistra delle convergenze riformiste-moderate (triciclo, partito unico riformista, ecc)». Un primo livello del ragionamento riguarda il profilo di un programma allo stato attuale ancora indefinito e che una sinistra radicale capace di «agire unitariamente» potrebbe contribuire a rendere più chiaro. Si può, anzi, facilmente prevedere un indirizzo programmatico tanto più di rottura con il neoliberismo di stampo berlusconiano, quanto più la sinistra alternativa sarà in grado di portare le proprie idee nel confronto con la sinistra riformista-moderata. L'intesa elettorale contro le destre non significa indistinzione di progetti politici e strategici, né l'azzeramento, per causa di forza maggiore, di identità culturali differenti. Va da sé che lo stato di frammentazione attuale delle forze anticapitalistiche riduce la possibilità di incidere nella scrittura del programma.
Preso sotto l'aspetto più evidente il ragionamento svolto da Asor Rosa sul "manifesto" esprime il bisogno elementare - ma non per questo scontato - di mettere ordine in un quadro politico altrimenti frastagliato e decisamente sfavorevole, quanto a rapporti di forza, alla sinistra alternativa. Ma non c'è soltanto l'urgenza del passaggio elettorale a sollecitare la riflessione. Parlare di una ricomposizione della sinistra radicale significa, anche, riconoscere l'esistenza di un problema "oggettivo": restituire uno spazio politico alle classi popolari - quelle maggiormente colpite dalla crisi economica - e spostare una parte dell'elettorato a sinistra. Cos'altro tradisce il distacco tra politica e società se non il fatto che larghi strati sociali - le «classi subalterne», si sarebbe detto un tempo - hanno finito per essere esclusi dalla rappresentanza politica?
Mettere assieme i pezzi della sinistra alternativa richiede anche un disegno strategico. Quali sono i fattori "oggettivi" che rendono l'operazione necessaria, oltre che possibile?
Nella mia proposta ci sono due livelli. Il primo riguarda la prospettiva di un cartello elettorale, di una presenza più forte nelle istituzioni di questo settore del sistema politico italiano che attualmente è frammentato e più debole rispetto alla forza sociale che virtualmente rappresenta. L'altra faccia è strategica e di più lunga durata. Consiste nell'interrogarsi se all'evoluzione socio-economica del mondo globalizzato, e anche dell'Italia in questo ultimo ventennio, non debba corrispondere un soggetto politico, diverso da tutti quelli esistenti allo stato attuale delle cose, che interpreti a più alto livello, al di là delle formule organizzative, la contraddizione fra capitale e lavoro. Quel lavoro che oggi è sottorappresentato. Ognuno può scegliere e interpretare l'una o l'altra faccia come se fossero due momenti di un processo. Oppure può rovesciare la direzione: invece di cominciare dal discorso organizzativo-elettoralistico si può iniziare dal riflettere sulle grandi questioni di fondo. Ma nell'uno come nell'altro caso, oppure in tutti e due - visto che sono collegati - è necessario avviare la discussione e un confronto paritario tra le varie forze interessate perché prenda inizio il processo. In molti - molti di più di quanto pensassi - diamo un valore positivo all'inizio di questo percorso.
I problemi organizzativi riflettono i problemi teorici. L'universo della sinistra alternativa è frastagliato non solo per sigle e partiti, ma anche per paradigmi teorici: l'ambientalismo, il femminismo, il marxismo, il pacifismo... Come ricondurre tutti questi discorsi alla contraddizione principale tra capitale e lavoro?
Questo è un problema necessariamente ricorrente in tutte le fasi di transizione. Mi stupirei che non ci fosse un dibattito su questi temi. È nell'ordine naturale delle cose. La discussione è ricorrente in tutte le fasi storiche di transizione nel movimento operaio. Quello che io osservo è che la fase di transizione della quale stiamo parlando, dura da tanto, da troppo tempo: ha il suo punto di partenza nell'89, ma comincia da prima, dagli anni '70. Io porrei il problema in questi termini: in che forma è pensabile una sinistra - se è pensabile, perché anche questo interrogativo più radicale è legittimo - in una situazione di classe come quella che stiamo vivendo da venti o trent'anni a questa parte? Contraddizioni di fondo, contrasti insanabili, opzioni contrapposte all'interno di questo mondo della sinistra radicale o alternativa - come talvolta è già accaduto in passato nel movimento operaio - io francamente non ne vedo. Sono culture diverse, anche tradizioni organizzative diverse, che nella situazione globale attuale tendono più a convergere che a divergere. Parlo, ad esempio, delle due opzioni culturali che potrebbero apparire più divaricate: quella ambientalista e quella marxista classica che punta sullo sviluppo anche in termini di denegazione ambientalistica - anche questo è accaduto talvolta in passato. Ma le due cose, allo stato attuale dei problemi, tendono a convergere, non a contrapporsi. Bisogna ragionare a livello mondiale sul rapporto che esiste tra sviluppo e ambiente. Questo è uno dei tre o quattro problemi di fondo.
Si profila quindi una fase di battaglia culturale, per l'egemonia si potrebbe dire, tra la sinistra radicale e la sinistra moderata, spesso incantata dalle sirene dell'ideologia liberista?
Non c'è dubbio che esista anche questo aspetto. Tuttavia quando sento il termine «egemonia» rabbrividisco perché viene spesso evocata - non in questo caso - in termini scorretti e dispregiativi. Preferisco parlare di identità culturali. Se la seconda faccia della proposta emergesse di più - come io spererei - allora dovremmo parlare di idee, culture, di atteggiamenti progettuali e costruttivi. Ora, questo si può fare solo se si smette di soggiacere supinamente a una fase di "liberismo mentale" che ha contagiato anche larghi settori della sinistra italiana ed europea.
Che fisionomia potrà avere questa ricomposizione della sinistra alternativa dal punto di vista delle formule organizzative? Iniziative comuni dal basso su singoli temi unificanti oppure un processo di avvicinamento "dall'alto", per opera dei ceti politici?
Bertinotti, non io, ha parlato di «contenitore». La mia proposta è più modesta, dotata sicuramente di minore capacità propositiva. Io penso che la convergenza su singole iniziative sia troppo poco. Preferirei la creazione di una "camera" di discussione, verifica e dibattito, una "camera permanente", dove le sigle - ma anche quello che non è ancora siglato, che sta oltre le organizzazioni frammentarie di cui stiamo parlando - siano in grado di confrontarsi per elaborare proposte. Naturalmente anche di distinguersi ma a ragion veduta.
Quindi, non una semplice sommatoria, ma la nascita di una soggettività politica diversa dalle parti che la compongono?
Secondo me è uno strumento di riorganizzazione dell'esistente ma anche di mutamento dell'esistente. Ho una "illuministica" fiducia nel fatto che la creazione di uno strumento cosiffatto tenderebbe più a fare evidenziare gli elementi di convergenza che non quelli di divisione.
Prima ancora di mettere in cantiere la nascita di questo soggetto emergono però anche le critiche di chi paventa il venir meno della coalizione di centrosinistra. L'alleanza con le forze democratiche e riformiste rimane nell'orizzonte della proposta?
La dò per scontata. Il presupposto del ragionamento che io credo d'aver fatto con estrema chiarezza in ambedue gli articoli pubblicati dal manifesto, è che questo semmai va concepito come uno strumento di rafforzamento del centrosinistra - io continuo a preferire questa dizione all'"orribile" Gad. Perché dovrebbe mettere in crisi la coalizione? Se uno si organizza, lo scopo è di rafforzare le posizioni della sinistra radicale rispetto a quelle della sinistra moderata. Questo fa parte di qualsiasi gioco politico che si rispetti.
Al di fuori dei calcoli geopolitici il consolidamento dell'area della sinistra radicale potrebbe persino riconquistare alla politica settori della società che finora sono sprovvisti di rappresentanza. E' così?
Il primo atto che dovrebbe assumere questa camera della sinistra radicale non è rinchiudersi in se stessa, ma stabilire fili di collegamento e sollecitazione con l'esterno.
E' qui che i vecchi organismi stentano a farcela, nonostante si siano posti il problema. Rifondazione sicuramente se l'è posto. Non è una critica schematica a quanto è stato fatto finora, ma è l'idea che ci sono i margini per fare di più.
Questa "camera permanente" potrebbe funzionare nell'immediato anche come luogo di elaborazione di un programma comune alle forze della sinistra alternativa da portare in dote in un ipotetico, futuro governo antitetico a quello del centrodestra?
Assolutamente sì. Finora si è discusso poco di contenuti programmatici. Dovrebbe essere il luogo altresì rispetto al lungo periodo, in cui questa sinistra radicale si chiarisce le idee sul pacchetto di proposte da portare al confronto con il resto del centrosinistra. Naturalmente con quella flessibilità che è necessaria in tutte le alleanze, ma con una maggiore chiarezza di idee e anche con una maggiore uniformità di proposte, il che - mi pare incontrovertibile - rafforzerebbe la posizione.