mercoledì 22 marzo 2006

ricevuti da Giorgio Valentini:

due articoli di Liberazione di oggi sull'incontro del Residence Ripetta di ieri, martedì 21 marzo:

Liberazione 22.3.06
L’incontro a Roma tra Bertinotti e gli intellettuali
Una nuova alleanza tra cultura critica e politica
di Maria R. Calderoni
Incontro a Roma organizzato da Rifondazione. Bertinotti: «Fare della cultura un formidabile volano di sviluppo»
Le «ragioni forti della politica» interrogano gli intellettuali
Marcello Cini: «Inaccettabile la disuguaglianza inaccettabile tra “chi sa” e “chi non sa”. Consentire a tutti di fruire del bene infinito che si chiama conoscenza»(...)
Pietro Ingrao: «Amico Prodi, in campo deve esserci il soggetto fondante, la classe: deve essere molto di più di una questione legata al voto». Pippo Del Bono: «Cultura? Semplice. Significa mettere la gente in grado di vedere la bellezza»

Il pane e un fiore. Potrebbe essere anche questa la sigla per l’incontro che si è svolto ieri al Residence Ripetta di Roma, il cui titolo per la verità è assai più alto e impegnativo: “La cultura cuore della trasformazione. Intellettuali, artisti, scienziati, operatori dello spettacolo interrogano la poliitica” Con la partecipazione di Fausto Bertinotti, Pietro Ingrao e Rina Gagliardi.
Ma “il pane e un fiore”, le parole della Rivoluzione Francese ci stanno bene, calzano a pennello. E le dice il regista Pippo Delbono, che prende il microfono in camicia azzurra e, con serissimi toni scanzonati, esordisce: «Ero a Parigi, ma mi dico, al diavolo, torno e ci vado al Ripetta. Ma appena in Italia, ecco, apro la tv e come prima notizia, c’è la Chiesa e poi la medaglia d’oro a quell’uomo che mostra come muore un italiano e allora mi dico: Madonna, siamo un paese surreale». Un modo leggero per introdurre un tema cruciale, grande e ncombente: cultura e politica, quale rapporto. Oggi. Non è un tè nel salotto buono.
Alle 15 del pomeriggio la sala del Ripetta è già piena, in pochi minuti le sedie non bastano, in molti sono in piedi, in molti seduti per terra. Tanti, venuti chissà da dove, la prima ad essere stupita è Angela Azzaro che qui è in veste di moderatrice. Tanti, giovani, molte le donne, gente della scuola e dello spettacolo, registi, attori, operatori della scuola. Applausi per Mario Monicelli apparso in scarpe da ginnastica, per Leo Gullotta molto salutato e abbracciato, arrivano Curzi, Manisco, una standing ovation di tre minuti accoglie Ingrao quando varca la soglia insieme a Fausto Bertinotti. Ed è sorpreso e commosso, Ingrao: «Qui al Ripetta ne ho viste tante, ma una presenza così folta e attenta e partecipe e calda come la vostra qui oggi non l’aveva vista mai». Un incontro, dice Rina Gagliardi (nostra editorialista che è anche capolista di Rifondazione per in Lazio al Senato) solo «relativamente elettorale». Nel senso che pensiamo al “dopo”, quando, «dopo la vittoria, dobbiamo essere capaci di ridare a questo Paese un senso diverso di sè. Tocchiamo con mano il declino economico dell’Italia, non faccio come Berlusconi e non dò cifre ma le conoscete; l’Italia si sta impoverendo, deperisce lentamente proprio sul piano culturale, diecimila giovani ricercatori vanno ogni anno negli Usa perché in casa non trovano sbocco.
E’ questo che dobbiamo riuscire a fare, “dopo” la vittoria: imporre al centrosinistra di fare della cultura un formidabile volano di sviluppo». Che ne sappiamo fare, ad esempio, della straordinaria risorsa che si chiama Beni Culturali? Ecco, il punto è anche questo, «costruire una cittadinanza in grado di fruire del piacere della cultura e dell’arte» (non sembra poco)... Le idee si diffondono, ma sono “inconsumabili”, dov’è Prometeo, il primo Ribelle che qualche millennio fa donò agli uomini il Bene-Che-Non-Si-Consuma e che appartiene a tutta l’umanità, la Conoscenza?
E’ Marcello Cini, filosofo della scienza, a introdurre proprio il tema fondamentale che appartiene insieme alla cultura e alla politica: il tema della logica del mercato che oggi «ha assunto dimensioni totalizzanti, fino ad appropriarsi di tutte le risorse naturali, così come di tutti i prodotti della mente umana». Oggi, dice Cini, il 10 per cento della ricchezza prodotta proviene da beni “immateriali”, oggi conta enormemente il capitale intellettuale, il brain power; ma oggi l’economia della Conoscenza si traduce nel massimo dell’economia della Rapina, nella disuguaglianza inaccettabile tra “chi sa” e “chi non sa”. Il primo compito della politica è perciò questo, oggi: spezzare questa divisione, «consentire a tutti di fruire del bene infinito che si chiama conoscenza». E’ emozionato Ninni Cutaia (dirige il Teatro Mercadante di Napoli), che parla dell’enorme difficoltà di fare teatro oggi in Italia. Senza piangersi addosso. Ma «le parole hanno perso il loro senso, il loro alone, rischiano di essere dimenticate ». Teatro vecchio, autoreferenziale, giovani completamente tagliati fuori. Lo dice esplicitamente: «Questo dovrà essere una responsabilità precisa della sinistra», caro Bertinotti contiamo su di te. Multimedialità non sono scarpe, Gianfranco Imperatori, presidente dell’Accademia delle Belle Arti, porta la sua esperienza concreta di operatore del ramo arte e cultura. Si può; in Italia abbiamo la possibilità di invertire la marcia e di arrestare, praticamente da subito, il declino, anche in puro e semplice termine di Pil: abbiamo la possibilità di «controbilanciare la globalizzazione, di fare dei beni culturali, e anche del turismo culturale, un grande detonatore di sviluppo».
La cultura può fare impresa. Nella sala stipatissima, tra il pubblico mai avaro di applausi, scorgiamo Piera Degli Esposti, Wilma Labate, Pippo Di Marca, Paolo Pietrangeli, Stefano Tassinari, Giorgio Arlorio, Maria Rosa Cutrufelli, Danielle Mazzonis, Pasquale Scimeca, Ascanio Celestini, Stefano Tassinari, Citto Maselli, ma molti molti altri ci sono sfuggiti. Un fortissimo applauso sottolinea l’intervento di Maria Luisa Boccia, docente universitaria, femminista storica, candidata di Rifondazione al Senato: «Libere nella mente, libere nel corpo». Mai più sole davanti alla tv, e con Hanna Arendt ricorda la semplice, essenziale verità: «La politica è parola». La parola collettiva, la parola pubblica, il solo mezzo che può sconfiggere la forza delle armi e del potere. L’esempio della guerra, quello che sta avvenendo là in Iraq. Con le sole armi, gli Usa non riescono a vincere; ed è così«che i neocon hanno bisogno di diventare teocon». Di costruirsi un ’identità, la logica del Nemico che deve essere introiettata dentro di noi, nel nome della superiorità occidentale, dell’odio per la diversità. Ed è questo che spiega l’orrore di Abu Ghraib. C’è Ruini, «viene avanti la Chiesa e il nostro fondamentalismo cattolico. Non mi scandalizza Ruini, mi scandalizza la politica opaca, quella che oggi non si contrappone al fondamentalismo religioso sul suo stesso terreno». Il pane e un fiore. Avevamo lasciato Delbono a questo punto, ma lui fa un bellissimo salto in avanti, l’applauso copre le sue parole: «Cultura? Semplice. Significa mettere la gente in grado di vedere la bellezza». Wladimir Luxuria dice che la cultura è transgender anch’essa, non è né maschile né femminile, mina le certezza, mina il potere «e per questo fa paura». Daniele Vicari, il giovane regista di “Alta velocità”, affida alla sinistra il difficile compito di rifondare la politica, di ridare dignità a quella che sembra diventata una bassa questione di potere. «E spero che Rifondazione faccia da pungolo». Futuro, futuro, futuro, dice Leo Gullotta, «ma oggi ai giovani hanno rubato il presente. Hanno fatto di tutto per farci sentire impotenti, separati, ci hanno diviso con l’accetta. Ma io non voglio restare passivo. Voglio fare» (per questo è qui). E Roberta Nicolai porta in scena la sua semplice verità: ci sono 150 strutture teatrali nel Lazio che non trovano né luoghi né spazi, siamo costretti ad essere eterni giovani, in eterna in attesa. Precari». Ma è quando Ingrao parla che scoppiano gli applausi più calorosi, lui incanta e commuove. Lui osa pronunciare la parola “infame”: comunismo; e la parola antica: proletariato. «Sento, e forse lo sentite anche voi, che siamo a una stretta, su un crinale. Non solo per l’Italia». Le sue parole più forti riguardano la guerra. Lo spaventoso mostro della guerra di massa che«forse voi che siete giovani non avete conosciuto, ma che io ho visto coi miei occhi durante quel terribile Novecento che abbiamo appena lasciato alle spalle». Ma ora è peggio. «Adesso, nel “vostro” tempo, è stato varcato questo limite. C’è l’avvento della Guerra Preventiva. La Guerra neanche più come difesa, ma addirittura come Iniziativa». Su questo e sulla questione sociale - la famosa condizione di classe - Ingrao invita la sinistra e soprattutto Rifondazione a essere più incisive. «Amico Prodi, in campo deve esserci il soggetto fondante, la classe: deve essere molto di più di una questione legata al voto». Applausi, commozione, Ingrao ha il pugno alzato. E’ caldissimo il clima quando Bertinotti inizia il suo intervento conclusivo. «Non era molto tempo fa, sembrava che la partita fosse chiusa, che tutto si fosse chiuso con il trionfo del pensiero unico. E invece, ecco: siamo alla riapertura della contesa. Per questo siamo qui. Per chiedere una alleanza tra la politica e la cultura critica. Aiutateci».

Liberazione 22.3.06
Ingrao
La lezione del ‘900. Contro la guerra, per la liberazione del lavoro e per un’istruzione più consapevole

Gli applausi iniziano per la strada. Chi è dentro la sala del residence Ripetta sente un boato crescente di mani che sbattono e solo dopo qualche minuto da un’entrata laterale Fausto Bertinotti si affaccia tenendo per mano Pietro Ingrao. La folla è tale che il grande vecchio ha bisogno di sostegno per farsi largo. E da grande vecchio Ingrao viene accolto dalla sala, che si alza in piedi e lo abbraccia con un calore sconcertante, persino per lui. Che, anche in quella sala, di gente e di comizi ne ha visti e fatti tanti, di storia alle spalle ha quella di un intero secolo, di applausi, quelli di settant’anni di politica fatta in prima fila senza mai tirarsi indietro, con la forza del suo cuore e dei suoi pensieri. Pietro Ingrao (che il prossimo 30 marzo compirà 91 anni) guarda in faccia l’enorme platea silenziosa e domanda: perché tutta questa passione? Perché «sentiamo di avere davanti a noi questioni brucianti», risponde. Perché sul tappeto la posta è alta. E per parlare di cultura, Ingrao decide che oggi per lui è giorno di ricordi, di memorie lunghe tutto il Novecento. Decide di dirci (a noi «giovani», bontà sua) che le cose su cui non dobbiamo mai abbassare l’attenzione sono la guerra («questa aberrazione inventata da Bush della “guerra preventiva”»), la centralità del lavoro e dei lavoratori («non dimentichiamoci della forza e dell’urgenza di un tema come la liberazione del lavoro”»), la formazione («attenti a cosa insegnano nelle nostre scuole»). Ci ricorda, Ingrao, che non c’è battaglia di idee, per la sinistra e in particolare per chi si definisce comunista, che non parta da qui.

Alcuni altri articoli di oggi su questi temi sono disponibili integralmente su "spogli"
(per leggerli clicca sul titolo):


il manifesto 22.3.06
INTERVISTA - Faccia a faccia con il segretario di Rifondazione comunista e i suoi progetti

«Comunisti oltre il comunismo»
Il segretario di Rifondazione racconta la sfida di governo e il progetto della Sinistra europea: «Con Marx oltre Marx». Perchè nella storia della sinistra «l'uguaglianza ha prevalso sulla libertà» della persona umana
di Valentino Parlato


Corriere della Sera 22.3.06
Ingrao: si può rinunciare al simbolo comunista
A 17 anni dalla Bolognina, l’ex dirigente del Pci apre alla svolta Prc: ma i tempi sono lunghi
di Gianna Fregonara


Repubblica 22.3.06

IL CASO
Il no di Fausto, ma il vecchio Pietro dice: "Se nascesse un nuovo contenitore..."
"Dire addio al comunismo" e Ingrao medita la svolta
L'ex presidente della Camera: "Forse si può rinunciare a nome e simbolo"
Il leader di Rifondazione: "Un suicidio rinunciare ai nostri simboli"
di Giovanna Casadio


Il Riformista 22.3.06
EDITORIALE
RIFONDAZIONI
Bertinotti può scuotere l'inerzia dei riformisti