La Stampa 28 Febbraio 2005
IL MANIFESTO DI SCIENZA E VITA
FECONDAZIONE
L’OCCASIONE DELLO STATO LAICO
Gian Enrico Rusconi
IL Manifesto del Comitato Scienza e Vita contro il referendum per l’abrogazione della legge sulla fecondazione assistita è assai deludente. Ripete assunti generalissimi sul «primato della vita», sui «diritti del concepito», sulla «deriva scientista» senza confrontarsi minimamente con le tesi di coloro che la pensano diversamente. Anzi, lascia intendere che i sostenitori del referendum (la cui formulazione sarebbe «volutamente equivoca») vanno incontro al «rischio di una società che non si fa scrupolo di manipolare l’uomo».
Il Manifesto insomma è un testo militante, non un serrato confronto di idee - come mi sarei aspettato dalle stimatissime personalità firmatarie. Peccato.
Evitando di entrare nel merito dei singoli difetti della legge (cui riconoscono semplicemente che «non è perfetta»), confermano che la loro preoccupazione non è una legislazione ragionevole, ma fare quadrato attorno ad un principio tanto evidente quanto problematico nella sua concreta realizzazione: il «primato della vita».
No, le cose non sono così semplici. La filosofia della legge 40 e le sue norme eludono la questione cruciale che lo sviluppo delle bioscienze ci fornisce una conoscenza più appropriata del processo della «vita», in tutte le sue diverse fasi. E quindi offre una dimensione più complessa all'intera questione morale.
Tutte le fasi genetiche sono da collocare sotto la tutela etica della vita, ma in modo articolato. Occorre tener conto di molti criteri, primo fra tutti quello terapeutico. E' sorprendente che i firmatari del Manifesto (specialmente i biologi) non abbiano preso conoscenza delle tesi scientifiche e delle preoccupazioni etiche, espresse non già in un fantomatico «Far West procreativo», ma dalla commissione Warnock nella civilissima Inghilterra. Essa consente una rigorosa controllata sperimentazione delle cellule embrionali a fini terapeutici. Sulla stessa strada si muove con più cautela la Germania.
Prendiamo il problema dell’utilizzo sperimentale degli embrioni soprannumerari in prospettiva terapeutica (è il primo quesito del referendum), o il problema della liceità di alcune riprogrammazioni delle cellule embrionali della primissima fase (ootidi). La legge 40 proibisce tutto questo a priori, in modo categorico in nome della difesa della «vita umana», perché in qualunque stadio biologico sarebbe già virtualmente presente la persona umana («il concepito») con i suoi diritti inalienabili.
Chi sostiene il referendum abrogativo parte invece dalla constatazione che lo sviluppo genetico si articola, in particolare nei primissimi stadi, con continuità e discontinuità che legittimano una tutela differenziata e ragionata della vita stessa. Qui si entra in un’ottica dell'etica della cura di carattere universalistico. Si aprono nuove dimensioni per una possibile variante dell'etica del dono.
Naturalmente la questione è delicata. Ma è inaccettabile che si denigri l’impostazione, ora delineata, come un’ipocrita relativizzazione del principio etico e si liquidino come pseudo-scientifiche le distinzioni introdotte. Se si respinge come non scientifica la denominazione di «pre-embrione», talvolta usata per segnalare la fase di sviluppo genetico che precede l'annidamento, si può replicare che non è scientifica neppure l'espressione di «concepito» che è il pilastro della filosofia della legge 40.
Trovo semplicistico qualificare tale legge come una «legge cattolica», ma non c’è dubbio che è un'occasione mancata per una prova di laicità della nostra democrazia. Questa infatti deve rispettare tutte le «visioni della vita», nel momento in cui definisce vincoli di legge per tutti i cittadini. Lo Stato laico parte dal presupposto che esiste un ethos diviso e divisivo dei suoi cittadini, che va regolato in modo ragionevolmente consensuale. Soprattutto quando fa serio riferimento al dato scientifico. L’attuale legge sulla fecondazione assistita manca questi obiettivi.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»