mercoledì 23 marzo 2005

i servizi psichiatrici nel Lazio

Redattore Sociale 22.3.05
PSICHIATRIA
Nel 2002 i letti disponibili nei Servizi psichiatrici del Lazio erano 280 (550 previsti dalla Legge Obiettivo) e il personale medico è inferiore del 20%. Le proposte dell'on. Costa (Ulivo) sull'emergenza del disagio mentale

ROMA – Nel 2002 i letti disponibili nei Servizi psichiatrici del Lazio erano 280, a fronte dei 550 previsti dalla Legge Obiettivo; e il personale medico è ancora inferiore del 20%. Le proposte dell’onorevole Silvia Costa (Ulivo) sull’emergenza del disagio mentale: “I Centri di salute mentale devono praticare una politica attiva nei riguardi del paziente grave: non può ‘arrivare’ in ambulatorio, bisogna andarselo a prendere. E occorre far crescere la rete dell’assistenza domiciliare”. La capolista alle Regionali di “Uniti nell’Ulivo” chiede “più fondi per le case famiglia e la residenzialità assistita, garantendo contestualmente una burocrazia semplificata”. Si è discusso del tema ieri pomeriggio a Palazzo Ruggeri, durante l’incontro sul tema “Salute mentale e disabilità. Un impegno per migliorare la qualità della vita”: un confronto tra i maggiori specialisti del settore, le associazioni dei familiari e le organizzazioni del privato sociale che si occupano dei servizi per la salute mentale e per la disabilità.
“La scuola deve tornare ad essere l’osservatorio privilegiato per la prevenzione del disagio mentale – ha proseguito Costa -. L’autismo può essere affrontato con successo se diagnosticato entro i primissimi anni di età. Non si capisce perché le visite pediatriche nella scuola materna infantile siano previste e l’osservazione psico-pedagogica no”. E la presa in carico per la disabilità psichica significa “realizzare un coordinamento effettivo, con tanto di protocolli di intervento, tra mondo della scuola, che è il primo e più importante punto di osservazione e prevenzione del disagio mentale, i medici di base, che devono avere una corretta formazione al riguardo oltre a una vera integrazione con le strutture specialistiche e l’ambiente familiare, che deve essere sostenuto da un servizio soddisfacente di assistenza domiciliare e da una rete affidabile di centri diurni specializzati nonché di case famiglia”, ha precisato Costa, ricordando che il “dopo di noi” è “un problema serio e molto presente per quel milione - un milione e mezzo - di nuclei familiari (si tratta di una stima) che hanno al loro interno un familiare con una disabilità grave”.
Negli ultimi 5 anni il “Progetto obiettivo nazionale salute mentale” è stato “ampiamente disatteso dalla Regione Lazio – ha concluso Costa -. È mancata una strategia strutturata di coordinamento tra i servizi sociali, la medicina di base e le strutture specializzate affinché si riuscissero ad individuare i casi più gravi, prevedendo la cronicizzazione. Sono stati tagliati i fondi per il sostegno scolastico e sono stati depauperati i reparti di neuropsichiatria infantile”.
Andrea Balbi, presidente della Società italiana di psichiatria – sezione Lazio, ha menzionato i casi di alcuni ragazzi “che stanno per mesi chiusi in casa, affetti da psicosi che poi esplodono; invece potrebbero essere avviati programmi semplici di prevenzione anche delle ricadute; spesso le diagnosi arrivano quando ormai è troppo tardi”. Balbi ha espresso preoccupazione soprattutto per gli adolescenti, “a causa di modelli inconsulti che vengono loro proposti, oppure non vengono aiutati da nessuno”. Andrebbe potenziata la “residenzialità sociale, collocando i pazienti psichiatrici non in strutture sanitarie – più costose – ma in case famiglia”. “La regione Lazio è quella in Italia con il tasso più basso di cooperative sociali che lavorano nel settore sanitario”, ha rilevato Domenico Uliano di Federsolidarietà, vicepresidente della Confcooperative, osservando: “Manca l’integrazione tra sociale e sanitari ai fini della razionalizzazione della spesa, oltre a una rete di servizi interconnessi”. All’incontro hanno portato la loro testimonianza diversi parenti di persone disabili, tra cui Carlo Volpi, dirigentie delle Associazioni familiari disagiati psichici, e Elena Improta, dell’Associazione familiari di persone diversamente abili. (lab)

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