Repubblica 6.1.09
Curare Vendola non è un dovere
di Massimo Fagioli
Gentile redazione, ho letto l'articolo che mi riguarda pubblicato ieri e ho visto che il titolo, in particolare la frase «... e curare Vendola è un dovere», risulta non vero in quanto dice esattamente l'opposto di quanto da me affermato e correttamente riportato nell'intervista sottostante.
Nell'intervista Fagioli dice che «si cura chi sta male non chi è omosessuale... Ma se uno ha problemi con la propria sessualità, io devo intervenire. Faccio lo psichiatra. E' un dovere d' ufficio. Se sei di sinistra non puoi dichiararti cattolico... Se porti dentro una simile contraddizione irrisolta, una vera scissione, non puoi fare bene il tuo lavoro politico».
Corriere della Sera 6.1.08
A sinistra
«Liberazione» I giornalisti: no alla cessione del giornale
ROMA — Giovedì 8 gennaio. Sarà quello, forse il giorno della verità per le sorti di Liberazione. Perché giovedì il segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero parteciperà ad un'assemblea nella sede del giornale, assieme ai vertici della Federazione Nazionale della Stampa. I redattori del quotidiano hanno chiesto l'aiuto della Fnsi, perché Liberazione, almeno a guardare i conti, è ormai al collasso: tre milioni e mezzo di euro di perdite nel 2008, un crollo delle vendite che sembra impossibile da recuperare. Il Prc ha revocato nei giorni scorsi il consiglio di amministrazione, affidando la responsabilità della gestione al tesoriere del partito, Sergio Boccadutri. Ma assieme alla crisi economica c'è da affrontare anche la spaccatura politica tra il direttore Piero Sansonetti e Ferrero. Il comitato di redazione, in una nota molto dura, torna a ribadire che i giornalisti del quotidiano sono fermamente contrari a qualsiasi ipotesi di cessione del giornale, e stigmatizzano il vuoto che sembra circondare il loro destino: «L'assemblea sindacale della redazione ha dunque discusso dell'interezza delle proposte in campo, o meglio della loro attuale oscurità», dicono i giornalisti. E, soprattutto in vista dell'assemblea di confronto con il segretario nazionale del Prc Paolo Ferrero, richiesta espressamente dalla redazione e dal Cdr, è stata ribadita la determinazione delle giornaliste e dei giornalisti di Liberazione a tutelare il futuro della testata e dei posti di lavoro: dunque «a salvaguardare anzitutto la garanzia del finanziamento pubblico e perciò a chiamare il Prc di cui il quotidiano è organo alle sue intere responsabilità per l'avvenire, diffidando dall'accedere disinvoltamente a qualsivoglia ipotesi di svendita che possa far perdere al giornale la certezza della sua identità».
il Riformista 6.1.09
Il giallo Liberazione e le poesie di Rina
Nuovi equivoci e relative smentite agitano le acque in Rifondazione comunista. Sul fronte del quotidiano Liberazione ieri pomeriggio è circolata la voce di una «bocciatura» che il direttore Piero Sansonetti avrebbe incassato dall'assemblea di redazione su una «proposta di riassetto proprietario del giornale» allo scopo di costituire una società cooperativa. Questo scenario è stato però immediatamente smentito da Sansonetti: «Tutto destituito di fondamento. Non esiste una mia proposta e quindi neanche una bocciatura».
C'è poi il giallo sulle pulsioni poetiche di Rina Gagliardi in omaggio allo pisichiatra Massimo Fagioli. «Non scrivo poesie dall'età di 16 anni», ha spiegato Gagliardi intervistata dal Riformista. Ma è proprio Fagioli, nel giugno 2007, all'indomani di un incontro all'Auditorium tra Bertinotti e la comunità dei "fagiolini", che così scrisse sulla sua rubrica su Left:«Rina Gagliardi, che ha scritto poesia sull'incontro all'Auditorium, mi ha detto: «Hai visto? Sempre grande!». Cosa avrà letto mai Fagioli?
L'articolo di Massimo Fagioli dal quale l'anonimo corsivista del Riformista trae lo stralcio che cita è disponibile all'interno del numero di Left disponibile quiil manifesto 6.1.08
L'articolo di Rina Gagliardi a cui si faceva riferimento al suo interno era il seguente:
Liberazione prima pagina 2.6.07
A Roma una bella giornata discutendo di Politica con Bertinotti
Un aula stracolma di giovani per interrogare il presidente della Camera
La cultura non è solo di sinistra...»
di Rina Gagliardi
qui
Liberazione. Redattori contro la vendita
di Matteo Bartocci
Contrari alla vendita di Liberazione a chicchessia. Anche se il possibile acquirente fosse il suo attuale direttore Piero Sansonetti. Il giornale del Prc insomma deve restare proprietà del partito. E' il pronunciamento ufficioso dei giornalisti di via del Policlinico in vista dell'incontro previsto giovedì con il segretario Paolo Ferrero insieme ai sindacati Fnsi e Stampa romana.
Un orientamento informale, senza voti, che comunque indebolisce non poco il tentativo dell'attuale direzione (Sansonetti e Simonetta Cossu) di acquistare il giornale attraverso un'associazione apposita appena costituita. «Come abbiamo respinto la proposta di Bonaccorsi respingiamo anche quella del direttore - spiegano in serata i rappresentanti del comitato di redazione - per noi è meglio che il partito continui ad avere la maggioranza delle azioni». Anche perché la lettera di Sansonetti e Cossu a Sergio Boccadutri (il tesoriere del Prc che amministra il giornale dopo la recente revoca del vecchio cda) è ancora molto vaga. Si limita a chiedere di poter fare la due diligence sui conti e ammette che dell'associazione acquirente per ora fanno parte solo loro due. Per ora, perché nella minoranza «vendoliana» si stanno sondando in queste ore alcuni possibili acquirenti.
Il tempo però stringe. L'offerta di Bonaccorsi scade il 31 gennaio. E per il bilancio del giornale è ancora allarme rosso. Il Prc infatti non avrebbe ancora versato i circa 3 milioni di euro necessari a sanare il buco; va fatto entro la fine del del mese. E non è detto che Bonaccorsi sia solvibile o disposto ad accollarselo tutto.
Neanche la maggioranza ha sciolto le sue riserve. Le ipotesi in campo sono due. La vendita a Bonaccorsi tranquillizza soprattutto Ferrero, che avrebbe garanzie sulla visibilità politica del Prc e risparmierebbe le sue casse esangui esangui in vista della battaglia campale delle europee a giugno. L'area «comunista» di Claudio Grassi invece è più scettica. Sembra più favorevole alla sostituzione in tempi rapidi di Sansonetti e a uno stato di crisi duro ma che salvaguardi la natura partitica della testata. Due strade tra loro alternative. Perché dichiarare lo stato di crisi impedisce la vendita per due anni. Un biennio intero in cui il partito potrebbe essere chiamato di nuovo a ricapitalizzare il giornale come fatto finora.
il manifesto 6.1.08
Politica o quasi
Se venti anni non sono bastati
di Ida Dominijanni
Della pioggia di articoli e interviste caduta sotto le feste sul caso Liberazione-Prc-Fagioli (cfr. «il manifesto» del 24-12) merita di essere ripreso un commento di Guido Moltedo su "Europa" di venerdì scorso, che riporta l'intera vicenda dell'influenza dello psichiatra «eretico» romano sul gruppo dirigente di Rifondazione (prima su Bertinotti e molti dei suoi, ora su Ferrero) all'incapacità del Prc e dell'intera sinistra italiana post-89 di «elaborare il lutto» della propria sconfitta politica e storica. Per elaborazione del lutto - lo dico per quanti e quante trovassero funerea questa rubrica d'inizio d'anno che vorrebbe al contrario essere augurale - si intende quel processo vitale di separazione dall'oggetto d'amore perduto che consente appunto di riprendere a vivere interiorizzandone l'eredità ma accettandone la fine e rinunciando agli attaccamenti nevrotici che tentano di farlo restare in vita fantasmaticamente. Se questo processo manca o è parziale, scrive Freud in un suo famoso saggio dedicato precisamente a «Lutto e malinconia», subentra uno stato malinconico e depressivo che ostacola dopo la perdita qualsivoglia rinascita.
Moltedo osserva acutamente come nel caso del Prc questo processo, psichico e politico, venga paradossalmente ostacolato anziché aiutato dalla figura di Fagioli, che lungi dal farsi discretamente «maieuta di un processo doloroso ma anche liberatorio» punta a prescriverne il copione e a pilotarne l'esito mettendosi al centro della scena. Su questo paradosso varrebbe la pena di soffermarsi, perché non è la prima volta che si presenta e sta precisamente in questa ripetizione il problema - politico - della ritornante «liaison dangereuse» fra lo psichiatra e alcuni pezzi della sinistra radicale. Che non risale a ieri, ma alla fine degli anni Settanta. In una situazione complessivamente diversissima e imparagonabile a quella di oggi, anche allora c'era tuttavia per l'estrema sinistra il lutto di una sconfitta da elaborare - ingombrata per di più dai realissimi cadaveri della lotta armata - e anche allora «l'analisi collettiva» fagioliana parve a molti una via di contenimento ed elaborazione sostitutiva e gruppale di un processo necessario di analisi individuale e politica, che individualmente e politicamente molti non riuscivano a fare o che era troppo difficiie fare. Dal punto di vista terapeutico il bilancio di quell'esperienza spetta ovviamente a chi l'ha fatta, e viceversa non spetta giudicarla a chi non l'ha fatta. Ma dal punto di vista politico il ripresentarsi della stessa «liaison» - l'insistenza dello stesso sintomo, si direbbe nel lessico della tradizione psicoanalitica che Fagioli disprezza - in condizioni storiche diverse apre almeno due interrogativi. Uno sull'avidità con cui lo psichiatra romano si lancia sulle crisi e gli spasmi della sinistra radicale, quasi a volersene nutrire. L'altro sulla cultura della sinistra radicale, che non essendo mai riuscita a fare i conti con quanto della cultura psicoanalitica è indispensabile per la comprensione della soggettività politica, finisce con il delegare il discorso sulla «realtà umana» a pratiche controversissime, che non superano ma riproducono quei dispositivi transferali di delega e leaderismo che alla soggettività politica non hanno mai fatto altro che danno.
Vale invece, in apertura di un anno che per la sinistra italiana si annuncia tanto prevedibile a tavolino quanto imprevedibile fuori dai tavoli della rappresentanza, insistere sulla necessità dell'elaborazione del lutto e dell'uscita dalla depressione malinconica. Il 2009 sarà ampiamente occupato dalla celebrazione del ventennale del 1989: venti anni sono troppi per l'elaborazione di qualunque perdita, anche la più grave, ed è risibile che venti anni dopo Rifondazione si divida fra i nostalgici del Muro e chi sente che la sua esperienza politica comincia, non finisce, con quelle macerie. Che cosa è stato perso? Qual è l'oggetto d'amore perduto, e quali sono gli attaccamenti a un'identità passata che impediscono di guardare avanti? Che cosa è nato nel frattempo, e attende che lo si guardi con occhi aperti e curiosi? Che cosa, delle antiche forme e delle antiche pratiche, impedisce di aprirli, e che cosa invece dobbiamo interiorizzare, ereditare, rilanciare? E' un buon capodanno, se si parte da qua.
sia gli articoli del manifesto del 24.12 che l'articolo di Moltedo citato sono integralmente disponibili su "segnalazioni" qui di seguito alle rispettive date di uscita
accuratamente evitando di citare oggi i protagonisti del dibattito in corso
alcuni interventi su Liberazione di oggi si occupano ancora del futuro del quotidiano e del partito:
Liberazione 6.1.08Repubblica.it 5.1.09 ore 17.30
Noi da "Liberazione" vorremmo un punto di vista comunista
qui
Liberazione 6.1.08
"Liberazione", muoia Sanson con tutti i filistei?
qui
Liberazione 6.1.08
Pinter e la contraddizione di "Liberazione"
qui
Liberazione 6.1.08
Riflessioni sul partito e Liberazione
Marco Assennato lascia il partito e Michele De Palma il comitato politico nazionale
di Dario Danti
qui
Secondo i redattori la proposta di rilevare il giornale sarebbe "poco chiara e inconsistente"
Nel 2008 il quotidiano ha fatto registrare perdite per 3 milioni e mezzo di euro
Liberazione, bocciato il direttore Sansonetti. I giornalisti del Prc dicono no alla coop
Ma l'interessato smentisce tutto: "Non c'è nemmeno ancora una mia proposta..."
ROMA - L'assemblea dei redattori di Liberazione, il quotidiano di Rifondazione comunista, ha bocciato la proposta avanzata dal direttore, Piero Sansonetti, di costituire una cooperativa al fine di superare la grave crisi del giornale. Secondo i redattori sarebbe "poco chiara" e "inconsistente" l'idea della nuova forma societaria. L'interessato, però, smentisce tutto: "Non è vero, è tutto destituito di fondamento. Non c'è neppure una mia proposta, ma soltanto una lettera mia e della vicedirettrice alla proprietà per verificare se sia possibile per i giornalisti rilevare la testata".
Nel 2008 Liberazione ha fatto registrare perdite per 3 milioni e mezzo di euro e un crollo delle vendite, e il Comitato politico nazionale, il 'parlamentino' del Prc, ha deciso di intervenire per affrontare la situazione economica, con la revoca del Cda del giornale e l'affidamento di ogni responsabilità al tesoriere del partito, Sergio Boccadutri.
Ma all'origine delle tensioni di queste setimane ci sono anche motivi politici: l'orientamento di Sansonetti in favore delle posizioni della minoranza vendoliana del partito non piacciono a Paolo Ferrero, uscito di misura vincitore dal congresso.
Agi 5.1.08 ore 17.30
Liberazione: Sanguineti, più fumetto che voce dei bisogni di massa
(AGI) - Roma, 5 gen. - Davanti ai disastri della crisi economica e con il rischio di una nuova guerra mondiale alle porte, non si trova di meglio che dare voce e spazio, invece che ai bisogni di massa, della gente, a tematiche ideologiche di poco spessore ed valenza politica, da Luxuria e l'Isola dei Famosi a Pinter, con un'impostazione da fumetto. Cosi' il 79enne poeta e letterato del 'Gruppo '63', Edoardo Sanguineti, parla della situazione di 'Liberazione' al centro di roventi polemiche. "Si e' cercato di tenere assieme argomenti i piu' diversi ed eterogenei tra loro - attacca Sanguineti - dal movimentismo alle esigenze spirituali, da Luxuria e l'Isola dei Famosi ai dibattiti ideologici come quello su Pinter perdendo di vista i bisogni di massa, della gente, i riflessi negativi della crisi economica, i diritti alla salute e al lavoro: non dico che certi argomenti puramente ideologici non andassero trattati, ma lo si sarebbe dovuto fare in un'altra situazione piu' tranquilla dove non ci fosse, come c'e', il rischio di una nuova guerra mondiale o dove non ci fosse, come c'e', una disastrosa crisi economica". Insomma, "si e' andati dietro ad argomenti un po' fumettistici, tra l'altro, sostenuti anche dall'esterno per loro scarsa influenza - chiarisce - sulla societa' ed i suoi assetti: quasi ad alimentare la deriva verso la cuccagna ideologica ed emprica". C'e' dunque bisogno di una virata, di un cambiamento? "Mi pare evidente - risponde il poeta genovese - Purtroppo il giornale ha subito e subisce i pesanti contraccolpi di una frammentazione, divisione e discordia senza fine: ma di suo non puo' correre - conclude - dietro a tutto, a materiali eterogeni che non si tengono assieme". (AGI) Pat
segnalazione di Carlo Patrignani
• Nel suo articolo su Liberazione di sabato 3 gennaio (qui di seguito), Franco Grillini commenta un'intervista a Massimo Fagioli apparsa in realtà su Agenzia Radicale e nella quale si parlava di un libro in cui venivano pubblicate le lettere "d'amore" di Freud a Fliess. Eppure nel suo sito personale lo stesso Grillini riportava integralmente il testo: come è possibile verificare qui
segnalazione di Matteo Fago
MARCO PANNELLA SI È DI NUOVO RIFERITO A MASSIMO FAGIOLI E ALL'ANALISI COLLETTIVA
NEL CORSE DELLA SUA TRASMISSIONE SU RADIO RADICALE DI DOMENICA POMERIGGIO
poi più volte replicata
La registrazione (4') è disponibile qui o qui
segnalazione di Simona Maggiorelli e di Piera Galeandro
Altre segnalazioni dai quotidiani di oggi sugli altri temi
Undicesimo giorno di guerra: furiosi combattimenti su tutta la Striscia di Gaza. Situazione umanitaria sempre più grave: scarseggiano luce e acqua, alimenti, combustibili e medicine. La guerra ha fatto già circa 560 morti e oltre 2.700 feriti. Olmert respinge qualsiasi ipotesi di cessate-il-fuoco.
La denuncia del Times: «Usate bombe al fosforo».
da l'Unità on line
il manifesto 6.1.09
Pessime ragioni
di Rossana Rossanda
Che cosa persegue realmente Israele con i bombardamenti e l'invasione di Gaza? Certo non quello che dichiarano Tzipi Livni e Ehud Barak. Sono troppo intelligenti per farsi trasportare dall'antica paura che i modestissimi missili di Hamas distruggano il loro paese. Quando hanno iniziato la rappresaglia i Qassam tirati da Gaza avevano ucciso tempo fa una persona, ferito alcune, fatto danni minori su Sderot, incomparabili con i cinquecento morti, migliaia di feriti e le distruzioni inflitti da Tsahal alla Striscia in tre giorni, e che continuano a piovere. Né che siano mirati a distruggere le infrastrutture di Hamas, sapendo bene l'intrico che esse hanno con gli insediamenti civili, tanto da impedire alla stampa estera di accedere a Gaza. Né sono così disinformati da creder che si possa distruggere con le armi Hamas, votata da tutto un popolo, come se ne fosse una superfetazione districabile. Sono al contrario coscienti che l'aggressione aumenterà il peso e l'influenza sulla gente di Gaza oggi e in Cisgiordania domani, contro l'indebolito Mahmoud Abbas. Né gli sarebbe possibile ammazzarli tutti, ci sono limiti che neanche il paese più potente può varcare, ammesso che abbia il cinismo di farlo, e tanto meno all'interno del mondo musulmano che circonda Israele e nel quale, dunque con il quale, intende vivere.
Gli obiettivi sono dunque altri. Primo, battere nelle imminenti elezioni Netanyahu, che si presenta come il vero difensore a oltranza di Israele. Già le possibilità appaiono ridotte; l'assalto a Gaza sembra sotto questo aspetto una mossa disperata. Che sia anche crudelissima è un altro conto, siamo qui per ragionare. Secondo; usare le ultime settimane di Bush alla Casa Bianca per mettere la nuova presidenza americana davanti al fatto compiuto. il silenzio assordante di Obama è già un risultato, quali che siano le circostanze formali che gli rendono difficile parlare su questo, mentre si esprime su altri problemi di ordine interno. Non è ancora insediato che si trova nelle mani una patata bollente, causa prima e annosa di quella caduta dell'immagine americana nel mondo che ha più volte detto di voler restaurare. Queste sono le carte che Olmert, Livni e Barak deliberatamente giocano in una prospettiva a breve.
"Neanche Hamas si è mossa sulla semplice onda di un giustificato risentimento. I suoi dirigenti hanno visto benissimo in quale situazione il governo israeliano si trovava quando hanno deciso di rompere l'approssimativa tregua, sapendo anche che per modesti che siano i guasti prodotti dai Qassam nessun governo può presentarsi alle elezioni con una sua zona di confine presa di mira tutti i giorni. Anch'essi puntano a far cadere Olmert, già fuori gioco, la Livni e Barak, secondo lo. logica propria delle minoranze accerchiate di produrre il massimo danno perché la situazione si rovesci. Gaza è stata messa, e non da ieli, agli estremi, periscano Sansane e tutti i filistei. Si può capire, ma è una logica reciproca a quella di Israele. Non ritenevano certo che quei modesti spari di missili l'avrebbero distrutta e convertita alla pace. E anch' essi puntano a mettere la nuova amministrazione americana davanti a 1m incendio che non tollera rinvii. Lo sa la Lega Araba, lo sa l'Iran.
Obama ha fatto molte promesse di cambiamento, e lo sfidano a mantenerle o a discreditarsi subito.
Tanto più colpevole di questo sanguinoso sviluppo; che la gente di Gaza paga atrocemente, è l'inerzia dell'Europa. Essa, che sulla questione ebraica ha responsabilità maggiori di chiunque al mondo, nulla ha fatto per impedire che si arrivasse a questa catastrofe. Ne aveva la possibilità? Certo. Poteva mettere, a condizione ineludibile dell'alleanza atlantica e della Nato, e soprattutto quando con la caduta dell'Urss ne venivano meno le conclamate ragioni, la soluzione del nodo Israele-Palestina, sul quale gli Usa erano determinanti, per adempiere alle disposizioni dell'Onu. Più recentemente, doveva riparare a costo di svenarsi all'assedio di Gaza, dove non ignorava che la mancanza di mezzi elementari di sussistenza, cibo, acqua, elettricità, medicinali, faceva altrettanti morti di quanti stanno facendo adesso gli aerei e i blindati di Tsahal. Ma neanche questi hanno fatto muovere altro che il presidente francese, a condizione che le sue vacanze fossero finite. Siamo un continente che fa vergogna.
Repubblica 6.1.09
Vita impossibile. Senza scampo
In questi luoghi le condizioni di vita sono sempre state terribili: una densità incredibile di popolazione, igiene inesistente, una miseria estrema
Gli abitanti della Striscia non hanno scampo: non possono scappare perché le strade sono interrotte e i confini presidiati. Devono solo raccomandarsi al loro dio
Nella Striscia infernale la catastrofe del Medio Oriente
di Sandro Viola
qui
Corriere della Sera 6.1.09Corriere della Sera 6.1.09
Tullia Zevi: «Due popoli destinati a convivere la guerra rischia di annientarli»
di Gian Guido Vecchi
qui
Scuola. Giovedì il voto. Il ministro Vito: accolte anche proposte del centrosinistra. L'opposizione: un atto grave che impedisce il dialogo
Università, il governo accelera: fiducia sul decreto Gelmini
di Mariolina Iossa
qui
Repubblica lettere 6.1.09
Israele, il Dio biblico e l'editoriale di Scalfari
di Stefano Romano Di Segni
qui
Repubblica 6.1.09
Cresce la tensione dopo le parole del sindaco di Roma e di Frati sugli inviti alla Sapienza
"Criminale è chi smantella l'Università" l'Onda contro Alemanno e il rettore
di Carlo Picozza
qui
Repubblica 6.1.09
Morto esule nel '63 in Urss, era stato in carcere 15 anni
Ankara pronta a riabilitare Nazim Hikmet
di Marco Ansaldo
qui
Liberazione 6.1.09
Le origini del mutualismo e un nuovo obiettivo della militanza
La "campagna del pane" e l'iniziativa sociale di Rifondazione
di Fosco Giannini
qui
Corriere della Sera 6.1.09
Dispute Due saggi sulla caduta dell'impero con tesi opposte. Si riapre il dibattito cominciato da Gibbon
Fine di Roma: crollo o evoluzione?
Bryan Ward-Perkins: sparì la civiltà. Peter Wells: no, la cultura continuò
di Antonio Carioti
qui