giovedì 3 marzo 2005

Citato al Lunedì
il Logos occidentale:
non tanto omosessualità, quanto propriamente pederastia

una segnalazione di Paolo Izzo
l'articolo delk 17.4.2005, su Repubblica
INTERVISTA A GIOVANNI REALE CHE DOMANI A ROMA PARLA DEL "SIMPOSIO"

L'ENIGMA DELL'AMORE SECONDO PLATONE
si ama e si desidera ciò che ci manca
eros e sapienza vanno congiunte
GIANCARLO BOSETTI

Al teatro Palladium dell'Università di Roma Tre, in collaborazione con la rivista Reset, inizia domani alle 19 il ciclo «Momenti d'oro della storia del pensiero», con Giovanni Reale che parla del Simposio di Platone (...). La conversazione che segue introduce alcuni temi del dibattito.
Diceva Werner Jaeger, il grande grecista tedesco, che nessuna parola umana e nessuna analisi critica possono rendere giustizia alla suprema perfezione artistica del Simposio. Ma questo non ha mai spaventato Giovanni Reale che su quelle pagine di Platone è tornato tante volte nella sua vita, traducendole, commentandole, portandole in teatro, disseminando per ogni genere di collezione, tascabile o accademica, i suoi saggi e le sue annotazioni alle parole del filosofo L'amore è un enigma per tutti i mortali, ma nel Simposio, bestseller più che bimillenario (fu scritto in un anno imprecisato intorno al 370 a.C.), l'enigma diventa un labirinto giocoso di enigmi, popolato di maschere, di messaggi cifrati, di allusioni, di scambi di ruolo, di teorie false presentate per vere e di vere camuffate da false. Con l'aiuto di Reale vediamo di sciogliere una manciata di enigmi e di togliere la maschera a qualcuno dei personaggi. Chi voglia fare una visita completa dovrà andarlo a sentire in teatro oppure leggere il suo
Eros dèmone mediatore (Rizzoli), dove ognuno dei personaggi del banchetto viene smascherato nella sua funzione scenica, poetica e filosofica.
Togliamo una prima maschera, Reale, quella di Pausania, il politico che distingue tra Afrodite celeste e Afrodite terrestre, amore nobile e amore volgare, amore per gli uomini e per le donne.
«È il retore sofista alla moda, colui che spiega le regole della Atene-bene per l'amore
comme il faut, formula per esteso il bon ton del corteggiamento, teorizza l'amore pederastico, che è alla base della cultura ateniese dell'epoca, quasi come una legge dello scambio: i favori della bellezza contro la sapienza e la virtù; il giovane conceda i suoi favori per diventare migliore. Ma gli risponderà alla fine del dialogo la scena d'amore (non consumato) tra Socrate e Alcibiade. Il secondo, bellissimo, voleva. Il primo, sapiente e bruttissimo, no, si nega, e spiega: "Caro Alcibiade, se credevi di scambiare la bellezza straordinaria che vedi in me con la tua avvenenza fisica, tu pensavi di trarre vantaggio ai miei danni. In cambio dell'apparenza del bello, tu cerchi di guadagnarti la verità del bello, e veramente pensi di scambiare armi d'oro con armi di bronzo"».
Le tesi di Pausania sono dunque ben presentate ma non accolte da Platone.
«Per Platone Eros e sapienza vanno congiunte ma in un modo differente. Pausania vuol mediare cose non mediabili in quel modo, perché l'Eros sessuale è solo il primo gradino della scala d'amore; l'Eros filosofico va molto più in alto fino a congiungersi con il Bello assoluto».
E sciogliamo adesso un enigma. Perché Socrate arriva in ritardo al banchetto al punto che devono cominciare senza di lui?
«Socrate si ferma fuori della casa di Agatone perché riceve una ispirazione divina; arriverà a metà della cena, così come il suo discorso arriverà a metà delle pagine del Simposio. E l'ispirazione era indispensabile - andava rimarcata con il ritardo - perché in questo modo non è lui a confutare direttamente gli altri, distruggendone le idee. Potrà fingere di essere stato confutato lui stesso dalle idee che ha ricevuto attraverso l'ispirazione. Un contrasto così forte sarebbe stato dissacratore della sacralità del simposio, avrebbe introdotto una dialettica distruttiva, mentre il simposio deve essere una sinfonia».
Questo è più Platone che Socrate.
«È infatti un Socrate ricreato; quello vero invece si faceva anche picchiare, per come era a volte urtante, ma Platone vuole che il simposio sia armonioso e che le sue idee passino attraverso mezzi poetici e delicati. E dunque impone a Socrate una doppia maschera».
Perché doppia? Che cosa deve rappresentare Socrate?
«Socrate finge di fare sue le posizioni di Agatone, il poeta tragico, padrone di casa, reduce da una grande trionfo teatrale che il simposio ha appunto lo scopo di festeggiare. Il discorso di Agatone è purissima musica di parole, Eros è il più bello, il più felice, il più buono degli dèi, e reca una infinità di doni agli uomini, è una guida bellissima e bravissima che tutti devono seguire. Quando poi prenderà la parola Socrate, raccontando il suo incontro con la sacerdotessa Diotima di Mantinea, il gioco teatrale delle maschere farà sì che questa gli parli come se lui fosse Agatone. Ma lui a sua volta si rivolge ad Agatone come se fosse Diotima, mettendosi dunque questa seconda maschera. Per far passare, e trionfare, il suo celebre discorso (quello di Diotima) finge di essere stato confutato, si finge ambasciatore delle confutazioni».
E il rovesciamento delle tesi di Agatone (come degli altri che spiegano quel che «l'amore non è») lascia il posto al celebre discorso di Socrate-Diotima su quello che «l'amore è».
«Con la confutazione di Agatone, presentata come il discorso di una veggente, si entra in un clima nuovo, si apre il sipario alla presentazione della Verità, veniamo iniziati ai misteri dell'amore, facciamo la conoscenza di Eros come dèmone mediatore, come quello che connette le cose e rende unitario l'essere. Non la bellezza ma la mancanza della bellezza, perché si ama e si desidera ciò che ci manca. Ed è un mito a spiegare la natura di Eros, figlio di Penia e di Poros, della povertà e dell'astuzia, un figlio "ruvido e irsuto e scalzo e senza asilo, che si sdraia sempre per terra, senza coperte, dorme a cielo scoperto davanti alle porte e sulle strade" per parte di madre; e "mirabile cacciatore, che intreccia sempre astuzie" per parte di padre».