liberazione.it 4 giugno 2005
Tienanmen, 4 giugno: quel giorno nacque il capitalismo cinese
di Rina Gagliardi
Quel 4 giugno 1989 qualcuno, chissà, non aveva ancora capito che eravamo nel pieno dell'Ottantanove - e che da quell'anno in poi il mondo sarebbe stato diverso. A Tienanmen, già illuminata dai riflettori della globalizzazione, venne consumato uno dei massacri più feroci e crudeli del mondo contemporaneo: almeno diecimila ragazzi immolati sull'altare del nuovo ordine di Deng Hsiao Ping, i mucchi di corpi schiacciati dai carri armati, sepolti sotto un fiume di sangue, poi buttati via, chissà dove, come spazzatura umana di cui liberarsi al più presto. Ancora, oltre tre lustri dopo, quelle immagini di morte ce le portiamo dentro: non le abbiamo rimosse, non le abbiamo riposte nell'archivio polveroso dei tanti crimini della storia, o della politica. Moriva un sogno, a Tienanmen: quello di un socialismo capace di rinnovarsi davvero, di "riformarsi" senza rinunciare ai suoi orizzonti ultimi, di far diventare protagonisti i suoi giovani. Ma chi si ricorda oggi che quei fragili e resistentissimi studenti andarono incontro ai carri cantando l'Internazionale? E che, oltre loro, in altre grandi città della Cina c'era un grande movimento di operai che rivendicava, anch'esso, un socialismo diverso? Anche questa radice di classe fu arsa viva. Tutto potevano permettersi, i governanti cinesi, fuorché l'ingombro dei soggetti, in carne ed ossa, che speravano di poter dire la loro sul futuro della Cina. Tutto potevano capire, del "vento occidentale", fuorché parole come «diritti», «democrazia di massa», «partecipazione». L'ordine regna a Pechino, fu l'approdo logico e glaciale della vicenda. Le cancellerie dell'Occidente non trassero solo un sospiro di sollievo: non nascosero, più di tanto, la loro incondizionata ammirazione.
La Cina imboccò da allora la strada del definitivo «grande balzo in avanti», che l'avrebbe portata a ritmi incredibilmente veloci a diventare una grande potenza economica mondiale. A differenza di Mikhail Gorbaciov - che stava ingenuamente tentando di uscire dalla crisi del socialismo sovietico attraverso la "democratizzazione" e la "trasparenza" - Deng Hsao Ping aveva capito che tutto, in Cina, poteva mutare, tranne il sistema politico - tranne il dominio del Partito comunista e dello Stato centrale. E infatti, dopo Tienanmen, il nuovo Moloch della Cina si chiama Mercato: crescita produttiva, iniziativa privata, apertura alle multinazionali, ritmi frenetici di sfruttamento del lavoro vivo. Con il portato "naturale" dello sviluppo - come l'espansione smisurata smisurata delle diseguaglianze sociali, la disoccupazione, l'insicurezza sociale. Ma senza quell'essenziale "correttivo" che il movimento operaio, e le sue lotte, hanno saputo esercitare nei confronti del capitalismo: in Cina, a tutt'oggi, non c'è libertà di organizzazione sindacale, e ogni tentativo è anzi duramente stroncato, trattato sotto la voce "atti eversivi contro la sicurezza dello Stato", che riempie ogni anno le prigioni cinesi di migliaia di rei non sappiamo quanto confessi. Non ci sono partiti, certo. Non ci sono giornali indipendenti. Non c'è alcuna libertà di culto religioso. Non ci sono associazioni, o aggregazioni libere, che configurino la crescita di una "società civile" degna di questo nome. C'è, sì, un miracolo economico che il resto del mondo invidia - e\o teme. Il miracolo che coniuga la spietatezza e l'illibertà della politica con la spietatezza e l'efficacia dell'economia - del capitalismo.
Chi ha detto, sull'onda di quella lontana ubriacatura, che la libertà (questa parola così difficile da definire, eppur così chiara, quando la vediamo negata e calpestata) è elargita ai popoli soltanto dal Mercato? Che soltanto lo sviluppo, anzi un grande sviluppo capitalistico, si accompagna storicamente con la democrazia, quantomeno la democrazia rappresentativa? Il potere cinese ha realizzato sul campo una smentita clamorosa proprio di questa "legge della storia": lo sviluppo neoliberale e il capitalismo prosperano nell'illibertà, da essa sono anzi alimentati e favoriti. Dopo Tienanmen, dopo quel fatidico 89, anche questo paradosso è diventato possibile. Come hanno capito i giovani no global di tutto il mondo, gli eredi veri di quei ragazzi massacrati il 4 giugno.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»