domenica 26 dicembre 2004

un articolo di Flore Murard e Luca Bonaccorsi
SUL LAOS

Tra gli sminatori nei villaggi dove tutto è fatto con residui bellici e gli ordigni hanno un valore. Durante la guerra di Indocina, gli Usa bombardavano 24 ore al giorno
Laos, viaggio nella terra
delle bombe inesplose
di Flore Murard e Luca Bonaccorsi

Muang Noi, Laos del Nord nostro servizio
Si arriva al villaggio solo in canoa, risalendo il Nam Ou, un affluente del Mekong. Mancano pochi chilometri al confine con Cina e Vietnam. Il panorama delle montagne mozza il fiato. Sono davvero blu. Il villaggio è patetico. Venti, forse trenta capanne di legno. Bimbi (bellissimi) scalzi sporchi e scapigliati che giocano con i cani per terra. Una delle capanne ha un'insegna improbabile ‘BAR RESTAURANT, WELCOME'. Entriamo per comprare una coca e scambiare due chiacchiere col proprietario.

In piedi sulla soglia me ne accorgo: sono in piedi su una bomba. E' lunga un metro e mezzo circa, mezzo metro di diametro. Tra le scarpe leggo "LOADED 3/69". Lo strano zerbino è perfettamente tagliato a metà, longitudinalmente. Era una bomba a grappolo, si è aperta in due a circa cento metri e dalla pancia sono uscite centinaia di ‘bombette' che a nuvola hanno colpito terreno, case, persone in un raggio di oltre 500 metri.

Il villaggio delle bombe
Muang Noi è davvero incredibile, basta guardarsi intorno e lo si capisce subito. Lo stipite della porta, il vaso dei fiori, il sostegno della balaustra della terrazza… sono tutte bombe americane svuotate e riciclate. Siamo qui perché questa è una delle zone più bombardate dagli americani durante la guerra segreta ed illegale condotta in Laos dalla Cia tra il 1964 ed il 1973. Per nove anni, tutti i santi giorni, la Cia ha bombardato le aree lungo il sentiero di Ho Chi Minh - il percorso che seguivano i rifornimenti di armi e mezzi provenienti dalla Cina per il Vietnam. I bombardamenti erano così intensi che la popolazione si era trasferita nelle caverne sulle montagne che circondano il villaggio.

La bomba sotto i nostri piedi appartiene alle due milioni di tonnellate (!) di bombe lanciate dagli Americani in quei nove anni. Durante la guerra di Indocina, gli Americani hanno effettuato una delle campagne di bombardamento aereo più massiccie della storia: più di 581mila missioni, gettando sul Laos l'equivalente di un intero carico di bombe ogni otto minuti, 24 ore su 24. Questo costò al contribuente americano due milioni di dollari al giorno. Tra i ‘regali' scaricati dal cielo si contano più di 80 milioni di ‘bombies', una bomba anti-uomo mortale, e usi massicci di defolianti (il famoso ‘agente Orange', sull'impatto del quale, per ambiente e persone, non si è ancora fatto nessuno studio serio). Il risultato dei bombardamenti aerei, combinati alle battaglie sul campo tra il Pathet Lao e l'esercito Lao sostenitore del Partito reale (the Royal Lao Army), è una eredità mista di munizioni d'artiglieria, mine, granate, ordigni inesplosi (UXO, bombe pesanti da 500, 750 e mille libbre), razzi, mortai.

Più del trenta per cento di questi ordigni sono rimasti inesplosi, ponendo minaccie quotidiane sul territorio. Il Laos ha un solo, triste, primato: quello di essere il paese che ha ‘ricevuto' più bombe pro-capite nel mondo. Trent'anni dopo il Laos si trova con due terzi del territorio contaminato e dieci province su diciotto nella categoria ‘severamente contaminate'.

I bambini e le bombe giocattolo
Di recente, gli incidenti legati agli UXO si sono moltiplicati. I motivi dietro l'aumento degli incidenti sono vari: crescita della popolazione e necessità di nuovi campi, spostamento volontario o ‘organizzato' dal governo di villaggi di montagna a valle, e non ultima la ‘caccia' agli esplosivi. Con una popolazione che raddoppia ogni 35 anni, i bisogni di nuove terre arabili sono sempre crescenti, e spingono i contadini ad estendere i terreni agricoli con la deforestazione o lo sfruttamento dei terreni ai margini delle risaie. Operazioni quotidiane, mortali in Laos.

Usati come pilastri, soglie per le case, eliche o barche, mangiatoie per gli animali, o oggetti domestici, vasi, utensili da cucina, lampade, coltelli: l'ingeniosità della popolazione a riciclare i gusci svuotati delle clusters bombs o bombies è infinita. Questa familiarità quotidiana con armi e oggetti di guerra ha creato un complesso di credenze popolari e atteggiamenti riguardo la sicurezza di questi residui bellici che variano da una comunità ad un altra; un misto di paure, e di nuovi bisogni e utilità. Il fatto che le bombe siano così comuni e che rappresentino una potenziale risorsa, costituisce una potente barriera al tentativo di ridurre il numero degli incidenti. La maggiore parte degli incidenti sono infatti legati a pratiche volontarie e contatti deliberati con le UXO: contatti dei bambini che sono attratti da questi oggetti gialli e brillanti, simili ad una palla - le bombies-, e la raccolta e riciclaggio abusivo del metallo e degli espolosivi organizzato dagli stessi villaggi.

La povertà gioca un ruolo importante in questa tragedia. Le bombe hanno un valore economico. Per il metallo, che viene riciclato per gli usi più vari, ma soprattutto per gli esplosivi che possono essere o utilizzati nella vita di tutti i giorni nella pesca, nella caccia, nelle cave di pietra per ottenere materiali da costruzione. Oppure si possono vendere sul mercato nero, la domanda dal Vietnam è forte. Si può vendere il TNT a 10,000 kip (1$ circa) al kg. Il prezzo ufficiale è di 6.5 $. Questo vuole dire che in un paese povero come il Laos trovare una ‘grossa' bomba nella propria risaia equivale a trovare un piccolo tesoro. Ed infatti di solito la popolazione le cerca le bombe, con metal detector da due lire di fabbricazione vietnamita. Una volta trovata una bomba si chiama l'esperto ‘locale', che per una ‘giusta' parcella viene a disinnescare l'ordigno. A Maggio in un villaggio della provincia di Luang Prabang erano in due o tre ad armeggiare sul detonatore di una grande bomba, intorno una decina dei soliti curiosi. L' artificiere del villaggio però ha sbagliato qualcosa, e la bomba ha spazzato via tutti. Una ricorrenza piuttosto comune, e poco denunciata ovviamente.

La giornata di uno sminatore.
Siamo venuti a conoscere e documentare questa realtà poco fotogenica, quella della lotta quotidiana contro una eredità triste della guerra: le bombe.
Il governo del Laos ha istituito nel 1996 la UXO (UneXploded Ordnance) LAO, che ha come obiettivo la bonifica del territorio dagli ordigni.
Il Laos è un paese di una povertà impressionante, uno dei dieci paesi più poveri al mondo. Solo il 50% dei laotiani hanno accesso all'acqua potabile, solo il 25% a qualche forma di assistenza sanitaria. Il 70% non ha servizi igienici.
UXO LAO è finanziata dalla comunità internazionale e si avvale della consulenza tecnica di agenzie internazionali (Mines Advisory Group, Handicap International, Gerbera). Il lavoro da fare è immenso, al ritmo attuale di bonifica è stato stimato che ci vorrebbero duecento anni per ripulire il paese!

Ci siamo uniti al team UXO Lao per raccontarvi la giornata tipica dello ‘sminatore'. Si comincia prestissimo. Partiamo per un villaggio della provincia, più a Nord. Tre ore di Jeep tra le montagne. La nostra destinazione è un sito, una specie di cava, dove si fanno brillare le bombe trovate sul territorio che si possono trasportare. E' un team numeroso, almeno 15 persone, tutti Lao meno i due tecnici tedeschi della Gerbera, la società che si occupa della consulenza tecnica: Siegfried Block e Jurgen Hinderlich. Nella buca che hanno scavato stanno deponendo 50 proiettili d'artiglieria da 75mm. Ognuno di quelli se esplode può spazzare tutta la zona, e tutti noi. Loro sono tranquillissimi, è routine. Li preparano per bene. Mettono l'esplosivo in maniera da causare una sola grande esplosione. Coprono le bombe con sacchi di terra. Resta scoperto il pezzo di esplosivo dove verrà inserito il detonatore che attaccato ai fili elettrici servirà a far brillare la carica. Quello, inserire il detonatore nell'esplosivo, è l'ultimo gesto. E' un gesto che l'artificiere fa da solo. Non ha senso rischiare la vita dei suoi colleghi. Chiede di sgomberare la zona. Il gruppo deve posizionarsi su di una collina ad un chilometro di distanza per godersi l'esplosione in tutta sicurezza. Lui, l'artificiere, si nasconderà in un anfratto nella roccia a 50 metri circa e brillerà le cariche con la classica manovella. Questa volta però noi rimaniamo, per documentare il processo. Il responsabile parte con il suo gruppo un po' perplesso. Un giornalista morto non è certo la migliore pubblicità per il governo laotiano. Cinque minuti dopo la radio ci dà il via libera. Il detonatore affonda nell'esplosivo. Srotoliamo il cavo miccia fino alla micro caverna. Si entra a quattro zampe. Jurgen mi passa la scatola della dinamo a manovella e si mette le mani tra le gambe. Io giro, uno, due giri… boom. Trema tutto. Poi un gran silenzio, fuori inizia a piovere. Sono detriti, terra, pietra e migliaia di frammenti di proiettile rossi di calore. Una pioggia da evitare. Dura un minuto circa, il tempo di una sigaretta con Jurgen. Usciamo finalmente da quel buco. C'è un bel sole fuori e al posto delle 50 bombe-proiettili una grande buca. E' una bella sensazione. Prima o poi qualcuno rastrellando, o vangando, o dissodando un nuovo campo ci avrebbe sbattuto contro. Ma il pensiero di sollievo è scacciato presto dall'arrivo di una camionetta della UXO. Un altro carico di piccole bombe e proiettili, si ricomincia.

Intanto arriva una chiamata via radio. Una sentinella UXO ha ricevuto una segnalazione da un villaggio vicino al fiume a circa venti chilometri: due bombe al bordo di un campo vicino alle capanne abitate. Partiamo. E' un villaggio piccolo e poverissimo. Capanne di legno a palafitta, niente luce o acqua corrente. I soliti bambini scalzi (bellissimi) che giocano con i cani in mezzo alla terra.

Accanto alle capanne un campo coltivato, tra il campo ed un ruscello le due bombe, piccole, da diechi chili circa. Jurgen gli si sdraia accanto, le guarda bene: sono in buone condizioni forse le potrà caricare in macchina per portarle alla cava e distruggerle. Altrimenti deve far evacuare il villaggio, sai che noia, con tutti quei bambini curiosi che si nascondono dietro i cespugli. Insieme a lui c'è un'altra tecnica sminatrice: Chanthavone Inthavongsin. 24 anni, viso tondo, sguardo impenetrabile, questa ragazza fa la sminatrice da 6 anni e oramai training ed esperienza le valgono il titolo di sminatrice ‘senior'. E' un personaggio incredibile, unica donna sminatrice del Laos, è diventata un vero e proprio simbolo di questa organizzazione e della sua lotta. Chanthavone si muove con una calma ed una freddezza impressionante. Si avvicina alle bombe inesplose, le tocca, le muove lentamente, le disinnesca con sicurezza meccanica.

Più tardi, a pranzo le facciamo qualche domanda. Tra quelle professionali, inevitabilmente, arriva la banalissima: «ma, non hai mai paura?». «No, mai. Forse la prima bomba mi ha fatto un po' paura. Ora no.» Anche il tedesco Jurgen dice di non avere paura, dice scherzando (e le statistiche gli danno ragione) «è più pericoloso girare in macchina». Deve essere un meccanismo difensivo, è vero che ci sono tanti lavori pericolosi, ma nel loro ti è permesso un solo errore… in una carriera. Non ci pare il caso di sottolinearlo.

Il lascito delle guerre
Che senso ha parlare di questa guerra finita e dimenticata? Intanto perché non è finita visto che continua ad uccidere ogni giorno. Ma soprattutto perché viviamo in un tempo in cui la propaganda militarista dice al mondo che la guerra si può fare. Dicono che esistono guerre ‘giuste', che iniziano e finiscono nel tempo, con i loro bombardamenti ‘chirurgici'. Le bombe sono un male necessario ora, dicono, poi finita la guerra e stabilita la democrazia manderemo gli aiuti e ricostruiremo strade e scuole.

E allora raccontare la verità dei luoghi dove la guerra c'è stata ha il senso di svelare la bugia: la guerra non finisce con la fine delle operazioni militari. La guerra segna per generazioni, per sempre a volte, un paese, un popolo. La guerra altera il paesaggio, i rapporti tra le comunità, le possibilità di sviluppo future in maniera drammatica, radicale, creando una discontinuità. La guerra crea un ‘prima' ed un ‘dopo'. Nella terra e nell'acqua restano distruzione esplosivi e veleni per decenni, secoli. Ma è dentro le persone che restano i veri crateri, silenziosi.

Flore Murard Luca Bonaccorsi