venerdì 24 marzo 2006

ricevuto da Roberto Martina:

un articolo che cita Massimo Fagioli:
Corriere della Sera 24.3.06

Primo applauso, primi dubbi: ma a chi giova?
«Ci si aspettava un’opera anti-premier, ma alla fine la gente è con lui». Ferrara gongola: «Autoironico»
di Paolo Conti


ROMA - La risata di Giuliano Ferrara, seduto a otto file dallo schermo tra Ritanna Armeni e Sandro Curzi, rimbomba nella sala 1 del cinema Barberini. All’Elefantino è piaciuto quel titolo partorito dal produttore Bruno Bonomo, «Maciste contro Freud». Pubblico da gran matinée giornalistico-politica. Inviati di New York Times, Le Monde, Herald Tribune, Variety, delle tv francese, belga, tedesca. Tanti polacchi. La Rai schiera le tre punte Vincenzo Mollica (Tg1), Gianni Gaspari (Tg2), Teresa Marchesi (Tg3) come tre network. Sparsi in sala, tra altri giornalisti e critici, Massimo Fagioli, psichiatra e neo padre-padrone di Left, ex Avvenimenti, Pietrangelo Buttafuoco, Lanfranco Pace, Anselma Dall’Olio in Ferrara. Il rito è officiato da Rita Nobile e Massimo Scarafoni, titolari di un ufficio stampa che ha evitato mille fughe di notizie e infatti non si dissocia dal leggendario odio di Moretti per i giornalisti nostrani, ne è anzi l’ambasciata: «Resistiamo a tutto, anche a certe anticipazioni che ci hanno fatto ridere». Per i Grandi si fa giustamente eccezione, Lietta Tornabuoni è trattata come una sovrana. Il film scorre, sghignazzi sulle nevrosi del produttore, sulla maschera di Michele Placido. Tra i cinefili è gara nello scoprire i camei («ecco Matteo Garrone, ma quello è Virzì, guarda c’è pure Stefano Rulli»). L’applauso finale (unico, nemmeno uno a scena aperta) nasce lento e dura poco, otto-dieci secondi.
Molti capannelli conclusivi. Lidia Ravera dichiara tutto il suo entusiasmo, «mi è piaciuto moltissimo». Marcello Sorgi, perfetto in grigio, come ai faccia a faccia Berlusconi-Prodi su Raiuno: «Ci aspettavamo un film contro Berlusconi, ma troviamo un film sulla sinistra che alla fine dice che il popolo è con Berlusconi». Durante l’intervallo si intravede la sagoma altera di Gianluigi Rondi, gran vecchio della critica, 85 anni portati con la leggerezza con cui indossa la solita sciarpa bianca: «Narrativamente mal costruito. Parte bene con questa idea del produttore squattrinato e della regista esordiente, poi c’è una deriva verso situazioni poco convincenti, e non faccio un discorso sul contenuto ideologico. Purtroppo la polemica politica ha impedito a Moretti di controllare la qualità. Film scricchiolante».
Non te lo aspetteresti ma Ferrara stappa champagne: «Un Moretti delizioso, grottesco, autoironico». Poi sputa l’osso: «In fondo Moretti sposa la tesi del Foglio, ovvero che Berlusconi ha già vinto, qualunque sia l’esito delle elezioni. È la storia di un uomo soggiogato dalla sua immaginazione artistica, dall’eroe negativo, dal cattivo, come un grande cartoon alla Citizen Kane». Ritanna Armeni è lì accanto a lui. Opinione diversa, è fatale: «Non lo definirei un bel film ma un evento. Immaginavo una storia su Berlusconi. In realtà è un film su questa Italia e "anche" su Berlusconi, su un Paese pieno di problemi che resteranno sul nostro groppone anche senza il Cavaliere». Lanfranco Pace dissente da Giuliano Ferrara: «Il film corre su più strati, troppi, non ne risolve nessuno. Meno antiberlusconiano di quanto ti aspetteresti. Debole nelle corde classiche sulla famiglia. Speravo in una specie di "Presa di potere da parte di Luigi XIV". Mi spiace, sono un fan di Nanni...». Sandro Curzi, col cappello contro il dolore al trigemino, reagisce a chi immagina un effetto-boomerang sull’Unione: «Questa sinistra ha paura di tutto. Il film non avrà influenza sul voto e anzi, nel suo pessimismo forse sarà il primo film sul dopo-Berlusconi. Insomma, non è un film su Berlusconi ma una pellicola in cui per la prima volta il premier è una comparsa».
Altro gruppetto. Pietrangelo Buttafuoco si sfoga: «Non ho fatto altro che sbadigliare. Che spreco, un soggetto come Berlusconi ridotto a una commedia di costume riuscita male. Doveva finire in mani migliori. Toccava a Tatti Sanguineti spiegare a Moretti: "lascia stare, regala l’idea a Ciprì e Maresco, ne faranno roba da Oscar"». A questa surreale stroncatura siciliana si affianca la sponsorizzazione senza dubbi né ombre di Danièle Heymann, selezionatrice francese del Festival di Cannes: «È magnifico. Molto meglio di Michael Moore, si vede la mano di un vero regista. A Cannes sarà un trionfo». Nella hall ressa, come da manuale, per le cartelle stampa. Addio aplomb morettiano. Qualcuno (chi?) grida: «Cafoni!». Nemmeno fosse un film di Vanzina-De Sica.

inoltre, ancora sull'uscita de Il Caimano:
(la versione originale del seguente articolo è
qui:)
Puntocomonline 24.3.06

Nanni Moretti, Il Caimano. Un bel favore a Berlusconi
di Francesco Lerner

Difficile non rimanere un po' allibiti dopo aver visto Il Caimano. Allo scoccare dei titoli di coda, nella grande sala del cinema Barberini dove ieri era in programma l'anteprima per i giornalisti dell'ultimo film di Nanni Moretti, qualcuno ci prova pure ad abbozzare un timido applauso. Roba di pochi istanti, però. Non è neanche corretto parlare di delusione: è un senso di spiazzamento generale, piuttosto. Curzio Maltese, ottimisticamente seduto in prima fila, schizza via per primo, Marco Giusti sorride un po' allibito e quasi imbarazzato, Paolo Guzzanti, arrivato forse con la malcelata speranza di essere contestato dagli astanti, se ne va nel silenzio più assoluto.
«E' un film che farà guadagnare tanti, tantissimi voti al centrodestra», vaticina qualche ora dopo il senatore di An Michele Bonatesta, che il film non l'ha visto, ma in compenso ha spiluccato le agenzie tanto bene da farsi un'idea della pellicola. Non ha del tutto torto, purtroppo, Bonatesta, così come non ha torto Il Riformista, con il suo strano gioco della stroncatura preventiva pubblicata ieri. Fallisce sicuramente, Moretti, se l'intento era quello di spostare verso sinistra i voti degli indecisi: il Berlusconi abbozzato non è molto di più che uno squallido figuro capace solo di intrallazzare torbidamente per favorire i propri interessi, arrivando addirittura, in uno slancio fantapolitico, ad aizzare i cittadini alla rivolta violenta contro la magistratura ostile. Berlusconi è anche questo, magari, ma è sottovalutato quando non si coglie il suo talento di capace imprenditore e di abile affabulatore, e sopravvalutato quando lo si dipinge come una sorta di Che Guevara del malaffare.
Anche dal punto di vista artistico, il film lascia perplessi. L'unico espediente possibile trovato da Moretti per evitare di rendere macchietta il personaggio Berlusconi è il film nel film: Silvio Orlando, il protagonista, è un cineasta sfigato che cerca di riscattarsi producendo un'opera che metta in luce tutte le nefandezze del diabolico premier. Mentre scorrono i centododici minuti di pellicola, però, lo spettatore ignaro si chiede se la figura di Berlusconi sia un pretesto buttato lì per dare un po' di sale alla vicenda intimista e delicata che pervade la maggior parte del film o se invece sia questa un pretesto per dare la possibilità al regista di dire al mondo tutto ciò che pensa di Berlusconi, confezionandolo in un lavoro già destinato agli applausi di Cannes. E non è improbabile, peraltro, che Il Caimano, coprodotto da France 3 Cinema, sia destinato a raccogliere maggiori consensi al di là delle Alpi, dove il personaggio di Berlusconi è (comprensibilmente) considerato come poco più che un fenomeno da baraccone e dove non ci si interroga più di tanto se certe mancanze di sfumature possano giovare più alla sinistra o più alla destra.
Quello che noteranno anche in Tibet, però, è la schizofrenica compresenza di registri narrativi diversi, certamente una scelta e non uno scivolone involontario per un perfezionista come Moretti. Se, però, con la "commedia che diventa tragedia" Roberto Benigni è arrivato all'Oscar, in questo caso la "satira di costume che diventa divertissement paradossale che diventa melodramma familiare che diventa invettiva politica dal sapore vagamente onirico" finisce solo per confondere le idee allo spettatore, mettendo un po' nell'angolo l'encomiabile sforzo interpretativo profuso dai vari Michele Placido, Margherita Buy, Jasmine Trinca, oltre al mattatore Silvio Orlando. Le aspettative di chi sanamente confida che l'Italia tra due settimane riesca a sfilarsi dall'incubo Berlusconi sono un po' tradite perché, complice la decisione del regista di promuovere il film in tv, si darà modo al Cavaliere di recitare la parte del martire perseguitato. E sono tradite anche le aspettative di chi sognava un grande film. Ma è sempre difficile stroncare Moretti: troppe volte ha detto lui ciò che solo qualche anno dopo abbiamo pensato noi. Riparliamone tra un po'...

ancora sul Caimano (l'integrale è su "spogli", clicca sul titolo):

Corriere della Sera 24.3.06
Prodi e il Caimano: spero non sia dannoso
Il leader dell’Unione: i film di Moretti si vanno a vedere. Berlusconi: io non lo farò
di Monica Guerzoni