La Stampa 9 Gennaio 2005
DOMANI AL VIA LA CAMERA DI CONSIGLIO. IN PASSATO, POCHI I QUESITI BOCCIATI DALLA CORTE
Fecondazione, battaglia davanti alla Consulta
È il giorno dei sei «comitati del no».
I referendari forti di milioni di firme
di Francesco Grignetti
ROMA. Saranno almeno sei, i Comitati per il No al referendum sulla fecondazione artificiale che domani scenderanno in campo davanti ai quindici illustri giudici costituzionali, chiamati a motivare le ragioni giuridiche per cui cancellare i quesiti referendari. E poi ci sarà l’Avvocatura dello Stato, che ha avuto mandato dal governo di fare resistenza (il sottosegretario Gianni Letta ha spiegato così: «È un atto dovuto. Per principio il governo è tenuto a difendere l’ordinamento»). Solitario, sul versante opposto, ci sarà invece il solo Comitato promotore. Che però ha la forza di diversi milioni di firme raccolte nei mesi scorsi. Alle 9,30 di domani, dunque, comincia la camera di consiglio, presieduta da Valerio Onida, che dovrà sancire la vita o la morte dei referendum. Negli ultimi anni sono stati dichiarati inammissibili pochissimi quesiti e soltanto quando erano manifestamente «contraddittori» o «disomogenei».
Sarà una lunga giornata di discussione. Un duello di fini giuristi tenuto a porte chiuse. Poi i giudici costituzionali avrebbero tempo, a rigor di legge, fino al 20 febbraio per prendere la loro decisione. Ma siccome il presidente Onida e il vicepresidente Carlo Mezzanotte termineranno il loro mandato novennale alla fine di questo mese (e già il presidente ha indetto un solenne incontro con la stampa per il 20 gennaio) è scontato che l’ammissibilità o meno dei quesiti si conoscerà nel giro di un paio di settimane.
A sostenere le ragioni del referendum saranno i professori Nicolò Zanon, dell’università di Milano, e Tommaso Frosini, dell’università di Sassari. Coordinatore, ma non presente in camera di consiglio, Michele Ainis, preside della facoltà di Giurisprudenza dell’università di Teramo. Contro, per la prima volta nella storia della Consulta, saranno più Comitati: il Movimento per la Vita dell’ex deputato fiorentino Carlo Casini; un Comitato per la tutela della salute della donna rappresentato dal professore napoletano Giuseppe Abbamonte; il Comitato per la Difesa della Costituzione (composto di diversi professori universitari cattolici, da non confondere con l’omonimo comitato di area girotondina); il Comitato per la difesa dell’articolo 75 della Costituzione che si affida alla sapienza giuridica del professor Pitruzzella; il raggruppamento Umanesimo integrale-Comitato per la difesa dei diritti fondamentali della persona; e infine la Consulta nazionale antiusura, associazione privata molto vicina ai vescovi italiani, presieduta da padre Massimo Rastrelli, gesuita napoletano. «Il fiorire delle iniziative spontanee - s’è compiaciuto Carlo Casini - rende evidente che lo slogan radicale, ossessivamente ripetuto negli ultimi mesi, secondo cui tutta la cultura concorderebbe nel ritenere la legge sulla fecondazione artificiale incostituzionale, medievale, proibizionista, è assolutamente privo di fondamento». Pacato ma anche secco era il commento del professore Frosini, in un’intervista a «Il Riformista» di qualche giorno fa: «Se la Corte non ammetterà i quesiti sulla fecondazione, che toccano i diritti fondamentali dell’individuo, per l’istituto stesso del referendum sarà un duro colpo». Quanto alla scelta del governo, contesteranno la logica dell’atto dovuto: «Qui il problema è se impedire o no che si esprimano i cittadini. Non è in discussione la costituzionalità di una legge».
Per il momento, infatti, si discute non del sì è del no, ma se ammettere i quesiti. Cioè se lo svolgimento del referendum non vada ad intaccare «norme a contenuto costituzionalmente necessario». Ad ascoltare, ponderare, e quindi decidere, saranno i quindici giudici costituzionali. Impossibile dire fin d’ora quale sarà il loro orientamento. Salta agli occhi, però, che il presidente Onida abbia scelto come relatori, per scrivere materialmente le sentenze, quasi esclusivamente giudici-giudici, ossia membri della corte eletti da magistrati, non quelli votati dal Parlamento o nominati dal Quirinale. E perciò se sarà il professor Annibale Marini, eletto dal Parlamento il 18 giugno 1997, ad occuparsi del quesito più morbido (il tetto dei tre embrioni nella procreazione medicalmente assistita), saranno poi tre giudici provenienti dalla Cassazione quali Franco Bile (abrogazione totale della legge), Francesco Amirante (limiti alla ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni) e Alfio Finocchiaro (divieto di fecondazione eterologa) a trattare i temi più scottanti sotto l’aspetto etico-politico. Scelta accorta e evidentemente non casuale. A destra, la Corte costituzionale è guardata con sottile sospetto. Scriveva «Il Foglio», al momento dell’elezioni di Onida alla presidenza: «C’è ancora alla Consulta una sorta di conventio ad excludendum per i giudici che provengono dall’area del centro destra».
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