il Riformista 10.3.07
Scienza. Si rischia di cadere nella trappola Carfagna
La genetica non è la garanzia dei diritti dei gay
di Livia Profeti
Replicando alla provocatoria dichiarazione di Mara Carfagna sulla “sterilità costituzione degli omosessuali”, Anna Meldolesi, nel suo Gay portatori di fecondità di mercoledì scorso, dichiara che «secondo la biologia evoluzionista i gay potrebbero avere una marcia in più (…) Se non avessero delle doti nascoste, infatti, i geni che predispongono all’amore omosex sarebbero stati spazzati via dalla selezione naturale da un bel pezzo. Si tratta di un paradosso assai noto, che recita più o meno così: come è possibile che l’omosessualità continui a esistere generazione dopo generazione, se gli omosessuali sono per definizione meno interessati a procreare?». A mio parere l’argomento della Meldolesi rischia di cadere nel tranello teso dall’esuberante parlamentare forzista. Provo a spiegarmi, consapevole della delicatezza della questione.
L’attribuzione delle preferenze sessuali ad una caratterista genetica immutabile comporta rischi altissimi, perché implica la tesi che la diversità sia un fatto solo biologico: se gli esseri umani nascono diversi dagli altri, non potranno mai essere anche uguali. Il riduzionismo biologico presta il fianco a posizioni razziste se non peggio, fu infatti su argomenti simili che i nazisti fondarono lo sterminio di milioni di persone, omosessuali compresi.
Se, come ha sostenuto Hannah Arendt, dopo gli orrori dello scorso secolo l’umanità «ha bisogno di una nuova garanzia», è pur vero che la contemporanea presenza di uguaglianza e diversità tra gli esseri umani è un vero enigma per la nostra tradizione di pensiero fondata sul principio di non contraddizione. Infatti, a partire dalla diversità sessuale che divide il globo umano in due, la biologia presenta più differenze che uguaglianze. Sebbene la realtà psichica a prima vista sembrerebbe anche peggio - visto che essa è per ciascuno unica e irripetibile - almeno si può dire che sia patrimonio comune sia degli uomini che delle donne (anche se con vistose eccezioni che confermano la regola, che però si distribuiscono equamente tra i sessi, come ad esempio Carfagna e Bondi).
Nel pensiero umano potrebbe quindi trovarsi la chiave per risolvere l’ossimoro di uguaglianza e diversità, ma se non si vuole cadere nell’annullamento del corpo di certa filosofia e religione, solo la “fusione nucleare” tra fisico e psichico potrebbe trovare quell’uguaglianza che la sinistra, verrebbe da dire utopicamente, cerca da sempre. Il terreno è scivoloso e il percorso accidentato, però si tratta di una ricerca che distingue inequivocabilmente la sinistra dalla destra, forse più di ogni altro aspetto sociale o economico.
Un’ipotesi che, paradossalmente, viene delle parole di Benedetto XVI che, nelle vesti ancora di cardinale, nel 2004 in Senza radici scrisse di socialismo e marxismo. Mostrandosi benevolo verso il primo, vicino, a suo dire, alla dottrina sociale cattolica, egli condannò irriducibilmente il marxismo per una colpa specifica: l’idea che lo «spirito sia prodotto dalla materia», un catastrofico «nodo irrisolto» che continua ad esistere anche «dopo il crollo dell’Unione sovietica».
Oltre che una chiave per comprendere meglio la totale chiusura della Chiesa sui temi della vita e dei rapporti umani, le affermazioni di Ratzinger suggeriscono qualcosa di sorprendente, ovvero che l’unica idea esclusivamente e indigeribilmente di sinistra - per giunta sopravvissuta anche al crollo del comunismo – potrebbe essere la ricerca di una dimensione psichica, conoscibile, che si crea a partire dalla nostra biologia, senza necessari interventi di demiurghi divini. Che sia questo il tratto più profondamente identitario della sinistra?
Ipotesi non peregrina se si pensa, oltre che al vecchio Feuerbach, anche al giovane Marx che nella lettera al padre del 1837 cercava la «natura spirituale altrettanto necessaria concreta e dai contorni altrettanto sicuri quanto la natura fisica». Una ricerca presto abbandonata dal filosofo de Il capitale che però, evidentemente, sopravvive a sinistra.
Se dunque le parole del papa ci suggeriscono il terreno sul quale la nostra cultura potrebbe forse ritrovare la sua identità, la tesi della “differenza biologica” sicuramente non aiuta la causa dei gay, mentre espone a rischio tutti, anche chi gay non è. E non è nemmeno necessaria, perché il paradosso citato dalla Meldolesi può avere anche un'altra, plausibile, risposta: l’omosessualità resiste alla scarsa procreazione perché non è una caratteristica biologica, bensì una modalità di rapporto interumano che, come tutti gli altri rapporti interumani, implicando non solo il corpo ma anche il pensiero cosciente e non cosciente, non obbedisce alle leggi della biologia evoluzionista.
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