lunedì 20 dicembre 2004

donne nella storia
altre notizie su Cleopatra

La Stampa 20.12.04
TESTI ARABI MEDIEVALI RISCRIVONO LA STORIA DELLA REGINA D’EGITTO
Scienziata e architetto
Ecco la vera Cleopatra

Secondo le ricerche dello storico Okasha El Daly la sovrana
era autrice di opere mediche e chimiche. Scrisse anche
apprezzati trattati di alchimia e disegnò colossali progetti edilizi
di Fabio Galvano

E' una «picconata» a uno dei miti più saldi della storia antica, quella che l'egittologo Okasha El Daly sferra sulla base di testi arabi medievali finora sconosciuti. Come vi siete sempre immaginati Cleopatra? Potente regina d'Egitto, bella, seducente, oltre che «mangiatrice» di uomini, come ci hanno tramandato la storiografia romana e la successiva letteratura occidentale (basta pensare a Shakespeare); e poi lucida e coraggiosa suicida quando ridotta a trofeo in catene. Nossignori, niente di tutto questo. Cleopatra era bella sì, anche se le monete dell'epoca non le fanno completamente giustizia; era potente, era intrigante. Ma soprattutto era una donna coltissima. Anzi, una valente scienziata: autrice di opere mediche, chimiche e filosofiche, architetto di illustri monumenti oggi scomparsi, figura centrale di un consesso di esperti d'ogni scienza che una volta la settimana amava raccogliere a corte attorno a sé.
Dimentichiamo Claudette Colbert ed Elizabeth Taylor, dimentichiamo Antonio e Cesare, dimentichiamo l'aspide che si studia nei testi delle elementari ed entriamo nella storia vera, suggerisce El Daly. Lui lo fa consultando scrittori medievali che, a suo dire, avevano avuto accesso diretto a descrizioni di prima mano della sovrana egiziana e forse anche a testi scritti da Cleopatra stessa. Testi che, ovviamente, non esistono più, probabilmente distrutti nell'incendio che ridusse in cenere la prestigiosa biblioteca di Alessandria; ma che attraverso quei cronisti medievali ritrovano la luce del sole in un impegnativo volume - «Egittologia: il millennio mancante, l'antico Egitto nelle scritture arabe medievali» - che sarà pubblicato a gennaio a Londra dalla University College Press.
La più antica di quelle testimonianze porta la firma di Al-Masudi, che prima di morire nell'anno 956 scrisse nella sua opera «Muruj», a proposito di Cleopatra VII regina d'Egitto: «Era una saggia, una filosofa che si collocava al livello dei migliori studiosi e che amava la loro compagnia. Scrisse libri di medicina, di bellezza e di cosmesi, oltre a numerosi altri libri a lei attribuiti e ben noti a chi pratica la medicina». Fonti arabe, in quella che ha tutta l'aria di essere una riconquista del personaggio di Cleopatra dopo la «profanazione» romana, le attribuiscono l'invenzione di una formula per combattere la calvizie e studi notevolmente approfonditi - per quell'epoca - in fatto di ginecologia. Scrittori antichi come Ibn Fatik e Ibn Usaybiah, raccolti da El Daly, indicano addirittura esperimenti svolti da Cleopatra per determinare lo sviluppo del feto umano durante la gravidanza. Una conferma di questa tesi viene da Lisa Schwappach, curatrice in California del Rosicrucian Egyptian Museum: «Che Cleopatra fosse perlomeno coinvolta nello studio della medicina è testimoniato dal suo sostegno del tempio di Hathor, a Dendera, dove in particolare le donne convergevano alla ricerca di cure fisiche e mentali. Cleopatra aveva avuto a palazzo una preparazione scientifica, senza dubbio incoraggiava gli scienziati e con loro discuteva scoperte e pensieri. Da uguale: non in quanto loro sovrana, ma perché competente nelle loro rispettive materie».
Che Cleopatra fosse colta è senz'altro comprensibile: per stirpe e lignaggio, per esigenze di palazzo. Ma «illustre scienziato»? «Occorre interpretare la storia», afferma El Daly: «Tutte le nostre conoscenze di Cleopatra avevano finora origine dalla tradizione romana, che la vedeva quindi con gli occhi del nemico. I romani la detestavano e la disprezzavano, quindi avevano ogni interesse a ritrarla come nulla più di una reginotta sexy».
In un'intervista a una stazione radio olandese, e poi al canale televisivo «Discovery», l'autore del nuovo libro ha anche sottolineato il ruolo di Cleopatra come architetto ad Alessandria; e cita a questo proposito scrittori medievali come Al-Bakri, Yaqut, Ibn Al-Ibri, Ibn Duqmaq e Al-Maqrizi, i quali espressero la loro ammirazione per certi progetti edilizi messi a punto dalla sovrana. Progetti, va subito detto, da regina: colossali, splendidi, travolgenti. Il più antico libro arabo che citi Cleopatra, una storia dell'Egitto opera del vescovo egiziano Giovanni di Nikiou, afferma addirittura che le costruzioni della regina ad Alessandria erano «della sorta che non si è mai vista prima». Un altro storico arabo, Ibn Ab Al-Hakam, attribuisce a Cleopatra addirittura una delle più grandi strutture del mondo antico, il faro di Alessandria, considerato una delle sette meraviglie del mondo: «Non semplicemente un faro in grado di guidare le navi verso il porto - afferma Al Daly - ma un magnifico telescopio, con un gioco di enormi lenti che potevano essere utilizzate anche per dare fuoco alle navi nemiche che minacciavano la città». Una colta e capace cultrice di Archimede, quindi, che a Siracusa aveva aperto la via dei raggi solari come arma in guerra.
Ma soprattutto, afferma Al Daly, Cleopatra era un'alchimista di grande fama. «Inventò uno strumento per analizzare i liquidi. E non era la sola: ho raccolto ampie prove che molte donne, nell'antico Egitto, avevano una cultura scientifica e prestavano opera nel campo della medicina». Chissà se furono proprio quest'intelligenza e questa cultura, perlomeno insolita per l'epoca, a conquistare prima Antonio e poi Cesare. Resta a questo punto una domanda senza risposta: perché un'alchimista di così chiara fama, se proprio voleva uccidersi, doveva ricorrere al brutale morso di un'aspide?